Il decesso del titolare della ditta individuale
26 Ottobre 2017
Premessa
Lo sviluppo “fisiologico” della vita di una impresa, con riguardo ai momenti finali, prevede che l'imprenditore termini la fase di gestione liquidando tutti i suoi beni. Terminata la vendita dei beni relativi all'impresa, risolti i rapporti e soddisfatti i creditori, l'imprenditore è tenuto a presentare, entro trenta giorni, la dichiarazione di cessazione della attività, ai sensi dell'art. 35, comma 3, D.P.R. 633/72. La norma testè richiamata prevede espressamente che “in caso di cessazione dell'attività il termine per la presentazione della dichiarazione […] decorre dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell'azienda, per le quali rimangono ferme le disposizioni relative al versamento dell'imposta, alla fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione”.
La fase di liquidazione costituisce ancora un momento d'esercizio dell'impresa, con applicazione del relativo regime tributario. Le imprese individuali, così come le società, che terminano la fase di gestione per dare inizio alla liquidazione dei beni aziendali devono dunque rispettare le ordinarie regole, sostanziali come formali, in materia di Iva. Alla presentazione di simile dichiarazione consegue la cancellazione del numero di partita Iva; si realizza così l'estinzione sostanziale dell'impresa. Nella pratica, tuttavia, la cessazione della impresa si realizza spesso in modi non così lineari. Il caso, qui preso in considerazione, riguarda la morte dell'imprenditore allorquando l'impresa è ancora attiva. Ci si interroga sulle conseguenze e sugli adempimenti che devono essere compiuti. Gli eredi del contribuente
La norma da cui occorre muovere nell'analisi della fattispecie sottoposta è l'art. 35-bis D.P.R. 633/72, rubricato “eredi del contribuente”, a mente del quale “gli obblighi derivanti, a norma del presente decreto, dalle operazioni effettuate dal contribuente deceduto possono essere adempiuti dagli eredi, ancorché i relativi termini siano scaduti non oltre quattro mesi prima della data della morte del contribuente, entro i sei mesi da tale data. Resta ferma la disciplina stabilita dal presente decreto per le operazioni effettuate, anche ai fini della liquidazione dell'azienda, dagli eredi dell'imprenditore”.
È quindi possibile che gli eredi subentrino nella posizione del de cuius, al fine di liquidare il complesso aziendale, ponendo proprio in essere quelle operazioni di cui al paragrafo che precede, che avrebbe compiuto il de cuius allorquando avesse voluto porre fine alla vita della sua impresa. Come espressamente riconosciuto dalla norma testè citata trova applicazione la disciplina ordinaria in relazione alle operazioni di liquidazione effettuate dagli eredi. La norma prende a riferimento un lasso di tempo pari a dieci mesi –di cui 4 mesi prima della data del decesso e sei mesi dopo tale data – al fine di consentire agli eredi di poter portare a termine tutte le formalità che gravavano sul de cuius, e da questi non rispettate, nel periodo antecedente la sua morte (quattro mesi prima), o nel lasso temporale successivo dopo la morte, pari a sei mesi. Con formalità s'intendono, a titolo meramente esemplificativo: gli obblighi dichiarativi, di fatturazione, di emissione di documenti di trasporto, la liquidazione dell'IVA ed il relativo versamento. È, in ogni caso, fatto obbligo all'erede di presentare il modello di variazione IVA, indicando la data del decesso, data partire dalla quale la situazione fiscale del contribuente si è modificata.
L'erede del de cuius, non proseguendo l'impresa, dovrà compilare il quadro D, mettendo il codice 7 nel campo “codice carica”. Successivamente l'erede potrà chiudere definitivamente la partita iva. Al fine di sviscerare l'argomento in modo preciso, occorre premettere che è necessario operare un'importante distinzione fra:
La decisione dipende dalla volontà degli eredi, atteso che la qualifica di imprenditore non si acquisisce per successione, ma per effetto di comportamenti posti in essere direttamente dagli eredi. Il decesso dell'imprenditore di una ditta individuale determina il sorgere di una comunione incidentale tra gli eredi, la cui gestione è soggetta alle regole previste dal codice civile, in materia di comunione, sin tanto che gli eredi non manifestino – esplicitamente o mediante comportamenti concludenti – la volontà di proseguire nella gestione dell'attività economica, o, viceversa, di procedere alla cessazione della stessa. Solo la volontà degli eredi consente di determinare, in modo non equivoco, l'intenzione di proseguire nello svolgimento dell'attività. La mera conservazione dei beni sociali non è comportamento idoneo a determinare la volontà degli eredi alla prosecuzione o meno dell'ompresa.
Hp a) prosecuzione dell'attività imprenditoriale La prosecuzione dell'attività imprenditoriale determina che i beni componenti l'impresa siano utilizzati per l'esercizio di un'attività economica in comune, al fine di dividerne gli utili. Nell'ipotesi in cui gli eredi decidano di proseguire l'attività imprenditoriale, occorre fare riferimento agli artt. 58 e 67 T.U.I.R.
Di conseguenza:
Si ha, di conseguenza, un passaggio in neutralità fiscale, che si conserva anche qualora, entro cinque anni dalla successione, la società tra coeredi si sciolga con attribuzione della stessa ad un solo erede. Non si avranno plusvalenze tassabili. Con circolare n. 54/E dell'Agenzia delle Entrate è stato affermato che il venir meno della pluralità di soci – in questo caso rappresentati dagli eredi – non determina emersione di materia imponibile, se i valori della società sono conservati. Ai fini I.V.A. si producono i seguenti effetti:
Nel caso di continuazione sono dovuti i diritti di segreteria pari ad euro 18,00 e l'imposta di bollo di euro 17,50.
Hp b) mancata prosecuzione dell'attività imprenditoriale
La scelta di non proseguire nell'attività d'impresa determina l'insorgere di una mera comunione tra i coeredi, finalizzata allo scopo di godere dei beni componenti l'azienda e percepirne i frutti. Se, al contrario, gli eredi non vogliono proseguire l'attività imprenditoriale del de cuius, occorre riferirsi all'art. 67, lett. h-bis, T.U.I.R. L'Irpef sarà dovuta solo nel caso di cessione dei singoli beni aziendali o dell'azienda nel suo complesso. L'importo da dichiarare sarà pari alla differenza tra il corrispettivo di cessione ed il valore fiscalmente riconosciuti dei beni aziendali, in capo al de cuius. La plusvalenza è tassata secondo il criterio di cassa. Nel caso di cessazione dell'attività senza liquidazione di alcun bene, non emergeranno plusvalenze tassabili. Per la cancellazione dell'impresa è prevista l'imposta di bollo pari ad euro 17,50. Imposta di successione
Il trasferimento dell'azienda mortis causa comporta l'assoggettamento all'imposta di successione, ad eccezione:
Il valore dell'impresa è calcolato assumendo il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e dei diritti che la compongono, al netto delle passività e senza tenere conto dell'avviamento. Conclusioni
Il decesso del titolare dell'impresa determina la necessità per gli eredi di decidere se proseguire nell'attività imprenditoriale o meno, non potendosi giammai configurare un automatismo. Dalla decisione assunta dagli eredi dipenderanno le conseguenze evidenziate nei paragrafi che precedono. |