Atto pubblico

Giacinto Parisi
10 Novembre 2017

L'atto pubblico è prova documentale ed è redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo in cui l'atto è formato. L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso.
Inquadramento

L'atto pubblico è una prova documentale (sulla cui nozione si rinvia a G. Morlini, Documento, in ilProcessoCivile) disciplinata dal codice civile.

L'art. 2699 c.c. definisce atto pubblico il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo in cui l'atto è formato.

In assenza dei requisiti prescritti dalla legge, un documento non potrà dunque essere qualificato come atto pubblico e ad esso non si applicherà la relativa disciplina sostanziale e processuale. Ciononostante, se l'atto è stato sottoscritto dalle parti, esso avrà comunque, ai sensi dell'art. 2701 c.c., efficacia di scrittura privata (su cui si rinvia a C. Costabile, Scrittura privata, in ilProcessoCivile).

Ciò posto, il primo degli elementi che deve sussistere affinché un documento possa essere qualificato come atto pubblico concerne la qualità di pubblico ufficiale del soggetto che forma l'atto e, in particolare, la spettanza a questi di una funzione documentatrice.

Sotto il profilo oggettivo, va invece considerato l'ambito territoriale nel quale ha valore l'autorizzazione conferita al notaio o al diverso pubblico ufficiale che forma l'atto.

L'art. 47-bis, comma 1, l. n. 89/1913, equipara poi all'atto pubblico cartaceo il cd. atto pubblico informatico, cioè la possibilità che il notaio rediga atti pubblici in formato elettronico e possa sottoscrivere gli stessi atti utilizzando la firma digitale, ovvero una particolare firma elettronica qualificata, basata su un sistema di chiavi crittografiche (cfr. art. 1, comma 1, lett. s), d.lgs. n. 82/2005).

In evidenza

Ove la parte intenda contestare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della qualificazione del documento come atto pubblico e della relativa efficacia probatoria, la dimostrazione che essa deve fornire non richiede la proposizione della querela di falso, ma può essere data con ogni mezzo di prova (Cass. civ., 6 luglio 1999, n. 6959).

Pubblico ufficiale

Come anticipato, l'elemento soggettivo individuato dall'art. 2699 c.c. per qualificare un documento come atto pubblico implica la necessaria provenienza dell'atto medesimo da un pubblico ufficiale.

Più in particolare, la norma sopra richiamata effettua un espresso richiamo al notaio, quale soggetto dotato di un generale potere di documentazione pubblica ai sensi della l. 16 febbraio 1913, n. 89, ed è ripresa e sviluppata dalle disposizioni normative che determinano le modalità per la redazione degli atti (artt. 47 ss. l. n. 89/1913) e ne delimitano la competenza su base territoriale (artt. 27, comma 2, e 58 l. n. 89/1913).

I requisiti prescritti dalla legge per la validità dell'atto notarile e per la sua efficacia probatoria sono: (i) l'indicazione del luogo; (ii) l'indicazione della data di redazione; e (iii) la sottoscrizione del notaio che, in caso di documento non integralmente autografo, deve essere apposta su ogni foglio di cui l'atto è composto.

La mancanza della sottoscrizione del notaio fa venir meno l'efficacia privilegiata di atto pubblico (Cass. civ., 20 agosto 1990, n. 8442), ma, come si è detto, non per questo esclude che l'atto possa valere come scrittura privata, se le parti hanno apposto la loro sottoscrizione (TAR Puglia, 14 dicembre 2016, n. 1374).

Non sono, invece, richiesti a pena di nullità né la presenza dei testimoni (salvo che ciò non sia espressamente previsto dalla legge) né la menzione dell'avvenuta lettura dell'atto alle parti ed eventualmente ai testimoni (mentre il compimento di tale ultima formalità costituisce requisito di validità dell'atto).

Tra gli altri pubblici ufficiali cui la legge riconosce potestà documentaria o di attestazione, occorre distinguere tra (i) coloro che ne sono investiti in modo totale o prevalente rispetto all'attività svolta (ad esempio, gli ufficiali dello stato civile); e (ii) coloro che assolvono a tale funzione in via accessoria (ad esempio, i giudici, i cancellieri, gli ufficiali giudiziari e i conservatori dei registri immobiliari), ovvero solo in ipotesi eccezionalmente previste dalla legge (ad esempio, i comandanti di navi e aeromobili e gli agenti consolari). Anche per questi soggetti valgono i limiti di competenza funzionale e territoriale sopra richiamati, i quali sono di volta in volta previsti in apposite leggi speciali.

In evidenza

L'avvocato che compie l'attività di asseverazione ex art. 22, comma 2, d.lgs. n. 82/2005 deve essere qualificato come pubblico ufficiale, sicché, per contestare ciò che risulta nella relata della notificazione effettuata a mezzo p.e.c. occorre la proposizione della querela di falso (App. Milano, 21 luglio 2016, n. 3083).

Efficacia probatoria

A proposito dell'efficacia probatoria che l'atto pubblico – sia esso cartaceo o informatico – ha nell'ambito del processo civile, l'art. 2700 c.c. dispone che esso «fa piena prova», ciò significa che l'atto pubblico, entro i limiti di seguito precisati, ha valore di prova legale,in quanto non lascia margine al giudice per una libera valutazione delle circostanze da esso rappresentate (cfr. art. 116 c.p.c.).

Tale efficacia viene a cessare soltanto per effetto dell'eventuale esito positivo di uno speciale procedimento che ha proprio la funzione di disciplinare le eventuali contestazioni delle risultanze dell'atto pubblico, la querela di falso (su cui si veda C. Costabile, Querela di falso, in ilProcessoCivile).

Ciò posto, occorre chiarire entro quali limiti si può correttamente affermare che l'atto pubblico ha valore di prova legale.

Il medesimo art. 2700 c.c. precisa che hanno efficacia di prova legale i cd. elementi estrinseci dell'atto pubblico, ovverosia: (i) la provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato; (ii) il momento della formazione dell'atto (i.e. la data); (iii) il luogo della formazione dell'atto; e (iv) più in generale, tutto ciò che è stato detto o fatto davanti al pubblico ufficiale.

Per quanto attiene all'elemento di cui al precedente punto (iv), merita innanzitutto osservare che, di solito, il pubblico ufficiale raccoglie le dichiarazioni dei soggetti che ne sono autori e provvede lui stesso a redigerle in iscritto, così attribuendo pubblica fede a quanto si è detto o fatto davanti a lui.

Inoltre, si osserva che eventuali elementi aggiuntivi di contenuto diverso, come, ad esempio, apprezzamenti compiuti dal pubblico ufficiale (ad esempio, ove si affermi che il dichiarante è sano di mente o pienamente capace o incapace di firmare, e così via) non sono investiti dalla suddetta efficacia e, quindi, sono soggetti alla libera valutazione dell'autorità giurisdizionale (Cass. civ., 28 novembre 1998, n. 12099; Cass. civ., 11 dicembre 1992, n. 13122).

Il contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti non riveste, invece, efficacia di prova legale e, dunque, è oggetto del libero apprezzamento del giudice: a tale riguardo si parla di elementi intrinseci dell'atto pubblico (Cass. civ., 12 maggio 2000, n. 6090; Cass. civ, 20 novembre 1996, n. 10219; Cass. civ., 17 dicembre 1990, n. 11964; con più particolare riguardo ai limiti di efficacia probatoria dei verbali di accertamento di violazioni del codice della strada, Cass. civ., Sez.Un., 24 luglio 2009, n. 17355; Cass. civ., 29 agosto 2008, n. 21816; con riguardo ai limiti di efficacia probatoria dell'atto notorio, Cass. civ., 3 maggio 1976, n. 1572; con riguardo alle attestazioni dei funzionari dell'ispettorato del lavoro, Cass. civ., 15 luglio 1983, n. 4851; con riguardo alle certificazioni mediche, Cass. civ., 14 gennaio 1987, n. 217).

In evidenza

Posto che l'atto pubblico, ai sensi dell'art. 2699 c.c., è tale qualora sia redatto con le formalità richieste da un notaio o da un pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, va sottolineato che la sua efficacia attiene esclusivamente ai cd. elementi estrinseci dell'atto: il luogo della formazione, il tempo della formazione, la provenienza del pubblico ufficiale. La valutazione circa l'efficacia probatoria della parte intrinseca del documento, invece, è esclusivamente oggetto del libero apprezzamento del giudice (App. Napoli, 2 maggio 2006).

Casistica

La giurisprudenza si è trovata in varie occasioni a dover chiarire quali documenti rientrano o meno nella nozione di atto pubblico: evidentemente, non si tratta di un mero esercizio teorico, ma dalla qualificazione effettuata discendono rilevanti conseguenze in punto di disciplina applicabile, in primis in relazione all'efficacia probatoria da attribuire all'atto.

Più in particolare, sono stati qualificati come atto pubblico:

  • i verbali di una commissione sanitaria in ordine all'attestazione della parziale invalidità di un candidato ad un pubblico concorso (Cons. St., 12 settembre 1992, n. 787);
  • gli estratti dei verbali redatti nei procedimenti disciplinari (Cass. civ., Sez.Un., 26 novembre 1996, n. 10491);
  • la cd. relata di notifica, per quanto riguarda la provenienza dell'atto dall'ufficiale giudiziario e le attestazioni di quest'ultimo in ordine all'attività svolta e alle dichiarazioni ricevute, mentre può essere provata con ogni mezzo la non conformità al vero di tali dichiarazioni (Cons. St., 4 ottobre 2016, n. 4080);
  • l'avviso di ricevimento, che costituisce parte integrante della relazione di notifica (Cass. civ., 22 aprile 2005, n. 8500);
  • le certificazioni amministrative, cui vengono assimilati gli atti con cui la Pubblica Amministrazione fornisce informazioni ai sensi dell'art. 213 c.p.c. (Cass. civ., 23 agosto 2011, n. 17524);
  • le attestazioni contenute nelle cartelle cliniche, ma solo per quanto attiene alle attività terapeutiche svolte, e non alle manifestazioni di scienza o alle opinioni in esse contenute (Cass. civ., 30 novembre 2011, n. 25568);
  • i certificati anagrafici nei limiti dell'attività certificativa del pubblico ufficiale e non anche in ordine alla veridicità ed esattezza delle dichiarazioni rese dalla parte (Cass. civ., 27 gennaio 1986, n. 524);
  • i certificati dei medici convenzionati, pur non estendendosi tale efficacia alle dichiarazioni concernenti la diagnosi che, in quanto frutto di valutazioni e giudizi, possono soltanto costituire un elemento presuntivo per il giudice (Cass. civ., 22 maggio 1999, n. 5000);
  • i verbali della polizia giudiziaria, dovendosi comunque circoscrivere tale efficacia alla provenienza dal pubblico ufficiale e ai fatti che questi attesta essere avvenuti alla sua presenza, mentre per quei fatti di cui lo stesso pubblico ufficiale ha avuto notizia da altre persone tali documenti costituiscono soltanto una prova indiziaria (Cass. civ., 16 giugno 2003, n. 9620);
  • i verbali ispettivi redatti da funzionari di enti previdenziali per quanto attiene alla provenienza dal loro sottoscrittore, alle dichiarazioni a lui rese ed agli altri fatti che egli attesti essere avvenuti in sua presenza, mentre le altre circostanze di fatto che siano state accertate nel corso dell'inchiesta (tramite dichiarazioni di terzi o altre indagini), i verbali stessi hanno una attendibilità che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria (Cass. civ., 19 aprile 2010, n. 9251);
  • i c.d. atti notori limitatamente, però, all'attestazione compiuta dal pubblico ufficiale di aver ricevuto la dichiarazione (Cass. civ., Sez.Un., 14 ottobre 1998, n. 10153);
  • il verbale di udienza redatto sia nel processo civile (Cass. civ., 5 agosto 2004, n. 15086), che in quello penale (Cass. civ., 1 aprile 2004, n. 20993), ma non se relativo all'assunzione di prove raccolte in un diverso giudizio, pur potendo il giudice apprezzare liberamente tali documenti e fondare anche soltanto su di essi il proprio convincimento (Cass. civ., 31 luglio 1981, n. 4883);
  • gli atti pubblici stranieri, ai sensi dell'art. 68 l. n. 218/1995 (in senso contrario, Trib. Livorno, 15 ottobre 1984, secondo cui l'art. 2699 c.c. farebbe esclusivo riferimento alle scritture rilasciate da chi sia riconosciuto pubblico ufficiale dall'ordinamento italiano, e Cass. civ., 7 luglio 2006, n. 15580, che ha negato che possa spiegare efficacia di prova legale, ai sensi dell'art. 2700 c.c., un rapporto redatto dalla polizia di uno Stato estero).

Al contrario, sono stati esclusi dal novero degli atti pubblici:

  • le certificazioni rilasciate dalle Camere di Commercio in ordine alla individuazione delle ditte individuali e sociali o in materia di certificazione dei prezzi (Cass. civ., 7 gennaio 1974, n. 31);
  • il libretto bancario di deposito e risparmio, il quale è invece assistito da una efficacia di piena prova, ai sensi dell'art. 1835 c.c., in relazione alle attestazioni e alla provenienza del libretto stesso dalla banca al cui servizio è addetto il funzionario che ha sottoscritto le annotazioni o la precedente emissione (Cass. civ., 16 aprile 1986, n. 3585);
  • gli atti adottati dagli ispettori agrari provinciali (Cass. civ., 26 gennaio 1994, n. 795);
  • il rapporto redatto dal pubblico ufficiale in relazione all'avvenuta commissione di un illecito (Cons. St., 13 febbraio 1995, n. 238);
  • i certificati sottoscritti dall'appaltatore di opere pubbliche e dal direttore dei lavori che attestino il completamento delle opere stesse (Cass. civ., 20 aprile 1985, n. 2616);
  • la certificazione che sia stata rilasciata dal datore di lavoro relativamente alle somme versate ai propri dipendenti (Cass. civ., 17 aprile 1989, n. 1819);
  • il verbale di constatazione notarile, che, pur rientrando nelle attività attribuite dalla legge ai notai, non è tuttavia dotato dei requisiti previsti dagli artt. 2699 ss. c.c. (Cass. civ., 2 aprile 1982, n. 2021);
  • il documento redatto per scopi interni alla pubblica amministrazione (Cass. pen., 14 marzo 2017, n. 24878);
  • il verbale dello stato di consistenza redatto dai tecnici comunali (Cass. civ., 8 luglio 2004, n. 12559).
Riferimenti
  • C. Crisci, voce Atto pubblico (dir. civ.), in ED, IV, Milano, 1959, 268;
  • G. Mariconda, voce Atto pubblico, in EG, IV, Roma, 1988, 3; M. Di Fabio, voce Notaio, in ED, XXVIII, Milano, 1978, 607;
  • S. Patti, Della prova documentale, in Comm. Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 1996, 2;
  • E. Smaniotto, M. Porfiri, L'atto