Assemblea (quorum costitutivi e deliberativi)

Alberto Celeste
13 Novembre 2017

Una volta delineate le regole perché l'assemblea condominiale possa validamente costituirsi, il novellato art. 1136 c.c. contempla i vari quorum sul versante deliberativo, in parte reiterando le precedenti previsioni ed in parte ammodernando il vecchio testo, soprattutto mediante un'opera di coordinamento con le disposizioni di nuovo conio: in tal modo, si prescrivono specifiche maggioranze assembleari, di volta in volta differenti a seconda della natura degli affari oggetto della discussione o della convocazione in cui la votazione viene fatta, ma mantenendo l'adozione del criterio misto, in cui il numero (teste) concorre con il valore (millesimi), in modo da aversi una doppia maggioranza per l'approvazione delle delibere assembleari.
Inquadramento

Una volta stabilito che i criteri per formare una maggioranza sono quelli del numero dei partecipanti (c.d. per teste) e quelli della quota degli interessi che essi rappresentano (c.d. per valore), il codice civile del 1942 - peraltro, sullo schema delineato dalla legge speciale del 1934 e diversamente dal codice abrogato che seguiva solo il criterio del valore - adotta il criterio misto, in cui il numero concorre con il valore, in modo da aversi una doppia maggioranza per l'approvazione delle delibere assembleari.

In parole povere, il suddetto codice - la cui impostazione sul punto non è stata intaccata dalla Riforma del 2013 - determina la composizione della maggioranza sia quantitativamente che qualitativamente, e nonostante la diversa dizione usata nei vari capoversi della disciplina dedicata al condominio per indicare i componenti dell'assemblea (intervenuti o partecipanti), l'elemento valore (qualità) è sempre in stretta connessione con il numero (quantità), anche se il rapporto di questi due elementi cambia con il variare dell'oggetto della delibera.

Posto che i quorum rappresentano il valore minimo, sotto il quale non si verificano le condizioni perché la volontà rappresentata sia considerata come espressione dell'assemblea, se non si raggiungono per entrambi gli elementi del meccanismo di funzionamento dell'assemblea (testa e valore) i minimi di legge, la delibera da questi rappresentata non può formare una maggioranza in senso tecnico; la circostanza, poi, che sulla delibera confluiscano, ma solo per numero o per valore, consensi superiori, ma insufficienti se considerati singolarmente, non incide sulla validità della medesima delibera.

L'adozione di tale criterio è stata giustificata per evitare che la maggiore entità degli interessi, talvolta distribuiti in proporzioni diversissime tra i partecipanti, soverchiasse troppo le volontà individuali; nel contempo, non è decisivo neanche il numero, altrimenti si potrebbe avere un'efficacia preponderante da parte di condomini che hanno diritti minori e si potrebbe dare àdito alla sopraffazione della maggioranza numerica con il pericolo di manovre ostruzionistiche che precludano l'adozione di qualsiasi decisione.

Privilegiare l'uno o l'altro aspetto (personale o millesimale) condurrebbe a possibili prevaricazioni in un senso o nell'altro, posto che un solo individuo con forte valenza millesimale potrebbe bloccare ogni iniziativa dei condomini intrapresa per la gestione della cosa comune, e, per contro, più condomini portatori di una quota millesimale complessivamente inferiore potrebbero imporre scelte economiche gravose ricadenti per la maggior parte sul condomino che possiede una quota maggiore di millesimi.

La maggioranza semplice

Per quanto riguarda l'assemblea in prima convocazione, il comma 2 stabilisce, come prima, che «sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio».

Relativamente all'assemblea in seconda convocazione, il successivo comma 3, in fondo, innovando parzialmente, stabilisce che «la deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio».

In evidenza

A ben vedere, ora si fa riferimento agli intervenuti alla riunione, laddove il vecchio testo si correlava ad «un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio», e tale modifica va letta nell'ottica di dare maggiore rilevanza alla partecipazione diretta alle riunioni, scoraggiando al contempo prassi disertive da parte dei codomini.

La maggioranza «semplice» è richiesta per un primo gruppo di affari, che riguardano l'ordinaria amministrazione e la normale gestione dei beni/servizi/impianti comuni, l'approvazione del bilancio preventivo e consuntivo nonché della relativa ripartizione delle spese tra i vari condomini, il rendiconto annuale dell'amministratore, l'impiego di eventuali residui attivi di gestione, le riparazioni straordinarie che non siano di grande entità, la costituzione del fondo speciale obbligatorio, e, in buona sostanza, quant'altro non risulta compreso negli argomenti per cui occorre una speciale maggioranza.

In particolare, gli atti di ordinaria amministrazione sono quelli volti alla conservazione della cosa comune, come riparazioni, manutenzioni, provvedimenti di prevenzione e difesa, nonché alla sua normale utilizzazione, che spesso implicano una spesa ma che possono anche prescindere dall'effettuazione della stessa (tra le pronunce di merito che hanno affrontato fattispecie peculiari, v. Trib. Cagliari 6 febbraio 2004; Trib. Sanremo 23 febbraio 1999; Trib. Foggia 25 marzo 1994; Trib. Torino 16 marzo 1981).

Tanto per fare qualche esempio, la giurisprudenza ha ritenuto che possa disporsi a maggioranza semplice l'uso indiretto della cosa comune, mediante locazione, quando non sia possibile l'uso diretto dello stesso bene per tutti i condomini proporzionalmente alla loro quota, promiscuamente oppure con il sistema di turni temporali o del frazionamento di spazi (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2001, n. 4131; Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 1998, n. 10446; Cass. civ., sez. II, 22 novembre 1984, n. 6010); parimenti per l'approvazione di una delibera con la quale si affitta ad un condomino un locale comune ove è sistemato l'impianto di riscaldamento, con affidamento allo stesso della gestione del servizio (Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1998, n. 8622; Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1976, n. 270); e lo stesso dicasi per l'autorizzazione da parte dell'assemblea ai condomini proprietari di autoveicoli di sostare nel cortile comune, incidendo la relativa decisione solo sul modo di utilizzazione del cortile senza cambiarne la destinazione (Cass. civ., sez. II, 12 luglio 1968, n. 2464).

La maggioranza qualificata

Il quorum qualificato di cui al citato comma 2, ossia la maggioranza degli intervenuti all'assemblea rappresentanti almeno la metà del valore dell'edificio, veniva richiesto, nella precedente versione, per quattro tipi di delibere, e precisamente quelle che riguardavano: la nomina e la revoca dell'amministratore (art. 1129, commi 1 e 2, c.c.) - la stessa maggioranza prevista per tale nomina è, oggi, richiamata dall'art. 1130-bis c.c., per la nomina di «un revisore che verifichi la contabilità del condominio» - le liti attive o passive relative a materie che esorbitavano dalle attribuzioni di quest'ultimo (artt. 1130 e 1131, comma 3, c.c.), la ricostruzione dell'edificio (art. 1128, comma 2, c.c.), nonché le riparazioni di straordinaria entità (art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.).

Nell'attuale testo, i 500 millesimi e la maggioranza degli intervenuti sono prescritti, oltre che per le deliberazioni di cui sopra, anche per ulteriori quattro tipi di decisioni, e segnatamente:

a) art. 1117-quater c.c., ossia allorché l'assemblea, sollecitata dall'amministratore o dal singolo condomino, statuisce in merito alla cessazione di «attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni»;

b) art. 1120, comma 2, c.c., ossia le innovazioni c.d. speciali, pur nel rispetto della normativa di settore, nel dettaglio:

1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti,

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico, per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune, e

3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze;

c) art. 1122-ter c.c., ossia l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di «impianti volti a consentire la videosorveglianza» su di esse;

d) art. 1135, comma 3, c.c., ossia quando l'assemblea autorizza l'amministratore «a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato».

La stessa maggioranza, ossia i 500 millesimi, si evince dal sistema della Riforma del 2013 anche in altre ipotesi non espressamente richiamate dal comma 4 dell'art. 1136 c.c., e cioè per approvare o modificare il regolamento di condominio (art. 1138, comma 3, c.c.), per lo scioglimento del condominio qualora un gruppo di edifici possa dividersi in «parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi» (art. 61, comma 1, disp. att. c.c.), per rettificare o modificare i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale in determinati casi (art. 69, comma 1, disp. att. c.c.), per chiedere all'amministratore l'attivazione di un sito internet intestato al condominio (art. 71-ter disp. att. c.c.), per autorizzare l'amministratore a partecipare al procedimento di mediazione (art. 71-quater, comma 3, disp. att. c.c.), nonché per approvare l'accordo conciliativo al termine del medesimo procedimento di mediazione (art. 71-quater, comma 5, disp. att. c.c.).

In forza del successivo comma 5 dell'art. 1136 c.c., è rimasta, invece, la maggioranza qualificata correlata «ad un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio» - laddove, in precedenza, si faceva riferimento alla «maggioranza dei partecipanti al condominio» - per le sole deliberazioni concernenti le innovazioni, per così dire, ordinarie di cui al comma 1 dell'art. 1120 c.c., ossia quelle «dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni», per lo scioglimento del condominio «qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini» (art. 62, comma 2, disp. att. c.c.), nonché per quelle contemplate dall'art. 1122-bis, comma 3, c.c. ossia nell'ipotesi in cui il singolo intenda realizzare impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva o per la produzione di energia da fonti rinnovabili, e l'assemblea prescriva «adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio», provveda, «a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto», e subordini «l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali».

Nel caso in cui non sia il singolo ma l'organo gestorio ad assumere iniziative in tal senso, il Legislatore del 2013 ha introdotto l'art. 155-bis disp. att. c.c. - inserito nelle «disposizioni transitorie» del libro III del codice civile ma di non agevole applicazione pratica - secondo il quale «l'assemblea, ai fini dell'adeguamento degli impianti non centralizzati di cui all'articolo 1122-bis, primo comma, del codice, già esistenti alla data di entrata in vigore del predetto articolo, adotta le necessarie prescrizioni con le maggioranze di cui all'articolo 1136, commi primo, secondo e terzo, del codice» civile medesimo.

Non vengono elencate, come sarebbe stato opportuno, nel corpo del novellato art. 1136 c.c. - probabilmente, per un difetto di coordinamento, avendo la norma subìto variazioni nel passaggio tra i due rami del Parlamento - le delibere di cui all'art. 1117-ter c.c. allorché si richiede l'elevato numero di voti, che «rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio», per l'approvazione di decisioni mediante le quali, per soddisfare esigenze di interesse condominiale, si decidono «modificazioni delle destinazioni d'uso» delle parti comuni dell'edificio.

La delibera adottata all'unanimità

Si reputa, infine, che occorra il consenso dell'unanimità dei partecipanti al condominio - anche se non mancano, sul punto, opinioni discordi - per:

a) la formazione di un nuovo regolamento di condominio o la modificazione di quello esistente, che implichi variazioni nei diritti costituiti o acquisiti sulle cose e sui servizi comuni, e del potere di disporre da parte dei singoli condomini sulle parti di loro proprietà esclusiva (art. 1138, penultimo comma, c.c.);

b) la modificazione del regolamento di condominio inerente ai valori proporzionali delle varie quote, a meno che occorra correggere errori, o quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edifico, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici oppure di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, sia alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino (art. 69, comma 1, disp. att. c.c.);

c) le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, o che ne alterino il decoro architettonico, che rendano taluni parti dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino (art. 1120, comma 4, c.c.);

d) la sopraelevazione che possa pregiudicare le condizioni statiche o l'aspetto architettonico dell'edificio, o che arrechi una notevole diminuzione di aria e luce ai piani sottostanti (art. 1127, commi 2 e 3, c.c.);

e) la ricostruzione dell'edificio quando esso sia perito totalmente, o per una parte superiore ai tre quarti del suo valore, salvo disposizioni contrarie contenute nel regolamento di condominio (art. 1128, comma 1, c.c.);

f) gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sulle cose comuni, nonché le locazioni di durata superiore a nove anni (art. 1108, comma 3, c.c.);

g) la ripartizione delle spese secondo criteri diversi da quelli legali, e l'esonero di un condomino dalla relativa contribuzione (art. 1123, comma 1, c.c.).

La derogabilità da parte del regolamento

L'art. 1136 c.c. stabilisce, dunque, le maggioranze richieste per la validità delle delibere: tale norma ha carattere assolutamente inderogabile in forza del disposto dell'art. 1138, penultimo comma, c.c., nel senso che non può essere derogata nemmeno sulla base dell'accordo unanime di tutti i partecipanti al condominio, anche per la ragione che le maggioranze necessarie alle medesime delibere riguardano soprattutto interessi collettivi dell'intero condominio come ente.

A questo punto, ci si è chiesti se il divieto di deroga delle maggioranze legali valesse solo per quelle inferiori o superiori, oppure per entrambe.

In realtà, si è sostenuto che non si possa attribuire validità a norme regolamentari che stabiliscano qualsiasi quorum deliberativo differente da quello legale, poiché, se, da un lato, il Legislatore, per evidenti motivi di garanzia, ha inteso evitare l'approvazione di delibere con maggioranze inferiori da quelle da lui stesso fissate, dall'altro, per non paralizzare l'attività dell'organo gestorio, non ha permesso nemmeno maggioranze superiori, e comunque eccessivamente gravose per il funzionamento del condominio (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 1966, n. 2155, secondo cui l'inderogabilità dell'art. 1136 c.c., ai sensi del successivo art. 1138, va intesa nel senso che il divieto di pattuire delle maggioranze diverse da quelle legali riguarda non solo maggioranze inferiori, ma anche superiori; nella stessa lunghezza d'onda, v., nella giurisprudenza di merito, Trib. Lecco 12 aprile 1999; Trib. Cagliari 5 settembre 1988).

Illuminanti, al riguardo, le precisazioni offerte dai giudici di Piazza Cavour in ordine ai termini generali della problematica de qua; si premette che l'art. 1138, penultimo comma, c.c. contempla due distinte disposizioni: l'una generica, l'altra specifica; la prima esclude che i regolamenti di condominio possano menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e la seconda dichiara inderogabili, in nessun caso, le disposizioni di cui agli artt. 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 c.c.; si ammette che il regolamento contrattuale possa sottoporre a limitazioni l'esercizio dei poteri e delle facoltà, che normalmente caratterizzano il contenuto del diritto di proprietà, tanto sulle parti comuni, quanto sui piani o porzioni di piano; per contro, si esclude che lo stesso regolamento possa derogare alle disposizioni riguardanti l'organizzazione del gruppo, ossia la dinamica dell'amministrazione e della gestione del condominio (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 1994, n. 7894).

Su tali premesse, i giudici di legittimità ribadiscono l'assunto che le stesse limitazioni riguardano la possibilità, da parte del regolamento contrattuale, di derogare alla composizione dell'assemblea, cui devono partecipare tutti i condomini; che il Legislatore abbia sancito l'assoluta inderogabilità delle disposizioni concernenti la composizione ed il funzionamento dell'assemblea da parte di qualunque regolamento, maggioritario o contrattuale, si argomenta, innanzitutto, dal tenore letterale della norma, che si esprime in termini categorici («in nessun caso possono derogare») e prevede in generale i regolamenti, e non solo i regolamenti approvati a maggioranza, ricordati nel comma precedente.

D'altronde, l'interpretazione letterale è confortata da argomenti sistematici di considerevole importanza; la prima e la seconda parte del comma 4 dell'art. 1138 c.c. (vecchio testo), invero, non contemplano disposizioni omogenee: l'autonomia privata può rinunciare al diritto di proprietà (quando è consentito), o fissare limitazioni ragguardevoli al suo esercizio, mediante la costituzione di diritti reali frazionari, per contro, l'autonomia privata, almeno di regola, non può derogare alle norme riguardanti agli organi collegiali, che specificamente tutelano le minoranze, alle cui garanzie non possono abdicare neppure gli interessati; una cosa è la rinuncia alla proprietà, o la limitazione al suo esercizio, mediante la costituzione di diritti reali frazionari, altro è il travisamento e l'alterazione della natura delle facoltà e dei poteri inerenti alla partecipazione all'organo collegiale, cui per legge è affidata la gestione delle parti comuni.

Pertanto, è vero che l'assemblea - ma lo stesso dicasi dei regolamenti, che sono le leggi interne che si possono votare a maggioranza - ha poteri non solo di gestione ma anche di organizzazione interna del condominio, ma è altrettanto vero che gli stessi non possono giungere fino a dettare il modo di formazione della volontà collettiva; un organismo come l'assemblea, quindi, è in grado di regolare la propria attività futura, ma non la propria composizione ed il modo stesso in cui si forma la propria voce - addirittura, senza il voto di tutti i suoi componenti - sicché le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c. non potranno essere modificate né in un senso né in un altro, cioè né per attenuarle né per accrescerle (non è, quindi, consentita alcuna analogia con quanto disposto dagli artt. 2368 e 2369 c.c. in tema di assemblea delle società).

Nello stesso ordine di idee, non deve ritenersi valido un regolamento di condominio, anche se di carattere contrattuale, che si accontenti della sola maggioranza dei valori o dei numeri, oppure che ammetta la validità dell'assemblea in prima convocazione prescindendo dai quorum previsti,in quanto - lo si ripete - la norma in esame è inderogabile anche da parte dell'unanimità dei condomini.

Un'altra pronuncia del Supremo Collegio, più risalente nel tempo, si è occupata di un regolamento formato nel lontano 1923, rilevando che le norme sulle maggioranze riguardo al numero dei condomini e ai millesimi rappresentati non sono derogabili da clausole regolamentari, nemmeno se si tratti di regolamenti contrattuali e nemmeno se tali clausole siano contenute in un regolamento redatto prima dell'entrata in vigore del codice civile del 1940, inefficaci, infatti, per effetto dell'applicazione dell'art. 155, ultimo comma, disp. att. c.c. (Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 1967, n. 2427, la quale ha considerato illegittima la clausola che fissava la validità delle deliberazioni delle assemblee unicamente con riferimento ai valori delle quote dei votanti, negando efficacia al correlativo criterio del numero dei partecipanti alle assemblee).

In buona sostanza, il Legislatore italiano ha dosato così minutamente i quorum delle assemblee, quanto a validità della costituzione e deliberazione, da ritenere che una diversa disciplina possa danneggiare il governo del condominio; d'altronde, costituisce preminente interesse dell'ordinamento che i condominii, così diffusi da coprire una larghissima area della proprietà edilizia, siano governati tutti analogamente, ossia con assemblee che si formino e decidano secondo regole uguali in tutto il territorio nazionale.

Casistica

CASISTICA

Conflitto di interessi

In tema di condominio, le maggioranze necessarie per l'approvazione delle delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti e al valore dell'edificio (o in rapporto alla totalità dei millesimi), sia ai fini del conteggio del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto; pertanto, anche nell'ipotesi di conflitto di interesse, la delibera deve essere presa con il voto favorevole di tanti condomini che rappresentino la maggioranza personale e reale fissata dalla legge e, in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015, n. 19131).

Revisione delle tabelle millesimali

L'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.; infatti, la deliberazione che approva le tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell'obbligo contributivo del condomino, fonte che è costituita dalla legge stessa, ma solo come parametro di quantificazione dell'obbligo, determinato in base ad una valutazione tecnica (Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2014, n. 4569).

Destinazione del cortile comune

La delibera assembleare di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 5, c.c., non essendo all'uopo necessaria l'unanimità dei consensi, ed è idonea a comportare la modifica delle disposizioni del regolamento di condominio, di natura non contrattuale, relative all'utilizzazione ed ai modi di fruizione delle parti comuni (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9877).

Rispetto del regolamento

L'amministratore di condominio, essendo tenuto a curare l'osservanza del regolamento di condominio (art. 1130, 1 comma, n. 1, c.c.), è legittimato ad agire e a resistere in giudizio per ottenere che un condomino non adibisca la propria unità immobiliare ad attività vietata dal regolamento condominiale contrattuale (nella specie, bar ristorante), senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare assunta con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c., la quale è richiesta soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell'amministratore stesso (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2010, n. 21841).

Autorimesse pertinenziali

Ai sensi dell'art. 9, comma 3, della l. n. 122/89, i condomini possono deliberare - con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. - la realizzazione di autorimesse pertinenziali (con esclusione di qualsiasi uso su ciascuna porzione da parte degli altri condomini) nel sottosuolo di edifici condominiali, anche in numero inferiore a quello delle unità abitative di proprietà esclusiva; tuttavia - poiché il citato art. 9, comma 3, fa salvo il contenuto degli art. 1120, comma 2, e 1121, comma 3, c.c. - detta sottrazione è consentita solo ove sia assicurata anche ai condomini dissenzienti la possibilità di realizzare, in futuro, nella zona del sottosuolo comune rimasta libera, un analogo parcheggio pertinenziale (Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2009, n. 20254).

Guida all'approfondimento

Nasini, Le maggioranze assembleari, in Arch. loc. e cond., 2013, 438;

Donadoni, L'art. 1136, 3 comma, c.c. e il principio di maggioranza nelle delibere dell'assemblea condominiale, in Nuova giur. ligure, 2005, 287;

Salciarini, L'art. 1136 c.c. e il rebus degli “intervenuti”: una buona vecchia soluzione, in Arch. loc. e cond., 2002, 137;

Corona, Proprietà e maggioranza nel condominio negli edifici, Torino, 2001, 155;

Maglia, Il concetto di maggioranza alla luce dell'evoluzione della disciplina condominiale, in Arch. loc. e cond., 1996, 465;

Terzago, L'assemblea condominiale: doppia o tripla maggioranza, maggioranze e minoranze, votazione, quorum, in Arch. loc. e cond., 1995, 513;

Capponi, I regolamenti di condominio e deroghe, in aumento, alle maggioranze stabilite dalla legge per l'approvazione delle delibere assembleari, in Arch. loc. e cond., 1994, 459;

Santarsiere, Deliberazione condominiale sul portierato: maggioranza richiesta, in Arch. civ., 1990, 288;

Massacci, Regolamento contrattuale di condominio e deroga all'art. 1136 c.c., in Riv. giur. sarda, 1990, 408;

Salis, Computo della maggioranza nell'assemblea di condominio, in Riv. giur. edil., 1966, I, 734.

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