L’impatto nel reddito d'impresa degli immobili "patrimonio" concessi in locazione
13 Ottobre 2017
Una società in accomandita semplice con oggetto sociale e attività principale esercitata di bar e ristorazione ambulante, in contabilità ordinaria, acquista un appartamento ctg. A03 (non strumentale né bene merce) che successivamente concede in locazione abitativa ad un privato. I ricavi relativi alla suddetta locazione, regolarmente fatturati e contabilizzati, vanno inseriti nei righi RF10 e RF39 al netto della riduzione del 5% mentre i costi relativi alle utenze, anch'essi regolarmente fatturati (come rimborsi) e contabilizzati al lordo dell'iva, indeducibili, vanno inseriti nel rigo RF11? Per quanto attiene la quota di ammortamento come la si indica? E' deducibile direttamente in bilancio oppure deve essere fatta una ripresa in aumento in UNICO?
Sono stati chiesti chiarimenti circa il corretto trattamento fiscale relativo ai componenti negativi di reddito associati ad un immobile, acquistato da una S.a.s, con oggetto sociale nel campo della ristorazione, a mero titolo d'investimento e, successivamente, concesso in locazione a privati. Si fa, quindi, riferimento ad un fabbricato non riconducibile alla categoria degli immobili strumentali (per natura o per destinazione) e di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa (c.d. immobili “merce“), ma ad un immobile destinato a civile abitazione, rientrante nella categoria catastale A/3 (c.d. immobili “patrimonio“). Innanzitutto, giova precisare che gli immobili “patrimonio“ situati in Italia, di proprietà delle imprese, non concorrono alla formazione del reddito sulla base dei costi e dei ricavi ad essi afferenti ed iscritti in bilancio ma, nel rispetto delle disposizioni del capo II, del titolo I del Tuir, seguono le regole proprie dei redditi fondiari, di cui all'art. 37 del Tuir. A tal riguardo infatti, l'art. 90 del Tuir, al primo comma, nel disporre il criterio di determinazione del reddito per gli immobili “patrimonio“, traccia al contempo l'ambito applicativo della disciplina stabilendo che “I redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa, né beni alla cui produzione o al cui o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, concorrono a formare il reddito nell'ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I per gli immobili situati nel territorio dello Stato e a norma dell'art. 70 per quelli situati all'estero“. Pertanto, dal lato dei componenti positivi, i proventi derivanti dalla locazione di tali immobili concorrono a formare il reddito d'impresa della società per una somma pari al maggiore tra i seguenti importi:
Quindi, per le sole spese di manutenzione ordinaria, è ammessa una deduzione analitica vincolata al plafond del 15% del canone di locazione, esclusivamente per quelle opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie per mantenere in efficienza gli impianti esistenti (ad es. sostituzione pavimenti interni ed esterni, rifacimento intonaci e tinteggiatura, sostituzione tegole ecc.).
A tal riguardo, l'Amministrazione finanziaria nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 10 del 13 marzo 2006, ha precisato che le spese di manutenzione, adeguatamente documentate per mezzo di contratti, attestazioni di pagamento, fatture e ricevute fiscali, devono rimanere effettivamente a carico dell'impresa locatrice e, quindi, se le parti stabiliscono erroneamente nel contratto di locazione che le spese ordinarie siano addebbitate al conduttore (come di solito avviene nella prassi), l'impresa non potrà portare in deduzione alcunchè ed il canone rileverà per l'intero ammontare. Non possono essere portate in riduzione del canone di locazione, invece, le spese sostenute per interventi edilizi non riconducibili alla lett. a), co. 1, art. 3, D.P.R. 380/2001, quali ad esempio gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia. Altresì, giova rilevare che, la principale conseguenza della determinazione del reddito degli immobili patrimonio secondo le regole dei redditi fondiari, consiste nell'impossibilità di dedurre dal reddito d'impresa i costi relativi agli stessi immobili. Infatti, l'art. 90, co. 2, del Tuir., prevede che “le spese e gli altri componenti negativi relativi ai beni immobili indicati nel comma 1 non sono ammessi in deduzione“, sulla base del fatto che tali costi sono già considerati ai fini delle tariffe d'estimo assunte per la determinazione della rendita catastale. Considerato, quindi, il carattere speciale e derogatorio di tale disposizione rispetto al principio generale di inerenza e previa imputazione in bilancio dei componenti negativi di reddito, sono considerate totalmente indeducibili tutte quelle spese correlate al bene immobile, oggetto del quesito, tra cui le condominiali, le spese per il personale addetto ai servizi di custodia e portineria, le utenze e le spese di manutenzione straordinaria.
Infine, si segnala che l'Agenzia delle Entrate con la Circolare 28 febbraio 2011, n. 7, ha affermato l'indeducibilità fiscale degli ammortamenti relativi ai beni che rientrano fra quelli contemplati dall'art. 90. In sede di dichiarazione dei redditi vanno, pertanto, “sterilizzati” i costi e i proventi contabilizzati e deve essere assoggettato a tassazione il maggiore tra la rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15% del canone medesimo, delle spese documentate di manutenzione ordinaria.
Conseguentemente, dal punto di vista operativo, prendendo a riferimento il Modello Redditi SP 2017 (anno d'imposta 2016), vanno indicatati:
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