Luca Caputo
25 Gennaio 2018

La trascrizione delle domande giudiziali pone una serie di problemi che hanno animato, e continuano ad animare, il dibattito dottrinale e giurisprudenziale. In questa sede verranno esaminate alcune delle più frequenti problematiche ad essa legate, quali la natura giuridica della responsabilità del trascrivente per i danni cagionati a terzi, l'ammissibilità della cancellazione in via cautelare delle domande trascritte mediante il rimedio atipico ex art. 700 c.p.c., nonché i rapporti intercorrenti tra la trascrizione del contratto preliminare, della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre e del potere della curatela fallimentare di sciogliersi dal contratto di cui all'art. 72 della l. fall..
Inquadramento

La trascrizione, com'è noto, svolge nel nostro ordinamento una pluralità di funzioni, tra cui la principale e ordinaria è quella dichiarativa, consentendo di rendere opponibili ai terzi gli atti relativi a vicende che, di regola, hanno ad oggetto diritti reali su beni immobili o mobili registrati.

La trascrizione, quindi, costituisce di norma uno strumento di risoluzione dei conflitti - nella circolazione dei diritti (su beni immobili o mobili registrati) - che possono sorgere tra più acquirenti inter vivos da un comune alienante.

La possibile insorgenza di conflitti tra una pluralità di titoli di acquisto relativi al medesimo diritto e/o bene scaturisce dalla vigenza nel nostro ordinamento del principio consensualistico (art. 1376 c.c.), in virtù del quale, di regola, i diritti si trasferiscono per effetto del solo consenso legittimamente prestato dalle parti, senza necessità di ulteriori formalità. Pertanto uno stesso soggetto può, con una serie di atti dispositivi, disporre più volte del medesimo bene a vantaggio di soggetti diversi.

Il legislatore, dunque, in un'ottica di certezza e di celerità dei traffici giuridici ed economici, individua all'art. 2644, comma 2, c.c., quale criterio di risoluzione dei conflitti tra più aventi causa dal comune dante causa, quello della priorità della trascrizione del titolo di acquisto.

I principi cardine in materia di trascrizione sono quello della tassatività degli atti soggetti a trascrizione (art. 2643 c.c.), in virtù del quale sono suscettibili di trascrizione soltanto gli atti tipicamente individuati dal legislatore, e quello della continuità delle trascrizioni (art. 2650 c.c.), in virtù del quale può invocarsi la trascrizione di un determinato atto, ad esempio ai fini della relativa opponibilità, in quanto questa sia preceduta da una serie di trascrizioni senza soluzioni di continuità.

La naturale funzione dichiarativa della pubblicità, volta ad assicurare l'opponibilità di determinate vicende traslative ai terzi, ovvero la prevalenza del trascrivente anteriore rispetto a quelli posteriori, si contrappone ad ulteriori funzioni che, sia pure in casi limitati, essa può avere.

La pubblicità si atteggia dunque eccezionalmente come costitutiva, allorquando cioè essa ha natura di elemento di perfezionamento dell'atto, necessario per la validità dello stesso, come nel caso dell'iscrizione dell'ipoteca nei registri immobiliari (art. 2808, comma 2, c.c.).

Si ritiene che, ancorché eccezionalmente, la pubblicità possa avere anche efficacia “sanante”, come nel caso di cui all'art. 2652, n. 6, c.c., che disciplina gli effetti della trascrizione della domanda di nullità nei registri immobiliari; trascrizione che, in presenza di determinati e stringenti presupposti, non consente di intaccare la validità dell'atto viziato, “sanando” così la patologia che affligge il negozio.

Infine, la trascrizione può assolvere all'ulteriore funzione di pubblicità-notizia (al fine di garantire la mera conoscibilità di determinati atti e vicende, come ad es. nella trascrizione dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario), nonché “prenotativa”.

È questa la funzione che svolge la trascrizione delle domande giudiziali (artt. 2652-2653 c.c.), che pone una serie di problemi che hanno animato, e continuano ad animare, il dibattito dottrinale e giurisprudenziale.

Si procederà, pertanto, in questa sede ad esaminare dapprima la disciplina giuridica fondamentale della trascrizione delle domande giudiziali e le sue funzioni, per poi esaminare alcune delle più frequenti problematiche ad essa legate, quali la natura giuridica della responsabilità del trascrivente per i danni cagionati a terzi (cioè nell'area della lite temeraria ex art. 96, comma 2, c.p.c. o della clausola generale di cui all'art. 2043 c.c.), l'ammissibilità della cancellazione in via cautelare delle domande trascritte mediante il rimedio atipico ex art. 700 c.p.c., nonché i rapporti intercorrenti tra la trascrizione del contratto preliminare (art. 2645-bis c.c.), della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre (art. 2932 c.c.) e del potere della curatela fallimentare di sciogliersi dal contratto di cui all'art. 72 della l. fall..

Disciplina e funzione della trascrizione delle domande giudiziali

La trascrizione delle domande giudiziali rinviene la propria disciplina essenziale nel libro VI del codice civile, intitolato “Della tutela dei diritti”, negli artt. 2652-2654 c.c., il che si giustifica con il fatto che la sua funzione precipua è quella di assicurare una tutela effettiva ai diritti azionati in via giurisdizionale.

L'art. 2652 c.c.prevede che, qualora riguardino i diritti cui fa riferimento l'art. 2643 c.c. - essenzialmente relativi ad atti traslativi della proprietà di beni immobili o traslativi, costitutivi e modificativi di diritti reali immobiliari - siano soggette a trascrizione anche una serie di domande giudiziali che a tali diritti ineriscano: domande dirette a dichiarare la nullità o l'annullamento dei detti atti, a far valere la risoluzione, a ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre, o a ottenere l'accertamento giudiziale della sottoscrizione di scritture private, o, ancora, ad accertare la simulazione di tali atti, o a ottenerne la revoca ai sensi dell'art. 2901 c.c..

La previsione espressa della trascrivibilità delle domande giudiziali risponde, in linea di massima, all'esigenza di consentire ai terzi che intendano procedere all'acquisto di beni immobili e mobili registrati - o comunque compiere atti che presuppongano il pieno potere di disporre di questi beni - di essere a conoscenza del fatto che in ordine a quel determinato bene è pendente una controversia, il cui esito sarà opponibile, proprio in conseguenza dell'avvenuta trascrizione della domanda giudiziale, anche agli aventi causa della parte soccombente. In questo senso, quindi, si parla di funzione prenotativa, poiché l'accoglimento della domanda con sentenza, quindi necessariamente in un momento successivo alla proposizione della prima, risulterà opponibile a coloro che abbiano trascritto successivamente alla trascrizione della domanda anche se prima dell'emissione della sentenza (di questo avviso sono, tra i tanti: C.M. Bianca, Diritto Civile, II^ Ed., Vol 3, Giuffré, 2012, p. 584; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, XIV^ Ed., Napoli, 2009, p. 301; A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, 40^ Ed., Padova, 2005, p. 230). L'effetto prenotativo, quindi, si sostanzia nel far retroagire le conseguenze scaturenti dalla sentenza al momento della trascrizione della domanda giudiziale, con prevalenza di quest'ultima rispetto alle trascrizioni effettuate successivamente a essa. Con la conseguenza che, qualora, diversamente, i terzi abbiano effettuato la trascrizione del proprio titolo d'acquisto in data antecedente alla trascrizione della domanda giudiziale, in questo caso l'eventuale sentenza di accoglimento della domanda non potrà produrre effetti pregiudizievoli nei loro confronti.

Anche la giurisprudenza ha costantemente ritenuto che questa sia la funzione della trascrizione delle domande giudiziali, come ribadito, di recente, da Cass. civ., sez. II, 8 aprile 2013, n. 8495 che ha stabilito: «la trascrizione della domanda giudiziale nei casi previsti dalla legge (artt. 2652 e 2690 c.c., rispettivamente per i beni immobili e beni mobili registrati) si ricollega al principio fissato dall'art. 111 c.p.c., che disciplina la successione a titolo particolare nel diritto controverso. Esso mira a regolare e risolvere un conflitto, di diritto sostanziale, tra più acquirenti dallo stesso dante causa; consente all'attore che esercita una pretesa avente ad oggetto un diritto reale immobiliare, di rendere opponibile la sentenza anche al successore a titolo particolare del convenuto; costituisce un onere che, in relazione alla norma di cui all'art. 111 c.p.c., opera nel senso di rendere possibile che l'efficacia della sentenza retroagisca secondo i principi generali (ove a ciò non osti la sua natura particolare) al momento della domanda giudiziale e si svolga, comunque, anche rispetto a coloro che, nelle more del giudizio, si siano resi acquirenti, a titolo particolare, del diritto controverso o abbiano acquistato diritti in base ad un atto trascritto o iscritto successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale; questi, per non aver partecipato al giudizio, potrebbe respingere gli effetti della sentenza pronunciata nei confronti del loro dante causa, qualora, mediante la trascrizione, l'esistenza della domanda giudiziale non fosse portata a loro conoscenza prima dell'acquisto del bene a cui inerisce il diritto litigioso».

Dunque la trascrizione delle domande giudiziali assolve, sul piano sostanziale, una funzione “prenotativa” o “conservativa” degli effetti della futura ed eventuale sentenza che dovesse accogliere la domanda (trascritta), facendone retroagire ex tunc gli effetti, con conseguente prevalenza su eventuali soggetti che abbiano trascritto o iscritto in relazione al medesimo bene in data successiva, nonché, sul piano processuale, in caso di domande ex artt. 2652 nn. 2) e 3), quella di perpetuatio iurisdicitonis, dilatando l'effetto di una sentenza anche agli aventi causa delle parti.

Alla domanda giudiziale il legislatore equipara l'atto con il quale viene promosso un giudizio arbitrale (art. 2652, comma 2, c.c.).

Se la trascrizione delle domande giudiziali svolge, in positivo, la funzione di prenotazione descritta, deve osservarsi che, al contempo, essa determina anche un forte limite per la circolazione dei beni in relazione ai quali siano trascritte domande giudiziali.

La pendenza di una controversia giudiziale risultante dalla trascrizione della domanda, infatti, produrrà l'effetto di scoraggiare il trasferimento dei diritti oggetto di domanda, con il rischio che questa situazione si protragga per un lasso di tempo considerevole, tenuto conto della durata media dei giudizi civili.

A tale situazione il legislatore ha inteso, almeno in parte, porre rimedio con la l. n. 69/2009 che ha introdotto l'art. 2668-bis c.c. (e l'analoga regola dettata dall'art. 2668-ter c.c. in tema di trascrizione di pignoramento immobiliare e di sequestro conservativo su beni immobili) che prevede che la trascrizione della domanda giudiziale conserva efficacia per vent'anni dalla sua data, con conseguente cessazione dell'efficacia in caso di mancata rinnovazione prima della scadenza.

Danni da trascrizione illegittima e ingiusta

Proprio il rischio evidenziato poc'anzi che la trascrizione di domande giudiziali paralizzi o, comunque, pregiudichi la circolazione dei beni, è alla base di numerose controversie concernenti l'abuso dello strumento della trascrizione, come accade nel caso in cui essa sia stata illegittimamente effettuata, ossia in assenza dei presupposti di legge.

In tale contesto è stata teorizzata la distinzione tra trascrizione “illegittima”, configurabile nei casi in cui si procede alla trascrizione di domande giudiziali non contemplate nell'elenco (tassativo) di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c., cioè sine titulo e trascrizione “ingiusta”, concernente i casi in cui pur essendo astrattamente contemplata la trascrizione della domanda, quest'ultima risulti in concreto infondata. La tesi che distingue tra trascrizione “ingiusta” (cui sarebbe applicabile l'art. 96 c.p.c.) ed “illegittima” (come tale foriera di danni ristorabili ex art. 2043 c.c. per violazione della clausola generale del neminem laedere) si deve a P. Pajardi, La responsabilità per le spese e i danni del processo, Giuffré, 1959, pp. 351-370, che considera la disciplina della responsabilità ex art. 96 c.p.c. «un sottosistema autonomo e completo» rispetto al sistema della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c..

Oggetto di contrasto giurisprudenziale è stata, con riferimento a tali ipotesi, la collocazione delle due distinte fattispecie all'interno dell'art. 2043 c.c. o dell'art. 96 c.p.c..

Secondo una prima ricostruzione, prevalente in giurisprudenza (ex pluribus Cass. civ., Sez. Un., 6 febbraio 1984, n. 874; Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2007, n. 16308; Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2008, n. 28226; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2010, n. 5069) e condivisa anche da parte della dottrina, entrambe le ipotesi sarebbero riconducibili nell'alveo dell'art. 96 c.p.c., con conseguente applicabilità della relativa disciplina, considerata norma idonea a ricomprendere tutte le ipotesi di atti e comportamenti processuali delle parti che producano effetti pregiudizievoli, con conseguente esclusione della possibilità di azionare, con domanda separata, il rimedio risarcitorio da responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. (tra i sostenitori dell'impostazione cd. “unitaria” S. Satta, Diritto processuale, Padova, 2002. E, ancora prima, F. Carnelutti, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, 4^ ed., Roma, 1951, I, p. 238, distingueva tra “illiceità” e “ingiustizia”).

Secondo una diversa ricostruzione (ex multis Cass. civ., sez. III, 21 luglio 1966, n. 1963; Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 1990, n. 10219; Cass. civ., sez. I, 8 maggio 1996, n. 4281), “atomistica”, invece, le due norme possono concorrere, con la conseguenza che l'art. 2043 c.c. troverà applicazione in caso di trascrizione “illegittima”. In particolare, secondo questo diverso orientamento, nel caso di trascrizione di una domanda giudiziale non ricompresa nelle ipotesi previste dagli artt. 2652 e 2653 c.c. si è in presenza di un vero e proprio fatto illecito che, come tale, rientra nella disciplina generale dell'art. 2043 c.c.,diversamente dall'ipotesi in cui la domanda sia astrattamente trascrivibile, perché contemplata nell'elenco tassativo di legge, ma risulti in concreto infondata, nel qual caso trova applicazione l'art. 96, comma 2, c.p.c..

Sul punto sono intervenute a dirimere il contrasto giurisprudenziale le Sezioni Unite della Cassazione civile con sentenza n. 6597/2011, che hanno sancito il seguente principio di diritto: «Qualora la parte che ha promosso un giudizio avente ad oggetto beni immobili abbia proceduto alla trascrizione della domanda giudiziale al di fuori dei casi di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c. - cioè compiendo una trascrizione illegittima - in assenza di una specifica previsione legislativa che radichi presso il medesimo giudice, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., la competenza a decidere anche la domanda di risarcimento danni promossa dalla controparte in conseguenza di tale illegittima trascrizione, deve ritenersi che quest'ultima domanda possa essere proposta anche in un diverso giudizio, ai sensi dell'art. 2043 c.c.. In questo caso, infatti, l'accertamento che il giudice è chiamato a compiere - relativo alla verifica dell'esistenza di una norma sostanziale che consenta o meno la trascrizione della domanda giudiziale - ha per oggetto un fatto diverso da quello dell'altro giudizio; tale lettura del sistema, idonea alla maggiore tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantito, consente al danneggiato di ottenere il risarcimento anche in ipotesi di colpa lieve, che rimarrebbero escluse ove la domanda risarcitoria fosse proponibile solo in base all'art. 96 c.p.c.».

La decisione delle Sezioni Unite, nell'accogliere la tesi fino a quel momento minoritaria che distingueva tra trascrizione “illegittima” ed “ingiusta”, ha attribuito rilievo decisivo alla circostanza che l'inquadramento delle fattispecie nell'una o nell'altra norma non è privo di conseguenze: l'art. 96 c.p.c. richiede, infatti, ai fini della condanna risarcitoria, oltre alla totale soccombenza in giudizio, anche che il comportamento processuale della parte soccombente sia caratterizzato da mala fede o colpa grave. Ciò comporta che il parametro per la valutazione dell'elemento soggettivo è più rigoroso di quello richiesto dall'azione generale di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c., in base al quale è sufficiente ad integrare la responsabilità anche la colpa lieve; con la conseguenza che, se si attribuisse rilievo assorbente all'art. 96 c.p.c., il danneggiato non potrebbe ottenere tutela risarcitoria a fronte di comportamenti caratterizzati da colpa lieve.

Al contempo, la previsione che la domanda di risarcimento dei danni da trascrizione ingiusta sia disciplinata dall'art. 96, comma 2, c.p.c. implica che il giudice, investito della questione relativa alla domanda principale, possa esaminare la domanda risarcitoria soltanto dopo aver esaminato e deciso le questioni di merito che attengono alla fondatezza della domanda (Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2013, n. 8913); ciò, ovviamente, in considerazione del fatto che, ai fini della pronuncia di condanna per lite temeraria, occorre che si accerti sia l'inesistenza del diritto oggetto della domanda sia l'inosservanza da parte dell'attore della prudenza richiesta all'uomo di media diligenza.

Quanto al termine entro il quale la domanda risarcitoria da trascrizione ingiusta può essere tempestivamente proposta ai sensi dell'art. 96, comma 2, c.p.c., la Suprema Corte ha chiarito che esso può coincidere anche con l'udienza di precisazione delle conclusioni, nella quale la domanda può essere formulata anche per la prima volta, in considerazione del fatto che si tratta di una domanda che non modifica la causa petendi del giudizio - che è individuato e delimitato sulla scorta delle domande proposte - e che proprio all'esito dell'istruttoria la parte risulta maggiormente in grado di valutarne la fondatezza (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2009, n. 15964).

Cancellazione in via cautelare delle domande trascritte

Altro problema ricorrente e connesso alla questione appena esaminata è quello concernente la possibilità o meno di ottenere un provvedimento del giudice che, in via cautelare, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., ordini la cancellazione della trascrizione illegittima di una domanda giudiziale

Sul punto si dividono il campo tre ricostruzioni.

Secondo una prima tesi, prevalente tanto nella giurisprudenza di merito (ex multis Trib. Milano, 8 marzo 2006; Trib. Nola, 16 gennaio 2014; Trib. Como, 16 settembre 2015), quanto di legittimità (così, ad esempio, Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 1997, n. 12797), non è possibile fare ricorso allo strumento della tutela cautelare atipica ex art. 700 c.p.c. al fine di ottenere la cancellazione della domanda giudiziale, dal momento che a ciò osta proprio il dato letterale della legge. Infatti, l'art. 2668 c.c., rubricato “cancellazione della trascrizione”, impone che la cancellazione sia «ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato», prescrivendo così la forma della sentenza e l'irretrattabilità tipica del giudicato, per cui non è possibile utilizzare lo strumento dell'art. 700 c.p.c.,destinato naturalmente a confluire in un provvedimento avente forma e sostanza in un'ordinanza (cautelare e, pertanto, sempre modificabile e revocabile). Inoltre, si obietta che la richiesta, rivolta al giudice, affinché questi emetta un ordine di cancellazione di una domanda giudiziale trascritta ex art. 2652 c.c. non può essere fatta con un ricorso cautelare ai sensi dell'art. 700 c.p.c., poiché la natura provvisoria del provvedimento cautelare non è compatibile con finalità di certezza cui è preordinata la pubblicità immobiliare, conciliabile solo con il dato immodificabile derivante da una pronuncia che si ponga all'esito di un giudizio a cognizione piena.

Si è poi osservato che la natura residuale della tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. e la strumentalità – sia pure attenuata – con la domanda di merito (ex art. 669-bis ss. sul processo cautelare in genere), non consente la proposizione dell'istanza di cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale in via d'urgenza, perché ai sensi degli artt. 2652, 2653 e 2668 c.c. in relazione all'art. 2643 c.c., la trascrizione delle domande giudiziali produce solo effetti prenotativi e, dunque, provvisori, con la conseguenza che non sarebbe possibile ravvisare in tal caso il requisito legale del periculum in mora, tale da giustificare la cancellazione in via anticipata della trascrizione della domanda giudiziale.

L'impostazione favorevole alla cancellazione della domanda giudiziale trascritta in via cautelare ex art. 700 c.p.c. è minoritaria (cfr. Trib. Roma, 29 dicembre 1998; Trib. Salerno, 6 febbraio 2006; Trib. Milano, 6 giugno 2011). Essa si fonda, innanzitutto, sull'argomento secondo cui la trascrizione illegittima di una domanda giudiziale integra un comportamento contra legem,alla stregua di un atto emulativo (art. 833 c.c.), per cui sarebbe possibile ordinare, in via cautelare, la cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale eseguita su beni che non ne formano oggetto, atteso che il suo contenuto contrario ad ogni previsione normativa, integra un abuso del processo.

Per questa tesi, inoltre, il sintagma «sentenza passata in giudicato» di cui all'art. 2668 c.c. andrebbe interpretato in senso atecnico, come sinonimo di “provvedimento”, onde evitare possibili limitazioni e, dunque, violazioni del diritto di difesa, inviolabile ai sensi dell'art. 24 Cost..

Infine, tale filone ermeneutico cerca di superare le rigide maglie dell'art. 2668 c.c., sostenendo che l'ordine urgente potrebbe essere rivolto dal giudice all'attore, dal momento che la forma della sentenza – richiesta dalla predetta norma – riguarda solo il caso in cui il destinatario sia l'Ufficio del territorio e non la parte personalmente.

Vi è poi una terza ricostruzione interpretativa, mediana, accolta anche da parte della giurisprudenza (ex pluribus Trib. Roma, 19 settembre 1995; Trib. Arezzo, 5 settembre 2006), secondo cui attraverso la tutela cautelare atipica si potrebbe ottenere il provvedimento di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, ma solo quando la trascrizione sia avvenuta fuori dalle ipotesi tassativamente previste dalla legge agli artt. 2652-2653 c.c., dunque abusivamente.

Del resto, si è rilevato come in questi casi il solo rimedio risarcitorio sarebbe insufficiente ad assicurare una tutela effettiva, con la domanda che eccede la funzione della stessa trascrizione, incidendo in modo negativo sui beni che sono oggetto dell'atto rispetto al quale è stata proposta la domanda trascritta sine titulo.

In via di estrema sintesi, questa tesi ritiene che il disposto dell'art. 2668 c.c. sia applicabile solo ai casi di trascrizione legittima delle domande ai sensi degli artt. 2652 e 2653 c.c.; laddove la trascrizione sia illegittima, ovvero al di fuori dei casi tipizzati dagli artt. 2652-2653 c.c., si riespanderebbero i principi generali, tra cui quello delle generalizzata applicabilità della tutela cautelare atipica ex art. 700 c.p.c..

Trascrizione del contratto preliminare e della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.; rapporti con il potere di scioglimento dal contratto del curatore fallimentare art. 72 l. fall.

Tra le domande giudiziali suscettibili di essere trascritte, l'art. 2652 c.c. contempla al numero 2) quelle «dirette a ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre».

Tale previsione è di particolare importanza se si considera che il legislatore, con la l. n. 30 del 28 febbraio 1997, ha introdotto nel nostro ordinamento, attraverso la previsione dell'art. 2645-bis c.c., la possibilità di trascrivere i contratti preliminari, sempre che, ovviamente, abbiano a oggetto la stipulazione dei contratti definitivi che rientrano nelle ipotesi di cui ai numeri da 1) a 4) dell'art. 2643 c.c..

L'effetto prodotto dalla trascrizione del preliminare è analogo a quello prodotto dalla trascrizione delle domande giudiziali: si tratta, infatti, di un effetto prenotativo, che anticipa cioè l'opponibilità ai terzi degli effetti traslativi inevitabilmente ricondotti alla stipula del contratto definitivo al momento, appunto, della trascrizione del preliminare. Attraverso la trascrizione del preliminare, quindi, il promissario acquirente è tutelato perché l'eventuale atto di vendita stipulato dal promittente alienante non sarà ad egli opponibile, se trascritto successivamente alla trascrizione del preliminare.

Peraltro, gli effetti della trascrizione del preliminare, ai sensi dell'art. 2645-bis, comma 1, c.c., si estendono anche alle trascrizioni di pignoramenti o sequestri ed alle iscrizioni di ipoteche giudiziali, con la conseguenza che «queste, qualora siano successive alla trascrizione del preliminare, sono inopponibili al promissario acquirente, alle condizioni, per gli effetti e nei limiti di cui allo stesso art. 2645-bis, commi 2 e 3, c.c.» (Cass. civ., sez. II, 19 dicembre 2016, n. 26102).

Ai fini della trascrizione del preliminare, la legge richiede che esso risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente; diversamente, tale requisito non è richiesto dall'art. 2652 n. 2) c.c., di talché la trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica del preliminare ai sensi dell'art. 2932 c.c. è possibile anche se questo sia stato redatto come mera scrittura privata.

Nel caso in cui, invece, occorra procedere alla trascrizione del preliminare, e non della domanda giudiziale, e quest'ultimo non sia redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, la parte interessata potrà promuovere un giudizio per l'accertamento della sottoscrizione della scrittura, con la conseguenza che in questo caso andrà trascritta proprio la domanda di accertamento dell'autenticità della sottoscrizione, perché da quest'ultima decorrerà l'effetto prenotativo ai fini dell'opponibilità ai terzi della successiva stipula del definitivo (Cass. civ., sez. II, 19 dicembre 2016, n. 26102).

Di particolare interesse in tale contesto sono anche i rapporti tra trascrizione del preliminare, della relativa domanda, fallimento e potere di scioglimento dal contratto da parte del curatore ai sensi dell'art. 72 l. fall..

Più specificamente, ha suscitato grande attenzione la questione concernente la sussistenza o meno del potere del curatore fallimentare di sciogliersi, ai sensi dell'art. 72 l.fall. dal contratto preliminare con il quale il promittente venditore, poi fallito, abbia promesso in vendita un immobile a terzi, nel caso in cui il promissario acquirente abbia trascritto, in data anteriore al fallimento, la domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c..

Sul punto deve osservarsi che, secondo un iniziale e consolidato indirizzo giurisprudenziale, al curatore era consentito sciogliersi dal preliminare di vendita non ancora eseguito, ai sensi dell'art. 72, comma 4, l.fall. fino all'avvenuto trasferimento del bene o al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. e ciò anche qualora la domanda avente ad oggetto quest'ultima pronuncia fosse stata trascritta in data anteriore (cfr. Cass. civ., Sez.Un., 14 aprile 1999, n. 239; Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2004, n. 7070; Cass. civ., sez. II, 18 maggio 2005, n. 10436).

Successivamente, con sentenza n. 12505 del 7 luglio 2004, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno enunciato un principio di segno opposto, sancendo che, in caso di trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare trascritta in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, la sentenza che accoglie la domanda, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori, precludendo in questo modo al curatore il potere di sciogliersi dal contratto.

Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite nel 2004 non è stato applicato in maniera univoca nelle decisioni successive: alcune pronunce (Cass. civ., sez. I, 23 luglio 2010, n. 15218; Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2011, n. 27093) lo hanno seguito, mentre altre se ne sono discostate, continuando a seguire il precedente orientamento (Cass. civ., sez. I, 22 dicembre 2005, n. 28479; Cass. civ., sez. I, 24 luglio 2009, n. 17405).

La Corte di cassazione, è dunque intervenuta nuovamente a Sezioni Unite (sentenza n. 18131 del 16 settembre 2015), che hanno riaffermato il principio di diritto già enunciato dalla precedente decisione, sempre a Sezioni Unite, del 2004.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che «Il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare ai sensi dell'art. 72 l.fall. con effetto verso il promissario acquirente ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 c.c. e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell'art. 2652, n. 2) c.c., la trascrizione della sentenza di accoglimento prevale sull'iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese».

L'effetto prenotativo della trascrizione della domanda prevale, quindi, sull'iscrizione del fallimento nel registro delle imprese, anche se quest'ultima sia avvenuta prima della trascrizione della sentenza.

Le Sezioni Unite sono giunte a tale approdo interpretativo partendo dall'osservazione che, con la riforma del 2006, è divenuto regola generale, ai sensi dell'art. 72, comma 1, l.fall.il principio secondo cui l'esecuzione dei contratti conclusi dal fallito e non ancora eseguiti o non compiutamente eseguiti al momento del fallimento resti sospesa, con conseguente possibilità per il curatore di dichiarare di subentrare nel contratto o di sciogliersi dal medesimo. Tali principi vanno poi coordinati con quanto specificamente previsto con riferimento al contratto preliminare, dapprima con il d.lgs. n. 5/2006 e poi con il d.lgs. n. 169/2007.

In particolare, nel ricostruire l'orientamento tradizionale che riconosceva il potere di scioglimento del curatore anche in caso di trascrizione della domanda antecedente alla sentenza di fallimento, la Corte di cassazione evidenzia che quest'ultima tesi si basava sul presupposto che il potere di scioglimento fosse esercitabile e, in questo modo, impedisse l'accoglimento della domanda, che quindi non risultava opponibile, poiché l'effetto prenotativo della trascrizione della domanda presuppone pur sempre, ai sensi dell'art. 2652 n. 2) c.c., il relativo accoglimento, con sentenza che quindi, ai sensi dell'art. 2643 n. 14) c.c.,va a sua volta trascritta.

Rilievo centrale, quindi, secondo questo orientamento, era attribuito sia all'effetto di immobilizzazione del patrimonio prodotto dal fallimento, sia al fatto che l'effetto prenotativo della trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica è condizionato alla trascrizione della sentenza di accoglimento che, appunto, attraverso l'esercizio del potere di scioglimento del curatore, risulta quindi in concreto preclusa.

Secondo la diversa ricostruzione, seguita dalle Sezioni Unite nel 2004, invece, sarebbe proprio l'effetto prenotativo della trascrizione della domanda che, consentendo di far retroagire gli effetti della sentenza di accoglimento alla data di trascrizione della domanda, impedirebbe al curatore di sciogliersi dal contratto. Ciò trova conferma anche nella previsione contenuta nell'art. 2915, comma 2, c.c.che risolve il conflitto tra creditore pignorante e terzi, i cui diritti vengano accertati in data successiva al pignoramento, proprio alla luce della data di trascrizione della domanda, che prenota gli effetti della futura sentenza di accoglimento.

Significativo è anche il richiamo nella decisione delle Sezioni Unite del 2015 al principio della ragionevole durata del processo nell'ottica del bilanciamento degli interessi delle parti: in questa prospettiva, infatti, la disciplina in tema di trascrizione delle domande giudiziali, e in particolare della domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare ex art. 2932 c.c., ha proprio la finalità di evitare che la durata del processo possa compromettere la realizzazione piena del diritto di cui la parte può godere in base al diritto sostanziale e che invece verrebbe radicalmente compromessa nel caso in cui si attribuisse prevalenza al potere del curatore di scioglimento dal contratto ritenendolo esercitabile pur se il fallimento che ne legittima l'esercizio è successivo alla domanda (rectius: alla trascrizione di quest'ultima).

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