La procura generale di Palermo e il tema riproposto della c.d. revisione europea

Marzia Minutillo Turtur
02 Marzo 2018

Con due istanze presentate davanti a diverse autorità giudiziarie i difensori del ricorrente chiedono che venga applicato il c.d. contenuto rilevante della sentenza della Corte Edu, Sez. IV, del 14 aprile 2015 nel caso Contrada c. Italia secondo la quale «integra la violazione dell'art. 7 ...
Abstract

Con due istanze presentate davanti a diverse autorità giudiziarie i difensori del ricorrente chiedono che venga applicato il c.d. contenuto rilevante della sentenza della Corte Edu, Sez. IV, del 14 aprile 2015 nel caso Contrada c. Italia, secondo la quale «integra la violazione dell'art. 7 della Conv. Edu la condanna inflitta per un reato che, all'epoca in cui sono stati commessi i fatti per i quali si procede, non era sufficientemente chiaro e prevedibile».

In un primo caso la richiesta viene inoltrata al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 670 e 665, comma 2, del c.p.p., mentre nella seconda istanza si articola la richiesta di c.d. revisione europea ai sensi degli art. 630 e 635 c.p.p.

La denuncia del conflitto di competenza

La procura generale di Palermo, considerata la presentazione della richiesta presso il giudice dell'esecuzione e avuta notizia della presentazione dell'istanza di revisione europea dinnanzi alla Corte di appello di Caltanissetta, ha inoltrato denuncia di conflitto di competenza ex art. 30, comma 2, c.p.p. evidenziando come, nonostante la diversa intestazione e la parziale difformità delle conclusioni e dei riferimenti normativi richiamati, si tratti di istanze aventi medesimo oggetto e contenuto, volte sostanzialmente a ottenere, da una parte, la dichiarazione di ineseguibilità, e comunque improduttività, degli effetti penali della sentenza irrevocabile di condanna della Corte d'appello di Palermo pronunziata nei confronti di Dell'Utri Marcello in data 25 marzo 2013 e, dall'altra, previa sospensione dell'esecuzione in corso della pena, la revisione e, per l'effetto, il proscioglimento del ricorrente sempre in relazione alla sentenza n. 1352/2013 della Corte d'appello di Palermo.

Nelle proprie conclusioni la procura generale di Palermo evidenzia inoltre che un'istanza con contenuto analogo era già stata presentata, con richiesta di revoca ex art. 673 c.p.p. o di eseguibilità ex art. 670 c.p.p. della sentenza predetta, dai difensori del ricorrente e decisa dalla Corte d'appello di Palermo con ordinanza del 18 - 23 novembre 2015, confermata dalla Corte di cassazione con evidente esclusione di qualsiasi possibilità di estensione del principio affermato nella procedura Contrada in sede giurisdizionale. Chiarisce infine la procura generale di Palermo come, pur potendo la questione essere decisa dal giudice dell'esecuzione, in presenza di altra istanza, al fine di ottenere la c.d. revisione europea occorre individuare, mediante la denuncia della ricorrenza di un conflitto di competenza, il giudice naturale precostituito per legge in presenza effettivamente di un conflitto positivo di competenza, riscontrabile anche tra giudice dell'esecuzione e giudice della cognizione in sede di revisione.

L'applicabilità della sentenza Contrada c. Italia

Con la denuncia relativa al conflitto di competenza ex art. 30, comma 2, c.p.p. la procura generale di Palermo sottolinea la necessità di individuare il giudice naturale precostituito per legge per affrontare la questione proposta con entrambe le istanze della difesa – con diverse finalità e davanti a diverse autorità giudiziarie – dell'applicabilità al ricorrente del principio enunciato nella decisione Contrada c. Italia, secondo la quale integra violazione dell'art. 7 della Conv. Edu la condanna inflitta per un reato che, all'epoca in cui sono stati commessi i fatti per i quali si procede, non era sufficientemente chiaro e prevedibile.

La questione sottesa alla valutazione della ricorrenza di un conflitto di competenza, ad esito delle istanze articolate, concerne fondamentalmente, da una parte, la portata della c.d. revisione europea e, dall'altra, la ricorrenza di eventuali spazi residui, a seguito della decisione Contrada, per il giudice dell'esecuzione rispetto alla sentenza definitiva n. 1352 del 2013 della Corte di appello di Palermo.

In merito alla portata della sentenza Contrada c. Italia, occorre ricordare che già con Cass. pen., Sez. I, 6 luglio 2017 (dep. 20 settembre 2017), n. 43112 (v. commento di BELTRANI, Caso Contrada, un esito che non convince) il ricorrente aveva attivato sia l'incidente d'esecuzione che l'istanza di revisione europea (alla quale in seguito rinunciava) al fine di ottenere ai sensi dell'art. 46 Conv. Edu la realizzazione dell'obbligo dei giudici italiani di conformarsi, per il ricorrente in sede europea Contrada, alla decisione emessa nei suoi confronti.

È nota la conclusione dell'iter conseguente alla decisione della Corte di cassazione, che ha annullato senza rinvio l'ordinanza che aveva dichiarato inammissibile l'istanza e ha individuato lo strumento per rimuovere le conseguenze della sentenza irrevocabile emessa dalla Corte di appello di Palermo nell'incidente di esecuzione in applicazione dei principi enunziati dalla sentenza Dorigo (Cass. pen., Sez. I, 1 febbraio 2006, n.2800), seppure il caso Dorigo fosse riferibile a una violazione di natura processuale.

Il problema interpretativo che si pone invece con il segnalato conflitto di competenza ha una portata più ampia e diversa, poiché il ricorrente Dell'Utri non ha presentato ricorso alla Corte Edu e richiede che vengano “estesi” nei suoi confronti elementi rilevanti della decisione Contrada, che, appare opportuno sottolinearlo, non rappresenta una c.d. decisione pilota, ma risulta assunta da una Sezione semplice della Corte predetta senza evidenziare difetti di carattere sistemico e generalizzato del nostro ordinamento, né individuando in alcun modo il tipo di rimedio a carattere generale da apprestare per eventualmente risolvere tali difetti sistemici.

Ancora, occorre considerare come, diversamente dal caso in esame, nel caso Contrada la pena risultava interamente eseguita. Nella decisione delle Sezioni unite, Gatto, n. 42858 del 29 maggio 2014 si è chiarito come la sentenza della Corte Edu nel caso Contrada non imponeva interventi in executivis differenti da quelli di cui agli art. 666 e 670 c.p.p., nel senso di consentire quindi l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli derivanti da una condanna emessa dal giudice italiano in violazione di disposizione convenzionale, con conseguente riferibilità al giudice dell'esecuzione del dovere di riportare la decisione censurata ai canoni di legittimità.

Si deve dunque considerare la posizione del ricorrente Dell'Utri con riferimento ai diversi rimedi esperibili ed esperiti, con particolare attenzione all'elaborazione ed interpretazione evolutiva della giurisprudenza di legittimità in ordine al rimedio della c.d. revisione europea

Il più recente momento di riflessione, in senso evolutivo rispetto alle decisioni precedenti della Corte è rappresentato dall'articolata analisi in tema di “revisione europea” da parte di Cass. pen., Sez. II, 7 settembre 2017,n. 40889 secondo la quale la c.d. revisione europea presuppone una pronuncia della Corte di Strasburgo relativa allo stesso processo che si intende revisionare, sicché la riapertura conseguente del processo è legittima esclusivamente nel caso in cui la restitutio in integrum, conseguente ad una accertata violazione convenzionale, possa essere attuata solo attraverso la riedizione del processo.

Nell'ambito di una motivazione articolata e approfondita la decisione sottolinea, dopo aver richiamato gli orientamenti della Corte di cassazione sul tema della revisione europea, che si deve ritenere inammissibile il ricorso a tal fine introdotto quando la richiesta sia relativa a situazione processuale esaurita e coperta da giudicato, in assenza di esito favorevole dinanzi alla Corte Edu da eseguire in Italia, a prescindere dalla natura “pilota“ o ordinaria della sentenza europea richiamata a sostegno della propria istanza.

Anche nel caso esaminato da questa decisione il ricorrente ha richiesto l'applicazione della revisione europea, sebbene non vi fosse alcuna sentenza della Corte Edu da eseguire nei suoi confronti, asserendo l'omogeneità della sua posizione rispetto a quella esaminata dalla nota sentenza Drassich (violazione accertata e correlata alla riqualificazione del fatto in assenza di contraddittorio).

La decisione n. 40889 del 2017 della Sezione II richiama in modo analitico portata e contenuto della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 113 del 2011 in ordine all'istituto della revisione europea, nella sua funzione tipica di rendere eseguibili le sentenze della Corte di Strasburgo che riconoscono vizi processuali, con conseguente perdita di stabilità del giudicato interno al fine di emendare i vizi procedurali rilevati.

La revisione europea viene dunque a essere un rimedio ordinario nel caso in cui un privato risulti condannato all'esito di un procedimento inficiato da inosservanze dell'art. 6 della Conv. Edu. La revisione predetta trova quindi fondamento nella decisione della Corte cost. al fine di individuare una procedura che consenta alla persona, condannata all'esito di un processo iniquo secondo la Corte europea, la restituzione delle garanzie violate.

La decisione della seconda sezione penale sottolinea come la sentenza della Corte costituzionale limiti la funzione esecutiva della revisione ai soli casi in cui la Corte europea abbia rilevato vizi procedurali, inemendabili attraverso un intervento diretto sul titolo ed eliminabili solo attraverso la riedizione del processo.

Proprio la natura “esecutiva” della revisione europea rende evidente l'impossibilità, a parere del Collegio giudicante, di una lettura e interpretazione estensiva dell'istituto, con impossibilità di incisione su giudicati per processi asseritamente analoghi, dunque connotati dallo stesso vizio procedurale.

E la possibilità di un'estensione interpretativa viene nettamente e recisamente esclusa, e resa non praticabile neanche per via interpretativa, anche nel caso in cui la sentenza della Corte Edu abbia (con riferimento ad altro ricorrente) la natura di sentenza pilota.

Alcune considerazioni critiche

La decisione in questione dunque contesta gli approdi interpretativi a carattere estensivo di altre decisioni della Corte di cassazione volti sostanzialmente a consentire la riapertura di processi coperti da giudicato relativi a persone che non abbiano adito la Corte Edu, a prescindere dalla natura pilota o meno della sentenza richiamata e ritenuta applicabile in via interpretativa anche al diverso caso concreto (Cass. pen., Sez. I, 11 ottobre 2016, n. 44193; Cass. pen., Sez. VI, 2 marzo 2017, n. 21635; Cass. pen., Sez. VI,23 settembre 2014, n. 46067).

L'importanza della decisione n. 40889 si trae anche dalla motivazione esplicita che propone in ordine alla non estensibilità, oltre gli stretti limiti evidenziati dalla Corte costituzionale, della revisione europea da individuare nella necessità di difendere le situazioni processuali “esaurite” e dunque di difendere il giudicato, presidio ineludibile della certezza del diritto.

Viene in tal senso richiamata:

  • sul fronte interno quanto già affermato dalle Sez. unite, 29 marzo 2007, n. 27614, che ha chiarito come anche in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, pur in presenza di efficacia erga omnes e forza invalidante della pronuncia, la forza invalidante della decisione riguarda pur sempre le situazioni pregresse, sempre però che non si tratti di situazioni giuridiche esaurite, come quelle caratterizzate dalla formazione del giudicato;
  • sul fronte europeo la sentenza Scoppola, che ha chiarito come la conclusione della progressione processuale con la pronuncia della sentenza definitiva impedisce l'applicazione di eventuali pene sopravvenute più favorevoli.

Sottolinea in modo efficace la decisione come il diritto convenzionale, per come costantemente interpretato dalla Corte di Strasburgo, non abbia alcuna efficacia diretta, nel senso che non consente una disapplicazione della norma interna incompatibile ma, nei processi in corso (e solo in quelli), genera precisi obblighi in capo al giudice che procede (interpretazione conforme alla Convenzione o necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale ove non possibile una interpretazione conforme alla convenzione). Si evidenzia quindi, ancora una volta, l'impossibilità per sentenze della Corte Edu di incidere su situazioni esaurite.

Quanto al caso in esame, e dunque alla posizione del ricorrente, sulla base di questa decisione si dovrebbe da una parte riscontrare il non completo esaurimento della situazione processuale e dall'altra anche l'evidente inapplicabilità della c.d. parte rilevante della sentenza Contrada c. Italia al Dell'Utri, atteso che lo stesso non ha presentato ricorso alla Corte Edu.

Inoltre deve essere considerata la natura non pilota della predetta decisione (come approfonditamente evidenziato anche dalla sentenza della Cass. pen., Sez. I, 11 ottobre 2016, n. 44193), nonché la violazione convenzionale che si intende far valere, e si richiama nelle diverse istanze, dell'art. 7, e non dell'art. 6 della Convenzione.

Nell'interpretazione evolutiva della decisione della Sezione II richiamata emerge dunque un concetto di revisione europea da considerare in modo rigido, in correlazione alla portata latamente esecutiva della stessa, attivabile solo nel caso in cui si tratti di eseguire la specifica decisione emessa dalla Corte Edu nei confronti della medesima persona condannata dallo Stato italiano e sempre che la restituito in integrum sia realizzabile esclusivamente attraverso la riedizione del processo.

Gli stessi principi sono stati affermati anche in precedenza dalla Sezione VI con la decisione n. 39925 del 29 maggio 2014 secondo la quale appunto è inammissibile l'istanza di revisione fondata sulla richiesta di applicazione dei principi enunciati da una sentenza della Corte Edu riguardante errores in procedendo verificatisi in procedimento relativo ad altro imputato, in ragione dell'asserita sussistenza di una situazione analoga, in quanto, la violazione dei parametri convenzionali si misura nella logica dell'effettiva lesione del diritto ad un equo processo, alla luce di valutazioni strettamente correlate alla fattispecie specifica.

Quanto premesso sembra dunque evidenziare un'oggettiva impossibilità di ricorrere alla revisione europea in assenza di una decisione, a seguito di ricorso dell'interessato, proprio sul processo oggetto di giudicato interno e in mancanza di una accertata lesione del diritto ad una decisione sulla base di un reato che al momento della commissione appariva non sufficientemente prevedibile.

Residua quindi la valutazione in ordine alla possibilità di adire in modo proficuo il giudice dell'esecuzione allo scopo di ottenere una effettiva incisione sul titolo esecutivo, sebbene per il mero richiamo all'applicazione della sentenza Contrada c. Italia in assenza di qualsiasi osservazione circa un'eventuale illegalità della pena sembra far propendere per una soluzione negativa.

In tal senso occorre considerare la decisione della Sezione I n. 44193 del 11 ottobre 2016, che, sempre in tema di rapporto tra revisione europea e incidente di esecuzione, ha chiarito che lo strumento dell'incidente di esecuzione può essere utilizzato solo quando l'intervento di rimozione o modifica del giudicato sia privo di contenuto discrezionale, risolvendosi nell'applicazione di altro e ben identificato precetto senza necessità della previa declaratoria di illegittimità costituzionale di alcuna norma, fermo restando che, qualora l'incidente di esecuzione sia promosso per estendere gli effetti favorevoli della sentenza della Corte Edu ad un soggetto diverso da quello che l'aveva adita, è necessario anche che la predetta decisione (pur non adottata nelle forme della "sentenza pilota") abbia una obiettiva ed effettiva portata generale, e che la posizione dell'istante sia identica a quella del caso deciso dalla Corte di Strasburgo.

Questa decisione si pone dunque in senso diverso rispetto alla successiva sentenza della Sezione II n. 40889 e lascia, quanto alla possibilità di agire mediante incidente di esecuzione, maggiori spazi affermando che occorre considerare in concreto la portata della sentenza, anche se non pilota, riscontrandone una portata generale e la posizione dell'istante che si deve ritenere in tutto identica a quella del caso deciso dalla Corte Edu.

La sentenza della I sezione ha affrontato sempre un ricorso di Dell'Utri Marcello affermando, con una motivazione ampia ed articolata, che si debba escludere che l'incidente di esecuzione, correlato esclusivamente all'ipotesi della totale irrilevanza del fatto, sia la sede idonea per discutere nuovamente della legalità convenzionale della decisione definitiva di condanna, proprio perché la decisione, per quanto allegato e riscontrato, non presentava aspetti di illegalità convenzionale. Ciò che comunque appare in generale risolutivo nella considerazione dei diversi mezzi articolati dal ricorrente, sulla base delle diverse decisioni della Corte, è la considerazione del mancato ricorso del Dell'Utri in sede europea e dunque della concreta mancanza di una decisione che abbia accertato un'illegalità convenzionale da eseguire ai sensi dell'art. 46 della Convenzione, in presenza di una decisione quale quella nei confronti del Contrada che non ha natura di sentenza pilota, né si caratterizza per essere stata pronunziata in relazione a situazioni e violazioni a carattere sistemico (la stessa decisione della Corte Edu infatti si presenta correlata esclusivamente al caso esaminato nei confronti del ricorrente Contrada).

Dunque sebbene il ricorrente abbia scelto di percorrere due diverse vie per ottenere l'allargamento della decisione Contrada c. Italia sembra potersi affermare l'inidoneità di tali strumenti (revisione europea e incidente di esecuzione) al fine indicato nelle relative istanze, sia per la mancanza dei presupposti legittimanti l'avvio di una revisione europea, che per l'assenza di elementi che possano ritenere possibile una incisione sul titolo esecutivo in mancanza di una pena evidentemente illegale o di una norma che abbia dichiarato costituzionalmente illegittima la norma applicata.

In conclusione

Appare in conclusione necessario considerare che, proprio ad esito della sentenza additiva della Corte costituzione n. 113 del 2011, la revisione ”europea” può rappresentare uno sbocco possibile in presenza dei presupposti legittimanti sopra evidenziati, e chiariti dalle decisioni della Corte di cassazione che si sono succedute nel tempo in senso evolutivo, ma tale esito ha come suo elemento imprescindibile che si sia in presenza di una decisione della Corte Edu su ricorso proprio dell'istante che intenda accedere alla revisione europea, decisione che deve conseguentemente essere eseguita dal giudice italiano in applicazione del disposto dell'art. 46 della Convenzione, sempre che, come già detto, la revisione del processo rappresenti l'unica modalità per giungere ad una restituito in integrum del ricorrente rispetto alle violazioni convenzionali accertate.

Infine, occorre una riflessione sul mezzo adottato dalla Procura di Palermo per sollecitare la corretta individuazione del giudice naturale precostituito per legge in ordine ad un'istanza avente medesimo contenuto esplicativo e difensivo pur con articolazione di diverse conclusioni. In tal senso si deve considerare come da una parte lo strumento previsto dall'art. 30, comma 2, c.p.p. risulta raramente utilizzato e come dall'altra, nel caso concreto, occorra riflettere sull'effettiva ricorrenza di un conflitto di competenza, attesa la diversità di ruolo e funzioni, tra giudice dell'esecuzione e giudice della revisione. Difatti, nonostante l'omogeneità delle articolazioni ad allegazioni difensive, la finalità perseguita appare diversa ed alternativa. Inoltre, per impostazione costante, si ritiene necessaria la ricorrenza di una situazione conflittuale reale ed effettiva, e non meramente potenziale. Anche rispetto a tale ultimo profilo potrebbero emergere delle perplessità, in mancanza al momento della segnalazione di qualsiasi concreta presa di posizione dei giudici aditi rispetto alla propria competenza. Deve infatti essere astrattamente configurabile una situazione in cui vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona; tale condizione non può dirsi verificata e l'adempimento anzidetto non deve quindi avere luogo quando la parte non denunci di fatto alcun conflitto, ma si limiti a sollecitare il giudice affinché crei esso la situazione potenziale di conflitto, declinando la propria competenza (in tal senso Cass. pen., Sez. I, 11 gennaio 2013, n. 4092).

Guida all'approfondimento

Simone Lonati, La Corte costituzionale individua lo strumento per dare attuazione alle sentenze della Corte europea: un nuovo caso di revisione per vizi processuali, in Dir. pen. cont., 19 maggio 2011;

Silvia Bernadi, La suprema corte torna sui limiti di operabilità dello strumento della “revisione europea”: esclusa l'estensibilità ai “fratelli minori” del ricorrente vittorioso a Strasburgo, in Dir. pen. cont., 26 settembre 2017;

Francesco Viganò, Il caso contrada e i tormenti dei giudici italiani: sulle prime ricadute interne di una scomoda sentenza della Corte Edu, in Dir. pen. cont.;

Giovanni Grasso e Fabio Giuffrida, L'incidenza sul giudicato interno delle sentenze della corte europea che accertano violazioni attinenti al diritto penale sostanziale, di Dir. pen. cont

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