Le azioni dirette
18 Maggio 2018
Premessa
Nel nostro ordinamento è possibile rinvenire ipotesi in cui la parte può agire per il risarcimento del danno direttamente nei confronti dell'impresa di assicurazione. Tale domanda, detta azione diretta, trova il suo principale modello nell'azione disciplinata prima dall'art. 18 l. n. 990/1969 e, in seguito, dall'art. 144 d.lgs. n. 209/05, cd. Codice delle assicurazioni, ossia l'azione diretta in materia di responsabilità civile automobilistica. L'aggettivo diretta descrive la deroga rispetto alla regola generale in materia di contratto di assicurazione della responsabilità civile ove il rapporto si instaura esclusivamente tra assicurato ed assicuratore. Quest'ultimo, ai sensi dell'art. 1917, comma 1, c.c. è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare ad un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sul piano processuale, si tratta, quindi, di un'azione proponibile contro il danneggiante cui consegue l'eventuale chiamata in causa dell'impresa di assicurazione da parte del convenuto. Secondo lo schema contrattuale delineato dal codice, il danneggiato non vanta diritti nei confronti dell'assicuratore. Il collegamento tra questi soggetti è solo indiretto: anche laddove la legge impone, su richiesta dell'assicurato, il pagamento diretto dell'indennizzo in favore del danneggiato (art. 1917, comma 2, c.c.), si tratta pur sempre di un diritto soggettivo dell'assicurato attinente alla modalità di esecuzione dell'obbligazione, azionabile, quindi, dal terzo danneggiato solo in via surrogatoria ex art. 2900 c.c. qualora ne ricorrano i presupposti. Se, dunque, il contratto di assicurazione determina una protezione del solo patrimonio dell'assicurato, a fronte di attività pericolose ed aventi un vasto coinvolgimento sociale, tra le quali, appunto, la circolazione stradale e, oggi, l'attività sanitaria, emerge l'esigenza di rinforzare la garanzia dei diritti risarcitori dei terzi danneggiati. Ciò avviene mediante la creazione di un collegamento diretto tra danneggiato ed assicuratore. Ipotesi di azioni dirette oggi presenti nel nostro ordinamento sono, dunque, rinvenibili: nell'art. 144 d.lgs. n. 209/05, il quale prevede che il danneggiato da un sinistro causato dalla circolazione dei veicoli e natanti può agire direttamente per il risarcimento dei danni nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile; nell'art. 149 d.lgs. n. 209/2005, secondo cui, in presenza di alcune circostanze previste dalla legge è possibile per la parte danneggiata agire direttamente nei confronti della propria impresa di assicurazione anziché di quella del danneggiante (cd. indennizzo diretto); nell'art. 12 della l.n. 24/2017, cd. Legge Gelli, per le richieste di risarcimento del danno derivante da responsabilità medico-sanitaria, il quale consente al paziente di agire direttamente nei confronti dell'assicurazione della struttura sanitaria o di quella del medico per il risarcimento dei danni subiti. L'obiettivo principale dell'azione diretta è, dunque, di garantire al danneggiato una via più veloce per poter ottenere il risarcimento del danno, potendo agire nei confronti della compagnia assicurativa come se agisse direttamente contro il soggetto responsabile. La responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e risarcimento del danno: il cd. indennizzo diretto
Il codice delle assicurazioni, come anticipato, consente al danneggiato di agire in giudizio direttamente nei confronti dell'impresa assicurativa: l'azione può essere diretta nei confronti dell'impresa assicurativa del danneggiante ex art. 144 o, in presenza di alcuni presupposti, nei confronti della propria assicurazione ex art. 149. In tal caso si parla del cd. indennizzo diretto. L'indennizzo diretto (rectius: risarcimento diretto) è una procedura liquidativa, introdotta dal d.P.R.n. 254/2006, “Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto”, che consente a chi ha subito danni a seguito di un incidente stradale di richiedere il risarcimento direttamente alla propria compagnia di assicurazione anziché a quella della controparte. La procedura è ammessa in caso di incidenti che coinvolgono non più di due autovetture responsabili e se non vi sono stati danni alla persona superiori a nove punti di invalidità. In particolare, la cd. procedura di indennizzo diretto si applica come regola generale ai casi in cui il sinistro ha visto coinvolti due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, a prescindere dal fatto che da esso siano derivati danni ai veicoli, ai conducenti coinvolti o ad entrambi. Dall'art. 149 d.lgs. n. 209/05 e dall'art. 1, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 254/06 si ricavano le condizioni necessarie per l'applicabilità dell'indennizzo diretto: a) il sinistro deve risolversi in un urto, anche tra più veicoli, con esclusione della sola ipotesi in cui la responsabilità siaalmeno in parte riconducibile ad ulteriori veicoli coinvolti oltreal veicolo dell'istante ed a quello nei cui confronti questi rivolge le proprie pretese (in tal senso cfr. Cass. civ., 7 febbraio 2017 n. 3146); b) entrambi i veicoli devono essere immatricolati in Italia, nella Repubblica di San Marino o nello Statodella Città del Vaticano; c) detti veicoli devono essere identificati e regolarmente assicurati; d) entrambe le compagnie assicurative devono aver aderito alla convenzione CARD. Sono, invece, esclusi dalla procedura dell'indennizzo diretto:a) sinistri senza urto (cd. sinistro da turbativa); b) sinistri in cui sono coinvolti altri veicoli responsabili oltre a quelli dell'istante e quello nei cui confrontiquesti rivolge le proprie pretese; c) sinistri avvenuti con un veicolo straniero; d) sinistri con un ciclomotore che non sia munito della cd. “nuova targa” (ex d.P.R. 6 marzo 2006, n. 153); e) sinistri tra veicoli non assicurati (Cfr. Bona). La procedura dell'indennizzo diretto trova dei limiti di applicabilità anche con riferimento alle tipologie di danni risarcibili. Ai sensi dell'art. 139 d.lgs. n. 209/05, i danni risarcibili con l'indennizzo diretto sono: quelli subiti dal veicolo assicurato; quelli a cose trasportate appartenenti al proprietario oppure al conducente; le lesioni di lieve entità subite dal conducente, intendendosi come tali quelle che si risolvono in un danno biologico di invalidità permanente inferiore o uguale al 9 % (cd. micropermanenti), giusta tabella speciale sorta a seguito della legge n. 57/01. In tutti i casi in cui non sia applicabile l'indennizzo diretto, il risarcimento deve essere richiesto nei confronti della compagnia che compre la r.c.a. del responsabile, utilizzando l'iter risarcitorio ordinario previsto dall'art. 148 d.lgs. n. 209/05. La richiesta di risarcimento per l'indennizzo diretto deve essere inviata per conoscenza anche alla compagnia di assicurazione del responsabile, costituendo tale adempimento una condizione di proponibilità della domanda, come emerge dal combinato disposto degli artt. 145, comma 2, 149 e 150 d.lgs. n. 209/05. La richiesta risarcitoria deve contenere una serie di elementi essenziali quali: i nomi degli assicurati; le targhe dei veicoli; l'indicazione delle rispettive imprese di assicurazione; la descrizione delle circostanze e delle modalità di verificazione del sinistro; l'eventuale intervento delle autorità; il luogo ed i giorni (almeno cinque) in cui le cose danneggiate sono disponibili per essere ispezionate dalla compagnia. In caso di incompletezza della domanda risarcitoria, la compagnia ha trenta giorni di tempo per richiedere al danneggiato l'integrazione dei dati mancanti: sino al momento dell'integrazione i termini per proporre domanda giudiziale sono sospesi ex artt. 145 e 148 d.lgs. n. 209/05. Entro sessanta giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento completa di tutti gli elementi elencati, l'impresa di assicurazione è tenuta ad esprimersi e, quindi, a formulare l'offerta risarcitoria oppure a comunicare specificamente i motivi per i quali non intende farlo. Il termine di sessanta giorni si riduce a trenta in presenza del modulo di constatazione amichevole (CAI) sottoscritto da entrambi i conducenti. In caso di lesioni personali la domanda risarcitoria deve contenere, oltre alle informazioni relative ai mezzi coinvolti ed alla dinamica del sinistro, anche l'indicazione dell'età, dell'attività e del reddito del danneggiato; l'entità delle lesioni subite; la dichiarazione circa la spettanza o meno di prestazioni da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie (I.N.A.I.L); l'attestazione medica di l'avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti. Per le richieste risarcitorie relative a lesioni, il termine per la formulazione dell'offerta obbligatoria (o del diniego) è aumentato a novanta giorni. In caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto, ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta, il danneggiato può proporre azione diretta nei confronti della propria compagnia. La domanda giudiziale potrà essere posta in essere dopo l'esperimento, però, della negoziazione assistita: la l. n. 162/2014 ha, infatti, introdotto la negoziazione assistita obbligatoria per le controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti. Dottrina e giurisprudenza di merito si sono interrogati sulla necessità di citare in giudizio anche il responsabile del sinistro in qualità di litisconsorte necessario. Secondo un primo orientamento formatosi sotto la vigenza della l. n. 990/1969, nel giudizio risarcitorio intrapreso nei confronti della propria assicurazione deve essere citato anche il responsabile del danno, proprietario del veicolo danneggiante, atteso che la pronuncia di condanna al risarcimento del danno postulerebbe la previa declaratoria della responsabilità nella causazione dell'evento dannoso (per tutti cfr. Pagliara). Diversamente opinando si realizzerebbe una grave lesione del diritto costituzionalmente garantito di difesa e del contraddittorio processuale e ciò sia per il presunto responsabile che non potrebbe difendersi adeguatamente sia da quello del danneggiato che non potrebbe deferire l'interrogatorio formale. Per un secondo orientamento, invalso nella giurisprudenza di merito, l'art. 149 d.lgs. n. 209/05 non richiederebbe affatto la partecipazione in giudizio del danneggiante in qualità di litisconsorte necessario. A sostegno di tale soluzione si adduce il tenore letterale dello stesso art. 149 d.lgs. n. 209/05, a mente del quale è prevista l'“azione diretta nei soli confronti della propria impresa di Assicurazione”. Inoltre, è stato sostenuto che l'azione diretta exart. 149 d.lgs. n. 209/05 troverebbe il suo fondamento nel rapporto contrattuale che lega il danneggiato alla sua compagnia assicurativa, obbligata ex lege al risarcimento, e non nella responsabilità del danneggiante strictu sensu intesa. In sostanza, secondo questo orientamento, il titolo in base al quale si agisce nei confronti della propria compagnia assicurativa non sarebbe quello della responsabilità aquiliana ex artt. 2043 e 2054 c.c. ma ha natura contrattuale/legale: l'azione diretta nei confronti del proprio assicuratore ha la sola funzione di accertare l'obbligo della compagnia, impostole dall'art. 149 d.lgs. n. 209/05 e dal contratto assicurativo, di provvedere al risarcimento del danno patito dal proprio assicurato, senza incidere sulla autonoma posizione del responsabile civile, il quale è totalmente estraneo al rapporto contrattuale intercorrente tra danneggiato e propria assicurazione e, quindi, carente di legittimazione passiva cd. sostanziale (cfr. Trib. Bari, 26 gennaio 2017, n. 460; Trib. Bari, 28 aprile 2016, n. 2424; Giudice di pace Nola, sent. n. 3600/16; Trib. Torino, 4 gennaio 2013, n. 57; Giudice di pace Roma, sent., n. 55122/12; G.d.p. di Ottaviano, sent., 16 febbraio 2011; Giudice di pace Napoli, sent. 12 dicembre 2008). Per citare in giudizio la propria compagnia ed il responsabile civile sarebbe, quindi, necessario cumulare una domanda ex art. 149 d.lgs. n. 209/05 ed una domanda ex artt. 2043 e 2054 c.c. che, data la radicale differenza di titoli, sono naturalmente inconciliabili. Pertanto, se il danneggiato volesse ottenere una pronuncia opponibile al terzo danneggiante, potrebbe agire secondo le forme ordinarie ex art. 148 d.lgs. n. 209/05, esercitando la facoltà di scelta tra le due tipologie di azione, peraltro sancita dalla Corte costituzionale (Cfr. Corte cost. 13 giugno 2008 n. 205 e 24 giugno 2009, n. 201). Con l'ordinanza n. 21896 del 20 settembre 2017 la terza sezione della Corte di cassazione ha nuovamente disatteso l'orientamento seguito dai giudici di merito, confermando il consolidato indirizzo scelto dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. civ., 4 ottobre 2013, n. 22757; Cass. civ., 16 giugno 2014, n. 13671; Cass. civ., 10 giugno 2015, n. 12089), secondo cui anche nel caso dell'indennizzo diretto deve essere citato il soggetto asseritamente responsabile del danno. A tale conclusione si giunge non solo in considerazione del fatto che la disposizione dell'art. 144 d.lgs. n. 209/05 è di portata generale e si applica anche all'ipotesi di indennizzo diretto, ma anche in considerazione della «necessità di evitare che il danneggiante responsabile possa affermare l'inopponibilità, nei suoi confronti, dell'accertamento giudiziale operato verso l'assicuratore del danneggiato, posto che i due assicuratori dovranno necessariamente regolare tra loro i relativi rapporti». Per espressa previsione legislativa, indipendentemente dalla volontà dell'attore, l'azione diretta proposta nei confronti della propria assicurazione può subire modifiche: il legittimato passivo, infatti, può mutare in corso di causa, trasformando l'azione diretta in una normale azione nei confronti dell'assicurazione del danneggiante. L'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile ha, infatti, la facoltà di chiedere di intervenire in giudizio, estromettendo l'altra compagnia e riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Con l'intervento volontario, la compagnia che assicura l'attore (danneggiato) si dichiara tenuta al risarcimento in attuazione della Convenzione CARD (indennizzo diretto) ed assume in proprio il debito derivante dall'eventuale sentenza di condanna. Tra le norme approvate con la recente riforma della responsabilità medica figura la previsione che consente al malato, danneggiato da un errore medico, di fare direttamente causa contro l'assicurazione: una norma che, simile a quanto avviene per gli incidenti stradali, taglia i tempi dei processi e favorisce la tutela dei pazienti. La legge Gelli ha dato al paziente la possibilità di agire in giudizio chiamando direttamente l'assicurazione del medico o della struttura sanitaria. Il paziente che intende agire in giudizio per chiedere il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica ha oggi una duplice alternativa: dopo aver richiesto una consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 696-bis c.p.c. o dopo aver avviato un procedimento di mediazione, che costituiscono condizioni alternative di procedibilità della domanda giudiziaria, può, infatti, agire in giudizio sia nei confronti del medico o della struttura sanitaria reputati responsabili sia direttamente nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale questi sono assicurati. La nuova disposizione sembra ribadire la stessa alternativa già prevista per il risarcimento del danno in caso di sinistro stradale. L'azione diretta del danneggiato in caso di responsabilità medica è disciplinata all'art. 12 della l. n. 24/2017, il quale precisa, tra le altre cose, che il diritto del paziente di agire direttamente nei confronti della compagnia del responsabile è comunque possibile nei limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione. Soggetto passivo dell'azione diretta, quindi, è, a seconda dei casi: l'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private o l'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa all'esercente la professione sanitaria che svolge la propria attività al di fuori di una delle predette strutture oppure opera all'interno della stessa in regime libero professionale o che si avvale della struttura nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il legislatore ha in ogni caso stabilito espressamente che nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata e nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione dell'esercente la professione sanitaria sono litisconsorti necessari, rispettivamente, la stessa struttura o lo stesso esercente la professione sanitaria. Il legislatore ha, in tal modo, inteso evitare il moltiplicarsi delle liti ed il possibile contrasto di accertamenti, con particolare riferimento alla disciplina dei rapporti interni mediante le azioni di rivalsa, imponendo il litisconsorzio fra le parti interessate dal rapporto assicurativo obbligatorio (non, però, tra tutti i soggetti potenzialmente responsabili: nel giudizio contro la compagnia assicurativa della struttura non è litisconsorte necessario il medico, e viceversa: si veda il comma 4 dell'art. 12). Con la conseguenza, verosimile e chiaramente auspicata, che l'azione di rivalsa venga sempre esperita dalla compagnia assicurativa già nell'ambito del medesimo giudizio. Ove così non fosse, peraltro, il giudicato sull'accertamento della responsabilità si formerebbe comunque rispetto a tutte le parti e non sarebbe più suscettibile di contestazioni tra le parti del rapporto assicurativo. Diversamente, in mancanza di una siffatta previsione ed in assenza di una chiamata in causa da parte della compagnia, troverebbe applicazione l'art. 1306 c.c.: ovvero, la sentenza resa tra il danneggiato e la compagnia responsabile solidalmente non spiegherebbe effetti nel successivo giudizio di regresso contro la struttura o il medico responsabili del danno, con conseguente possibilità di pervenire a esiti contrastanti (Hazan). Si tratta, pertanto, di un'ipotesi di litisconsorzio necessario non determinato da ragioni sostanziali (non essendovi unicità della res in iudicium deducta), né da motivi processuali, bensì da mere ragioni di opportunità (propter opportunitatem). E, quindi, di una deroga al principio generale del litisconsorzio facoltativo, affermato dall'art. 1306 c.c. per tutte le obbligazioni solidali tra le quali certamente si annovera l'obbligazione della compagnia di assicurazione, direttamente aggredibile, rispetto a quelle della struttura sanitaria e del professionista. Ciò detto, va pure osservato che, sempre in mancanza di una espressa disposizione di legge, il litisconsorzio sarebbe diventato comunque necessario ogni qual volta l'assicurazione avesse deciso di formulare la domanda di rivalsa verso l'assicurato nello stesso giudizio. Infatti, per tutte le obbligazioni solidali, ferma la facoltatività iniziale del litisconsorzio, deve ritenersi che questo diventi necessario laddove siano cumulate nello stesso giudizio l'azione del creditore con quella di regresso del debitore solidale verso altro condebitore, già convenuto originariamente o dal primo chiamato in causa. Con la proposizione di tale domanda, infatti, il condebitore intende legare l'esito della causa dipendente a quello della causa principale pregiudiziale onde pervenire, mediante il simultaneus processus, ad una decisione contestuale ed unitaria delle diverse domande. L'esercizio dell'azione di regresso nel medesimo giudizio è, infatti, lo strumento principe a disposizione del condebitore convenuto per evitare la formazione di giudicati contrastanti, accertandosi l'obbligazione solidale nel contraddittorio di tutti gli interessati. Peraltro, la scelta di imporre il litisconsorzio necessario non è scevra da inconvenienti. Da un lato, essa comporta un sicuro aumento dei costi di lite, dall'altro può comportare le conseguenze negative tipiche di questo istituto, in termini di nullità delle sentenze emesse in carenza del litisconsorzio e conseguenti diseconomie processuali (Cossignani). Per quanto riguarda i termini entro i quali è possibile esercitare l'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazione, va considerato che la prescrizione è la stessa prevista per l'azione esperita verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata o verso l'esercente la professione sanitaria. Sul punto va, quindi, ricordato che la legge Gelli ha previsto che la struttura sanitaria risponde sempre a titolo contrattuale, con la conseguenza che il risarcimento del danno da parte del paziente è soggetto al termine prescrizionale decennale. I medici, invece, rispondono nei confronti del paziente a titolo extracontrattuale, con conseguente prescrizione quinquennale, salvo il caso in cui abbiano agito nell'adempimento di un'obbligazione contrattuale assunta con il paziente stesso. Le compagnie assicurative citate in giudizio potranno opporre al danneggiato, per l'intero massimale di polizza, solo le eccezioni derivanti dal contratto stabilite dal decreto del Ministro dello sviluppo economico con il quale sono definiti i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie. All'impresa di assicurazione viene, quindi, riconosciuto il diritto di rivalsa verso l'assicurato, nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti dal decreto del Ministro dello sviluppo economico e non derogabili contrattualmente. Riferimenti
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