Ammanchi di cassa: a risponderne è l’amministratore di condominio
31 Maggio 2018
Il fatto. Un'amministratrice viene condannata alla pena di un anno di reclusione e al pagamento di una multa per appropriazione indebita aggravata continuata. La Corte d'appello sostiene che l'imputata, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, si sia appropriata indebitamente del denaro a lei consegnato dai condomini per il pagamento delle spese di amministrazione ordinaria e straordinaria. Avverso tale sentenza l'amministratrice ricorre in Cassazione lamentando l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento del condominio quale autonomo soggetto di diritto e terzo rispetto alle parti. La ricorrente assume che nel momento in cui i singoli condomini versavano le somme per le spese ordinarie e straordinarie sul conto intestato al condominio, il denaro entrava nelle disponibilità di quest'ultimo soggetto, da considerarsi formalmente distinto sia dai singoli condomini che dall'amministratore. La S.C. seguendo il suo più recente orientamento, ritiene che il delitto di appropriazione indebita sia reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l'agente compie un atto di dominio sulla cosa con volontà espressa o implicita di tenerla come propria, conseguentemente il momento in cui la persona offesa viene a conoscenza dell'illecito è irrilevante ai fini dell'individuazione della data consumazione del reato e del termine di prescrizione. Prosegue la Corte osservando che tra l'amministratore e i condomini si configura un rapporto di mandato, nell'ambito del quale l'amministratore può ricevere dai condomini somme di denaro da destinare al fondo comune per la gestione delle spese in base dei bilanci approvati dall'assemblea, con l'obbligo di restituzione e rendiconto alla scadenza del mandato; oppure può utilizzare le somme a lui consegnate per eseguire pagamenti specifici secondo le modalità e i termini convenuti.
Interversione del possesso. Alla luce del rapporto intercorrente tra amministratore e condominio, si ravvisa un'oggettiva interversione del possesso ogni qualvolta l'amministratore di condominio, anziché ottemperare ai suoi obblighi, impieghi le somme ricevute per fini personali. Pertanto risulta infondata la tesi sostenuta dall'imputata, sulla terzietà del condominio, difatti l'amministratore, nonostante compia atti in nome e per conto dello stesso, finirebbe per imputarli ad un soggetto terzo (il condominio) privo di responsabilità e quindi non punibile. Cosicché, correttamente i giudici di appello hanno contestato il reato all'imputata, avendo constatato dal mancato pagamento di numerose spese e dall'indebito impossessamento della somma a ciò destinata, la volontà dell'amministratrice di appropriarsi di denaro altrui in modo illegittimo. La Corte conferma la condanna per il reato di appropriazione indebita e dichiara inammissibile il ricorso. |