Correlazione tra accusa e sentenza. I “modi” non contano se è garantito il pieno esercizio del diritto di difesa
01 Giugno 2018
«Ai fini della contestazione di una circostanza aggravante, non è necessaria la specifica indicazione della norma che la prevede, essendo sufficiente la precisa enunciazione “in fatto” della stessa, così che l'imputato possa avere cognizione degli elementi di fatto che la integrano». Questo principio, affermato da Cass. pen., Sez. V, n. 23609/2018, si inserisce nella consolidato filone giurisprudenziale che ricostruisce il principio della correlazione tra accusa e sentenza alla luce della fondamentale garanzia difensiva del contradditorio, che presuppone la chiara enunciazione dell'accusa, non tanto in termini formalistici legati a formule sacramentale, quanto in relazione al fatto che la contestazione sia tale da consentire la difesa a ogni elemento di accusa. A tal proposito risulta quindi legittimo il rinvio agli atti del fascicolo processuale, purché questi risultino intellegibili, non equivoci e conoscibili dall'imputato. La Corte europea dei diritti dell'uomo, nella nota sentenza Drassich, intervenne sulla questione, affermando chiaramente che le disposizioni dell'articolo 6 § 3 , lett. a) Cedu non impongono alcuna forma particolare per quando riguarda il modo in cui l'imputato deve essere informato della natura e del motivo dell'accusa formulata nei suoi confronti. L'art. 6 § 3 , lett. a) Cedu «riconosce all'imputato il diritto di essere informato non solo del motivo dell'accusa, ossia dei fatti materiali che gli vengono attribuiti e sui quali si basa l'accusa stessa, ma anche, in maniera dettagliata, della qualificazione giuridica di tali fatti. In effetti quest'ultima costituisce una condizione fondamentale dell'equità del processo, in quanto il diritto a ricevere un'informazione precisa circa il motivo e la natura dell'accusa, finanche della precisa qualificazione in termini giuridici che la giurisdizione potrebbe contemplare nei suoi confronti, deve essere considerato alla luce del fondamentale diritto per l'imputato di preparare in modo adeguato la sua difesa. Tuttavia, ciò non implica né l'immutabilità della originaria qualificazione, né, a maggior ragione, l'impossibilità di operare qualificazioni non esplicitate attraverso richiami normativi nell'accusa contestata, quante volte ciò sia prevedibile, anche alla luce della necessaria assistenza tecnica della quale dispone l'imputato, e si accompagni alla predisposizione di adeguate garanzie difensive». |