Quantificazione del contributo unificato per la proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

17 Luglio 2018

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità dell'art. 37, comma 6, lettera s), D.L. n. 98/2011 – che ha sostituito l'art. 13, comma 6-bis, D.P.R. n. 115/2002 – in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevederebbe per la presentazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il pagamento di un contributo unificato di importo doppio rispetto a quello stabilito per il ricorso al Tar-Consiglio di Stato.
Massima

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità dell'art. 37, comma 6, lettera s), D.L. n. 98/2011 – che ha sostituito l'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 – in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevederebbe per la presentazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il pagamento di un contributo unificato di importo doppio rispetto a quello stabilito per il ricorso al Tar-Consiglio di Stato. Da un lato, l'assunto del rimettente è erroneo, inficiando l'iter logico-argomentativo alla base della valutazione di non manifesta infondatezza; dall'altro, le peculiarità del ricorso straordinario rispetto al ricorso al Tar e al Consiglio di Stato non impongono l'allineamento della quantificazione del contributo unificato, impingendo in scelte riservate al legislatore in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata.

Il caso

Nel corso di un giudizio instaurato avverso l'invito di pagamento, emesso dalla pubblica amministrazione, del contributo unificato di euro 600,00, dovuto per la proposizione di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la Commissione tributaria provinciale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, comma 6, lettera s), D.L. n. 98/2011 – che ha sostituito l'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 – in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., «nella parte in cui prevede […] il pagamento di un contributo unificato di importo pari al doppio di quello stabilito per l'ordinario ricorso al Tar-Consiglio di Stato».

Secondo il giudice rimettente, la determinazione della misura del contributo previsto per il ricorso straordinario, pur appartenendo alla discrezionalità del legislatore, sarebbe anzitutto viziata da irragionevolezza, con conseguente ingiustificata disparità di trattamento (art. 3 Cost.), in quanto pari (ed ora superiore, in virtù dell'aumento a euro 650,00 previsto dall'art. 1, comma 25, lettera a, L. n. 228/2012) al doppio di quello richiesto per l'ordinario ricorso al giudice amministrativo, senza che il diverso ammontare sia giustificato da costi superiori ed essendo stato sempre considerato «uno strumento di tutela utilizzato da soggetti che si trovano in situazione di debolezza per cultura o censo (articoli 2 e 3 Cost.), attesi i caratteri del ricorso straordinario, di strumento flessibile e aggiuntivo, snello e a formalismo minimo, attivabile con modica spesa e senza il bisogno dell'assistenza tecnico-legale».

La previsione, inoltre, violerebbe il diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., risultando limitata la libertà di scelta dello strumento giuridico considerato più adeguato alla tutela dei propri diritti.

La questione

L'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 fissa gli importi del contributo unificato dovuti per i ricorsi davanti ai Tar e al Consiglio di Stato, differenziandoli in ragione dell'oggetto – ad esempio, lo riduce alla metà per le controversie concernenti rapporti di pubblico impiego: lettera b – della procedura e del valore della controversia e stabilendo che «in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di euro [prima 600, ora] 650» (lettera e).

In questo contesto diversificato, la questione attiene alla pretesa irrazionalità, discriminazione e lesione del diritto di difesa derivante della misura – che si asserisce doppia – del contributo unificato previsto per la proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica rispetto all'ammontare richiesto per il ricorso al giudice amministrativo.

Sullo sfondo si agita l'ontologica differenza riscontrabile tra i due istituti, che tuttavia sono andati via via avvicinandosi in ragione delle riforme normative che hanno riguardato il primo.

Infatti, a fronte della natura amministrativa tradizionalmente riconosciutagli dalla stessa Corte costituzionale (Corte cost. n. 298/1986, n. 56/2001, n. 301/2001, n. 254/2004, n. 357/2004 e n. 282/2005), a seguito delle modifiche apportate dalla Legge n. 69/2009 – e, segnatamente, della possibilità riconosciuta al Consiglio di Stato di sollevare questioni di legittimità costituzionale in sede di parere ai sensi dell'art. 14, primo comma, d.P.R. n. 1199/1971 e della vincolatività di quest'ultimo ai fini della decisione – la medesima Consulta ha evoluto il proprio orientamento, affermando che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica «ha perso la propria “connotazione puramente amministrativa ed ha assunto la qualità di rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo”» (da ultimo, Corte cost. n. 24/2018).

Le soluzioni giuridiche

La Corte costituzionale ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile per due ordini di motivi.

Da un lato, è erroneo l'assunto del rimettente circa l'ammontare doppio del contributo unificato dovuto per la presentazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, atteso che il meccanismo per determinare quello per il ricorso proposto al Tar e al Consiglio di Stato è variamente articolato in base al rito applicabile e alla materia, mentre, per le due tipologie di ricorsi, la quantificazione coincide nelle ipotesi residuali.

Dall'altro, il disallineamento della quantificazione del contributo unificato è compatibile con le peculiarità che ancora oggi connotano il ricorso straordinario e rientra nella discrezionalità del legislatore, in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata.

Osservazioni

Ove le stesse censure fossero rivolte alla mancata assimilazione – sotto il profilo del quantum dovuto a titolo di contributo unificato – del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in materia di pubblico impiego al ricorso giurisdizionale nel medesimo ambito, la questione di legittimità costituzionale analogamente argomentata avrebbe possibilità di essere accolta, anche alla luce del progressivo avvicinamento dei due rimedi?

Probabilmente no.

Escluso che rilevino i costi del servizio reso o il valore della prestazione erogata quale elemento fondante la quantificazione del contributo unificato (Corte cost. n. 73/2005), le connotazioni «strutturali e funzionali» del procedimento a cui dà luogo il ricorso straordinario sono solo «in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo» (Corte cost. n. 24/2018, cit.), così come la pronuncia in commento ribadisce. Dunque, si deve dubitare dell'omogeneità dei due termini di paragone, che giustifichi un'identità di trattamento fiscale. Ciò a maggior ragione in un «quadro normativo e giurisprudenziale inerente al regime di tassazione degli atti giudiziari, […da cui] emerge un contesto eterogeneo dei criteri applicabili, influenzato dalle diverse situazioni sostanziali e processuali che ne sono alla base» (Corte cost. n. 78/2016). Si aggiunga che, in materia di determinazione delle spese processuali poste a carico degli utenti della giustizia e in materia tributaria, vige il principio della discrezionalità del legislatore e dell'insindacabilità delle opzioni legislative che non siano caratterizzate da una manifesta irragionevolezza (Corte cost. n. 164/2010), tanto da essergli rimesso di ampliare il favor praestatoris, ad esempio rimodulando, in termini di minor rigore o finanche di esonero, il raddoppio del contributo unificato – esborso che mantiene la medesima natura di quello originario (Cass. civ. n. 22867/2016, Cass. lav. n. 1778/2016 e Cass., sez. un., n. 9938/2014; nello stesso senso, N. M. CONDEMI, Il regime del raddoppio del contributo unificato: fattispecie processuali a confronto (commento alla sentenza della Corte costituzionale n. 120/2016)) – in caso di rigetto integrale, inammissibilità, o improcedibilità dell'impugnazione (Corte cost. n. 77/2018).

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