Codice Civile art. 2632 - Formazione fittizia del capitale (1).

Rosa Pezzullo

Formazione fittizia del capitale (1).

[I]. Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano od aumentano fittiziamente il capitale sociale mediante attribuzioni di azioni o quote in misura complessivamente superiore all'ammontare del capitale sociale, sottoscrizione reciproca di azioni o quote, sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 111-quinquies disp. att. c.c., introdotto dall'art. 9 1 lett. f) d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, a far data dal 1° gennaio 2004.

Inquadramento

La fattispecie criminosa in esame trova i suoi antecedenti normativi nelle ipotesi abrogate di cui all'irregolare emissione di azioni (art. 2630, primo comma, n. 1 c.c.), all'illecita sottoscrizione reciproca di azioni (art. 2630, primo comma, n. 2 c.c.) e all'esagerata valutazione dei conferimenti (art. 2629 c.c. abr.) (Musco,188).

Come le precedenti disposizioni, il reato di cui all'art. 2632 c.c. è posto a tutela sia della corretta formazione e valutazione del capitale sociale – nella fase della sua creazione, come in caso di successive implementazioni – sia dell'integrità dello stesso, per la garanzia degli interessi dei creditori e dei terzi in genere. In proposito, è stato condivisibilmente evidenziato come tale «nuova» fattispecie criminosa svolga una funzione centrale nella tutela del capitale sociale (Musco, 187).

Il reato di formazione fittizia del capitale, abbandonando la precedente tecnica del rinvio alle disposizioni civilistiche, si caratterizza per una più efficace selezione delle condotte rilevanti, nel solco di quell'opera di razionalizzazione e sistemazione organica intrapresa dal legislatore già con la riforma del 2002, sfociata nella sostituzione di fattispecie di reato di mera condotta in reati di evento (Delsignore, 106).

Si tratta di una fattispecie delittuosa, procedibile di ufficio, applicabile a tutte le società commerciali (tranne la società semplice) da ricondurre ad un reato d'evento a condotta vincolata. Infatti, l'evento costitutivo del delitto – la formazione o l'aumento di capitale – deve essere cagionato attraverso le tre specifiche condotte descritte dalla norma per essere penalmente rilevante (Vaciago, 449).

Il compimento di uno dei fatti di cui all'art. 2632 c.c. può integrare il reato di bancarotta impropria di cui all'art. 223, secondo comma, n. 1, r.d. n. 267/1942, avendo tale norma riprodotto tra i fatti-reato che possono essere causa o concausa di dissesto societario, appunto quelli di cui all'art. 2632 c.c.

I soggetti attivi.

L'art. 2632 c.c. è strutturato nella forma del reato proprio. I destinatari qualificati del precetto sono, infatti, quei soggetti dotati del potere di compiere gli atti vietati dalla norma, ossia gli amministratori – con l'estensione soggettiva di cui all'art. 2639 c.c. ed i soci conferenti.

Proprio in ordine a quest'ultima categoria di soggetti, una parte della dottrina ha evidenziato l'ultraneità di una simile specificazione, attesa l'equivalenza tra le espressioni «socio conferente» e «socio» (Sciumbata, 2003, 572).

Occorre, tuttavia, rilevare che del reato in questione possono rispondere, a titolo di concorso, soggetti diversi dagli amministratori e dai soci conferenti. È, ad esempio, il caso dei soci chiamati a pronunciarsi in assemblea sull'aumento del capitale sociale, i quali, se consapevoli della fittizietà dell'aumento, concorreranno con i soggetti qualificati (D'Alessandro, 942).

È stato ritenuto, poi, che potranno concorrere, altresì, nella commissione di tale reato i sindaci, in virtù di quanto disposto dagli articoli 40, comma secondo, e 110 c.p. quali depositari di quella particolare posizione di garanzia inerente l'impedimento quantomeno di alcuni dei fatti di reato (Vaciago, 451).

Quanto all'esperto estimatore, nominato dal Presidente del Tribunale in ipotesi di operazioni di sopravvalutazione dei beni in natura o dei crediti conferiti, ovvero del patrimonio in caso di trasformazione societaria, il predetto non risulta annoverato tra i soggetti attivi del reato (a differenza di quanto avviene per le fattispecie di cui agli artt. 2343,2440 e 2500, c.c.). Tale scelta non risulta, però, giustificata da un minore disvalore della condotta fraudolenta dell'esperto che, al contrario, risulta ancor più grave se si considera la posizione di terzietà che caratterizza il suo ruolo. La sua funzione, infatti, viene equiparata a quella del perito, al quale è direttamente riferibile il reato di cui all'art. 373 c.p., in caso di dolose valutazioni di stima non corrette. Qualora la condotta dell'esperto sia stata realizzata in attuazione di un accordo sulla commissione del reato, la norma penalistica di cui all'art. 373 c.p. cederà il passo, e questi sarà chiamato a rispondere del solo reato sanzionato dall'articolo in commento, secondo le regole generali del concorso criminoso (Sciumbata, 107).

La S.C. ha ritenuto che integra il reato di cui all'art. 373 c.p. la falsa relazione redatta dal consulente incaricato, in sede di trasformazione di una società di persone in una società a responsabilità limitata, della stima del capitale sociale ai sensi degli artt. 2500-ter, secondo comma, e 2645 c.c. anche se la nomina dell'esperto non è stata effettuata dall'autorità giudiziaria; invero, la responsabilità del consulente incaricato delle valutazioni estimatorie è regolata dal predetto art. 2645, con un richiamo dell'art. 2343 c.c., il quale, a propria volta, rinvia all'art. 64 c.p.c. secondo cui «si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti», tra le quali va incluso anche l'art. 373 c.p. in tema di falsa perizia o interpretazione (Cass. pen. VI, n. 20314/2015).

In caso di formazione fittizia di capitale commessa dagli amministratori o soci conferenti della società, la Suprema Corte, poi, ha ritenuto configurabile anche la responsabilità amministrativa dell'ente, laddove esso abbia avuto un interesse concorrente a quello dell'agente, o degli agenti, che, in posizione qualificata nella sua organizzazione, abbiano commesso il reato presupposto; nella fattispecie esaminata, invero, la Corte ha evidenziato come l'operazione incriminata aveva consentito di raccogliere più facilmente ulteriori capitali, di accrescere la capacità di acquisire credito presso le banche e di monetizzare più facilmente parte del valore della società. L'aumento fittizio di capitale aveva costituto, dunque, un'operazione effettuata nell'interesse della società, di cui questa si era avvantaggiata e, pertanto, il profitto che ricavato doveva ritenersi confiscabile (Cass. pen. II, n. 16359/2014, che richiama Cass. VI, n. 24557/2013).

Le Sezioni Unite hanno escluso – sempre in tema di responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi del d.lgs. n. 231/2001- che, a seguito del fallimento di una società e della sopravvenuta imputazione per la persona fisica del delitto di bancarotta societaria impropria, non incluso nel catalogo dei reati c.d. presupposto, si possa continuare a procedere nei confronti della persona giuridica per quelli di cui agli artt. 2621- 2622 e 2632 c.c., originariamente contestati e assorbiti nel delitto di bancarotta, poiché il reato contestato alla persona fisica deve corrispondere a quello chiamato a fungere da presupposto per la responsabilità della persona giuridica (Cass. pen. S.U., n. 11170/2014).

Bene giuridico protetto.

Con il reato in questione, così come in gran parte dei precedenti reati analizzati, il codice civile mira a salvaguardare un principio fondamentale: al capitale «nominale» (somma dei valori dei conferimenti) deve corrispondere un valore reale nel patrimonio sociale, che non può scendere, oltre certi limiti, al di sotto della cifra indicata come capitale sociale (Vaciago, 448). Attraverso la tutela dell'effettività del capitale sociale, il legislatore intende impedire il compimento di atti societari che determinano un incremento solo nominale del capitale, senza apporto di ricchezza per la società. Ai terzi che si trovano ad interagire con la società, infatti, deve essere consentito di avere contezza dell'effettiva consistenza del patrimonio dell'ente, senza correre il rischio che dietro il valore numerico espresso dal capitale si nascondano grandezze economiche sovrastimate (Sciumbata, 115).

L’art. 2632 c.c.  ha la funzione centrale di tutela del capitale sociale, nella sua specifica funzione di garanzia degli interessi dei creditori e dei terzi (Cass. pen. V, n.39495/2021).

Le modalità della condotta e il momento consumativo del reato

Sotto il profilo dell'oggettività della condotta, il reato in esame è strutturato come un reato di evento, e l'evento naturalistico consiste nella necessaria formazione od aumento fittizio del capitale, legato da un nesso di causalità con le tre modalità comportamentali espressamente previste dalla norma.

Trattasi, in particolare:

- dell'attribuzione di azioni o quote in misura superiore all'ammontare del capitale sociale, che determina una formazione artificiosa del capitale; in particolare, con il termine attribuzione, utilizzato in luogo di «emissione», si ritiene che il legislatore abbia probabilmente voluto allargare le maglie operative della rilevanza penale di alcuni comportamenti che non potevano essere inquadrati nel concetto di emissione tecnicamente intesa, ma comunque idonei a causare la formazione o l'aumento fittizio del capitale sociale, sebbene parziale (di Giuseppe, 219);

- della sottoscrizione reciproca di azioni o quote, atteso che essa altera il rapporto tra capitale e patrimonio, realizzando una formazione fittizia del capitale; invero, le posizioni di debito e di credito delle società che sottoscrivono reciprocamente le azioni o le quote di nuova emissione, si annullano per compensazione, facendo crescere apparentemente il capitale sociale senza alcun apporto al patrimonio (Vaciago, 455); ai fini della configurabilità della fattispecie incriminatrice in commento, sembra potersi escludere la necessaria contestualità delle reciproche sottoscrizioni ed il reato può ritenersi integrato anche se le operazioni sono separate da un apprezzabile lasso temporale, senza un preciso coordinamento (Mucciarelli, 302);

- della sopravvalutazione dei conferimenti di beni in natura o di crediti, ovvero del patrimonio della società in caso di trasformazione, atteso che il conferente promette alla società più di quanto realmente non dia; essa potrà aver luogo in tre fasi distinte: al momento della costituzione della società, in sede di aumento del capitale sociale e in caso di trasformazione; ai fini della configurazione del reato, in particolare, è richiesto che la sopravvalutazione sia rilevante ed, in proposito, la dottrina maggioritaria interpreta la locuzione in questione nel senso della necessità di una valutazione che oltrepassi la soglia della ragionevolezza, relativamente alla natura dei beni da stimare ed all'esistenza di criteri comunemente condivisi (Delsignore, 110); esulano dall'ambito di applicazione della normativa i conferimenti in denaro, mentre è discussa la sorte dei conferimenti in moneta estera, ovvero i conferimenti di beni immateriali (Vaciago, 457).

   L'art. 2632 c.c. nella sua attuale formulazione ha semplificato la descrizione delle condotte punite a titolo di esagerata valutazione dei conferimenti, adoperando la diversa formula, più generica, della "rilevante" sopravvalutazione, eliminando, inoltre, ogni riferimento all'esagerata valutazione degli acquisti di cui al d.P.R. n. 30 del 1986. E' evidente la finalità di tutela del capitale sociale per l'ipotesi di sopravvalutazione "rilevante" dei conferimenti di beni in natura o di crediti, o del patrimonio sociale in caso di trasformazione, posto che gonfiare artificiosamente le stime dei beni, dei crediti o del patrimonio, dà vita ad un fenomeno (noto come cd. watering) di annacquamento del capitale sociale, in quanto soltanto illusoriamente incrementato a danno di coloro che hanno rapporti con la società.

La nuova formulazione rimanda ad una valutazione che va al di là di ogni  ragionevolezza, in relazione alla natura dei beni da stimare e alla presenza o meno di criteri estimativi largamente condivisi (Cass. pen. V, n.39495/2021).

  Al fine di delimitare il concetto di rilevanza  nella condotta di sopravvalutazione dei conferimenti di beni,  possono essere mutuati i punti di approdo della sentenza Cass. pen. S.U. n. 22474/2026, Passarelli, in tema di false comunicazioni sociali, secondo cui l'informazione è "rilevante" «quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio dell'impresa», con la precisazione che «la rilevanza delle singole voci è giudicata nel contesto di altre voci analoghe».

Secondo la motivazione della pronuncia S.U. in questione, la "rilevanza", proprio perché non più ancorata a soglie numeriche predeterminate, ma apprezzata dal giudicante in relazione alle scelte che i destinatari dell'informazione (soci, creditori, potenziali investitori) potrebbero effettuare, connota la falsità di cui agli artt. 2621,2621 bis e 2622 c.c. Essa, dunque, deve riguardare dati informativi essenziali, idonei a ingannare e a determinare scelte potenzialmente pregiudizievoli per i destinatari.

Applicando tali principi alla fattispecie di cui all'art. 2632 c.c. della rilevante sopravvalutazione, ne consegue che deve ritenersi   rimesso all'interprete il compito dell'individuazione della ricorrenza del requisito della "rilevanza", sicché  la sopravvalutazione dei conferimenti di beni in natura, o di crediti, ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione è da ritenersi "rilevante" quando l'omessa od erronea indicazione sia idonea ad ingannare o a determinare scelte potenzialmente pregiudizievoli per i destinatari (Cass. pen. V, n. 39495/2021).

In relazione al momento consumativo del reato, nel caso di attribuzione di quote, esso verrà sostanzialmente a coincidere con l'iscrizione nei libri sociali, nel bilancio e nelle scritture contabili dei dati all'uopo necessari, mentre nel caso di attribuzione di azioni sarà individuato a seconda di come si intende il termine «attribuzione» e potrà coincidere con la sottoscrizione, ovvero con l'emissione delle azioni (Vaciago, 461). Relativamente alla sottoscrizione reciproca di azioni, il momento consumativo è da individuarsi nella fase di costituzione della società o nella fase di realizzazione dell'aumento del capitale sociale, mentre, per quanto concerne la condotta di esagerata valutazione dei conferimenti, se essa viene realizzata in sede di costituzione della società, si determina nel momento della stipulazione dell'atto costitutivo, sia nel caso di costituzione simultanea, che per pubblica sottoscrizione; se, invece, la condotta è stata tenuta in sede di aumento capitale, il momento di consumazione è da individuarsi in quello di adozione della relativa delibera assembleare, mentre, per quanto concerne la sopravvalutazione del patrimonio sociale in occasione della trasformazione della persona giuridica, il reato si perfeziona nel momento in cui l'assemblea straordinaria delibera la trasformazione della società, predisponendo anche il nuovo statuto in cui è indicato un valore del patrimonio non rispondente al vero (Vaciago, 461).

Nel caso della rilevante sopravvalutazione, il legislatore non specifica il momento in cui essa deve avvenire affinché la condotta integri la fattispecie di cui all'art. 2632 c.c., ma è possibile che il comportamento possa concernere sia la fase genetica della società che quella dell'aumento di capitale (Cass. pen. V, n.39495/2021).

L'elemento soggettivo

L'elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie de qua è il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di formare o aumentare fittiziamente il capitale sociale, attraverso le specifiche modalità comportamentali elencate nella disposizione (di Giuseppe, 220).

Una delibera assembleare, che autorizzi gli amministratori a concludere una delle operazioni vietate dalla legge, non può essere invocata come scriminante, perché non è nella disponibilità dei soci l'effettività del capitale sociale (Sciumbata, 114).

Bibliografia

D'Alessandro, Sub art. 2632 c.c., in Commentario del codice civile. Delle società, dell'azienda, della concorrenza, a cura di Santosuosso, Milano, 2014; Delsignore, Sub art. 2632 c.c., in I nuovi reati societari, a cura di Lanzi, Cadoppi, Padova, 2002; di Giuseppe, Formazione fittizia del capitale, in Diritto penale dell'economia, a cura di Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, Milano, 2017; Mucciarelli, La tutela penale del capitale sociale e delle riserve obbligatorie per legge, in Il nuovo diritto penale delle società. D.lg. 11 aprile 2002 n. 61, a cura di Alessandri, Milano, 2002; Musco, I nuovi reati societari, Milano, 2007; Sciumbata, I reati societari, in La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008; Sciumbata, La tutela penale dell'effettività del capitale sociale attraverso la repressione dei comportamenti degli amministratori e dei soci, in Riv. dir. impr. 2003; Vaciago, La formazione fittizia del capitale, in Diritto penale delle società, Accertamento delle responsabilità individuali e processo alla persona giuridica, a cura di Canzio, Cerqua, Luparia, Milano, 2016.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario