Responsabilità del promotore finanziario: ne risponde anche la banca?

Giuseppina Satta
02 Gennaio 2019

L'investitore, che invoca la responsabilità solidale della banca per l'illecita appropriazione di denaro da parte del promotore finanziario, ha l'onere di provare di avere consegnato a quest'ultimo i propri risparmi per attività funzionali all'esercizio delle incombenze affidategli dalla banca medesima.

Il caso. Due clienti agivano, innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa, nei confronti della propria banca riferendo di aver affidato i loro risparmi ad un promotore finanziario, responsabile provinciale della banca medesima, il quale aveva distratto detti capitali senza procedere ad investirli. Ad avviso dei clienti tale attività illecita era stata consentita dalla banca la quale dunque era responsabile in solido con il promotore per i danni loro arrecati. Si costitutiva in giudizio la banca la quale contestava la fondatezza della domanda ritenendo che i clienti fossero stati pienamente consapevoli e acquiescenti dello svolgimento del rapporto con il promotore. Il Tribunale di Bassano del Grappa, in accoglimento della domanda dei clienti, condannava la banca in solido con il promotore a restituire loro le somme indebitamente sottratte – così come emergenti dalla documentazione bancaria in atti e dalle ricevute rilasciate dal promotore finanziario – ritenendo sussistente il rapporto di occasionalità fra la condotta illecita del promotore e la sua funzione di responsabile provinciale della banca. Il Tribunale, poi, escludeva la corresponsabilità degli attori ai sensi dell'art. 1227 c.c. in considerazione della natura fiduciaria del rapporto intercorso fra gli stessi ed il promotore nonché dell'esclusiva efficienza causale dei comportamenti criminosi di quest'ultimo e dei principi di cui all'art. 2049 c.c. La banca proponeva gravame innanzi alla Corte d'Appello di Venezia la quale, in riforma parziale della sentenza di primo grado, rideterminava l'ammontare del danno riconosciuto ai clienti ritenendo che questi non avessero fornito prova specifica degli importi corrisposti al promotore. Ad avviso dei Giudici di secondo grado infatti, da un lato, non rilevava ai fini della prova la mera attestazione del promotore la quale – anche a prescindere dalla sua inopponibilità alla banca quale soggetto terzo – è connotata da una estrema genericità; dall'altro, incombeva sui clienti dimostrare di aver consegnato i propri denari al promotore per attività funzionali all'esercizio delle incombenze ad egli affidate dalla banca. I clienti ricorrevano per cassazione formulando sette motivi di gravame. Si costituiva in giudizio anche la banca formulando cinque motivi di ricorso incidentale.

Il nesso di occasionalità necessaria. Prima di affrontare i singoli motivi di ricorso principale e incidentale formulati dalle parti, i Giudici di Cassazione chiariscono come la Corte di appello di Venezia abbia ricostruito con coerenza, rispetto alla giurisprudenza di legittimità, i principi in materia di responsabilità dell'intermediario preponente per i fatti illeciti commessi dal promotore finanziario che risultino legati da un nesso di occasionalità necessaria all'esercizio dell'attività a lui riferibile in quanto preposto. Ricordano al riguardo gli Ermellini che il quadro giurisprudenziale consolidato si incentra sul presupposto dell'esistenza di un rapporto di necessaria occasionalità tra fatto illecito del promotore e esercizio delle attività funzionali allo svolgimento dei compiti che gli sono stati affidati dall'intermediario. La ripartizione dell'onere della prova. Chiarisce la Corte di Cassazione che, se il rapporto di necessaria occasionalità deve considerarsi esistente tutte le volte in cui la condotta del promotore rientri nell'ambito e nelle finalità dell'attività dell'intermediario, l'onere probatorio gravante sul cliente – che agisca nei confronti dell'intermediario per il risarcimento del danno prodotto dalla condotta illecita del promotore – consiste nel dimostrare di aver consegnato il proprio denaro (oggetto dell'illecita appropriazione) al promotore per l'effettuazione di operazioni finanziarie che apparentemente rientrino nel campo della attività a costui attribuita dall'intermediario secondo un criterio di normale affidamento in buona fede (in questo senso Cass. civ., n. 6829/2011). Da suo canto, l'intermediario, ai fini dell'esclusione di tale responsabilità oggettiva e solidale nei confronti del cliente, ha l'onere di provare: a) che al cliente era chiaramente percepibile che la condotta del promotore si poneva al di fuori del rapporto con l'intermediario medesimo; b) che il cliente era consapevolmente coinvolto nell'elusione della disciplina legale posta in essere dal promotore finanziario (Cass. civ., n. 22956/2015; Cass. civ., n. 18928/2017). In altri termini, a detta della Corte, sull'intermediario grava l'onere di provare la manifesta estraneità della condotta del promotore ai compiti affidatigli ovvero la evidente anomalia della condotta, se pure rientrante nel campo di operatività propria del rapporto fra intermediario e promotore (Cass. civ., n. 9892/2016 e n. 27925/2013).

La prova liberatoria a favore dell'intermediario. Nel definire il contenuto di questa prova liberatoria a favore della banca, chiariscono ancora i Giudici di Legittimità, la consegna di somme di denaro da parte del cliente con modalità difformi a quelle cui il promotore dovrebbe attenersi non è elemento sufficiente: i) ad escludere il rapporto di necessaria occasionalità; ii) per costituire concausa del danno o determinare l'applicazione dell'art. 1227 c.c. ai fini della riduzione del risarcimento spettante all'investitore (Cass. civ., n. 4037/2016 e n. 17393/2009). L'onere della prova, che grava sul cliente, dell'illecita appropriazione da parte del promotore finanziario del denaro consegnatogli ai fini dell'investimento varia nella prospettiva della responsabilità del promotore e dell'intermediario. Nei confronti di quest'ultimo non può infatti ritenersi rilevante né una condotta processuale esplicitamente ammissiva da parte del promotore finanziario né un comportamento qualificabile come ficta confessio (cfr. Cass. civ., n. 21737/2016 e Cass. civ., n. 13212/2016). È necessario pertanto che il soggetto che agisce nei confronti dell'intermediario provi l'effettiva consegna del denaro al promotore per l'effettuazione di operazioni finanziarie rientranti nel campo di operatività del rapporto fra il promotore stesso e l'intermediario (Cass. civ., n. 1741/2011). Alla luce dei richiamati principi la Corte di Cassazione dichiara inammissibili tutti i motivi di ricorso principale ed incidentale formulati dalle parti.

Sul c.d. nesso di occasionalità necessaria. Cfr. Cass. civ., n. 5020/2014, secondo cui «in tema di responsabilità indiretta di una S.I.M, in solido con quella del promotore, è necessario provare il nesso di occasionalità necessaria tra l'illecito e il rapporto delle parti, il quale tuttavia non sussiste qualora il fatto non dipenda dalle mansioni affidate dal preponente - intermediario e/o dallo sfruttamento, sia pure anomalo, del ruolo del promotore»; Cass. civ., n. 18928/2017 ove chiarito che «con riguardo alle attività illecite poste in essere dal promotore finanziario non legato da un rapporto contrattuale con la banca, sussiste la responsabilità indiretta di quest'ultima qualora la promozione sia svolta con modalità tali da ingenerare negli investitori l'incolpevole affidamento su uno stabile inserimento del promotore nell'attività della banca»; Cass. civ., n. 3708/2018, ove ulteriormente chiarito che: «la banca non è responsabile per le perdite subite con piani di investimento rivelatisi fittizi o fallimentari, se l'investitore, in quanto commercialista, è perfettamente in grado di capire che le modalità di esecuzione dell'operazione sono anomale».

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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