Guida in stato di ebbrezza: la tipologia di veicolo condotto rileva solo ai fini delle sanzioni accessorie
01 Marzo 2019
Massima
Il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso anche mediante la conduzione di una bicicletta, in ragione della concreta idoneità del mezzo usato a interferire sulle condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale; tuttavia la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, applicabile in relazione a illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, non può essere disposta nei confronti di chi sia posto alla guida di un veicolo per cui non è richiesta alcuna abilitazione, come un velocipede. Il caso
La vicenda vede protagonista un uomo, C.L., che trovandosi in sella alla propria bici e guidando la stessa in maniera alquanto discutibile, veniva fermato e sottoposto ad accertamento del tasso alcolemico. Da tale accertamento veniva rilevato un tasso alcolemico superiore alle soglie fissate dall'art. 186, comma 2, cod. strada., cosicché lo stesso finiva sotto processo con l'accusa di guida in stato di ebbrezza. Dinanzi ai giudici del tribunale di Brescia, C.L., sceglieva la strada del rito alternativo del patteggiamento, con conseguente condanna penale, per il reato di cui all'art. 186, commi 2, lett. b) e 2-bis,cod. strada, e sanzione accessoria, ossia sospensione della patente di guida per la durata di un anno (sent. 21 febbraio 2018). La questione
I giudici della suprema Corte, confermato che il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso anche mediante la guida di un velocipede, affrontano la questione se, in questi casi, è possibile o meno applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, dato che per tale mezzo – quale la bicicletta - la legge non richiede alcun titolo abilitativo per la guida. Le soluzioni giuridiche
Affinché si possa parlare di applicabilità o meno della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida nei confronti di un ciclista (quale questione principale del commento in oggetto) è necessario risolvere, in via pregiudiziale, la questione inerente al fatto se sussista il reato di guida in stato di ebbrezza, anche, laddove si accerti che l'infrazione sia stata posta in essere mediante la guida di una bicicletta. Invero, con la sentenza in commento la Suprema Corte di cassazione, si è preoccupata, preliminarmente, di chiarire se la condotta di un ciclista possa integrare il reato di cui all'art. 186 cod. strada e lo ha fatto richiamando in premessa quanto già avallato dai giudici di legittimità, ossia che: «il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso anche mediante la conduzione di una bicicletta, in ragione della concreta idoneità del mezzo usato ad interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale»(così Cass. pen., Sez. IV, 22 gennaio 2015, n. 4893). Successivamente, i giudici hanno affrontato il tema della possibilità di infliggere la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida qualora l'infrazione, sia commessa con quei veicoli – tra cui, appunto, la bicicletta – che non richiedono un documento di autorizzazione alla guida. In primo luogo, i giudici di legittimità confermano l'applicabilità della norma sulla guida in stato di ebbrezza alle biciclette, valorizzando la ratio della stessa, che è quella di tutelare il bene giuridico intermedio della sicurezza stradale, come mezzo per proteggerne altri di primaria rilevanza, quali l'incolumità e anche la vita degli utenti della strada, come affermato dallo stesso art. 1 cod. strada, senza riguardo al mezzo con cui il pericolo sia determinato. In secondo luogo, la Corte giunge a tale conclusione, anche e soprattutto, affrontando il cuore della problematica: il concetto di “guida” si può utilizzare solo per i veicoli a motore o può essere utilizzato anche – senza incorrere in una violazione del principio di tassatività di cui all'art. 25 Cost. - con riferimento alle biciclette? Il punto cruciale è, dunque, l'individuazione della sfera dei possibili significati da attribuire al termine “guida” all'interno della norma oggetto di disamina. Innanzitutto, dalla lettura dell'art. 186 cod. strada, rubricato Guida sotto l'influenza di alcool, si evince come la norma utilizzi il termine guidare, rectius si limita a punire chi “guida” sotto l'influenza di sostanze alcooliche, senza alcuna specificazione ulteriore; analogamente dispongono gli articoli 186-bis e 187 cod. strada che disciplinano rispettivamente, la guida sotto l'influenza dell'alcool per conducenti di età inferiore a ventuno anni, per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l'attività di trasporto di persone o di cose e la guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. Non solo, analizzando il testo del codice della strada, si scopre che la parola “guida” non vi ricorre senza distinzioni: per esempio in relazione agli animali (art. 115 cod. strada) si utilizzano i termini “condotta” o “conduzione”, che non compaiono nell'art. 186 cod. strada (diverso è il caso dei veicoli a trazione animale, che sono veicoli a tutti gli effetti, in quanto compresi nell'elenco di cui all'art. 47 del medesimo codice). Continuando ad analizzare il contesto normativo in oggetto (ossia il codice della strada), si evince come il termine “guida” venga utilizzato con riferimento a tutti i veicoli, compresa la bicicletta. A tal proposito, basta leggere la definizione di veicolo fornita dall'art. 46, comma 1, cod. strada, la quale dispone che «ai fini delle norme del presente codice, si intendono per veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall'uomo»; nonché il dettagliato elenco del successivo art. 47, comma 1, lett. c), cod. strada, il quale precisa che i velocipedi (termine equiparabile a quello comune di bicicletta) sono compresi nella nozione di veicolo. Anche l'art. 85, comma 4-bis cod. strada, in materia di noleggio con conducente per il trasporto di persone, parla di “guida” di un “veicolo di cui al comma 2”, in cui è compreso il velocipede; ancora l'art. 115 cod. strada tratta dei requisiti per la “guida di veicoli”, senza restrizioni di tipologia. Quanto detto è stato corroborato, altresì, da recente giurisprudenza (così Cass. pen., Sez. IV, 14 novembre 2007, n. 3454) la quale ha sancito che il codice della strada utilizzando il concetto di guida anche in relazione a veicoli non motorizzati ha riconosciuto, senza alcun dubbio, così come anche la dottrina, l'ammissibilità della fattispecie del reato di guida in stato di ebbrezza anche nel caso di guida di biciclette. A pronunciarsi sul concetto di guida è stata, anche, la Corte costituzionale che nell'ordinanza del 18 aprile 2012, n. 94 ha disposto che: «È manifestamente inammissibile la Q.L.C. dell'art. 186, comma 2, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, in "combinato disposto" con l'art. 47 del medesimo d.lgs., censurato, in riferimento agli art. 3, 25, comma 2, 27, comma 3, e 117, comma 1, Cost., laddove prevede il ricorso allo strumento penale per sanzionare la guida in stato di ebbrezza di chi conduca qualunque tipo di veicolo, compreso il velocipede, e non lo utilizza invece limitatamente alla guida di veicoli a motore, o comunque non prevede sanzioni differenziate tra veicoli a motore e non a motore, proporzionate al tipo di rischio immesso nella circolazione. Le censure di violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità della pena – incentrate sulla sottoposizione al medesimo trattamento sanzionatorio di situazioni non assimilabili – sono prospettate in antitesi con la premessa interpretativa ritenuta preferibile dal rimettente, secondo la quale la norma impugnata sarebbe da interpretare in modo tale da escludere dalla sfera applicativa del reato di guida in stato di ebbrezza la condotta di un conducente di un velocipede; la violazione del principio di sufficiente determinatezza della legge penale muove da una premessa parimenti contraddittoria, facendo leva su alcuni canoni interpretativi, di carattere letterale o sistematico, che inducono il rimettente ad accogliere una interpretazione “restrittiva” della norma incriminatrice, tale da escludere la riconducibilità ad essa della condotta di un conducente di un velocipede; mentre le censure relative agli art. 25, comma 2, e 117, comma 1, Cost. sono formulate in modo generico e apodittico» (sent. n. 282 del 2010; ordd. n. 127 del 2009, 126 del 2011). In altri termini, sembra, dunque, che la Consulta prenda atto, nel rispetto della discrezionalità del legislatore, della scelta da questi operata di punire la guida in stato di ebbrezza anche per i veicoli non a motore, senza prevedere alcuna differenziazione delle pene, giudicando la stessa conforme ai principi dell'ordinamento, ed avallando la spiccata esigenza, come già detto, di tutela di importanti beni strumentali (la sicurezza stradale e l'ordinaria circolazione) e finali (l'incolumità e la vita degli utenti della strada). In virtù di quanto fin qui detto, è possibile affermare che il contesto giuridico, in cui il termine guida viene costantemente utilizzato, id est il codice della strada, riferisca tale espressione tanto ai veicoli a motore, quanto alle biciclette. Il che, porta a escludere ogni dubbio, da parte della giurisprudenza, circa l'applicazione della fattispecie penale di cui all'art. 186 cod. strada anche alla bicicletta. La presenza, dunque, di un orientamento giurisprudenziale consolidato che riconduce il concetto di “guida” anche ai velocipedi è garanzia sufficiente di piena prevedibilità dell'esito interpretativo; ergo il cittadino è oggi in condizioni di sapere, senza equivoci, che se si mette ubriaco in sella ad una bicicletta rischia di incorrere nel reato di guida in stato di ebbrezza. Tale soluzione costituisce il presupposto necessario per poter passare alla disamina degli ulteriori profili, come l'applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione o revoca della patente di guida (nel caso di specie della sospensione). E invero, giurisprudenza consolidata ha disposto che la sanzione amministrativa accessoria della sospensione (o revoca) della patente di guida, applicabile con riferimento agli illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, non può trovare applicazione qualora l'infrazione sia commessa con quei veicoli, tra cui appunto la bicicletta, che non richiedono un documento di autorizzazione alla guida. Osservazioni
Con la presente sentenza la Corte di cassazione ha richiamato e confermato un orientamento giurisprudenziale già consolidato, secondo cui la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, applicabile in relazione a illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, non possa essere disposta nei confronti di chi si sia posto alla guida di un veicolo per cui non è richiesta alcuna abilitazione, come un velocipede (così Cass. pen., Sez. IV, 20 marzo 2013, n. 19413, Cotogna; conforme Cass. pen., Sez, IV, 11 gennaio 2017, n. 20364 n.m.). Tuttavia bisogna precisare che la stessa giurisprudenza di legittimità aveva maturato diversi orientamenti sul punto. Se, da un lato, vi era un orientamento maggioritario che riteneva, inapplicabile la sanzione amministrativa accessoria, in quanto essa presupporrebbe l'abuso di un'autorizzazione amministrativa che nei casi, come quelli in oggetto, è inesistente; dall'altro lato, vi era un orientamento minoritario (Cass. pen., Sez. IV, 4 dicembre 2000, n. 5407) che, invece, ne ammetteva l'applicabilità sul rilievo che la sospensione della patente posseduta dal reo, legata o meno al veicolo con cui aveva commesso l'illecito, avrebbe assicurato effettività alla pena nonché una forte efficacia dissuasiva, impedendo la reiterazione della situazione pericolosa, costituendo, la stessa, un avvertimento che il soggetto avrebbe dovuto ricordare mettendosi alla guida di qualsiasi veicolo. Tale contrasto giurisprudenziale è stato risolto dalla Suprema Corte di cassazione a Sezione unite che con sentenza del 29 marzo 2002, n. 12316, ha avallato l'orientamento maggioritario disponendo in maniera chiara e precisa che «non può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che discenda per legge da illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla circolazione stradale, a chi li abbia commessi conducendo veicoli per la cui guida non sia richiesta alcuna abilitazione o, se richiesta, non sia stata mai conseguita; né, tanto meno, all'autore dei predetti illeciti può essere precluso, per un periodo corrispondente alla durata della sospensione, il diritto ad ottenerla nel caso in cui non ne sia ancora in possesso». La giurisprudenza successiva, si è uniformata alla tesi prospettata dalle Sezioni unite, ribadendo l'impossibilità dell'applicazione, della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, per assenza di un collegamento tra il mezzo con cui il reato viene posto in essere e l'autorizzazione amministrativa e per mancanza dell'oggetto stesso della sanzione Segnatamente, vi è da precisare, che l'orientamento de quo rimase invariato, anche, a seguito dell'introduzione, con la legge 94 del 15 luglio 2009, dell'art. 219-bis cod. strada che, rubricato Inapplicabilità delle sanzioni amministrative accessorie del ritiro, della sospensione e della revoca della patente ai conducenti minorenni, alcomma 2 disponeva: «se il conducente è persona munita di patente di guida, nell'ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, sono stabilite le sanzioni amministrative accessorie del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di guida, le stesse sanzioni amministrative accessorie si applicano anche quando le violazioni sono commesse alla guida di un veicolo per il quale non è richiesta la patente di guida […]». Su tale norma, fu sollevata un'eccezione di costituzionalità in relazione agli artt. 3, 24 e 97 Cost. Tuttavia, nelle more il comma 2 dell'art. 219-bis cod. strada fu abrogato dall' art. 43, comma 2, lettera b) della legge 29 luglio 2010, n. 120, per cui la Consulta dispose la restituzione degli atti al giudice remittente (Corte cost., ord. n. 201/2011). Le successive pronunce di legittimità non hanno esitato ad uniformarsi alla decisione delle Sezioni unite. In conclusione, sulla base del quadro giurisprudenziale in cui si iscrive la vicenda de qua, è possibile affermare il seguente principio di diritto ossia, che l'inapplicabilità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, non inficia la correttezza della qualificazione del fatto come reato previsto e punito dall'art. 186 cod. strada (186-bis in caso di conducenti di età inferiore a ventuno anni, neo-patentati e chi esercita professionalmente l'attività di trasporto di persone o di cose) ma determina solo una mera variazione delle conseguenze pregiudizievoli per il soggetto agente, proprio perché, pur essendo integrati tutti gli estremi della fattispecie, alcune delle sanzioni previste non possono trovare applicazione, date le particolarità del fatto in esame. |