ONLUSFonte: D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 117
01 Giugno 2019
Inquadramento
Le ONLUS sono Organizzazioni non lucrative di utilità sociale che svolgono specifiche attività di solidarietà sociale ottenendo in cambio il riconoscimento di un trattamento fiscale agevolato. È una qualifica che ha un valore e una finalità soltanto di tipo fiscale e può essere assunta unicamente da associazioni che svolgono determinate attività tra cui le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica purché in possesso di particolari requisiti. La normativa delle ONLUS è stata modificata dalla Riforma del Terzo Settore, avviata nel 2016 e attualizzata con l'emanazione del Codice del Terzo Settore (2017), il quale ha introdotto diverse novità.
Tra le più importanti, emergono quelle inerenti le clausole dello statuto, la forma giuridica e le attività svolte, includendo nuove agevolazioni e incentivi.
Il Codice del Terzo Settore si concentra sugli Enti del Terzo Settore, individuando i requisiti per poter essere considerati tali. Definizione
Il termine ONLUS deriva da "Organizzazioni non lucrative di utilità sociale" e riguarda le associazioni, i comitati, le fondazioni, gli enti privati con o senza personalità giuridica e le cooperative "no-profit" che a vario titolo operano sul territorio nazionale.
Le ONLUS operano prioritariamente per il raggiungimento di scopi sociali e umanitari (ad esempio miglioramento dell'ambiente, rispetto dei diritti umani,incremento del benessere per le fasce deboli di popolazione meno abbienti ecc.)
Si rende necessario mettere in rilievo che le organizzazioni no-profit si definiscono tali sulla base di un divieto di lucro soggettivo, inteso come vincolo di non distribuzione degli utili tanto in forma diretta per la divisione delle risorse, quanto in forma indiretta o del patrimonio relativa ai beni e servizi resi come contropartita.
Requisiti
I requisiti per inquadrare l'ente come ONLUS sono i seguenti :
- natura privatistica dell'ente (gli enti pubblici sono esclusi); - perseguimento esclusivo di fini solidaristici; - campo di applicazione: assistenza, beneficenza, istruzione, ricerca, tutela naturalistica e dell'ambiente, cultura, arte, sport; - democraticità dello statuto; - trasparenza dei bilanci; - obbligo di destinazione dei beni, residuati allo scioglimento a favore di altre ONLUS o a fini di pubblica utilità; - limitazioni sugli emolumenti degli amministratori e sui compensi a terzi; - divieto di distribuire utili; - divieto di cedere beni o servizi agli associati a condizioni più favorevoli.
Restato esclusi dalla qualifica di ONLUS le società commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti pubblici, gli enti creditizi, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria e quelle dei datori di lavoro.
Fino al 2018, le ONLUS costituivano una piccola parte degli ETS (Enti Terzo Settore).
Il Codice del Terzo Settore qualifica come ETS le imprese sociali (incluse le cooperative), le reti associative, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le associazioni , le fondazioni, le società di mutuo soccorso, gli enti privati che non siano considerati società. Restano invece esclusi dalla definizione di ETS i sindacati, le associazioni di professionisti e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni politiche e gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti.
Ricapitolando:
Statuto
Gli enti, che posseggono i requisiti tipologici per essere inquadrati fra le Onlus, devono redigere lo statuto o l'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata. L'art. 10, co. 1, D.Lgs. 460/1997 fissa il contenuto di tali atti, indicando le clausole che gli stessi devono espressamente prevedere.
I vincoli previsti sono quelli di seguito indicati:
A seguito dell'emanazione del Codice del Terzo Settore, in un primo momento sono state introdotte novità ad agosto 2018 (D.Lgs. 105/2018) e successivamente ampliate attraverso la Circ. Min. del Lavoro e delle Politiche Sociali 27 dicembre 2018 n. 20, la quale fissa il termine massimo del 2 agosto 2019 per l'adeguamento degli statuti delle ONLUS iscritte al rispettivo albo.
Tutte le ONLUS sono state obbligate ad adeguare il proprio statuto alle nuove disposizioni, entro un termine massimo di 18 mesi.
Regime fiscale
Alle ONLUS vengono concesse varie agevolazioni e esenzioni fiscali per effetto dell'esercizio di alcune specifiche attività ritenute per legge socialmente importanti, sottoponendo l'ente ed i suoi amministratori a divieti e a sanzioni specifiche. In particolare, si tratta del primo organico riconoscimento delle attività d'impresa “ad utilità sociale”, dopo l'introduzione delle cooperative sociali (L. n. 381/91). Le agevolazioni più importanti si riferiscono agli utili derivanti dall'esercizio di impresa nei settori ammessi. Se in possesso di determinati requisiti, possono usufruire di rilevanti agevolazioni fiscali e di un regime tributario agevolato per quanto riguarda le imposte sui redditi, l'IVA e le altre imposte indirette. Per beneficiare delle agevolazioni i soggetti interessati devono chiedere l'iscrizione all'anagrafe unica delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), presentando una comunicazione all'Agenzia delle Entrate. Questo adempimento non è richiesto alle cosiddette “ONLUS di diritto”: - le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome (Legge n. 266/1991) che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali indicate nel Decreto 25/5/1995; - le Organizzazioni non governative (ONG) riconosciute idonee (Legge n. 49/1987); - le cooperative sociali iscritte nella “sezione cooperazione sociale” del registro prefettizio (Legge n. 381/1991); - i consorzi costituiti interamente da cooperative sociali.
Con l'inizio del 2019, è stato istituito il Registro Unico nazionale del Terzo Settore, previsto dal Codice del Terzo Settore. Esso riunisce tutti gli albi, anagrafi e registri degli enti no profit ed è suddiviso in sette sezioni: organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, reti associative, società di mutuo soccorso e altri enti del terzo settore. Le Onlus hanno la possibilità di scegliere la sezione più adatta, basandosi sulla propria organizzazione e sulla consistenza delle entrate. L'iscrizione al Registro Unico non è obbligatoria, ma prevede l'esclusione dai regimi agevolati, l'attribuzione del cinque per mille dell'Irpef e la devoluzione del patrimonio ad altri enti non lucrativi, come se perdessero la qualifica di ONLUS.
A seguito della sua istituzione, non era stata prevista una procedura di trasmigrazione al Registro Unico dei dati presenti nell'Anagrafe ONLUS.
La disciplina fiscale ha subito modifiche con l'introduzione del D.Lgs. 117/2017, vale a dire dal Codice del Terzo Settore, che prevede novità nelle seguenti aree:
Il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), che unifica il Registro delle organizzazioni di volontariato, quello delle associazioni di promozione sociale e gli albi regionali delle cooperative sociali. Il registro è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; per gli enti che erano già iscritti nei precedenti registri, avviene una trasmigrazione automatica, per gli enti appena costituti, deve essere presentata un'apposita domanda al RUNTS. La normativa sul registro unico è stata resa operativa con il decreto ministeriale n. 106 del 15 settembre 2020, il quale disciplina le procedure di iscrizione, le modalità di deposito degli atti ed in generale le regole di tenuta, conservazione e gestione del registro. Le maggiori novità dal punto di vista fiscale sono: 1. cessione di beni a titolo gratuito;
Volontariato
Si definisce attività di volontariato quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito , tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.
L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.
La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte; I volontari non possono trarre alcun vantaggio patrimoniale dalla loro attività e, in generale, non possono avere rapporti di contenuto patrimoniale con l'ente di appartenenza.
Prestazione di lavoro a titolo gratuito
Il lavoro gratuito è presente per legge solo in alcuni tipi di enti non profit, ad esempio nelle associazioni di promozione sociale, nelle cooperative sociali per i soci volontari ,nelle organizzazioni di volontariato , nelle imprese sociali per i volontari.
Nelle associazioni senza scopo di lucro, si può affermare che il lavoro prestato dai soci è comunemente a titolo gratuito, in quanto deriva dalle obbligazioni assunte con l'atto di adesione all'associazione, infatti tale concetto è anche avvalorato nei singoli statuti.
Occorre verificare costantemente le modalità di esercizio della prestazione lavorativa, in quanto l'eventuale presenza o meno di uno scambio di denaro configura una retribuzione, quindi sia il lavoratore che gli istituti preposti alla vigilanza o beneficiari dei contributi previdenziali e assistenziali, potranno avere titolo per chiedere la qualificazione del lavoro come a titolo oneroso, reclamandone tutti i benefici secondo i vari tipi legali di contratto.
Per gratuità, si intende l'impossibilità per il lavoratore di percepire, per la sua attività, una retribuzione sia da parte dell'associazione di appartenenza che da parte di una o più persone nei confronti delle quali vengono effettuate le prestazioni.
Sempre a salvaguardia del principio della gratuità, non si ritiene accoglibile una soluzione che prevede la possibilità che il volontario percepisca la retribuzione e la riversi, poi, come erogazione liberale, a favore dell'associazione di cui fa parte. In tale ipotesi, infatti, l'attività del lavoratore volontario verrebbe comunque retribuita e perderebbe la caratteristica della gratuità.
A titolo cautelativo, in mancanza di specifica indicazione dello statuto e nei casi non previsti dalle leggi, è necessario acquisire sempre una dichiarazione di prestazione a titolo gratuito.
Rimborso spese
La gratuità non esclude che si faccia luogo al rimborso delle spese effettivamente sostenute dal volontario. È totalmente acquisito il principio, che il lavoratore volontario, oltre che svolgere l'attività gratuitamente, non deve sostenere anche le spese sostenute per lo svolgimento dell'attività. Il rimborso delle spese, perché sia veramente tale, è necessario che risponda ad una serie di requisiti:
Le spese sostenute dal volontario nell'interesse dell'Organizzazione, da questa rimborsate, non costituendo reddito, sono esenti da qualsiasi ritenuta fiscale e previdenziale.
È indispensabile che l'organo sociale dell'associazione, competente in base allo statuto, adotti una delibera con la quale vengano disciplinate in via generale le modalità dei rimborsi spese .
Difatti dovranno essere previsti:
Da tali elementi e dalla lettura complessiva della legge quadro sul volontariato (L. 266/1991) emerge che il rimborso spese deve essere di un ammontare congruo rispetto all'effettiva spesa sostenuta (inidoneo quindi a costituire un compenso mascherato), in quanto il volontariato non persegue un fine di lucro.
Per rispettare la disposizione di legge non tributaria, il cui rispetto comporta la non imponibilità ai fini fiscali dei rimborsi spese, è necessario che l'organo sociale dell'associazione, competente in base allo statuto, adotti una delibera con la quale vengano disciplinate in via generale le modalità dei rimborsi spese.
È pure opportuno che il rimborso spese risulti da una richiesta scritta dal volontariato da cui risulti esplicitamente il legame con la specifica attività svolta in norme e per conto dell'associazione di volontariato. La documentazione prodotta deve essere opportunamente conservata anche ai fini probatori dell'effettiva natura della somma erogata a titolo di rimborso e resa disponibile qualora fosse richiesta dagli uffici dell'amministrazione finanziaria.
I rimborsi posso configurarsi in cinque tipologie:
In mancanza di norme specifiche, per analogia si ricorrerà a quanto previsto per i dipendenti le spese sostenute devono essere documentate a piè di lista e non rimborsate in via forfetaria.
Il rimborso sarà riconosciuto dietro presentazione di documenti (fatture, ricevute fiscali,biglietti di viaggio, pedaggi autostradali, ecc.).
Nel caso di rimborsi spese anticipate in suo nome e per suo conto, affinché l'associazione possa riconoscere la spesa tra i propri costi, occorre che il documento attestante la spesa sostenuta ,fattura e ricevuta fiscale, sia intestata alla stessa associazione
In caso di rimborso chilometrico, è necessario che il volontario riporti in un documento di richiesta rimborso spese, in maniera analitica e per ogni singola trasferta, la data, il luogo di destinazione, il numero di chilometri percorsi e la motivazione.
Le aziende, per individuare l'entità del rimborso spesa per chilometro, fanno riferimento alle tariffe ACI.
Per le associazioni, le tariffe ACI sono sicuramente il limite massimo, oltre il quale può scattare l'assoggettabilità a ritenuta d'acconto delle somme riconosciute ai volontari.
Sarà quindi necessario che ogni associazione scelga l'importo per chilometro da rimborsare,secondo la propria capacità finanziaria e secondo equità.
Spesso le associazioni ritengono che le tariffe ACI siano troppo elevate e per prudenza fanno riferimento ad un importo pari ad 1/5 del prezzo della benzina, come regolamentato dalla legge per i dipendenti comunali che effettuano trasferte autorizzate fuori comune. È da escludere qualsiasi rimborso forfetario non supportato da documentazione.
La rigida norma al riferimento tariffe ACI per le aziende e il consiglio di prudenza per le associazioni trovano giustificazione nel fatto che l'attività di volontariato non può essere retribuita in alcun modo e che quindi l'unico rapporto di contenuto patrimoniale che può instaurarsi tra il volontario e l'organizzazione non può che mirare a ristabilire l'entità del patrimonio privato del volontario diminuito delle spese sostenute nello svolgimento dell'attività sociale.
Nel caso in cui il mezzo utilizzato appartenga all'Associazione, il costo sostenuto dall'ente esclude il rimborso al volontario.
Per documentare le spese si deve compilare un foglio nel quale indicare analiticamente i viaggi effettuati, i chilometri, il conducente.
Il rimborso sarà effettuato su richiesta specifica corredata dei documenti originali.
I documenti fiscalmente riconosciuti possono essere: fattura, ricevuta fiscale, ricevuta in casi particolari (es. giornalaio), biglietti come documenti di trasporto (treno, tram, corriera, aereo,etc), scontrino parlante, scontrino (talvolta), schede delle ricariche telefoniche (da regolamentare).
Lo scontrino è documento fiscalmente valido solo per il consumatore finale; ad esso non è riconosciuta validità per la detrazione del costo, né per l'impresa, né per l'associazione. Tuttavia, spesso l'associazione affronta spese di piccola entità e riceve dal venditore, quale documento, lo scontrino. Lo si accetterà solo quando non è possibile avere fattura, purché gli importi ammessi in contabilità e rimborsati siano esigui e che il volontario indichi nel documento di richiesta rimborso, assieme allo scontrino in originale, il servizio o l'oggetto acquistati.
Il volontario deve consegnare la ricevuta o la scheda relativa alla ricarica telefonica effettuata e dare indicazione sull'evento organizzato, il periodo e ogni altro documento che possa essere utile a dimostrarne l'attinenza.
Si possono effettuare alcune operazioni ammesse dalla legge, ma solo in casi particolari e con determinati requisiti, in quanto come regola generale non è ammesso il rimborso spese non documentato.
Per rimborsare le piccole spese non documentabili (telefonate per un evento occasionale, piccoli scontrini smarriti, carburante utilizzato su vetture di proprietà dei soci per trasferte entro il comune, sede dell'associazione, etc) è possibile procedere all'erogazione di somme inferiori a 25,82 non soggette a ritenuta, quindi non imponibile né per l'associazione né per il ricevente, alle seguenti e improrogabili condizioni:
Riferimenti
Normativa:
D.Lgs. 117/2017 D.Lgs. 4 Dicembre 1997 n. 460 Art. 3 Legge 23 Dicembre 1996 n. 662 Legge 11 Agosto 1991 n. 266
Prassi:
Circ. Min. del Lavoro e delle Politiche Sociali 27 dicembre 2018 n. 20 Ministero del Lavoro, Circolare 20 febbraio 2013, n. 7 Agenzia delle Entrate, Risoluzione 10 gennaio 2002, n. 6/E Agenzia delle Entrate, Circolare 28 dicembre 1999, n. 244/E
Giurisprudenza:
Cass. civ. 28 marzo 2014, n. 7311 Cass. civ. 10 maggio 2013, n. 11148 Cass. civ. sez. un. 17 gennaio 2010, n. 1625 Cass. civ. 21 maggio 2008, n. 12964 |