Responsabilità ampia per i sindaci inerti di fronte al dissesto della società
15 Luglio 2019
Anche i sindaci sono responsabili per il dissesto della società se sono rimasti inerti di fronte a condotte illecite degli amministratori, anche quando siano stati tenuti all'oscuro da questi ultimi: sussiste un dovere di vigilanza e non bastano le dimissioni per evitare la responsabilità. È quanto afferma la Cassazione, nella sentenza n. 18770 del 12 luglio scorso. Il caso. La curatela fallimentare di una s.r.l. proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Firenze che aveva respinto le domande formulate avverso i componenti del collegio sindacale per il dissesto che aveva condotto appunto al fallimento della società. La funzione di controllo del collegio sindacale. La S.C., nell'accogliere il ricorso, ribadisce alcuni principi in materia di responsabilità degli organi sociali delle società. In primo luogo, si rileva come, nelle società di capitali, l'obbligo di controllo accumuna una pluralità di soggetti, quali gli amministratori, anche non esecutivi, e i sindaci. Il sistema configura una duplice responsabilità in capo ai sindaci: i quali possono rispondere per fatto proprio oppure in concorso omissivo con la condotta degli amministratori. La condotta omissiva dei sindaci. Quanto alla condotta omissiva, è pacifico l'orientamento in base al quale è sufficiente, per affermarsi la responsabilità dei sindaci, l'inosservanza dei generali doveri di vigilanza e controllo imposti ai sindaci dagli artt. 2403 ss. c.c. (Cass. n. 23233/2013; Cass. 13518/2013). Quanto al nesso causale, l'inerzia dei sindaci si considera causa del danno se, con ragionamento controfattuale ipotetico, l'attivazione lo avrebbe ragionevolmente evitato. Occorre, ovviamente, che il sindaco potesse attivarsi utilmente, ma in questo senso il sindaco dispone di poteri ampi, nell'esercizio del dovere di attivarsi; potrà, quindi, attuare un controllo più penetrante sull'operato degli amministratori, mediante richiesta di informazioni o ispezione ex art. 2403-bis c.c. e, inoltre, potrà fare ricorso ai numerosi altri strumenti previsti dall'ordinamento (tra i quali l'invito a desistere da attività dannose, la convocazione dell'assemblea ex art. 2406 c.c., la denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c.). L'elemento soggettivo. Quanto all'elemento soggettivo, la S.C. precisa che la colpa rileva tanto nella conoscenza quanto nella mancata attivazione. La colpa può consistere, quindi, in un difetto di conoscenza, ma non può mai considerarsi liberatoria l'ignoranza delle attività illecite degli amministratori, posto che il sindaco è responsabile anche per non avere rilevato i c.d. segnali di allarme (Cass. , n. 31204/2017). Sotto il profilo della mancata attivazione, il sindaco è tenuto a conoscere i doveri specifici posti dalla legge e ad attivarsi perché l'organo amministrativo compia al meglio il proprio dovere gestorio. I profili temporali: la designazione e le dimissioni. La S.C. si pronuncia anche sui profili temporali della carica di sindaco: la designazione o le dimissioni. Si precisa, in tal senso, che l'essere stato designato alla carica dopo la commissione dell'illecito non è, di per sé, circostanza idonea ad esimere il sindaco dalla responsabilità. Del pari, le dimissioni non costituiscono mai condotta di adempimento del dovere, né sufficiente ad esimere da responsabilità, ove non siano state precedute e accompagnate da concreti atti volti a contrastare, porre rimedio o impedire il protrarsi degli illeciti. I principi di diritto. La S.C. enuncia, in conclusione, i seguenti principi di diritto: “Ricorre il nesso causale tra la condotta inerte antidoverosa dei sindaci di società e l'illecito perpetrato dagli amministratori ai fini della responsabilità dei primi - secondo la probabilità e non necessariamente la certezza causale se, con ragionamento controfattuale ipotetico, l'attivazione lo avrebbe ragionevolmente evitato, tenuto conto di tutta la possibile gamma di iniziative che il sindaco può assumere, esercitando i poteri-doveri della carica (quali la richiesta di informazioni o di ispezione ex art. 2403-bis c.c., la segnalazione all'assemblea delle irregolarità riscontrate, i solleciti alla revoca della deliberazione illegittima, l'impugnazione della deliberazione viziata ex artt. 2377 ss. c.c., la convocazione dell'assemblea ai sensi dell'art. 2406 c.c., il ricorso al tribunale per la riduzione del capitale per perdite ex art. 2446-2447 c.c., il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ex art. 2487 c.c., la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c., ed ogni altra attività possibile ed utile)". "Ove i sindaci abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta illecita gestoria contraria alla corretta gestione dell'impresa, non è sufficiente ad esonerarli da responsabilità la dedotta circostanza di essere stati tenuti all'oscuro dagli amministratori o di avere essi assunto la carica dopo l'effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi, allorché, assunto l'incarico, fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e di porvi rimedio, onde l'attivazione conformemente ai doveri della carica avrebbe potuto permettere di scoprire tali fatti e di reagire ad essi, prevenendo danni ulteriori". "Le dimissioni presentate non esonerano il sindaco da responsabilità, in quanto non integrano adeguata vigilanza sullo svolgimento dell'attività sociale, per la pregnanza degli obblighi assunti proprio nell'ambito della vigilanza sull'operato altrui e perché la diligenza impone, piuttosto, un comportamento alternativo, allora le dimissioni diventando anzi esemplari della condotta colposa tenuta dal sindaco, rimasto indifferente ed inerte nel rilevare una situazione di reiterata illegalità”. |