Udienza a distanza ai tempi del coronavirus
19 Marzo 2020
Abstract
Con decreto legge 11/2020, entrato in vigore l'8 marzo 2020, il legislatore è intervenuto per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. Sono trascorsi solo pochi giorni dalla sua entrata in vigore, ma è già possibile procedere ad una ricognizione di come l'operatore stia cercando di orientarsi in questa delicata fase. Segue: le norme di riferimento per il processo penale
Con il citato decreto il legislatore ha dovuto affrontare la problematica del rinvio dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, prevedendone il rinvio d'ufficio. Segue: la partecipazione a distanza
Il citato decreto legge, all'art. 2 comma VII, ha disciplinato e indicato l'uso di strumenti per la partecipazione a distanza per qualsiasi udienza di persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare. Applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, tali collegamenti andavano quindi individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia (DGSIA). La individuazione dei collegamenti da remoto
La DGSIA, con provvedimento emesso in data 10.3.20, ha individuato i collegamenti da remoto per lo svolgimento delle udienze civili e penali. Per quanto riguarda il settore penale, ha previsto che le udienze penali indicate nel settimo comma dell'art. 2 del citato decreto legge si svolgano, se possibile, utilizzando gli strumenti di videoconferenza già a disposizione degli uffici giudiziari e degli istituti penitenziari ai sensi dell'art. 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. In alternativa, possono essere utilizzati i collegamenti da remoto previsti dall'art. 2 dello stesso provvedimento, Skype for Business o Teams. Utilizzo che può essere fatto se non è necessario garantire la fonia riservata tra la persona detenuta, internata o in stato di custodia cautelare ed il suo difensore e se il numero degli imputati, che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, consenta la reciproca visibilità.
Come visto, il citato decreto ha previsto la clausola di compatibilità con le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.Ossia con la norma che disciplina la partecipazione a distanza al dibattimento per determinate categorie di soggetti (ad esempio i detenuti per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, nonché nell'art. 407, comma 2, lettera a), numero 4), c.p.p. o all'imputato ammesso a programmi o misure di protezione) e, all'infuori di tali ipotesi, quelle in cui il giudice può disporla in determinate situazioni con decreto motivato: quando sussistano ragioni di sicurezza, qualora il dibattimento sia di particolare complessità e sia necessario evitare ritardi nel suo svolgimento, ovvero quando si deve assumere la testimonianza di persona a qualunque titolo in stato di detenzione in carcere. La clausola di compatibilità, con i citati commi 3, 4 e 5, è opportunamente stata prevista per garantire la partecipazione a distanza con un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo della custodia.Poiché secondo la norma di emergenza la partecipazione è assicurata, se possibile, con la videoconferenza, strumento già in uso agli uffici giudiziari e agli istituti penitenziari, evidentemente, la clausola di compatibilità si è resa necessaria e riguarda i collegamenti da remoto, dall'8 marzo 2020 previsti come strumenti alternativi, e quindi equipollenti, alla videoconferenza. Pertanto, vanno predisposti collegamenti audio visivi, con i programmi individuati dalla DGISIA, tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto. Se vi sono più imputati, detenuti in luoghi diversi, ciascuno deve essere posto altresì in grado, con il medesimo mezzo, di vedere ed udire gli altri. Al difensore o a un suo sostituto va consentito di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato. Il difensore o suo sostituto, presenti nell'aula di udienza, possono consultarsi in maniera riservata per mezzo di strumenti tecnici idonei. Il luogo dove l'imputato si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza. Orbene, con la legislazione di emergenza, quindi, si è evitata una interpretazione estensiva delle “ragioni di sicurezza”, astrattamente estensibili alla tutela della salute di tutte le parti coinvolte. Anzi, lo strumento della partecipazione a distanza diviene un canale privilegiato in tale periodo, sempre “ove possibile” specifica la norma, con ciò volendo evidentemente far salve le ipotesi di impossibilità di poter stabilire un collegamento tribunale – luogo di custodia e consentire quindi la celebrazione della udienza secondo le regole ordinarie, adottate le cautele sanitarie prescritte per l'emergenza.
Segue: il rispetto del diritto di difesa
Sul punto, opera come visto la clausola di compatibilità con il comma 4 dell'art. 146-bis disp att. cpp, ossia il comma che riguarda la garanzia che il difensore e l'imputato (nel caso di specie anche l'indagato) possono consultarsi in maniera riservata, per mezzo di strumenti tecnici idonei. Orbene, il Tribunale di Napoli Nord, in data 10.3.2020, ha appositamente stipulato, nell'interesse generale di tutte la parti coinvolte, un protocollo con il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e con la Camera Penale. Premessa la volontà del legislatore di contenere gli effetti negativi sullo svolgimento della attività giudiziaria dell'emergenza coronavirus e del propagarsi dell'epidemia - con accessi in carcere di persone estranee e con le traduzioni dei detenuti - si è stabilito che qualsiasi udienza delle persone in stato di custodia cautelare si svolga, ove possibile, con la videoconferenza o con altre forme di collegamento da remoto. Si è concordato che in tale ambito vi rientrano anche le udienze di convalida degli arresti e dei fermi, dal momento che si tratta di persona da considerarsi in stato di custodia cautelare sin dall'arresto o dal fermo. Presso il Tribunale sono state quindi allestite, oltre alla due aule adibite alla video conferenza, anche postazioni per i collegamenti da remoto. Inoltre, sono stati allocati pc abilitati a trasmettere via Skype business o via Teams, uno per ognuna delle parti processuali. Nella stessa sarà presente anche il cancelliere per la verbalizzazione, mentre, in carcere, sarà presente un agente della polizia penitenziaria, quale ausiliario del giudice, che provvederà a generalizzare il detenuto. Vero è che il comma 6 dell'art. 146-bis, come visto, non è stato richiamato dall'art. 2, comma 7 del decreto citato. Di guisa che non è richiamato proprio l'obbligo della presenza di un ufficiale di pg, né la redazione di un verbale in carcere. Anche se, in maniera opportuna e allo scopo di garantire nella massima estensione i diritti della difesa, il protocollo ha specificato questo punto, prevedendo l'incombente. Il sistema, una volta attivato, consentirà la contemporanea visibilità e udibilità di tutte le parti e permetterà a ciascuno di dialogare e ascoltare con gli altri partecipanti. Di fianco alla postazione della difesa si è prevista l'istallazione di un telefono per la comunicazione riservata, sia prima che durante l'udienza. Quindi, dopo l'udienza, si è previsto che il verbale, redatto dal Cancelliere, verrà letto ad alta voce e sottoposto alla approvazione del detenuto e di tale circostanza darà atto l'agente della polizia penitenziaria. Nulla vieta che il difensore potrà colloquiare con il proprio assistito prima dell'inizio della udienza (e di ciò ne verrà dato avviso nella fissazione dell'udienza, attraverso il collegamento da remoto) o decidere per la presenza in carcere.
L'esperienza di questi primi giorni, con la celebrazione di talune udienze di convalida in video conferenza, ha garantito il colloquio riservato attraverso il telefono sia prima che durante la celebrazione della udienza. La stessa esperienza si è avuta, allo stato dell'arte, con un'udienza di convalida di un fermo celebrata dal GIP, ove il collegamento da remoto via Skype è stato utilizzato per collegarsi con l'indagato ristretto in carcere e il difensore presente in Tribunale collegato anch'egli con il pc. Ulteriore problema è quello degli interrogatori di garanzia ex art. 294 c.p.p. a seguito di emissione di misura cautelare personale. L'ipotesi non è stata prevista espressamente nel citato decreto. A parere di chi scrive non può ritenersi sospeso il termine di cui all'art. 294 c.p.p., richiamandosi l'art. 1, comma 2 del D.L. dal 9 al 22 marzo 2020 (potendo in astratto considerarsi il termine per l'interrogatorio di garanzia, un termine processuale che riguarda la persona sottoposta a misura cautelare). L'interrogatorio può essere differito – e in tal caso il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso (art. 294, c. 4) - solo in caso di impedimento assoluto del soggetto sottoposto alla misura accertato del giudice e dichiarato con decreto motivato, pena la perdita di efficacia della misura ai sensi dell'art. 302 c.p.p.. Del resto, la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto, fino al 22 marzo 2020, esclude le eccezioni, già richiamate per i rinvii d'ufficio, previste dalla lett. g del secondo comma dell'art. 2 del decreto citato. E cioè le udienze di convalida dell'arresto o del fermo; udienze dei procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all'art. 304 c.p.p.; udienze nei procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive. E, quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda, in tali ulteriori ipotesi: udienze nei procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell'art. 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354; le udienze nei procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari o di sicurezza; udienze nei procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono state disposte misure di prevenzione; udienze nei procedimenti a carico di imputati minorenni.
Ora, se l'ipotesi della applicazione della misura cautelare e dello svolgimento dell'interrogatorio di garanzia rientra nelle “.. udienze nei procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari o di sicurezza”, la stessa rientra tra quelle che fanno eccezione alla sospensione dei termini (anche se vi è un riferimento alla “udienza”, essendo noto che l'”udienza” si celebra per le convalide degli arresti e dei fermi o nei processi per direttissima). Così interpretandosi il quadro normativo che se ne ricaverebbe è che la persona attinta da misura dovrebbe chiedere “che si proceda”, ossia che si svolga il suo interrogatorio di garanzia. In caso contrario, resterebbe sospeso, allo stato, fino al 22 marzo 2020 il termine previsto ex art. 294 c.p.p.. Tuttavia, esigenze di carattere sistematico, e in coerenza con quanto previsto per le udienze di convalida dell'arresto o del fermo, ove si verifica la privazione della libertà personale, impongono di ritenere che il termine per l'interrogatorio di garanzia continui a decorrere dalla sua esecuzione e richieda lo svolgimento dell'atto nei termini prescritti ordinariamente dal cpp., pena la sua perdita di efficacia. Questa è la soluzione più equa da un punto di vista sistematico. Del resto, ben potrebbe verificarsi, come accaduto, che la persona attinta da misura cautelare non si presenti all'interrogatorio (se libera o sottoposta agli arresti domiciliari e autorizzata a venire libera in tribunale) oppure che renda esplicita dichiarazione di non voler presenziare all'atto o di volersi avvalere della facoltà di non rispondere, e che se ne dia quindi atto nel verbale di interrogatorio per l'ulteriore corso.
Diverso è poi il problema della fonoregistrazione dell'atto, prevista proprio per gli interrogatori delle persone a qualsiasi titolo detenute e che, appunto, non si svolgono nel corso di una udienza. La fonoregistrazione
Ai sensi dell'art. 141-bis c.p.p. tutti gli interrogatori delle persone che si trovino per qualsiasi titolo in stato di detenzione, e che non si svolgono nel corso di una udienza, devono essere integralmente documentati con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. È orientamento della giurisprudenza però l'inutilizzabilità conseguente al mancato rispetto delle suddette modalità di documentazione. Tuttavia ciò non comporterebbe l'estinzione della custodia cautelare per inutile decorso del termine previsto dall'art. 294, c. 1, in quanto l'inutilizzabilità riguarda gli effetti probatori, ferma restando la perdurante esistenza e la validità dell'interrogatorio, come tale produttivo degli altri effetti che ad esso si ricollegano. Il problema si pone con le recenti possibilità di collegamenti da remoto con i programmi informatici indicati dalla DGISIA. Vero è che entrambi i programmi indicati consentono la registrazione audiovisiva autonoma di tutta l'udienza, e quindi anche di ciò che viene detto nell'interrogatorio di garanzia. Nulla però vieta di adottare opportuni accorgimenti tecnici tali da consentirne la futura trascrizione di quanto viene ivi detto da parte del fonico. Con il decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, entrato in vigore il 18 marzo 2020, il termine sopra indicato per la sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, è stato ampliato, decorrendo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020. Opportunamente, e per fare fronte alle problematiche sopra evidenziate si è sostituito il termine “udienze” con quello di “procedimenti”, sì da superare le contraddizioni sopra rilevate. In ogni caso, l'art. 83 del citato decreto n. 18 ha confermato “l'impianto” del precedente decreto riguardante la partecipazione a distanza alle udienze dei detenuti. |