L'informazione antimafia prefettizia è incostituzionale?
30 Marzo 2020
L'informazione antimafia interdittiva adottata dal Prefetto nei confronti dell'attività privata delle imprese oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa non viola il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica privata perché, pur comportandone un grave sacrificio, è giustificata dall'estrema pericolosità del fenomeno mafioso e dal rischio di una lesione della concorrenza e della stessa dignità e libertà umana.
Lo ha affermato la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 57/2020, depositata il 26 marzo.
Informazione antimafia interdittiva: le censure del giudice a quo. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale degli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, d.lgs. n. 159/2011 (c.d. Codice antimafia), che hanno esteso gli effetti della informazione antimafia interdittiva agli atti elencati nell'art. 67, co. 1, del medesimo Codice − tradizionalmente interessati dalla comunicazione antimafia interdittiva – ed, in particolare, a quelli funzionali all'esercizio di una attività imprenditoriale puramente privatistica.
Infiltrazioni mafiose nel tessuto economico: alterano la concorrenza e ledono la dignità umana. La pronuncia in commento osserva, preliminarmente, che la disciplina censurata incide su un contesto caratterizzato dalla costante e crescente capacità di penetrazione della criminalità organizzata nell'economia. La Commissione parlamentare antimafia, nella relazione conclusiva del 7 febbraio 2018, ha rilevato che sono vulnerabili anche i mercati privati e, in particolare, i settori connotati da elevato numero di piccole imprese, basso sviluppo tecnologico, lavoro non qualificato e basso livello di sindacalizzazione, dove il ricorso a pratiche non conformi con la legalità formale diviene prassi diffusa. In questi settori, le mafie possono offrire diversi tipi di servizi alle imprese, come la protezione, l'elusione della libera concorrenza, il contenimento del conflitto con i lavoratori, l'immissione di liquidità.
Informazione antimafia prefettizia: prevenire è meglio che curare. La Consulta ritiene che la scelta di affidare all'autorità amministrativa questa misura interdittiva – che pure si caratterizza per la sua particolare gravità – debba essere valutata alla luce degli elementi appena ricordati. L'azione amministrativa soggiace, comunque, al principio di legalità. Tutto ciò, peraltro, non comporta che si debba ritenere violato il principio fondamentale di legalità sostanziale, che presiede all'esercizio di ogni attività amministrativa. Al riguardo, è stato precisato l'equilibrata ponderazione dei contrapposti valori costituzionali in gioco richiede alla prefettura un'attenta valutazione di tali elementi, che devono offrire un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo di infiltrazione mafiosa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, n. 565/2017). Tale quadro deve, poi, emergere da una motivazione accurata. Inoltre, queste complesse valutazioni – che sono, sì, discrezionali, ma dalla forte componente tecnica – sono soggette ad un vaglio giurisdizionale pieno ed effettivo.
Informazione antimafia prefettizia: nessuna lesione dei valori costituzionali. Il dato normativo, arricchito dell'articolato quadro giurisprudenziale sopra ricordato, esclude, dunque, la fondatezza dei dubbi di costituzionalità avanzati dal rimettente in ordine all'ammissibilità del ricorso allo strumento amministrativo e, quindi, alla legittimità della pur grave limitazione della libertà di impresa che ne deriva. Quanto al profilo della ragionevolezza, la Consulta ritiene che la risposta amministrativa non si possa ritenere sproporzionata rispetto ai valori in gioco, la cui tutela impone di colpire in anticipo il fenomeno mafioso, di cui sono note la particolare gravità e pericolosità. In questa valutazione complessiva dell'istituto, la ragionevolezza della disciplina censurata è, poi, ulteriormente avvalorata dal carattere provvisorio della misura.
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