La Procura della Repubblica ai tempi del Covid-19

24 Aprile 2020

Come per tutti gli uffici anche nelle Procure della Repubblica l'emergenza sanitaria, le misure distanziamento sociale e la sospensione delle attività giudiziarie, oggi prorogata fino all'11 maggio 2020, hanno avuto un significativo impatto e hanno posto l'esigenza di ripensare e riorganizzare le attività giudiziarie. Passati i primi momenti e tamponate le prime emergenze, il decorso del tempo e il prolungamento della sospensione, hanno poi evidenziato problemi diversi e ulteriori, man mano che le emergenze, che sempre premono sugli uffici giudiziari inquirenti, hanno cominciato a farsi maggiori.
Premessa

Come per tutti gli uffici anche nelle Procure della Repubblica l'emergenza sanitaria, le misure distanziamento sociale e la sospensione delle attività giudiziarie, oggi prorogata fino all'11 maggio 2020, hanno avuto un significativo impatto e hanno posto l'esigenza di ripensare e riorganizzare le attività giudiziarie.

Passati i primi momenti e tamponate le prime emergenze, il decorso del tempo e il prolungamento della sospensione, hanno poi evidenziato problemi diversi e ulteriori, man mano che le emergenze, che sempre premono sugli uffici giudiziari inquirenti, hanno cominciato a farsi maggiori. In modo concomitante, le attività di indagine, in gran parte sospese nei primi giorni, si sono fatte non ulteriormente differibili con il passare delle settimane. Ad esse, inoltre, si sono aggiunte le esigenze di pronto avvio delle investigazioni relative alle notizie di reato più propriamente connesse alla pandemia e alle condotte illecite da questa occasionate.

Tutto ciò ha imposto e impone, ogni giorno, un continuo sforzo di adeguamento delle tecniche e delle prassi di azione e una costante ricerca delle eventuali basi, normative da un lato e tecnologiche dall'altro, che consentano di mettere in campo nuove modalità di indagine che non subiscano sanzioni di inutilizzabilità nelle fasi successive del giudizio.

La gestione degli arresti e delle procedure di convalida

Dal giorno successivo al lockdown giudiziario, determinatosi per effetto del d.l. n. 11 dell'8 marzo 2020, si è imposto il blocco dei procedimenti penali in corso, il loro rinvio d'ufficio e la sospensione della prescrizione e dei termini di custodia cautelare. Con essi è giunta la sostanziale chiusura al pubblico degli uffici giudiziari e il forte contingentamento degli accessi del personale amministrativo, delle forze dell'ordine della polizia giudiziaria e degli stessi magistrati. La prima esigenza è stata quindi quella di gestire, in condizioni di sicurezza e in base alle nuove regole sanitarie, le poche attività giudiziarie indifferibili e prefigurate dal decreto. Tra esse le più urgenti ovviamente sono quelle relative alle convalide degli arresti e dei fermi.

Tale gestione è stata assicurata dall'utilizzo le piattaforme telematiche di video conferenza che il Ministero di Giustizia aveva già, e per altre finalità, messo a disposizione dei magistrati. Tale soluzione trova fondamento normativo nel richiamo all'art. 146-bis disp. att. c.p.p. effettuato dall'art. 2, comma 7 del d.l. n. 11/2020 successivamente confluito nell'art. 83, comma 12 del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, in fase di conversione.

Grazie al supporto tecnologico e ai protocolli stipulati dagli uffici giudiziari con i Consigli degli Ordini degli Avvocati e con le Camere Penali, tali attività si sono svolte quindi a distanza, tramite collegamento audio video garantito dai predetti software informatici.

L'attuazione concreta di tali modalità ha imposto tuttavia tutta una serie di determinazioni organizzative, relative alla dislocazione delle persone coinvolte nell'attività giudiziaria e al rispetto delle garanzie processuali.

Si è trattato di una complessa attività che in parte è stata organizzata dagli uffici del P.M. e che ha previsto direttive specifiche e dettagliate impartite alla Polizia Giudiziaria, che quest'ultima ha poi tradotto in puntuali adempimenti informativi e di verbalizzazione al momento della formalizzazione dell'arresto.

Tra questi l'acquisizione a verbale dell'indirizzo di posta elettronica dell'avvocato, per l'invio degli atti in modo telematico; l'individuazione del luogo fisico ove l'avvocato ed il suo assistito avrebbero partecipato alla convalida in video conferenza; l'individuazione di locali specifici ed idonei ove il difensore potesse connettersi qualora non volesse farlo dal proprio studio; l'individuazione di canali di comunicazione diretta e riservata tra arrestato e difensore qualora non compresenti nello stesso luogo; la digitalizzazione immediata di tutti gli atti ed il loro inoltro al difensore al giudice ed al PM; la previsione delle modalità tecnico informatiche utilizzabili dalle parti, nel corso dell'udienza, per lo scambio di documenti ecc.

Altro impegno cogente che si è profilato nei primi giorni, in connessione con tema degli arresti, è stato quello dell'esatta qualificazione giuridica degli illeciti connessi ai falsi nelle autocertificazioni, imposte ai cittadini per la deroga alle misure sanitarie di contenimento in casa. Infatti presso alcune forze di polizia si era accreditata l'interpretazione, non corretta, che voleva riferire tale violazione all'art. 495 c.p., ipotesi di reato che consente l'arresto facoltativo in flagranza. Si è resa quindi necessaria, in alcuni circondari, una attività di corretta qualificazione giuridica delle eventuali condotte illecite ed una successiva disseminazione di tale conoscenza presso le forze di polizia, al fine di scongiurare la pratica diffusa di arresti non adeguatamente fondati su presupposti normativi idonei.

L'operatività dei protocolli relativi alle udienze di convalida degli arresti e ai giudizi per direttissima è stata favorita anche dal modesto numero degli arresti effettuati nei primi giorni del lockdown. Questo effetto è stato determinato, con grande probabilità, anche dalle restrizioni della libera circolazione e dai relativi pressanti controlli del territorio operati dalle forze dell'ordine, che sicuramente hanno avuto un forte effetto preventivo. La dimensione ridotta di questi affari urgenti ha quindi consentito di testare le piattaforme di video conferenza e la capacità di connessione internet delle infrastrutture delle aule giudiziarie nonché di smaltire gli adempimenti di udienza, comunque più farraginosi e complessi di quelli tradizionali, senza ritardi nel compimento delle attività giudiziarie.

La gestione dei provvedimenti cautelari personali e delle attività ordinarie

Le importanti limitazioni alla libertà di movimento e il distanziamento sociale, unito al necessario utilizzo dei presidi sanitari individuali, hanno avuto, da subito, un forte impatto sulla funzionalità degli uffici requirenti.

In primo luogo tali misure hanno imposto il contingentamento delle presenze del personale amministrativo, prima collocato forzosamente in ferie e poi organizzato attraverso l'home working, che tuttavia ha prodotto scarsi risultati. Infatti negli uffici requirenti la maggior parte del lavoro amministrativo è fortemente collegato all'uso dei registri informatici e delle basi dati documentali che, tuttavia, contengono informazioni riservate connesse alle indagini e quindi pretendono il rispetto di rigidi criteri di sicurezza informatica per disciplinarne l'accesso. Ciò di fatto ha impedito che il personale amministrativo potesse continuare, lavorando da casa, a fornire parte significativa del suo prezioso contributo alla gestione degli uffici. Né è stato possibile per il Ministero della Giustizia approntare rapidamente strumenti di accesso informatico da remoto che garantissero gli standard di sicurezza necessari.

Anche all'interno degli uffici, lo scarso personale residuo, presente a rotazione, non ha potuto garantire il rispetto degli standard ordinari di prestazione che risultano particolarmente consistenti ed onerosi.

La stessa movimentazione fisica dei fascicoli, in particolare da e verso gli uffici del GIP, ha avuto un rallentamento, determinato dal minor personale presente e dalla necessità di limitare gli spostamenti anche all'interno degli edifici, per prevenire maggiormente il rischio di contatti interpersonali potenziali fonti di contagio.

Anche le attività di indagine delegate alla Polizia giudiziaria hanno subito un forte rallentamento, determinato dai fattori già indicati e comuni a tutti gli operatori, ma anche dalla forte dislocazione del personale delle forze dell'ordine su compiti di prevenzione e vigilanza, distogliendolo dalle attività svolte alle dipendenze della autorità giudiziaria.

Le attività di udienza ordinaria, pur essendo consentite a richiesta dell'imputato, per i procedimenti a carico di detenuti, si sono sostanzialmente azzerate per mancanza di richieste di trattazione.

I rapporti con i difensori sono proseguiti soprattutto in relazione alla richiesta di modifiche delle misure cautelari in corso di esecuzione e sono stati gestiti attraverso l'utilizzo degli ordinari strumenti di posta elettronica, sia per l'interlocuzione con il P.M. sia per le trasmissioni dei pareri da questi all'autorità giudiziaria procedente.

L'esplosione dell'emergenza carceraria ha poi prodotto effetti sull'esecuzione delle pene ma anche sulla gestione della custodia cautelare. Il sovraffollamento carcerario e i rischi connessi all'impossibilità di attuare, negli istituti, il distanziamento sociale e le altre misure sanitarie, hanno costituito oggetto di attenzione in occasione delle determinazioni di attenuazione delle misure in essere, favorendo la scelta in favore degli arresti domiciliari e delle altre misure gradate, e hanno favorito il contingentando delle richieste e delle esecuzioni di nuove misure che comportassero l'accesso di nuovi soggetti all'interno delle strutture penitenziarie. Anche il ricorso al braccialetto elettronico in fase cautelare ha dovuto essere oggetto di attenta ponderazione, attesa la scarsezza dello strumento e la sua indicazione quale cautela da utilizzare per l'ammissione alla detenzione domiciliare, secondo le misure adottate dal governo per favorire un seppur modesto sfollamento delle carceri.

I limiti posti alle attività di indagine svolte direttamente dal P.M.

Il prolungamento del lockdown giudiziario dal 15 aprile all'11 maggio ha reso urgente riattivare le indagini preliminari temporaneamente sospese, alle quali si aggiungono quelle relative ai reati connessi all'epidemia e denunciati in queste ultime settimane. Alcuni di essi sono di grave allarme sociale e impongono un tempestivo intervento inquirente, prima che elementi utili possano essere dispersi od occultati.

Tali sopravvenienze hanno posto e pongono problemi in ordine alle modalità di espletamento degli atti di indagine, svolti personalmente dal pubblico ministero ma anche delegati alla P.G., in un contesto nel quale i rischi di contagio non sono attenuati e persiste una forte riduzione della mobilità delle persone sul territorio nazionale che è ancora più stringente nelle zone dove il contagio ha raggiunto i suoi picchi più drammatici.

Diventa quindi difficile coniugare la direzione e lo svolgimento delle indagini da parte del P.M. con le esigenze di tempestività e speditezza e con le cautele imposte dal pericolo di contagio.

Una delle opzioni da subito in campo è stata quella di ricorrere alle piattaforme ministeriali di video conferenza anche per l'assunzione a distanza delle sommarie informazioni testimoniali da parte del P.M. ma anche della polizia giudiziaria ove necessario. Tali sistemi presentano il vantaggio di consentire una interlocuzione da remoto, senza necessità di spostamenti e nel rispetto quindi del distanziamento sociale. Peraltro la disponibilità di sistemi di registrazione audio video sulle stesse piattaforme, consentirebbe una fedele e completa documentazione dell'atto ed una sua acquisizione al fascicolo attraverso il riversaggio del video cosi realizzato. Tale documentazione, affiancata dalla verbalizzazione tradizionale svolta in simultanea, potrebbe garantire gli aspetti formali della redazione dell'atto.

Sussistono tuttavia anche dei limiti: il primo è quello relativo alla compiuta identificazione della persona sentita, operazione che non è facilmente realizzabile a distanza ma rispetto alla quale si potrebbero forse ipotizzare soluzioni soddisfacenti. L'ostacolo difficilmente sormontabile è però quello relativo alla assoluta anomicità di tali procedure. La mancanza di una norma positiva processuale, che facoltizzi l'uso del dispositivo di video conferenza per l'assunzione delle sommarie informazioni, rischia infatti di coinvolgere l'utilizzabilità dell'atto nelle fasi successive, anche soltanto quale fondamento di richieste di attività di intercettazione e di misure cautelari.

Tale pericolo ha perlopiù dissuaso dallo sperimentare tale opzione, lasciando sul campo, nella sua pienezza, il problema relativo allo svolgimento delle attività di indagine indifferibili e urgenti in condizione estreme per la sicurezza sanitaria pubblica, caratterizzate da una alta potenzialità di contagio dei contatti interpersonali e dalla ridottissima libertà di movimento sul territorio nazionale.

Le prospettive per la ripartenza

Le criticità emerse sul piano delle attività giudiziarie degli uffici requirenti, nel corso del periodo di più acuta diffusione del virus Covid-19, meritano alcune considerazioni conclusive e alcune indicazioni che siano idonee a consentire, nel breve periodo, un iniziale riavvio delle attività giudiziarie ordinarie e, nel lungo periodo, il rafforzamento strutturale complessivo delle potenzialità di intervento che porti con se, in via definitiva, una maggiore efficienza e tempestività.

Nella prospettiva di lungo respiro, l'esperienza che si sta svolgendo, evidenzia quanto sia urgente completare e portare a regime, in breve tempo, i progetti ministeriali per la digitalizzazione del fascicolo delle indagini preliminari e per la standardizzazione delle comunicazioni telematiche tra gli uffici giudiziari e con l'avvocatura. Se in questa fase avessimo già potuto disporre di fascicoli interamente digitalizzati la possibilità di lavoro sulle carte sarebbe stata estremamente più alta, potendo ciascun magistrato requirente lavorare tranquillamente da casa quando gli accessi negli uffici giudiziari sono stati drasticamente contingentati. Anche la trasmissione di atti verso l'ufficio del GIP sarebbe stata estremamente semplificata, non richiedendo il trasporto manuale ed il passaggio di persone da ufficio a ufficio. Questo avrebbe certamente evitato il rallentamento di tale indispensabile interlocuzione tra gli uffici.

Anche la gestione del rapporto dei difensori con l'ufficio del P.M. sarebbe stata semplificata e resa più certa dall'utilizzo, a regime, dei sistemi di posta certificata, garantendo effettività dell'esercizio del diritto di difesa nonostante la sospensione delle attività giudiziaria.

Il rafforzamento della sicurezza della reti e la creazione di canali di connessione VPN, con accesso certificato e tracciato, avrebbe consentito l'espletamento più produttivo del lavoro agile del personale amministrativo, consentendo di agire da casa ma in tempo reale ed evitando l'arretrato che si è invece accumulato in modo preoccupante.

Sono queste però prospettive che richiedono tempo e risorse per il completamento delle infrastrutture tecnologiche e che pertanto non potranno essere disponibili per la fase della ripartenza che, il decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, programma che possa avvenire dall'11 maggio al 30 giugno, data dalla quale potranno forse ripartire le attività giudiziarie ordinarie.

Perché questa fase di ripartenza possa essere effettiva, invece, appare indispensabile l'approvazione di norme che consentano l'utilizzo delle piattaforme di video conferenza per l'espletamento delle indagini. In tal senso è stato presentato un emendamento governativo in sede di conversione del decreto legge Cura Italia, già recepito in Senato e ora all'esame della Camera dei Deputati, che consentirebbe di svolgere attività di indagine attraverso collegamento da remoto, ed in particolare agevolerebbe l'espletamento dell'interrogatorio dell'indagato e dell'esame delle persone informate sui fatti, della persona offesa e dei consulenti.

Tale emendamento, qualora definitivamente convertita in legge, garantirebbe da subito il riavvio delle indagini preliminari anche nelle zone dove il pericolo di contagio è più grave e comunque in modo compatibile con le misure sanitarie che verrano assunte dal Governo nella c.d. Fase 2.

Ultimo tema, più delicato, è quello della ripartenza delle attività dibattimentali, rispetto alle quali l'ufficio del P.M. ha ruolo di promozione e impulso e che, a seguito della stasi pressoché totale, devono necessariamente al più presto essere riavviate per non accumulare arretrato su arretrato ed aggravare in modo difficilmente reversibile la ormai nota crisi di efficienza e tempestività.

Per tali attività un emendamento governativo (AS 1766) prevede la possibilità di svolgimento a distanza, con le piattaforme di video conferenza, dei dibattimenti, anche in fase istruttoria ma limitatamente all'assunzione dei periti, di consulenti tecnici e del personale di polizia giudiziaria, cosi consentendo, quando non sia possibile ricorrere alla trattazione ordinaria con il distanziamento sociale, la ripresa di alcune attività dibattimentali.

Questa norma è stata al centro, nelle ultime settimane, di un dibattito molto teso in relazione alle possibili interferenze della distanza imposta dal mezzo, rispetto all'esercizio del diritto di difesa e all'immediatezza ed efficacia del contraddittorio nell'assunzione della prova dichiarativa.

Queste osservazioni critiche non vanno trascurate ma occorre effettuare un bilanciamento tra l'esigenza pressante della ripresa dell'attività giudiziaria, la permanente situazione di pericolo per l'incolumità pubblica non sempre ed ovunque adeguatamente contenibile con il distanziamento sociale, e il rispetto assoluto dei presidi di garanzia indefettibili fissati dal processo penale.

Questo bilanciamento deve essere trovato nella pratica giudiziaria quotidiana, attraverso una gestione concordata tra le parti e il giudice che individui i procedimenti nei quali gli strumenti tecnologici a disposizione possano essere utilizzati senza nocumento alcuno, selezionando le prove che richiedono un minor impegno delle tecniche di esame e contro esame, e anticipando al trattazione dei procedimenti le cui udienze non contengano adempimenti istruttori.

Sono norme che richiamano il senso di responsabilità di ogni protagonista del processo nella loro corretta utilizzazione e potrebbero favorire la nascita di una nuova stagione di maggior condivisione e comune assunzione di responsabilità, per una gestione più efficiente del processo penale che non ne sacrifichi le garanzie.

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