Le forme per il rilascio della procura speciale alle liti nel processo civile telematico

Ileana Fedele
10 Giugno 2020

Le modalità di rilascio della procura speciale alle liti nell'ambito del processo civile telematico (PCT) sono descritte partendo dalle previsioni codicistiche per poi esaminare le prescrizioni dettate dalle regole e dalle specifiche tecniche, non senza soffermarsi sulle conseguenti implicazioni per il giudizio di cassazione.
La previsione codicistica

Il comma 3 dell'art. 83 c.p.c., nella versione risultante dalle modifiche apportate dal comma 9 dell'art. 45 della l. 18 giugno 2009, n. 69, prevede che «La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d'intervento, del precetto o della domanda d'intervento nell'esecuzione, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato. In tali casi l'autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica.». Pertanto, la

procura speciale alle liti

, oltre che con atto pubblico o scrittura privata autenticata (modalità sulle quali non ci si soffermerà nella presente analisi), può essere rilasciata anche in calce o a margine di determinati atti processuali, forma cui è equiparata l'apposizione della procura su foglio separato materialmente congiunto all'atto.

Per attualizzare tale modalità nello scenario del processo telematico viene prevista la

possibilità di rilasciare la procura su documento informatico separato e sottoscritto con firma digitale

, rinviando a successivo decreto ministeriale la definizione degli strumenti informatici per “congiungere” il documento informatico all'atto cui si riferisce. L'espressa previsione della possibilità di rilasciare la procura su documento informatico separato non dovrebbe di per sé escludere l'ammissibilità di una procura digitale rilasciata direttamente in calce ovvero a margine dell'atto processuale informatico, da sottoscrivere digitalmente sia dalla parte (quanto alla procura) che dal difensore. Sennonché, secondo le specifiche tecniche (v. infra § 3.) e, segnatamente, secondo gli schemi riportati negli allegati pubblicati, la procura alle liti è classificata come un allegato nell'indice della busta (schemi DTD, IndiceBusta.dtd), disposizione tecnica che parrebbe precludere l'ipotesi di una procura “incorporata” nell'atto processuale predisposto in forma di documento informatico; tanto che, ai sensi dell'art. 14, comma 7, lett. a), delle specifiche tecniche, il gestore dei servizi telematici, che effettua i controlli automatici (formali) sulla busta telematica, segnala come possibile anomalia non bloccante (del tipo “WARNING”) proprio la mancanza della procura alle liti allegata all'atto introduttivo. Ciò che dà conto del perché i cd. “redattori” in uso ai difensori impongano necessariamente l'inserimento della procura nella busta telematica come allegato dell'atto cui si riferisce.

Accanto al caso di procura conferita digitalmente, il codice prevede anche l'ipotesi – ancora statisticamente prevalente – di

procura rilasciata su supporto cartaceo

, stabilendo che, in tale evenienza, per procedere al deposito telematico dell'atto e della relativa procura, il difensore deve dapprima estrarre una copia informatica della procura conferita in formato analogico (cioè cartaceo) ed autenticare la stessa con firma digitale, dipoi trasmettere l'atto corredato della copia informatica della procura «nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica.».

La previsione codicistica, sebbene risalente nel tempo, deve intendersi tuttora vigente e rappresenta senz'altro l'imprescindibile punto di partenza nella ricostruzione della disciplina in materia.

Le disposizioni speciali sul PCT

L'art. 83, comma 3, c.p.c., rinvia ad un apposito decreto ministeriale l'individuazione degli

strumenti informatici atti a reputare la procura digitale rilasciata su documento informatico separato “congiunta” all'atto processuale

, nonché alla normativa, anche regolamentare, sulla sottoscrizione e trasmissione telematica dei documenti informatici.

Tale normativa, in prima battuta, va individuata senz'altro nel d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, “Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82,” e nelle specifiche tecniche, previste dall'art. 34 del predetto regolamento ed emanate con decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (in particolare: nel periodo dal 13 agosto 2011 al 14 maggio 2014 è stato vigente il decreto del 18 luglio 2011, sostituito con decreto del 16 aprile 2014, a sua volta modificato con decreto del 28 dicembre 2015).

Infatti, l'art. 18, comma 5, del d.m. n. 44 del 2011, nel testo sostituito dall'art. 1, comma 1, del d.m. 3 aprile 2013, n. 48, stabilisce che «La procura alle liti si considera apposta in calce all'atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l'atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine.». D'altro canto, gli artt. 13 del d.m. n. 44 del 2011 e 14, comma 1, delle specifiche tecniche, nel testo attualmente vigente (vale a dire il decreto del 16 aprile 2014, nella versione modificata in parte qua dal decreto del 28 dicembre 2015), stabiliscono che i documenti informatici (atto del processo e documenti allegati) sono trasmessi dagli utenti esterni (tipicamente i difensori) all'indirizzo di posta elettronica certificata dell'ufficio giudiziario destinatario all'interno della c.d. “busta telematica” (ossia un file in formato MIME che riporta tutti i dati necessari per l'elaborazione da parte del gestore dei servizi telematici).

Ne consegue che, secondo la normativa regolamentare sul PCT, la procura speciale (rilasciata su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale ovvero conferita su supporto cartaceo e successivamente digitalizzata mediante estrazione di copia informatica autenticata con firma digitale) sarà considerata apposta in calce se allegata al messaggio di posta elettronica certificata (PEC) con il quale l'atto è notificato ovvero se inserita nella “busta telematica” con la quale l'atto è depositato. Pertanto, il requisito della “congiunzione materiale”, nella realtà virtuale è rappresentato dall'inserimento del documento contenente la procura speciale nel messaggio PEC con cui si procede alla notifica dell'atto cui si riferisce ovvero nella busta telematica con la quale si procede al deposito del medesimo atto.

L'interrogativo sul prescritto

mezzo di “congiunzione”

della procura rilasciata su documento informatico separato non esaurisce tuttavia la disamina delle pertinenti disposizioni speciali sul PCT Infatti, occorre soffermarsi sull'inquadramento della procura speciale alle liti quale “atto del processo in forma di documento informatico”, il cui formato è disciplinato dall'art. 11 del d.m. n. 44/2011 (e dall'art. 12 delle specifiche tecniche), ovvero quale “documento informatico allegato all'atto del processo”, il cui formato è disciplinato dall'art. 12 d.m. n. 44/2011 (e dall'art. 13 delle specifiche tecniche).

Secondo la

giurisprudenza

la «procura è atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale», quale presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale (Cass. civ., 6 giugno 2004, n. 11326; conformi, Cass. civ., 12 ottobre 2006, n.21924, e Cass. civ., 21 gennaio 2011, n. 1419), mentre autorevole dottrina ne esclude la natura processuale in senso tecnico, preferendo parlare di atto “preprocessuale o extraprocessuale” (E. Redenti, voce Atti processuali civili, in Enciclopedia del diritto, IV, 1959, 105 ss.). Se a tali premesse si aggiunge la considerazione che, ai sensi dell'art. 18, comma 5, d.m. n. 44/2011, la procura alle liti è espressamente prevista come un allegato dell'atto da notificare, parrebbe doversi propendere per la qualificazione della procura, ai fini dell'applicazione della disciplina speciale sul PCT, come “documento informatico allegato all'atto del processo”, disciplinato dall'art. 12 d.m. n. 44/2011 e dall'art. 13 delle specifiche tecniche e, dunque, privo di elementi attivi, consentito non solo in formato pdf (come l'atto del processo), ma in diversi formati (.pdf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, nonché .eml e .msg, purché contenenti file nei formati consentiti) ed anche compressi (purché contenenti file nei formati consentiti), può (non deve) essere sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata, da apporsi in ogni caso dopo la compressione. Nondimeno, poiché si è visto che l'art. 83 c.p.c. prescrive la sottoscrizione digitale della procura rilasciata su documento informatico separato (così come l'autenticazione della copia informatica attraverso l'apposizione della firma digitale), deve ritenersi che, nel caso della procura l'allegato debba essere sottoscritto con firma digitale, trovando applicazione, in tal senso, le relative disposizioni contenute nell'art. 12 delle specifiche tecniche (i.e.: firma PAdES o CAdES, su cui v. Cass. civ.,Sez. Un. 27 aprile 2018, n. 10266).

Procura “nativa digitale” e procura “digitalizzata”

Per ricomporre il quadro emerso della disamina della normativa – codicistica e speciale – in materia può dirsi che nel PCT la

procura speciale alle liti

può essere conferita:

a)

direttamente in formato informatico (“nativa digitale”).

In tale ipotesi, la procura viene rilasciata su documento informatico separato, sicuramente sottoscritto con firma digitale della parte, mentre è dubbia la necessità della sottoscrizione digitale per certificazione del difensore (v. infra § 5). Nella realtà virtuale, perché la procura possa considerarsi apposta in calce all'atto cui si riferisce, la stessa va inserita come allegato nel messaggio PEC con cui l'atto viene notificato ovvero nella busta telematica con cui l'atto viene depositato, quali meccanismi individuati dalla normativa regolamentare per reputare la procura rilasciata su documento separato “congiunta” all'atto processuale. La procura, ai fini delle disposizioni speciali sul PCT, dovrebbe qualificarsi come “documento informatico allegato all'atto del processo”, consentito in diversi formati, anche compressi, mentre la necessità della sottoscrizione (firma PAdES o CAdES) discende direttamente dalla previsione codicistica. Benché tale disposizione non sembri precludere la possibilità di rilasciare la procura digitale direttamente in calce ovvero a margine dell'atto processuale informatico, le specifiche tecniche classificano la procura come un documento allegato all'atto processuale, così evocando la necessità che, anche ai fini dei controlli automatici, la procura sia conferita su documento informatico separato.

b)

su tradizionale supporto cartaceo e successivamente “digitalizzata”.

In questo caso la procura viene conferita con le modalità tradizionali, sottoscritta con firma autografa della parte, certificata dal difensore (v. in dettaglio infra § 5), che provvederà successivamente all'estrazione di copia informatica autenticata mediante apposizione della firma digitale (v. in dettaglio infra § 6). Rimangono ferme, per il resto, le modalità già sopra riportate affinché la procura possa reputarsi come apposta in calce all'atto cui si riferisce (vale a dire: inserimento della copia informatica come allegato nel messaggio PEC con cui è notificato l'atto ovvero nella busta telematica con cui l'atto è depositato) nonché le prescrizioni sul formato del documento e sulla firma digitale.

Da precisare che, come chiarito da Cass. civ., 12 giugno 2018, n. 15200, le disposizioni di cui all'art. 18, comma 5, del d.m. n. 44/2011 – che, come si è visto, stabilisce quando la procura, che sia stata rilasciata su un documento nativo informatico ovvero analogico, si debba considerare apposta in calce all'atto telematico cui si riferisce – così come le specifiche tecniche emanate con decreto dirigenziale SIA del 16 aprile 2014 si riferiscono all'ipotesi cui l'atto da notificare sia un documento originale informatico e non un documento in cui l'originale è cartaceo, comprensivo della procura e notificato a mezzo PEC, al quale non si applica la disciplina del processo telematico, ma solo quella relativa alla PEC (nel caso esaminato dalla S.C., trattavasi di citazione, comprensiva di procura, formata in originale cartaceo, successivamente scansionata e notificata via PEC).

La certificazione della sottoscrizione della parte

Nell'ipotesi della

procura “nativa digitale”

si dubita della necessità che il difensore provveda alla certificazione della sottoscrizione della parte in quanto l'apposizione della firma digitale varrebbe a conferire quei requisiti di autenticità, integrità, provenienza, che, nella tradizionale sottoscrizione autografa, sono appositamente demandati all'avvocato (e solo nell'ipotesi di procura speciale rilasciata a margine ovvero in calce a determinati atti processuali). In effetti, l'art. 83, comma 3, c.p.c., nel considerare il caso della procura rilasciata su documento informatico separato, si limita a prescrivere la sottoscrizione con firma digitale senza tuttavia precisare se, oltre alla firma della parte, sia comunque richiesta la firma del difensore. Né parrebbe di per sé estensibile la previsione del precedente periodo, che, nell'imporre la certificazione della “autografia”, si riferisce – com'è ovvio – ad una realtà ben differente dall'apposizione della firma digitale. Neppure può desumersi la necessità della sottoscrizione digitale del difensore dalle regole e specifiche tecniche, che, come visto, non impongono (se non diversamente previsto da altre disposizioni) la sottoscrizione con firma digitale del documento informatico allegato all'atto del processo.

La questione rimane dubbia osservandosi, da parte di taluni (v. E. Zucconi Galli Fonseca, La procura alle liti su supporto informatico, in Trattato di diritto dell'informatica, a cura di G.D. Finocchiaro e F. Delfini, 2014, 321 ss.), che l'apposizione della firma digitale non preclude la possibilità della firma del pubblico ufficiale e che la certificazione del difensore assolve anche a fini diversi da quelli soddisfatti dalle caratteristiche della firma digitale.

In ogni caso, potrebbe trovare applicazione il principio già elaborato dalla giurisprudenza con riferimento alle tradizionali forme di rilascio della procura, secondo cui la sottoscrizione dell'atto processuale, cui accede la procura speciale in calce, comporta anche il soddisfacimento del requisito della certificazione del difensore, proprio in considerazione della speciale congiunzione fra atto e procura (per tutte, Cass. civ.,Sez. Un. 28 novembre 2005, n. 25032; v., di recente, anche Cass. civ., 31 dicembre 2019, n. 34748, che considera la mancata certificazione, da parte del difensore, dell'autografia della firma del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce o a margine del ricorso per cassazione, una mera irregolarità, sanata dalla formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato).

Sembra invece inevitabile (salva l'applicazione della giurisprudenza sopra richiamata sul raggiungimento dello scopo), la

sottoscrizione autografa del difensore

, per certificare la firma del cliente nel caso di conferimento della procura con le tradizionali modalità cartacee, dal momento che l'apposizione della firma digitale sulla copia informatica assolve – nella ratio codicistica – alla differente finalità di attestare la conformità all'originale cartaceo (v. in dettaglio infra § 6).

L'autentica della copia informatica della procura rilasciata su supporto cartaceo

Il problema dell'

autentica della copia informatica della procura

riguarda all'evidenza solo l'ipotesi in cui la stessa sia stata rilasciata nella tradizionale modalità cartacea, prospettandosi per la procura “nativa digitale” semmai la differente questione della necessità o meno di attestare la conformità della copia analogica (cioè cartacea) nell'eventualità in cui non si renda possibile il deposito telematico (come nel giudizio in cassazione, su cui v. infra § 7).

In effetti è lo stesso art. 83, comma 3, c.p.c. a prevedere che, nel caso di procura conferita su supporto cartaceo «il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale»: secondo la disposizione codicistica, pertanto, con l'apposizione della firma digitale sulla copia informatica il difensore provvede ad attestarne la conformità all'originale, senza necessità di ulteriori formalità.

Sennonché, l'art. 16-undecies d.l. n. 179/2012, conv. con modif. in l. n. 221/2012, siccome introdotto dal d.l. n. 83/2015, conv. con modif. in l. n. 132/2015, nel dettare una disciplina speciale rispetto al c.a.d., ha uniformato le modalità per procedere all'attestazione di conformità, disponendone espressamente l'applicazione anche per le ipotesi previste dal codice di procedura civile.

Potrebbe, dunque, dubitarsi dell'attuale sopravvivenza dell'originaria disposizione dell'art. 83, comma 3, c.p.c., che reputava sufficiente l'autentica con firma digitale, rendendosi piuttosto necessario il coordinamento fra tale previsione e la norma sopravvenuta, di valenza generale, sulle attestazioni di conformità. Norma che, nel caso di autentica della copia informatica, prevede la possibilità di effettuare l'attestazione di conformità nel medesimo documento informatico ovvero, in via alternativa, su un documento informatico separato, rispettando, in tale ultima ipotesi, le disposizioni all'uopo dettate dalle specifiche tecniche (all'art. 19-ter, secondo cui – in estrema sintesi – il documento informatico deve essere in formato pdf, contenere una descrizione sintetica del documento di cui si sta attestando la conformità, contenere il nome del file, essere sottoscritto dal soggetto che compie l'attestazione con firma digitale o con firma elettronica qualificata); non senza aggiungere che, nel caso di documento destinato alla notifica (sulla necessità o meno di allegare la procura speciale nel messaggio PEC con cui si notifica l'atto processuale cui si riferisce, sia consentito il rinvio a I. Fedele, Requisiti di validità delle notificazioni telematiche in proprio ex lege n. 53/1994, in ilprocessocivile.it, 22 ottobre 2019), è prescritto che l'attestazione debba essere contenuta nella relazione di notificazione e, dunque, in un documento informatico separato, con conseguente necessità di rispettare le speciali indicazioni previste in proposito dal richiamato art. 19-ter delle specifiche tecniche.

Sul punto, si potrebbe però obiettare che, nonostante l'espresso rinvio contenuto nell'art. 16-undeciesd.l. n. 179/2012 anche alle ipotesi previste dal codice di rito, la disposizione di cui all'art. 83, comma 3, c.p.c. sulla procura abbia natura speciale e, in quanto tale, non sia stata derogata dalla disposizione generale posteriore: ad avvalorare tale interpretazione militerebbe il diverso tenore della norma in questione che, a differenza di quanto stabilito, ad esempio, dall'art. 518, comma 6, c.p.c., art. 543, comma 4, c.p.c. e art. 557, comma 2, c.p.c., non si limita a conferire al difensore il potere di attestare la conformità di determinati atti (necessitando, dunque, di essere integrata da altra fonte quanto alle modalità di esercizio del predetto potere), ma ne disciplina direttamente la modalità, stabilendo che l'autentica della copia è eseguita attraverso la sottoscrizione digitale. Tale opzione, peraltro, sembrerebbe maggiormente rispondente alla ratio della previsione, finalizzata a semplificare al massimo l'adempimento a carico del difensore, con modalità in linea con il potere di certificazione dell'autografia, previsto per la tradizionale procura cartacea.

Applicazioni alla procura speciale nel giudizio di cassazione

Com'è noto, nel

giudizio in cassazione

, l'art. 365 c.p.c. prescrive il rilascio di una procura speciale, conferita ad un avvocato iscritto nell'apposito albo. Ai sensi del successivo art. 366 c.p.c., nel ricorso va indicata la procura, se conferita con atto separato.

Pertanto, prescindendo nella presente sede dalle questioni di ordine generale sulle caratteristiche e modalità di rilascio della procura per il giudizio in cassazione, è opportuno riflettere sulle ricadute applicative di tale disciplina speciale nello scenario del PCT.

In prima analisi, trovano applicazione le disposizioni nei termini ricostruiti supra sub § 4, in ordine alla possibilità di conferire la procura speciale cd. “nativa digitale” ovvero nelle forme tradizionali e successivamente digitalizzata nonché al mezzo informatico individuato per la congiunzione “virtuale” (i.e. inserimento della stessa come allegato nel messaggio PEC con cui l'atto viene notificato ovvero nella busta telematica con cui l'atto viene depositato).

Ma il profilo sul quale è opportuno soffermarsi è quello relativo alla

specialità della procura del giudizio in cassazione

, per verificare se, una volta rispettate le regole e specifiche tecniche previste per reputare la procura rilasciata su documento separato “congiunta” all'atto processuale, possa automaticamente considerarsi soddisfatto il requisito della “specialità” ovvero debba comunque procedersi alla disamina del tenore della procura onde valutarne la specifica riferibilità al ricorso ovvero al controricorso per cassazione.

Sul punto, considerato che il rispetto delle modalità previste sul mezzo di “congiunzione” della procura rilasciata su documento informatico separato (ovvero su supporto cartaceo e successivamente digitalizzata) consente di ritenere la stessa rilasciata in calce all'atto processuale, potrebbero trovare applicazione i medesimi principi già elaborati con riferimento alle tradizionali modalità di conferimento.

In effetti, secondo l'indirizzo prevalente, in ossequio al principio di conservazione degli atti (ex art. 1367 c.c. e art. 159 c.p.c.), l'inammmissibilità per mancanza di procura speciale non può essere pronunciata nel caso di procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione, in quanto il requisito della specialità resta assorbito dal contesto documentale unitario, derivando direttamente dalla relazione fisica tra la delega, ancorché genericamente formulata, e il ricorso (ex multis Cass. civ., 3 ottobre 2019, n. 24670; in senso conforme, di recente Cass. civ., 9 gennaio 2020, n. 214 e Cass. civ., 5 marzo 2020, n. 6122), osservandosi, negli stessi termini, che «è validamente rilasciata la procura apposta in calce al ricorso per cassazione, ancorché il mandato difensivo sia privo di data, poiché l'incorporazione dei due atti in un medesimo contesto documentale implica necessariamente il puntuale riferimento dell'uno all'altro, come richiesto dall'art. 365 c.p.c. ai fini del soddisfacimento del requisito della specialità» (Cass. civ., 27 maggio 2019, n. 14437). Nondimeno, l'elemento della materiale congiunzione non è reputato sufficiente allorquando la procura «contenga espressioni incompatibili con la specialità richiesta e dirette piuttosto ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali» (Cass. civ., 5 novembre 2018, n. 28146, che ha dichiarato inammissibile la procura, spillata di seguito al ricorso, che non conteneva alcun riferimento alla sentenza impugnata, né recava alcuna data, e risultava conferita "per tutte le fasi e gradi del presente giudizio"; analogamente, di recente, Cass. civ.,18 febbraio 2020, n. 4069).

Tuttavia, com'è noto, nel giudizio in cassazione non è ancora ammesso il deposito telematico, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 6, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. con modif. nella l. 17 dicembre 2012, n. 221 (ovvero, nel periodo emergenziale in corso, ai sensi dell'art. 83, comma 11-bis, introdotto in sede di conversione del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, con l. 24 aprile 2020, n. 27).

Pertanto, per quel che rileva ai fini della presente analisi, nella fase attuale non dovrebbe trovare concreta applicazione l'ipotesi della procura “nativa digitale”, anche perché resterebbe preclusa la possibilità di provvedere alla sua congiunzione “virtuale” all'atto processuale in virtù dell'inserimento nella cd. “busta telematica” con la quale l'atto è depositato.

Sennonché, il quadro effettivo è reso più complesso dall'ammissibilità della

notificazione telematica cd. in proprio

, ai sensi della l. n. 53/1994, anche per gli atti processuali del giudizio in cassazione. Infatti, nella prassi concreta (e diffusa) è accaduto che i difensori, invece che predisporre il ricorso (ovvero il controricorso) in forma cartacea, con firma autografa, per poi estrarne copia informatica al fine di curarne la notifica a mezzo PEC, provvedono a redigere l'atto processuale direttamente in forma di documento informatico, allegando al messaggio PEC la procura speciale redatta su documento informatico separato ovvero, assai più di frequente, conferita su supporto cartaceo e successivamente digitalizzata; una volta eseguita la notifica, l'atto (ricorso o controricorso) è depositato in copia analogica autenticata, al pari degli allegati (fra cui la procura speciale), del messaggio PEC e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna giovandosi dell'attestazione prevista dall'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. n. 53/1994. Poiché tale prassi, inizialmente sanzionata con l'improcedibilità in assenza dell'attestazione di conformità (Cass. civ., 22 dicembre 2017, n. 30918), è stata sostanzialmente “liberalizzata” con la valorizzazione del mancato disconoscimento della conformità della copia semplice, ai sensi dell'art. 23, comma 2, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (c.a.d.), in virtù di un'interpretazione evolutiva assunta dalle Sezioni Unite (24 settembre 2018, n. 22438) proprio al fine di salvaguardare l'effettività della tutela giurisdizionale (sul punto, sia consentito il rinvio a I. Fedele, Le attestazioni di conformità del difensore nella disciplina speciale sul processo civile telematico, in www.ilprocessocivile.it., 28 gennaio 2020), deve ritenersi tendenzialmente ipotizzabile (ed ammissibile) una procura “nativa digitale” (ovvero conferita su supposto cartaceo e successivamente digitalizzata, mediante estrazione di copia informatica) che accede ad un atto processuale del giudizio in cassazione predisposto in forma di documento informatico, allegata al medesimo messaggio PEC con cui l'atto è notificato e depositata nella cancelleria della Corte in copia cartacea, unitamente alle copie dell'atto e dei documenti comprovanti la notifica.

È evidente, tuttavia, che stante l'impossibilità del deposito telematico e della conseguente impossibilità per la Corte di procedere alla verifica diretta sull'originale nativo digitale, non potranno che trovare applicazione i medesimi principi espressi dalle Sezioni Unite in ordine «all'inserimento nel circuito processuale della collaborazione del depositante dell'atto e del controricorrente» (Cass. civ.,Sez. Un. 25 marzo 2019, n. 8312), affidando la ritualità del conferimento della procura – quanto meno sul piano del rispetto della disciplina speciale sul PCT – alla mancata contestazione della controparte (in ipotesi, anche sull'effettiva allegazione della procura al messaggio PEC con cui l'atto è stato notificato) ovvero all'asseverazione del difensore, ancorché resa “ora per allora”.

Il rilascio della procura speciale ai tempi del “Coronavirus”

Per assecondare le limitazioni agli spostamenti prescritti per fronteggiare l'attuale

emergenza epidemiologica

, in sede di conversione del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, con l. 24 aprile 2020, n. 27, all'art. 83 è stato introdotto un comma 20-ter, del seguente tenore: «Fino alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione del contagio da COVID-19, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l'avvocato certifica l'autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell'articolo 83 del codice di procedura civile, se é congiunta all'atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia».

Pertanto, nel periodo di cd. “distanziamento sociale” si consente espressamente che il rilascio della procura avvenga ex distantibus, con successiva trasmissione della stessa al difensore “anche in copia informatica per immagine” ed “anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica”.

Sembra, quindi, potersi affermare, in base ad una prima interpretazione, che:

  1. la

    firma del cliente

    può essere apposta anche non in presenza del difensore in virtù dell'espressa disposizione che, verosimilmente, mira a fugare ogni dubbio sulla questione dibattuta soprattutto in dottrina nella vigenza della disciplina “ordinaria”. Sul punto, va comunque evidenziato che, secondo un pur risalente precedente (Cass. civ., 19 gennaio 1985, n. 144), «Al fine della prova dell'autenticità della procura rilasciata in calce o a margine di uno degli atti indicati nel terzo comma dell'art. 83 cod. proc. civ. è sufficiente che il difensore certifichi l'autografia della sottoscrizione della parte, non essendo necessaria l'attestazione dello stesso che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza, come è invece richiesto dall'art. 2703 c.c. per l'autentica della scrittura privata da parte del pubblico ufficiale». Tale assunto, richiamato anche dal Consiglio Nazionale Forense nella sentenza del 28 dicembre 2005, n, 176, per escludere la necessità che il difensore, ai fini dell'autentica della firma di procura alla lite, abbia personalmente ricevuto la sottoscrizione da parte del cliente, è stato ripreso - sia pure nell'ambito di pronuncia relativa a differente profilo - anche da Cass. civ., Sez. Un. 21 febbraio 1994, n. 1667, secondo cui l'art. 83 c.p.c. è norma ‘speciale', che attribuisce al difensore la pubblica funzione di certificare l'autografia della sottoscrizione della persona che conferisce la procura, e non altro, in quanto parla di certificazione (e non di autenticazione) della sottoscrizione, diversamente da quanto, ai fini dell'efficacia probatoria della scrittura privata, stabilisce l'art. 2703, comma 1, c.c., che richiede, per l'appunto, che la sottoscrizione venga apposta in presenza del pubblico ufficiale, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive; in questo senso, dunque, la certificazione dell'autografia, «in considerazione dei suoi più limitati effetti, rientra tra le ipotesi che si sogliono definire di autentica minore (o vera di firma)», secondo una configurazione condivisa da una parte della dottrina (v. sul punto rel. n. 75 del 4 maggio 2005 dell'Ufficio del Massimario della Corte Suprema di cassazione, ove si trova pure il riferimento a Cass. civ.,Sez. Un., n. 4810/2005 e Cass. civ., Sez. Un., n. 4814/2005).

Occorrerà, a questo punto, vedere se il comma 20-ter verrà interpretato come una deroga espressamente limitata al periodo emergenziale ovvero se la citata disposizione, sul punto, debba intendersi come mera conferma di una possibilità già insita nella disciplina ordinaria. In questo ultimo senso, il comma in esame avrebbe anche normato la modalità attraverso cui il difensore può adeguatamente svolgere la certificazione della firma non apposta alla sua presenza, richiedendo espressamente che il cliente invii insieme alla procura copia di un documento di identità' in corso di validità (pur non escludendosi che il difensore possa trarre il proprio convincimento anche con altri strumenti o mezzi idonei).

  1. la

    procura

    può essere trasmessa al difensore in copia informatica per immagine a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica, modalità che costituisce la vera novità della disposizione emergenziale, nel senso che la procura rilasciata con le modalità tradizionali (cioè su supporto cartacea) può essere “digitalizzata” direttamente dal cliente e trasmessa in copia informatica al difensore con “strumenti di comunicazione elettronica” non specificamente individuati e senza particolari formalità (consentendosi, al limite, anche una “foto” digitale e l'invio della stessa tramite messaggistica breve); in questo caso, il difensore provvederà a certificare l'autografia «mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura», firma digitale che, a differenza del regime ordinario, non è richiesta come autentica della copia informatica, perché quest'ultima è estratta direttamente dal cliente e non dal difensore.
  2. a maggior ragione, deve ritenersi ammissibile la

    trasmissione telematica della procura

    rilasciata in forma di documento informatico e firmata digitalmente, dubitandosi in questo caso, come già rappresentato per il regime ordinario (supra § 5), della necessità che il difensore provveda a certificare la firma del cliente con l'apposizione della firma digitale.
  3. la procura alle liti – unitamente alla copia del documento di identità - può essere rilasciata anche su

    supporto analogico

    e trasmessa con mezzi tradizionali (ad esempio, con posta ordinaria), come si evince dalla locuzione “anche”, riferita alla possibilità di invio della copia informatica. In tal caso, il difensore potrà procedere come già descritto supra sub § 4, lett. b).
  4. in ogni caso, perché la procura possa essere considerata come

    apposta in calce all'atto

    , occorrerà rispettare le modalità già descritte nei paragrafi precedenti, dovendosi ritenere che il rinvio agli «strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia» di cui al comma 20-ter non possa che intendersi come rinvio alle regole ed alle specifiche tecniche esaminate in dettaglio nel § 3.

(Fonte: Il Processo Civile)

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