Il diritto- dovere di visita del genitore non collocatario non è coercibile e pertanto non è sanzionabile

22 Giugno 2020

Nella pronuncia in commento la Suprema Corte è stata chiamata a stabilire se il diritto-dovere del genitore non collocatario, ferma l'infungibilità della condotta, sia suscettibile di coercibilità in via indiretta", ossia se fermo restando che non si possono pretendere 'prestazioni' alternative, in quanto il ruolo del genitore è insostituibile, sia possibile prendere provvedimenti che lo inducono ad esercitarlo. Si è posto, quindi, il problema di capire se sia possibile o meno ricorrere a questo strumento coercitivo (che implica un'applicazione di una sanzione pecuniaria) nel caso in cui il genitore non collocatario si sottragga volontariamente alle frequentazioni del figlio e/o non rispetti il calendario di visite stabilito dal Giudice.
Massima

Il diritto-dovere di visita del figlio minore che spetta al genitore non collocatario non è suscettibile di coercizione neppure nella forma indiretta di cui all'art. 614-bis c.p.c. trattandosi di una potere-funzione che, non sussumibile negli obblighi la cui violazione integra, ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c., una “grave inadempienza”, è destinato a rimanere libero nel suo esercizio quale esito di autonome scelte che rispondono, anche, all'interesse superiore del minore ad una crescita sana ed equilibrata.

Il caso

La Corte d'Appello dell'Aquila ha rigettato il reclamo proposto da un genitore (il padre) avverso il provvedimento del Tribunale di Chieti che, accogliendo la domanda di accertamento della paternità avanzata dalla madre ricorrente, gli aveva imposto l'obbligo di far visita periodicamente al figlio minore, regolamentando specificamente gli incontri, e di versare alla madre stessa, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., la somma di euro 100,00 per ogni futura violazione dell'obbligo di visita.

Il padre ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo la tesi per la quale le statuizioni di coercizione indiretta previste dall'art. 614-bis c.p.c. non sarebbero applicabili agli obblighi di visita del figlio, poiché al diritto del minore di ricevere la visita del genitore corrisponderebbe il diritto potestativo non coercibile di quest'ultimo, neppure sanzionabile ex art. 709-ter c.p.c.

La madre, resistendo al ricorso, ha invece dedotto l'applicabilità del rimedio in discorso, in quanto la peculiare natura della sanzione prevista dall'art. 614-bis c.p.c. si contraddistinguerebbe anche per una connotazione di tipo pedagogico, consistente nel rendere i genitori consapevoli della gravità delle condotte assunte per indurli a un corretto adempimento delle disposizioni relative ai reciproci rapporti personali e alle modalità di affidamento e frequentazione dei figli.

La Suprema Corte di Cassazione ha accolto integralmente il ricorso avanzato dal padre stabilendo che il diritto-dovere di visita dei figli da parte del genitore non collocatario non è coercibile, nel senso che non si può costringere, tramite provvedimento giudiziario, né tantomeno tramite sanzione pecuniaria, il genitore ad adempiere tale obbligo.

La questione

Nella pronuncia in commento la Suprema Corte è stata chiamata ad affrontare la delicata questione se la misura generale di coercizione indiretta prevista dall'

art. 614-bis c.p.c

sia applicabile anche al campo dei “doveri familiari”, e in particolare all'obbligo di visita del figlio minore. La Cassazione, con la pronuncia in esame, ha dato risposta negativa stante la specialità del diritto di famiglia le cui relazioni, ispirate all'attuazione dell'interesse preminente del minore, rinvengono in esso fondamento e, se del caso, limite.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in commento chiarisce che i rapporti familiari esulano dall'ambito di operatività dell'art. 614-bis c.p.c.

Tale norma presuppone l'inosservanza di un provvedimento di condanna, ma il diritto (e il dovere) di visita, a giudizio della Corte di Cassazione, costituisce un'esplicazione della relazione fra il genitore e il figlio che può certamente trovare regolamentazione nei suoi tempi e modi, ma mai costituire l'oggetto di una condanna a un facere sia pure infungibile.

Ogni diversa lettura di tale diritto-dovere di visita, che volesse affermarne la natura di obbligo coercibile, precisa la Corte, contrasterebbe con la stessa finalità di quel diritto-dovere, di realizzazione dell'interesse superiore del minore, inteso come crescita ispirata a canoni di equilibrio ed adeguatezza.

Tale soluzione è stata adottata dai Giudici all'esito di un ampio e articolato ragionamento che prende preliminarmente la mosse dalle differenze che intercorrono tra il diritto generale delle obbligazioni – che si caratterizza per l'apprestamento di un rimedio ordinamentale coercitivo a fronte dell'inadempimento del debitore – e quello “speciale” di famiglia, nel quale, segnatamente in materia di rapporto genitore-figlio, le soluzioni sono ispirate al generale criterio del superiore interesse del minore.

Il diritto-dovere del genitore di far visita al figlio minore si caratterizza, quindi, per la sua intensa strumentalità rispetto all'attuazione dell'interesse del minore stesso.

I Giudici evidenziano, infatti, che all'interno della famiglia i rapporti tra genitori e figli sono espressivi della realizzazione degli interessi dei minori stessi e che in ciò si declina il "diritto-dovere" di visita del genitore, presso il quale il figlio minore non sia stato collocato, che voglia o debba svolgere il proprio ruolo concorrendo con l'altro ai compiti di assistenza, cura ed educazione della prole.

Richiamando quanto disposto dall'articolo 316 c.c. in tema di "Responsabilità genitoriale", la Corte rileva come il diritto-dovere dei genitori di garantire il diritto dei figli di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti moralmente nel rispetto delle loro inclinazioni ed aspirazioni deve essere svolto dai genitori di comune accordo. Da qui, è stata attribuita alla visita del genitore non collocatario la duplice qualifica di “diritto-dovere” dello stesso nei confronti del figlio o dei figli.

In quanto diritto, è tutelabile, attraverso i rimedi espressamente previsti dall'art. 709-ter c.p.c., nei confronti delle violazioni e inadempienze dell'altro genitore che ha l'obbligo di astenersi da condotte che possano rendere più difficoltoso o impedire le frequentazioni da parte del genitore non collocatario. Sul lato attivo si estrinseca, quindi, nel diritto a mantenere rapporti con la prole, senza essere in ciò ostacolato dal comportamento dell'altro genitore

In quanto dovere, esso si basa sulla spontanea e volontaria osservanza da parte del genitore titolare e non può, in nessun caso, essere esercitato in via coattiva da parte dell'altro genitore. Sul lato passivo il dovere di visita resta, invece, fondato sulla autonoma, autoresponsabile e spontanea osservanza del genitore interessato, nell'ambito del proprio fondamentale diritto all'autodeterminazione e sempre in vista dell'attuazione del superiore interesse del minore a una crescita sana ed equilibrata.

Conseguentemente, ove il genitore non adempia al proprio dovere la sua condotta omissiva:

a) Non risulta coercibile ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. Tale norma presuppone una condanna del debitore incompatibile con la posizione giuridica del genitore ora descritta. Per i Giudici di legittimità il diritto-dovere di visita non può mai costituire l'oggetto di una condanna anche solo di fare una determinata cosa.

b) Non risulta coercibile neppure ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c.. Tale disposizione normativa prevede un rimedio diretto a sanzionare una condotta pregiudizievole (che abbia cioè in concreto già prodotto un danno) destinato a intervenire ex poste non ex ante, quale strumento di coercizione indiretta.

Di conseguenza, la coercibilità di tale diritto-dovere è stata esclusa.

Secondo la Corte, “monetizzare” tale diritto-dovere di un genitore nei confronti dei figli significherebbe non solo ledere il superiore interesse dei minori ma, addirittura, banalizzare un dovere essenziale dei genitori nei loro confronti, come è quello della frequentazione. Dovere che trova la sua fonte primaria nell'articolo 30 della Costituzione italiana: «è diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio».

A ciò si aggiunga che la coercibilità del dovere di visita del genitore potrebbe rivelarsi addirittura contraria all'interesse del minore, tutte le volte in cui la prosecuzione della relazione si riveli per quest'ultimo pregiudizievole.

La sentenza stabilisce in conclusione che il diritto-dovere di visita "è destinato a rimanere libero nel suo esercizio", e allo stesso non possibile attribuire un valore monetario essendo espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto. Dunque il suo esercizio è rimesso alla libera e consapevole scelta di colui che ne sia onerato.

Il Supremo Collegio ha ribadito, in ogni caso, che la non coercibilità del diritto-dovere di visita non significa certo che la violazione dei doveri collegati alla responsabilità genitoriale rimanga senza effetti, ben potendo il Tribunale adottare provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale.

Dall'inerzia del genitore non collocatario, ad esempio, potranno derivare il riconsocimento dell'affidamento esclusivo del figlio in capo all'altro genitore (art. 316, comma 1, c.c.), la decadenza della responsabilità genitoriale e/o l'adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità per condotta pregiudizievole ai figli (artt. 330 e 333 c.c.), la responsabilità penale per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) quando le condotte contestate, con il tradursi in una sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, pongano seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore.

Osservazioni

La recente sentenza della Cassazione rappresenta certamente un precedente significativo destinato, tuttavia, a far discutere tenuto conto che la stessa Corte di Cassazione ha sottolineato più che le visite non sono soltanto un diritto-dovere del genitore, ma principalmente un diritto del figlio che deve essere adeguatamente tutelato.

Il diritto di visita – unitamente all'affido condiviso – realizza, infatti, a pieno il diritto alla bigenitorialità dei figli, permettendo loro di continuare a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2000, n. 1365, cit).

Tanto che l'ordinamento, tramite l'art. 709-ter, prevede specifici rimedi, anche di natura sanzionatoria, nel caso in cui l'esercizio di detto diritto del genitore venga ostacolato dall'altro.

Allo stesso modo la Corte di Cassazione, con altre pronunce, ha chiarito che il mancato esercizio del diritto di visita da parte del genitore può implicare una responsabilità non solo di natura civile ma anche penale.

È stato ribadito che il genitore non affidatario, omettendo di esercitare il diritto di visita e sottraendosi agli obblighi di assistenza derivanti dalla responsabilità genitoriale, tiene una condotta contraria alla morale della famiglia e commette reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (Cass. sez pen V sent. n. 47287/2015)

È stato evidenziato, altresì, che quando si fa riferimento alle esigenze dei figli, non si deve considerare il solo aspetto economico, ma ogni aspetto della loro vita, inclusa l'assistenza morale. Il genitore che non esercita il diritto di visita viola, pertanto, i diritti fondamentali dei figli, non contribuendo alla loro cura ed istruzione, aspetti fondamentali per il corretto sviluppo di una psiche che è ancora in formazione.

Ne consegue, quindi, che la condotta omissiva integra illecito endofamiliare (c.d. da privazione del rapporto genitoriale) che legittima la richiesta di risarcimento del danno «Il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di una figlia naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 Cost. – oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento – un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell'illecito civile e legittima l'esercizio, ai sensi dell'art. 2059 c. c., di un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole. Trattasi di, il quale contempla, quale soggetto attivo il genitore che omette di svolgere il ruolo da egli stesso scelto con la procreazione, mentre soggetto passivo diviene il minore, che perde, senza sua colpa, uno dei genitori (Cfr. Trib. Lecce, Sez. I, 01 ottobre 2019, n. 3024; conforme Cass. sent. n. 3079/2015; Trib. Roma, sent. del 19 maggio 2017)

E' evidente, quindi, che lasciare “libero” il genitore non collocatario di decidere se frequentare o meno i figli potrebbe risultare di pregiudizio per i diritto del minore oltre che arrecare problemi all'altro genitore con oneri economico aggiuntivi a suo carico.

Così come l'articolo 709-ter c.p.c. prevede sanzioni per il genitore che ostacola il rapporto del figlio con l'altro genitore ben potrebbe anche essere “sanzionato” chi non esercita il diritto di visita stabilito dal Giudice.

Se è indiscutibile che non si può obbligare fisicamente il genitore non collocatario a vedere i figli, si dovrebbe comunque ricercare un rimedio funzionale a indurre il genitore assenteista a “responsabilizzarsi” tenuto conto che la mancanza di affetto implica sempre uno scompenso nella crescita di un minore.