La legge n. 70 del 2020 di conversione del d.l. n. 28 del 2020: le questioni di diritto transitorio

01 Luglio 2020

Il Focus che offre un'analisi. A firma del dott. Luigi Giordano.
Premessa

La pandemia da Covid-19 ha determinato un forte impulso verso una maggiore informatizzazione del processo penale che è stato concretizzato in diverse misure

  • un più ampio utilizzo degli strumenti telematici per le notificazioni (l'art. 83, comma 13 e 14, del d.l. n. 18 del 2020, in particolare, ha previsto che le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati per contenere gli effetti dell'epidemia, anche se destinate all'imputato e non solo alle altre parti, sono effettuate per mezzo della posta elettronica certificata all'indirizzo del difensore);
  • la possibilità del deposito degli atti processuali con modalità tecnologiche (inizialmente prevista dai protocolli d'intesa che sono stati stipulati tra le parti del procedimento o dai provvedimenti dei capi degli uffici giudiziari, è stata poi disciplinata dall'art. 83, comma 12-quater1, introdotto dal d.l. n. 28 del 2020 nel d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla legge n. 27 del 2020);
  • la sperimentazione della trattazione del procedimento penale a distanza (art. 83, comma 12-bis, introdotto dal d.l. n. 28 del 2020 nel d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla legge n. 27 del 2020), anche del giudizio di cassazione sui ricorsi proposti a norma degli art. 127 cod. proc. pen e 614 cod. proc. pen. (art. 83, comma 12-ter, introdotto dal d.l. n. 28 del 2020 nel d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla legge n. 27 del 2020);
  • la previsione della deliberazione collegiale in camera di consiglio mediante collegamenti da remoto (art. 83, comma 12-quinquies, introdotto sempre dal d.l. n. 28 del 2020 nel d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla legge n. 27 del 2020).

Tutte queste misure sono finalizzate a consentire lo svolgimento dell'attività giudiziaria in sicurezza e si sono aggiunte alla possibilità della trattazione del dibattimento a porte chiuse per ragioni di igiene già prevista dal codice di rito (art. 472, comma 3, cod. proc. pen.) e alla partecipazione all'udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare mediante videoconferenze o con collegamenti “da remoto” in via ordinaria e non solo negli specifici casi disciplinati dall'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen. (art. 83, comma 12, del d.l. n. 18 del 2020, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27).

L'efficacia nel tempo di tali misure è stata inizialmente stabilita per il periodo compreso dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020.

Questo termine, poi, è stato prorogato al 31 luglio 2020 dall'art. 3, comma 1, lett. i), del decreto-legge n. 28 del 2020.

Quest'ultima disposizione, infine, è stata abrogata dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, che, di ocnseguenza, ha ripristinato l'originario termine del 30 giugno 2020, previsto dal d.l. n. 18/2020, convertito dalla legge n. 27/2020..

L'articolato percorso normativo che è intervenuto, ha fatto sorgere delicate questioni di diritto transitorio che potrebbero essere sintetizzate con le seguenti domande:

I provvedimenti di fissazione dei procedimenti penali nel mese di luglio (in particolare dal 1 al 27 luglio 2020, data di inizio del periodo cd. “feriale”), che prevedono la trattazione “a distanza”, restano validi oppure è necessaria l'emanazione di nuovi provvedimenti di fissazione che stabiliscano il ricorso alle modalità di trattazione previste in via ordinaria dal codice di rito?

Quale è la sorte, in modo specifico, dei giudizi di cassazione proposti a norma degli art. 127 cod. proc. pen e 614 cod. proc. pen per i quali è stata disposta la trattazione scritta?

Inoltre, ove sia stata disposta, può continuare ad intervenire la deliberazione collegiale in camera di consiglio mediante collegamenti da remoto dopo il 30 giugno 2020?

La portata della clausola di salvezza

L'art. 1, comma 2, della legge di conversione, invero, ha stabilito che “Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dell'articolo 3, comma 1, lettera i), del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28”, cioè della norma che aveva spostato al 31 luglio 2020 il termine di efficacia delle misure.

Questa disposizione attua la previsione dell'art. 77, comma 3, Cost., secondo cui, nel caso di mancata conversione del decreto-legge, il legislatore può regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Nella specie, l'art. 1 della legge n. 70 del 2020 non ha convertito il d.l. n. 28 del 2020 nella parte in cui aveva spostato al 31 luglio 2020 il termine di efficacia delle misure in esame, facendo rivivere l'art 83 del d.l. n. 18 del 2020 convertito dalla legge n. 27 del 2020, cioè il precedente testo di legge che stabiliva il diverso termine del 30 giugno 2020.

A tal proposito, la Corte costituzionale ha precisato che «l'interpretazione di norma di sanatoria degli effetti del decreto-legge non convertito deve essere condotta tenendo presente che tale potere attribuito al legislatore … riguarda i rapporti giuridici sorti nel periodo di vigenza del decreto, la cui provvisoria efficacia è venuta meno ex tunc. Di conseguenza possono essere salvati solo gli effetti già prodottisi durante il periodo di vigenza del singolo provvedimento di urgenza decaduto (cfr., Corte cost. n. 244 del 1997) e non può la salvezza estendersi a situazioni che non si erano ancora verificate nello stesso periodo e che potevano verificarsi … solo dopo la scadenza dei sessanta giorni previsti per la conversione, cioè quando i decreti avevano perso efficacia sin dall'inizio» (Corte cost. n. 429 del 1997).

La “clausola di salvezza”, dunque, può riguardare esclusivamente la disciplina dei rapporti sorti nel periodo di vigenza della norma non convertita e gli effetti prodottisi in forza di essa.

Va invece esclusa qualsiasi ultrattività della norma provvisoria ormai caducata, limitando il consolidamento dei soli effetti che si sono prodotti nel periodo in cui la norma stessa era pienamente valida ed efficace.

segue: Una interpretazione possibile

La soluzione delle questioni di diritto transitorio conduce a ritenere che la clausola di sanatoria prevista dall'art. 1, comma 2, della legge n. 70 del 2020 permette la trattazione dei procedimenti penali già fissati nel mese di luglio 2020 secondo le modalità “a distanza” e, ove sia stata disposta, anche la deliberazione collegiale mediante collegamenti da remoto.

La norma indicata, infatti, si applica a tutti i rapporti (anche di natura processuali) sorti nella vigenza dell'art. 3, comma 1, lett. i), del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 e fa salvi tutti gli effetti conseguiti sulla base di tale di tale disposizione e in forza dei provvedimenti organizzativi adottati dai Capi degli Uffici giudiziari in attuazione anche di essa.

Pare corretto sostenere se, il momento in cui il rapporto processuale si instaura è quello del deposito dell'atto introduttivo del giudizio, le modalità di trattazione dello stesso sono determinate nel momento della fissazione dell'udienza. In tale momento si sono prodotti gli effetti della norma che prevede la trattazione a distanza (art. 83, comma 12-bis, cit.) o quella cartolare (art. 83, comma 12-ter, cit.) e la deliberazione collegiale da remoto (art. 83, comma 12-quinquies, cit).

Ciò comporta che, per tutti i procedimenti fissati nel vigore del previgente testo dell'art. 83 citato, laddove estendeva fino al 31 luglio 2020 la disciplina emergenziale, deve ritenersi irreversibile la scelta di trattazione senza partecipazione delle parti, proprio perché è la fissazione stessa dell'udienza che ha già determinato tale effetto, a prescindere dal momento in cui l'udienza verrà celebrata.

Né pare che questa soluzione comporti una effettiva lesione del diritto di difesa: È necessario per lo svolgimento del processo con collegamenti a distanza che ricorra anche il consenso delle parti, tanto per le udienze di discussione finale, quanto per quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti (art. 83, comma 12-bis, cit.); per il giudizio di cassazione, come già indicato, le parti hanno facoltà di chiedere la discussione orale (art. 83, comma 12-ter, cit.). Se non hanno esercitato tale facoltà, difficilmente potrebbero prospettare una concreta lesione del diritto di difesa.

Va poi aggiunto che l'art. 83, comma 6 e 7, del d.l. n. 18 del 2020, inoltre, demandava ai dirigenti degli uffici giudiziari di individuare quali procedimenti trattare e con quali modalità. I provvedimenti adottati, in forza dei quali sono stati fissati i procedimenti con modalità da remoto, pertanto, sono integrativi del precetto normativo o, quanto meno, costituiscono essi stessi effetti prodotti dalla norma poi venuta meno. Anche di questi provvedimenti, in base ai quali sono state determinate le modalità di trattazione dei giudizi, va confermata l'efficacia..

Questa interpretazione implica che tutti i provvedimenti di fissazione delle udienze e le relative modalità di trattazione adottati nel periodo di vigenza del d.l. n. 28 del 2020 restano validi ed efficaci, a nulla rilevando che la trattazione delle udienze si tenga nel corso del mese di luglio e, dunque, oltre il 30 giugno 2020.

Resta dunque ferma, fino al 31 luglio 2020, la trattazione dei procedimenti con le modalità indicate nei provvedimenti di fissazione già emanati in data anteriore al 1° luglio 2020, in ordine ai quali, magari previa interlocuzione, si fosse già formato l'accordo delle parti alla trattazione con modalità da remoto.

Lo stesso vale per i giudizi di cassazione sui ricorsi proposti a norma degli art. 127 cod. proc. pen e 614 cod. proc. pen., che possono proseguire secondo le modalità di trattazione scritta (salvo che, nel termine di venticinque giorni prima dell'udienza, una delle parti abbia fatto o faccia richiesta di discussione orale).

Analoga la conclusione sulla legittimità della deliberazione collegiale da remoto nel caso in cui sia stata prevista, posto che, ai sensi dell'art. 83, comma 12-quinquies, d.l. citato, essa costituisce una mera possibilità.

La soluzione proposta appare conforme al dettato costituzionale come in precedenza delineato: l'art. 1, comma 2, della legge n. 70 del 2020 ha fatto salvo gli atti compiuti (cioè i provvedimenti di fissazione) e gli effetti prodottisi (quanto alle modalità di trattazione e, eventualmente, di deliberazione) e i rapporti giuridici processuali sorti sulla base del decreto-legge non convertito.

Tale interpretazione, inoltre, appare l'unica ragionevole.

Altrimenti dovrebbe ritenersi che una normativa (la legge n. 70 del 2020) finalizzata a favorire la ripresa dell'attività giudiziarie abbia determinato il rinvio di tutti i giudizi già fissati secondo le modalità a distanza nel mese di luglio, conseguendo, dunque, l'effetto contrario a quello perseguito.

La soluzione accolta dalla Prima Presidenza della Corte di cassazione

L'interpretazione proposta è stata accolta dalla Prima presidenza della Corte di cassazione.

In data 30 giugno 2020, infatti, è stato adottato il decreto n. 97 del 2020 con il quale è stata confermata la validità ed efficacia del precedente decreto n. 76 del 2020 per i ricorsi in trattazione dal 1 al 31 luglio 2020, stabilendo che per la trattazione degli stessi continuano a trovare applicazione le modalità fissate dalla normativa emergenziale.

In particolare, tale decreto è stato adottato sentendo i Presidenti titolari delle sezioni civili e penali della Corte di cassazione e la Procura generale presso la Corte di cassazione e sulla base di una relazione redatta in proposito dall'Ufficio del Massimario. In tale provvedimento, in particolare, è stato rimarcato che il protocollo d'intesa del 9 aprile 2020 stipulato tra la Corte di cassazione, la Procura generale e il Consiglio Nazionale Forense, integrato con una nota del 19 maggio 2020, prevede un termine di efficacia al 31 luglio 2020.

Le soluzioni accolte negli uffici di merito

Appare utile anche illustrare le interpretazioni accolte negli uffici di merito.

Per quanto attiene all'attività giudiziaria di merito, in particolare, agli interrogativi illustrati concernenti la disciplina transitoria, si può aggiungere anche un'altra domanda che non riguarda la trattazione da remoto: Quando è stato fissato il giudizio “in presenza”, va mantenuta la modalità di collegamento tramite videoconferenze per la partecipazione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare ex art. 83, comma 12, cit. oppure, prendendo atto che il periodo emergenziale è ormai fissato fino al 30 giugno 2020, per il tempo successivo, qualora non sussistano i presupposti per i quali l'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen. prevede la partecipazione a distanza al giudizio, deve essere disposta la loro traduzione in aula?

Il Presidente della Corte di appello di Napoli ed il Procuratore generale di questa città hanno considerato che le modifiche apportata dalla legge n. 70 del 2020 hanno limitato al 30 giugno 2020 l'ambito temporale di applicabilità delle disposizioni già contenute nell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, facendo salvo gli effetti di rapporti giuridici conseguenti ai provvedimenti giudiziari assunti nella vigenza del termine del 31 luglio 2020, ivi compresi gli effetti dei rapporti relativi alle udienze penali in videoconferenza o da remoto già fissate con tali modalità di svolgimento secondo le specifiche disposizioni contenute in precedenti decreti di queste Autorità. Essi, pertanto, hanno revocato i precedenti decreti emessi, “fatta salva la citata ultrattività delle sole disposizioni organizzative relative alle udienze che con provvedimento non successivo al 30 giugno 2020 siano già state fissate con modalità a trattazione scritta, in video conferenza o da remoto”.

Le udienze penali già fissate, pertanto, con la previsione di collegamenti in video-conferenza continueranno ad essere celebrate secondo tale modalità; per quelle non ancora fissate, invece, il ricorso al collegamento a distanza per gli imputati detenuti sarà possibile nei soli casi contemplati dalla disposizione di attuazione in precedenza indicata.

Il Presidente del Tribunale di Napoli, invece, ha aderito ad una interpretazione che pare parzialmente diversa. Con decreto n. 165 del 30 giugno 2020, ha stabilito che le udienze si svolgeranno a porte chiuse ex art. 472, comma 3, cod. proc. pen., precisando che “essendo cessato il periodo di validità delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 12, d.l. n. 18 del 2020 (come successivamente prorogato dal d.l. n. 28 del 2020) la partecipazione degli imputati dovrà avvenire secondo le ordinarie norme di rito e ciò anche per i giudizi direttissimi; questi, pertanto, non avverranno più da remoto”. In termini sostanzialmente analoghi si è determinato il Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, quanto alla convalida degli arresti ed ai giudizi direttissimi, ha evidenziato l'intervenuta scadenza del termine di efficacia del protocollo d'intesa stipulato con i rappresentanti dell'avvocatura. In entrambi i decreti non vi è un riferimento alle eventuali udienze con modalità di collegamento a distanza già fissate, ma forse solo perché si tratta di profilo devoluto alle valutazioni dei diversi giudicanti.

Il Presidente del Tribunale di Napoli Nord, infine, ha analogamente stabilito che la convalida degli arresti e i giudizi direttissimi debbano intervenire “in presenza” delle parti e non più da remoto, ma ha precisato che restano salve le udienze già fissate con modalità di collegamento a distanza.

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