Nel caso di specie, lo ha fatto con riferimento all'annullamento dei ruoli applicato agli enti previdenziali privati (qui la Cassa Forense) che, pur avendo natura privatistica, continuano ad avere rilevanza pubblica generale.
Annullamento dei crediti. Al centro della controversia tra Cassa Forense e (oggi) Agenzia delle Entrate - Riscossione, principalmente, il comma 527 dell'art. 1 l. n. 228/2012 (cd. legge di stabilità per il 2013) secondo cui «decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i crediti di importo fino a duemila euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, sono automaticamente annullati».
Secondo Cassa Forense la norma dispone “l'annullamento” del credito (e non già soltanto la preclusione all'attività di riscossione a mezzo ruolo) e avrebbe, quindi, un effetto espropriativo senza che sia stato, peraltro, previsto alcun indennizzo.
Ecco perché l'unica interpretazione sostenibile (anche finanziariamente) – secondo Cassa Forense - sarebbe quella per cui la norma nel suo complesso non può operare su crediti di enti previdenziali privati che verrebbero privati delle risorse necessarie per le loro finalità istituzionali alle quali lo Stato non concorre neppure.
Semplificazione del caos. Senonché, la Suprema Corte ritiene che la normativa di cui alla legge di stabilità per il 2013 abbia un senso.
«Disciplinare, in modo definitivo, le pendenze dei ruoli accumulatesi caoticamente durante la precedente gestione dei Concessionari del servizio di riscossione, provvedendo ad eliminare inutili costi aggiuntivi ed evitare ulteriore dispersione dell'impegno richiesto agli agenti della riscossione per la esazione di ruoli orami risalenti al 31.12.1999 e portanti crediti per importo inferiore ad € 2000 nonché dettando una disciplina derogatoria volta alla rapida definizione degli altri ruoli resi esecutivi fino al 31.12.1999 ma portanti crediti di importo superiore, ritenuti anch'essi orami sostanzialmente inesigibili, dato il tempo trascorso».
Ruoli fino al 31.12.1999. Inoltre, la disciplina si applica a tutti i ruoli consegnati e resi esecutivi anteriormente alla data del 31.12.1999, senza poter distinguere tra ruoli per i quali era da ritenere già esaurita l'attività di competenza dell'agente e quelli per i quali era pendente la procedura di riscossione senza che possa assumere rilievo – come viceversa aveva sostenuto Cassa Forense – la pendenza, o no, dei termini triennali per la “comunicazione di inesigibilità” (che peraltro erano già scaduti nell'anno 2002 per i ruoli consegnati nel 1999).
Del resto, il legislatore – precisa la Corte di cassazione – «ha inteso derogare, anche per i crediti di importo superiore ad € 2000,00 – iscritti nei ruoli consegnati a tutto il 31.12.1999 – all'applicazione del “discarico per inesigibilità” … incluso, quindi, anche l'obbligo della trasmissione della comunicazione di inesigibilità».
Peraltro, l'obiettivo del generale riassetto del sistema della riscossione delle risorse del settore pubblico che vanno a comporre il bilancio economico consolidato – prosegue la Suprema Corte – riguarda anche gli enti previdenziali privatizzati, i quali partecipano «al medesimo sistema inteso a garantire l'equilibrio della gestione finanziaria e la evidenza dei risultati gestionali, attraverso la redazione di modelli uniformi di documenti di bilancio … obiettivo in relazione al quale è venuta rivestire carattere essenziale la riforma organizzativa del servizio di concessione volta ad eliminare le disfunzioni ed inefficienza nell'impiego dello strumento della riscossione coattiva a mezzo ruolo delle proprie risorse economiche».
Salvo il rapporto di provvista. Tuttavia, ciò non ha realizzato un effetto espropriativo sull'ente privatizzato poiché rispetto allo scopo della legge di stabilità di non aggravare l'attività di riscossione «rimane del tutto estraneo un intervento del Legislatore sul rapporto di provvista (rapporto obbligatorio tra Cassa Forense e professionista iscritto avente ad oggetto il versamento del contributo previdenziale)».
I lemmi “annullamento” ed “eliminazione” – anche per esigenze di interpretazione conforme a Costituzione – devono essere intesi come riferiti soltanto al titolo esecutivo “ruolo” e non già anche al “diritto di credito” sottostante.
Inoltre, l'eliminazione del credito dalle scritture patrimoniali «assume … valenza esclusivamente contabile nel senso che, alla luce anche della normativa europea, quei crediti non possano integrare l'attivo patrimoniale [essendo persistentemente insoluti] potendo essere invece riportati come crediti insoluti – prudenzialmente valutati – nel solo bilancio di esercizio».
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it