Il caso. Nell'ambito di un contenzioso relativo al regolamento di confini tra fondi, la Corte d'Appello di Milano condannava una società di costruzioni ad arretrare l'accumulo di terra realizzato in violazione del rispetto della distanza di 5 metri dal confine.
La decisione è stata impugnata con ricorso per cassazione. La società ricorrente deduce la conformità dell'accumulo di terra alla normativa sulle distanze integrata dalle Norme Tecniche di Attuazione del PRG del Comune.
Il terrapieno è una costruzione. La censura si rivela priva di fondamento. La Corte d'Appello ha infatti correttamente qualificato come “costruzione” il terrapieno realizzata dalla ricorrente, ordinandone quindi l'arretramento. Risulta infatti irrilevante, ai fini della questione in esame, la legittimità amministrativa di tale costruzione sulla base delle norme urbanistiche in vigore nel momento della realizzazione della stessa. In altre parole, la norma locale invocata dalla società «non ha l'effetto di legittimare il terrapieno in ordine alle distanze».
Inoltre, con specifico riferimento ai rialzamenti di terreno, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che, ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze stabilite dagli artt. 873 ss. c.c. e norme locali integrative, «la nozione di “costruzione” non si identifica con quella di “edificio”, estendendosi a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo» (Cass. n. 15972/11, n. 27399/14). Si tratta di una distinzione ribadita anche per fattispecie diverse dai sopralzi di terreno (Cass. n. 23856/18).
Tornando al caso in esame, per la “costruzione” realizzata dalla società ricorrente non può operare la deroga alla distanza regolamentare di 5 metri prevista espressamente dalle norme locali integrative solo per gli “edifici”, e ciò appunto perché i due concetti riflettono nozioni eterogenee sotto il profilo tecnico-giuridico. La lettura delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG del Comune conferma tale soluzione: «per “edificio” si intende qualsiasi costruzione coperta, isolata da vie o spazi vuoti oppure separata da altre costruzioni mediante muri maestri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto, che disponga di uno o più liberi accessi sulla via e possa avere una o più sale autonome».
In conclusione, la Corte non può che rigettare il ricorso.