Udienza di convalida d'arresto da remoto in piena fase COVID-19: i vizi devono essere eccepiti in modo tempestivo

Redazione scientifica
29 Luglio 2020

La Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di nullità dell'udienza di convalida dell'arresto celebrata da remoto ai sensi dell'art. 83, comma 12-bis, d.l. n. 18/2020.

Così con sentenza n. 22528/20 depositata il 27 luglio.

Al termine dell'udienza celebrata da remoto ex art. 83, comma 12-bis, d.l. n. 18/2020, il Tribunale convalidava l'arresto dell'indagato in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Avverso tale provvedimento, l'indagato, per mezzo del suo difensore, ricorre per cassazione chiedendone l'annullamento per violazione delle regole processuali relative alla partecipazione dell'indagato all'udienza.
In particolare, il difensore evidenzia che l'udienza, svoltasi durante la fase emergenziale da COVID-19, non era stata preceduta da alcuna comunicazione, che non era stata verbalizzata la presenza della parti e neppure l'identificazione dell'indagato e che l'udienza era iniziata in assenza dell'indagato, introdotto nella stanza dove era stato installato il video collegamento solo al termine della relazione del teste, senza poter ascoltare le ragioni per cui era stato arrestato e neppure le difese espletate.

Dalla lettura del verbale di udienza, la Cassazione rileva che l'udienza di convalida di arresto è stata celebrata per mezzo del sistema Microsoft Teams, così come stabilito con provvedimento dal Presidente del Tribunale in base al disposto dell'art. 83, comma 12, l. n. 18/2020, e che durante la celebrazione, oltre a non è essere stata mossa alcuna eccezione da parte del difensore, l'indagato si avvaleva della facoltà di non rispondere.
Affermata, dunque, la genericità e l'inammissibilità del ricorso, la Cassazione aggiunge che tutti i vizi denunciati dal difensore concernono la celebrazione dell'udienza di convalida di arresto in relazione all'intervento e all'assistenza dell'indagato in udienza e, per tale motivo, sarebbero risultati idonei ad integrare una nullità di ordine generale, a regime intermedio, ex art. 178, lett. c) e 180 c.p.p.. Infatti, avendo la parte assistito all'atto, il difensore avrebbe dovuto eccepire tali vizi, a pena di decadenza, prima del compimento dell'atto, ovvero, ove impossibile, immediatamente dopo, ex art. 182, comma 2, c.p.p.. Pertanto, chiarisce la Cassazione, anche laddove le nullità si fossero prodotte, queste risultano ora sanate per mancata tempestività della deduzione da parte del difensore.
Sulla scorta di tali motivi, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che ad una somma in favore della cassa delle ammende.

(Fonte: www.dirittoegiustizia.it)

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