Attribuzioni patrimoniali per la casa familiare tra coniugi in comunione legale: quando c'è diritto al rimborso e come richiederlo
Stefania Flore
13 Agosto 2020
La questione delle attribuzioni patrimoniali tra coniugi che comportano, come effetto diretto o indiretto, l'arricchimento dell'altro, è complessa e investe una molteplicità di ipotesi...
Circoscrizione Dell'ambito Della Problematica
La questione delle attribuzioni patrimoniali tra coniugi che comportano, come effetto diretto o indiretto, l'arricchimento dell'altro, è complessa e investe una molteplicità di ipotesi. Tra le più frequenti vi è il pagamento, in unica soluzione o con mutuo, della casa familiare o di altro immobile, dell'arredamento, delle opere di ristrutturazione, la fornitura della manodopera per la costruzione di un immobile o per la ristrutturazione o, ancora, il pagamento di altri beni mobili, quali l'automobile.
L'eventuale riconoscimento di un credito al coniuge che ha effettuato tali attribuzioni si differenzia in base al regime patrimoniale scelto dalla coppia. Ma anche nell'ambito dello stesso regime patrimoniale, la soluzione può variare, poiché bisogna prima di tutto considerare le peculiarità del caso concreto. Specificamente, rilevano le condizioni patrimoniali dei coniugi, la quantità dell'esborso, la sua finalità (che potrebbe rispondere anche a un'intestazione fiduciaria) valutata secondo l'intenzione del singolo, la sua tempistica rispetto alla durata della convivenza matrimoniale. Si inserisce, inoltre, sullo sfondo del dibattito, la possibilità che di tale esborso, in particolare per il pagamento del mutuo, si sia tenuto conto nella determinazione dell'assegno di separazione o divorzio.
Il presente focus limiterà l'analisi all'ambito della comunione legale, precisamente agli esborsi sostenuti da un coniuge per l'acquisto, la ristrutturazione o i miglioramenti della casa familiare. La questione della ripetizione sorge se il coniuge abbia sostenuto tali spese per l'intero per l'immobile in comunione, o anche solo pro quota per l'immobile di proprietà esclusiva dell'altro. L'esposizione si propone di descrivere l'iter ideale dell'operatore del diritto - sia magistrato che avvocato - dinanzi alla volontà del coniuge di ottenere il ristoro dalla propria perdita patrimoniale, e si divide in due parti. Una parte applicabile a prescindere dal regime patrimoniale scelto dai coniugi, ed è volta a verificare la sussistenza, nel caso concreto, di cause che escludano un rimborso. Una seconda parte che riguarda l'eventuale sussistenza del diritto al rimborso, con conseguente inquadramento della fattispecie legale e riconduzione del petitum a precisi articoli del codice civile e che si riferisce al solo regime patrimoniale della comunione.
Il vaglio preliminare: verifica dell'animus donandi
A fronte della richiesta di rimborso delle spese effettuate da un coniuge per l'acquisto o il miglioramento della casa familiare, a prescindere dal regime patrimoniale scelto, occorre preliminarmente valutare la finalità della spesa.
L'operatore del diritto dev'essere guidato innanzitutto dalle peculiarità del caso concreto per verificare se l'esborso sia sorretto da un intento di liberalità, con particolare riferimento al reddito dei coniugi, al tenore di vita familiare e alla durata della convivenza nella casa familiare. Ad esempio, se la coppia ha vissuto per un lungo periodo nella casa di proprietà esclusiva della moglie, non stupirebbe se il marito, nell'acquistare un nuovo appartamento in vista del trasferimento della famiglia, intesti la casa alla coniuge in segno di gratitudine per aver messo per anni a disposizione il proprio immobile. Ancora, si pensi all'ipotesi di un coniuge particolarmente ricco e generoso, che paghi interamente la casa familiare caduta in comunione, sebbene egli vi trascorra poco tempo, essendo spesso fuori per lavoro, e che inoltre compri all'altro coniuge l'auto, i beni per l'esercizio della professione, i beni personali etc., così dimostrando una chiara tensione verso le liberalità durante la vita matrimoniale.
In generale, però, limitatamente alla casa coniugale, gli esborsi ad essa relativi devono presumersi finalizzati a un intento diverso dalla donazione. Quest'ultima, infatti, presuppone che il donante non abbia alcun interesse personale: ciò difficilmente può dirsi nel caso in cui egli viva stabilmente nell'immobile. (App. Milano, 19 novembre 1993, sostiene invece che sia onere del coniuge che agisce per la ripetizione delle spese sostenute per la casa familiare in comunione ex art. 192 c.c., provare che l'altro coniuge fosse a conoscenza del fatto che si trattasse di anticipazioni e non di donazioni).
In secondo luogo: verifica dell'irripetibilità ex art. 143 c.c. secondo i criteri di proporzionalità e adeguatezza
Molto frequentemente la giurisprudenza ha escluso la ripetibilità degli esborsi sostenuti per la casa coniugale, considerandoli un adempimento dell'obbligo di reciproca contribuzione alle spese familiari (in questo senso, Cass. 18749/04; Cass. 225/2010; Cass.10942/2015; nonché vari precedenti in merito, in particolare nell'ambito della comunione legale, tra i quali Trib. Taranto 17 giugno 2019; Trib. Napoli 4 luglio 2001; singolare la tesi di Trib. Cagliari 8 febbraio 2012, che configura le elargizioni quale adempimento degli obblighi exart 143 c.c. o quali negozi gratuiti atipici).
È interessante, in particolare, il ragionamento di App. Genova, 10 maggio 2005, laddove, premesso che l'art. 145 c.c. consente il ricorso al giudice in caso di disaccordo tra coniugi sull'indirizzo della vita familiare, deduce a contrario che, in assenza di ricorso, la spartizione patrimoniale risponda agli accordi tacitamente intercorsi tra le parti.
Dal 2003 (Cass. 3713/03) fa ingresso, nell'ambito della giurisprudenza sulle attribuzioni patrimoniali del convivente, il criterio dell'adeguatezza e proporzionalità delle somme. Specificamente, afferma la Corte, esorbita dall'adempimento dei doveri familiari (exart. 2034 c.c. in quel caso) l'esborso di somme sproporzionate rispetto al patrimonio del soggetto, sicché sorge, in tal caso, il diritto alla ripetizione.
Il criterio della proporzionalità e adeguatezza è stato successivamente ripreso dalla giurisprudenza di merito anche nell'ambito delle attribuzioni patrimoniali tra coniugi. Si è quindi affermato (App. Bologna, 25 settembre 2019) che è irripetibile l'esborso effettuato per l'acquisto e la ristrutturazione della casa familiare “a fronte della spontaneità dell'esecuzione e della riconosciuta capacità del soggetto”, valutando la proporzionalità dell'esborso (nella specie circa 100 milioni di lire), con riguardo alla durata della convivenza, sia matrimoniale che prematrimoniale. Nello stesso senso Trib. Bolzano 14 novembre 2019, ha affermato, in un caso di coniugi in comunione legale, che “sussiste una presunzione di gratuità delle prestazioni purché le stesse si mantengano nei limiti della normalità e della proporzionalità” (idem Trib. Roma 25 luglio 2019; Trib. Padova 2 settembre 2019). La sentenza del Tribunale di Bolzano è altresì interessante in quanto, a fronte della richiesta di ripetizione del mutuo, per vagliare l'adeguatezza e proporzionalità degli esborsi si prende a riferimento non l'importo totale, ma l'importo del rateo mensile.
Ripetibilità e qualificazione giuridica della fattispecie: quali norme invocare per l'accoglimento della domanda
Già in un suo risalente precedente (Cass. 5866/1995), la Suprema Corte, sebbene abbia addirittura affermato che si deve “presumere, in mancanza di prova contraria, che la consegna sia stata effettuata in adempimento dell'obbligo di contribuzione”, ha aggiunto che un'attribuzione patrimoniale potrebbe rispondere a una duplice finalità, ossia, oltre a quella dell'art. 143 c.c., comportare l'arricchimento dell'altro coniuge. Tale principio, interpretato congiuntamente a quello della proporzionalità e adeguatezza degli esborsi riconducibili alla contribuzione ex art. 143 c.c., consente la ripetizione delle somme che esulano da detta contribuzione.
Nell'ambito della comunione legale, la ripetizione di ogni tipo di esborso relativo alla casa coniugale passa attraverso lo scioglimento della comunione, e prima ancora attraverso l'art. 192 c.c. sui rimborsi e le restituzioni (da ultimo, Cass. 9989/19, nel ribadire la via dell'azione ex art. 192 c.c., ha escluso la possibilità di agire ex art. 2041 c.c. per mancanza della sussidiarietà).
Cass. 19454/12 ha specificato che il coniuge che paghi interamente (anche con beni personali, ad es. i proventi di un c/c ereditato) l'immobile che cada poi in comunione legale, non può ripetere la metà dell'esborso. Il bene cade in comunione a prescindere dalla ripartizione del costo e, secondo i principi generali, allo scioglimento della comunione ciascuno avrà diritto al 50%.
Il coniuge avrà invece diritto alla ripetizione (mediante un credito nei confronti della comunione ai sensi dell'art. 192.3 c.c.), delle somme personali spese, quando “i beni già facenti parte della comunione legale e, conseguentemente. del "patrimonio comune" (come indicato nell'art. 192 c.c., comma 3) siano oggetto di spese o investimenti [...] mediante lavori di ristrutturazione o miglioramenti”. Vale la pena di segnalare le criticità della nozione di “patrimonio personale” ex art. 192.3 c.c., che potrebbe comportare il rigetto dell'istanza per carenza di prove (vedi M. Dogliotti, Comunione e separazione dei beni, in AA.VV. , Matrimonio, unione civile, convivenza. Costituzione della famiglia e regimi patrimoniali, in A. Figone – A. Fasano (diretto da) Pratica professionale. Famiglia, Giuffré, 2019, p.374 ss..)
Relativamente invece alle implementazioni, con somme del patrimonio comune, della casa coniugale intestata esclusivamente a un solo coniuge, la previsione di riferimento è l'art.192comma 1 c.c. (si veda Cass. 2354/05 “il coniuge che si è giovato dell'accessione è tenuto a restituire alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per eseguire l'edificazione, ai sensi dell'art. 192 comma 1 c.c.”). Anche questa ipotesi è di difficile applicazione pratica, giacché la formulazione della disposizione, nel limitare la ripetibilità alle somme spese per fini estranei all'art. 186 c.c., sembra implicare che l'esborso non fosse concordato tra i coniugi e fosse comunque estraneo alla famiglia, ciò che non è configurabile nel caso della casa coniugale (si veda vedi M. Dogliotti, Comunione e separazione dei beni, cit., pp. 375-6).
Relativamente, infine, agli investimenti, con beni personali, nell'acquisto, costruzione o miglioramento della casa coniugale intestata solo all'altro (dunque estranea al patrimonio comune exart. 192 co. 3 c.c.), il rinvio è ai principi generali, giacché l'ipotesi non figura nell'art. 192 c.c.. La Corte ha analizzato in particolare il caso dell'accessione, affermando che, fermi gli oneri probatori del caso, il coniuge che investe beni personali per la costruzione o ristrutturazione dell'immobile intestato all'altro coniuge può richiederne il rimborso. Gli articoli ai sensi dei quali richiederlo sono stati confusamente richiamati: quando l'art. 2033 c.c. (Cass. 2354/2005), quando l'art. 936 c.c.(Cass. 799/2009, che specifica che si tratta di un credito che non cade in comunione) quando l'art. 1150 c.c. (Trib. Bolzano 7 febbraio 2018).
Tali approdi devono considerarsi superati dalla più attenta giurisprudenza, che esclude l'applicabilità dell'art. 936 c.c. per difetto, in capo al coniuge, del carattere di terzietà richiesto dalla norma, e l'applicabilità dell'art. 1150 c.c. per difetto della qualità di possessore. È doveroso scartare anche l'ipotesi dell'art. 2033 c.c., stante la necessità del classico requisito dell'errore del solvens, ossia la convinzione di eseguire la prestazione in vista di una causa solvendi in realtà insussistente.
L'articolo correttamente invocabile (ferma la possibilità, per prudenza del difensore, di richiamare, in subordine, anche i suddetti) è piuttosto il 2041 c.c.(attualmente, però, non risultano ancora precedenti sul punto in caso di coniugi in regime di comunione).
Gli esborsi dopo la separazione legale
Il discorso relativo alla presunzione di adempimento degli obblighi exart. 143 c.c., non può valere, neppure relativamente alla casa familiare, a seguito della separazione dei coniugi.
In ossequio a tale principio, di recente la Suprema Corte (Cass. ord. 24160/2018), seppure in un caso di coniugi in regime di separazione dei beni e in cui non si trattava della casa familiare, ha affermato che, sebbene la cointestazione dell'immobile pagato integralmente potesse qualificarsi come donazione, e così pure l'esborso per la ristrutturazione, “analoga finalità di liberalità [...] non può automaticamente attribuirsi ai pagamenti fatti o alle spese sostenute per l'immobile in comproprietà anche dopo la separazione”. Dopo la separazione, si applicherà invece il regime della comunione ordinaria: pertanto, il coniuge che ha effettuato degli interventi di manutenzione straordinaria (quali la ristrutturazione) potrà chiederne il rimborso pro quota exart. 1110 c.c.
Sulla scia di tale principio, la giurisprudenza di merito ha concluso per la ripetibilità degli esborsi effettuati per la casa familiare a seguito della separazione (così App. Roma, 6 marzo 2018, che ha condannato il coniuge a ripetere il 50% dei ratei di mutuo della casa familiare in comunione legale, ai sensi dell'art. 1299 c.c.).
Chiude il tema sugli esborsi successivi alla separazione un'ulteriore pronuncia della Cassazione (Cass. ord. 1072/2018), chiamata ad affrontare il delicato rapporto tra rilevanza del pagamento del mutuo nella determinazione dell'assegno di mantenimento o divorzile e la possibilità di ripetere i ratei o parte di essi. La Cassazione stabilisce che la regolamentazione, nel provvedimento della crisi coniugale, che pone a carico di un coniuge l'intero rateo del mutuo, non comporta un accollo. Tale principio è stato ripreso successivamente da Trib. Trieste 18 dicembre 2018, affermando che, in caso di mutuo cointestato, “entrambi i coniugi devono contribuire al pagamento e il coniuge che ha pagato per l'intero ha diritto alla restituzione della metà”.
Conclusioni
In costanza di matrimonio, nel regime di comunione legale:
Il coniuge che paga per intero l'immobile che cade in comunione, non potrà vantare alcun credito, ma avrà diritto al 50% del suo valore al momento dello scioglimento. Il credito non può vantarsi per l'acquisto del bene, ma solo per le spese e investimenti ad esso relativi.
Il coniuge che paghi per intero i miglioramenti dell'immobile in comunione con denari personali, avrà diritto alla ripetizione ex art. 192.co. 3 c.c.
Se l'immobile invece è di proprietà esclusiva di un coniuge e i miglioramenti son stati pagati con fondi comuni, il regresso si fonderebbe sull'art. 192.co. 1 c.c. Tuttavia, considerato che le spese per i miglioramenti della casa coniugale rientrano necessariamente nell'art. 186 lett. c) (obbligazioni contratte dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia) è molto probabile che l'istanza non trovi accoglimento.
Se l'immobile è di proprietà esclusiva di un coniuge e i miglioramenti son pagati con beni personali dell'altro coniuge, la ripetizione si fonda, in primis, nell'art. 2041 c.c., in subordine, negli artt. 986,1150,2033 c.c.
Dopo la separazione e lo scioglimento della comunione legale:
Il coniuge che paga per intero il rateo del mutuo per l'acquisto della casa familiare in comproprietà, può ripetere la metà del rateo ai sensi dell'art. 1129 c.c. (mutuo cointestato) o, in subordine, dell'art. 2041 c.c.
Se la casa è di proprietà esclusiva dell'altro coniuge, può agire per la ripetizione dell'intero rateo exart. 2041 c.c..
Per la ripetizione delle spese sostenute per i miglioramenti (a titolo di manutenzione straordinaria) della casa coniugale in comproprietà, si agirà exart. 1110 c.c.
Guida all'approfondimento
Bonilini (diretto da) Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2016, pp. 1486-1490; pp. 1574-1578;
M. Dogliotti, Comunione e separazione dei beni, in AA.VV. , Matrimonio, unione civile, convivenza. Costituzione della famiglia e regimi patrimoniali, in A. Figone – A. Fasano (diretto da) Pratica professionale. Famiglia, Giuffré, 2019, p.374 ss..
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Sommario
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