La Suprema Corte afferma un principio di diritto in materia di rinuncia alla sospensione dei termini processuali nell'attuale legislazione d'emergenza ai fini della richiesta di riesame della misura cautelare.
Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 25015/20, depositata il 2 settembre.
La sezione specializzata del riesame presso Tribunale di Messina confermava l'ordinanza con cui il GIP aveva rigettato la richiesta di scarcerazione dell'odierno ricorrente per via della sopravvenuta inefficacia della misura cautelare della custodia in carcere, ai sensi dell'art. 309, commi 9 e 10, c.p.p..
Il ricorrente impugna la suddetta decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, evidenziando come, dopo la presentazione della richiesta di riesame, il Tribunale non abbia richiesto atti o fissato l'udienza di trattazione del ricorso, violando le disposizioni sopra citate con la conseguente caducazione della misura cautelare. Il ricorrente, inoltre, afferma che il comma 2 dell'art. 2, lett. g), d.l. n. 11/2020 prevede che i procedimenti ove sia stata emessa una misura cautelare siano trattati indipendentemente dall'espressa richiesta dell'interessato o del suo difensore, rilevando come il comma 4 della stessa norma faccia riferimento alla sospensione dei termini oggetto dell'art. 309 citato per il tempo in cui il procedimento è rinviato e, in ogni caso, non oltre il 31 maggio 2020. Per questo, prosegue il ricorrente, nel periodo in cui i termini non sono sospesi, la presentazione del riesame comporta la decorrenza dei termini di cui all'art. 309, il che implica l'operatività della causa di inefficacia.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, evidenziando come il quello per il riesame sia stato proposto sotto la vigenza delle regole processuali oggetto del d.l. n. 11/2020 ai fini della gestione dei processi durante l'emergenza COVID-19.
L'art. 2, comma 2, lett. g) del suddetto decreto prevede(va) (disposizioni prorogate prima con il d.l. n. 18/2020 e poi con il d.l. n. 23/2020) il rinvio delle udienze in data successiva al 31 maggio 2020 nei procedimenti civili e penali, contemplando diverse eccezioni ed aggiungendo (al comma 4) che “per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 2, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 31 maggio 2020” rimangono sospesi i termini di prescrizione e quelli per diverse procedure, tra cui quelli oggetto proprio dell'art. 309, comma 9, in materia di giudizio di riesame.
Da ciò consegue l'operatività della sospensione ex lege dei termini processuali, escludendo, dunque, l'esistenza della causa di inefficacia sopravvenuta della misura cautelare.
Ciò posto, i Giudici di legittimità precisano che il ricorso per riesame non rientra tra le eccezioni contemplate dalla norma sopra citata, dunque deve essere celebrato solo qualora si tratti di procedimento “a carico di persone detenute” o “in cui sono state applicate misure cautelari” e l'interessato ovvero il difensore “espressamente richiedono che si proceda”, dove l'avverbio “espressamente” deve essere interpretato nel senso che l'interessato deve necessariamente formulare in modo esplicito la richiesta di trattazione della procedura, non potendo desumere tale volontà implicitamente dalla semplice presentazione della richiesta di riesame durante il periodo in cui vige la legislazione d'emergenza.
Dunque, l'osservanza dei termini perentori per la trattazione della procedura in oggetto (a pena di inefficacia della misura cautelare) può ritenersi esigibile quando il ricorrente abbia formulato la rinuncia alla sospensione nello stesso atto di impugnazione.
Per le argomentazioni esposte, la Suprema Corte rigetta il ricorso ed afferma il principio di diritto secondo cui «in materia di rinuncia alla sospensione dei termini processuali prevista dall'art. 2, comma 2, lett. g) n. 2, d.l. n. 11/2020, la mera presentazione della richiesta di riesame durante il periodo coperto dalla sospensione ex lege dei termini processuali non costituisce implicita rinuncia alla sospensione dei termini processuali disposta dallo stesso decreto-legge, essendo, a tal fine, necessario che la parte, anche tramite il patrocinante, richieda “che si proceda” in modo espresso e contestualmente alla proposizione del ricorso ex art. 309 c.p.p.».
Fonte: Diritto e Giustizia