Il “pacchetto giustizia” del D.L. Ristori: nuove misure per limitare gli effetti pandemici nelle aule di giustizia

30 Ottobre 2020

Il cd. “pacchetto giustizia” del d.l. 137/2020 consta di disposizioni volte: all'utilizzo di collegamenti da remoto per l'espletamento di specifiche attività legate alle indagini preliminari e alle udienze e al deposito di documenti, istanze, atti e memorie della difesa mediante il portale del processo penale telematico o tramite invio Pec.
Premessa

Con il decreto legge 7 ottobre 2020, n. 125, in vigore dal 29 ottobre 2020, il Consiglio dei Ministri ha prorogato al 31 gennaio 2021 lo stato d'emergenza per COVID-19 e, atteso l'aumento del numero dei contagi presso gli uffici giudiziari per evitare un nuovo blocco dell'attività giudiziaria, e allo stesso tempo salvaguardare la salute, nell'ambito della congerie di norme introdotte dal d.l. n. 137 del 2020 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 269 del 28 ottobre 2020), meglio noto come cd. decreto “ristoro”, ha inserito delle specifiche misure per il settore giustizia.

Il cd. “pacchetto giustizia” consta di disposizioni volte: all'utilizzo di collegamenti da remoto per l'espletamento di specifiche attività legate alle indagini preliminari e alle udienze e al deposito di documenti, istanze, atti e memorie della difesa mediante il portale del processo penale telematico o tramite invio Pec.

Le “nuove” indagini preliminari digitali

Ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 7, ove non espressamente derogate dalle norme contenute nel d. l. n. 137 in esame, nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria possono avvalersi di collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, salvo che il difensore della persona sottoposta alle indagini si opponga, quando l'atto richiede la sua presenza.

Se, dunque, non sembra porre particolari problemi la remotizzazione delle investigazioni, mette conto sottolineare come nel caso in cui l'atto richiede la presenza del difensore più che muovere sul consenso –che parrebbe implicito ex lege, al fine d'assicurare una maggiore speditezza- il legislatore richiede un atto contrario, qual è, appunto, l'opposizione. Non è, tuttavia, chiaro, data la prevalenza delle esigenze di salute quali possano essere le ragioni da addurre nell'atto, né è peraltro chiaro se sia ammissibile un'opposizione parziali, né quali siano le attvità espletabili in tal caso, al di là di quanto dispongono ad es. gli artt. 360, 392 e 364, comma 5.

In merito alle modalità e forme si stabilisce che le persone chiamate a partecipare all'atto sono tempestivamente invitate a presentarsi presso l'ufficio di polizia giudiziaria più vicino al luogo di residenza, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto. Presso tale ufficio le persone partecipano al compimento dell'atto in presenza di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, che procede alla loro identificazione. Il compimento dell'atto avviene con modalità idonee a salvaguardarne, ove necessario, la segretezza e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore. Il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dal proprio studio, salvo che decida di essere presente nel luogo ove si trova il suo assistito. Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'art. 137, comma 2, c.p.p. La partecipazione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurare, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si applicheranno, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 146-bis commi 3, 4 e 5 disp. att. c.p.p.

Le modalità indicate potranno essere utilizzate dal giudice anche per procedere all'interrogatorio di garanzia.

Le udienze dei procedimenti penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico possono celebrarsi a porte chiuse ( art. 472, comma 3, c.p.p.).

È, invece, abrogato il comma 9 dell'art. 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Processi penali ridotti al minimo. Forme e tipologie delle udienze penali “a distanza” ed eccezioni

Il d.l. n. 137 del 2020 prevede, poi, che le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice possono essere svolte da remoto, vale a dire mediante collegamenti individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia. Si precisa che deve, in ogni caso, essere svolta con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Non si specifica, tuttavia, in che cosa debba, nel concreto, consistere la tutela e la garanzia di tali così determinanti principi (artt. 24 e 111 Cost).

Sul versante procedurale si prevede che:

  • prima dell'udienza il giudice faccia comunicare ai difensori delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione giorno, ora e modalità del collegamento;
  • i difensori attestino l'identità dei soggetti assistiti, i quali, se liberi o sottoposti a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, partecipano all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. Parrebbe, in tal caso, che la necessità di partecipazione possa comportare il soggetto in stato di arresti domiciliari ad assentarsi dalla propria abitazione per partecipare, se crede, alle attività. Invece, quando la persona sia in custodia per arresto o fermo in uno dei luoghi indicati dall'art. 284, comma 1, c.p.p. la persona arrestata o fermata e il difensore possono partecipare all'udienza di convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile. È certo questa condizione quella che più delle altre potrebbe creare dei disagi in merito alla corretta osservanza della nuova previsione. In ogni caso, in tali evenienze l'identità della persona arrestata o formata è accertata dall'ufficiale di polizia giudiziaria presente;
  • l'ausiliario del giudice partecipi all'udienza dall'ufficio giudiziario e dà atto nel verbale d'udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'art. 137, comma 2, c.p.p. o di vistarlo, ai sensi dell'art. 483, comma 1, del codice di rito penale.

Al fine di assicurare i principi dell'oralità, dell'immediatezza, del “pieno” contradditorio sul quale risposa il nostro sistema penale e, più in generale, sull'esplicazione, la più ampia, del diritto di difesa (art. 24 Cost.), si esclude che le nuove norme possano essere applicate alle udienze istruttorie (udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, nonché alle discussioni di cui agli articoli 441 e 523 c.p.p.), salvo che le parti vi consentano, e alle udienze preliminari e dibattimentali, non senza contrasti con la magistratura associata. Anche in tal caso v'è da chiedersi se sia formulabile un consenso parziale o per singoli atti e quali siano le attività.

Infine, si prevede che il giudice possa partecipare all'udienza anche da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario. Il giudice che si trovi, in altri termini, in condizioni di quarantena o di isolamento fiduciario per il Coronavirus - ma la cui situazione non sia qualificabile come malattia - può partecipare all'udienza anche da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario.

Il rito innanzi alla Corte di cassazione

La trattazione dei ricorsi che si svolgono a norma degli artt. 127 e 614 c.p.p. innanzi alla Cassazione, saranno, invece, svolte in camera di consiglio, con un contraddittorio “cartolare”, vale a dire senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale.

La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore abilitato ex art. 613 c.p.p. entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria.

Diversamente, entro il quindicesimo giorno precedente l'udienza, il procuratore generale formuli le sue richieste con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di posta elettronica certificata che provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l'atto contenente le richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelleria della Corte a mezzo di posta elettronica certificata, le proprie conclusioni.

Con buona pace della regola della collegialità si prevede che le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è, dunque, ex lege considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.

La peculiare forma della deliberazione

Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l'ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell'inserimento nel fascicolo il prima possibile. Una tale modalità non andrà applicata alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto.

La sentenza non sarà pubblicata in udienza ai sensi dell'art. 615, comma 3, c.p.p., ma il dispositivo è comunicato alle parti.

Infine, si indica che le disposizioni di cui al presente articolo, nonché quelle di cui all'articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in quanto compatibili, si applichino altresì ai procedimenti che si svolgono innanzi alla magistratura militare.

Deposito degli atti, delle memorie e delle istanze

Il d.l. n. 137 del 2020 si pone quale obiettivo quello di contenere la curva epidemiologica, digitalizzando quanto possibile ed evitando, dunque, i rischi connessi alla presenza fisica negli uffici giudiziari.

Il testo attua, infatti, nei limiti del possibile l'apertura, dei registri penali, e, soprattutto, il deposito telematico di atti con valore legale, l'ampliamento dell'utilizzo della posta certificata da parte del difensore e la previsione del compimento di atti processuali a distanza.

Segnatamente, l'art. 23 del testo stabilisce che il deposito degli atti, documenti, memorie e richieste ex art. 415-bis c.p.p. avvenga esclusivamente mediante il deposito dal portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale dei Sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia. Per il deposito farà fede il momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte di sistemi ministeriali. Sulle specifiche tecniche che debbono possedere gli atti si rinvia al provvedimento già adottato dalla DGSIA.

Si rimette, poi, ai decreti del Ministro della giustizia la possibilità di indicare quali ulteriori atti potranno essere depositati telematicamente.

In merito, si riconosce la possibilità di depositare atti, documenti e istanze -diverse da quelle previste all'art. 415-bis c.p.p.- attraverso la spedizione via PEC.

In tali casi il valore legale del deposito è rappresentato, per l'appunto, dall'impiego della posta elettronica certificata e dal fatto che esso sia compiuto presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari. Le specifiche tecniche circa il formato degli atti e le ulteriori modalità di invio sono rimesse ad un apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati.

Pur apprezzabile sotto diversi aspetti, fra cui il fatto di mantenere saldi i diritti di difesa, da un lato, e quelli che regolano il “cuore” del “giusto” processo accusatorio dall'altro lato, la nuova disciplina pone, tuttavia, il problema dell'applicazione differenziata della giustizia penale sul territorio nazionale, atteso che essa dipenderà non già da atti generali e uniformi, ma da atti di natura secondaria (protocolli e linee guida) e solleva non pochi dubbi, già manifestati dalla magistratura associata, circa l'inidoneità e capacità tecnica degli applicativi a consentire lo svolgimento delle udienze, posto che si è già saggiato come le reti di connessione non sempre sono "efficaci".

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