D.l. n. 130/2020: gli interventi sulle misure di prevenzione per la tutela della sicurezza urbana

09 Novembre 2020

Il d.l. 21 ottobre 2020, n. 130 coinvolge settori assai differenti dell'ordinamento giuridico. Non poteva, pertanto, mancare un intervento diretto anche sul settore della prevenzione...
Abstract

Il d.l. 21 ottobre 2020, n. 130 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale) coinvolge, come l'altronde ormai è divenuta una consuetudine e come si trae, in maniera inequivoca, anche dallo stesso titolo del provvedimento, settori assai differenti dell'ordinamento giuridico, molti dei quali lambiscono l'area della sicurezza pubblica.

Non poteva, pertanto, mancare un intervento diretto anche sul settore della prevenzione e, in particolare, sul settore della prevenzione personale, a comprova del ruolo centrale allo stesso affidato al fine di soddisfare esigenze di tutela della comunità, con specifica attenzione a strumenti di recente introduzione, destinati a rafforzare la sicurezza delle città rispetto a multiformi fenomeni di pericolosità sociale.

Il nuovo volto dei divieti di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento (art. 13 d.l. n. 14 del 2017)

L'art. 13, d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 aprile 2017, n. 48 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città) si inserisce nell'alveo degli strumenti ante delictum personali volti a prevenire forme di pericolosità capaci di porre in pericolo la “sicurezza urbana”, declinata, pertanto, quale species del più ampio genus della “sicurezza pubblica”.

Si tratta, in particolare, di una misura inibitoria personale di competenza del questore, finalizzata, come si deduce dall'individuazione dei destinatari, alla prevenzione dello spaccio di stupefacenti in luoghi caratterizzati dall'alta percentuale di persone, soprattutto di giovane età, quali le scuole, i plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico ovvero pubblici esercizi di cui all'art. 5, l. 25 agosto 1991, n. 287 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi).

Essa comporta il divieto di accesso nei medesimi locali o in esercizi analoghi, specificamente indicati, ovvero il divieto di stazionamento nelle vicinanze degli stessi per un periodo che non può avere durata inferiore ad un anno né superiore a cinque.

Il contenuto del provvedimento ante delictum può essere variamente graduato, tenuto conto che il divieto viene disposto individuando modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute, lavoro e studio del prevenuto (art. 13, comma 2, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017), ma anche della possibilità che possano essere, altresì, applicate ulteriori prescrizioni accessorie per un periodo massimo di due anni, sempre che, in questo ultimo caso, si tratti di soggetto condannato, negli ultimi tre anni, con sentenza definitiva (art. 13, comma 3, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017).

Le misure volte ad aggravare la funzione di prevenzione sottesa a tale strumento, applicabili dal questore singolarmente o cumulativamente, sono: a) l'obbligo di presentarsi almeno due volte a settimana presso il locale ufficio della Polizia di Stato o presso il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente; obbligo di rientrare nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, entro una determinata ora e di non uscirne prima di altra ora prefissata; b) divieto di allontanarsi dal comune di residenza; c) obbligo di comparire in un ufficio o comando di polizia specificamente indicato, negli orari di entrata e di uscita degli istituti scolastici.

La maggiore incisività di tali strumenti sulla libertà del soggetto e, in particolare, sulla sua libera circolazione comportano la necessità che il provvedimento questorile in siffatta eventualità venga convalidato seguendo le regole dettate dall'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, l. 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini) in materia di D.A.SPO. “sportivo”.

L'intervento novellistico contenuto nel decreto legge in commento sostituisce in toto il comma 1 dell'art. 13, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017 ridefinendo, da un lato, l'ambito dei destinatari, dall'altro, puntualizzando il contenuto dell'attività istruttoria posta alla base del decreto adottato dall'autorità di pubblica sicurezza.

Nell'attuale formulazione il divieto di accesso nei locali sopra riportati o in esercizi analoghi, specificamente indicati, ovvero il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi è, dunque, rivolto nei confronti di coloro - maggiorenni o minori degli anni diciotto che abbiano, però, compiuto il quattordicesimo anno si età - che abbiano riportato una o più denunzie o che siano stati condannati anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi tre anni per la vendita o la cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, ai sensi dell'art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) per fatti commessi all'interno o nelle immediate vicinanze dei luoghi predetti.

Oggi, dunque, sono destinatarie degli strumenti de quibus le persone anche solo denunciate per le ipotesi di reato citate ovvero condannate, seppur con sentenza non definitiva, nell'arco degli ultimi tre anni, laddove, nella precedente formulazione, si indicavano solo i condannati con sentenza definitiva o confermata in grado di appello per le medesime fattispecie criminose.

È palese come un arretramento siffatto comporti una maggiore estensione dell'area dei soggetti passivi, confermando, al contempo, l'assetto recepito dalle altre misure di prevenzione personali che svincolano l'intervento delle autorità competenti per la loro adozione dalle decisioni adottate in un eventuale procedimento penale contemporaneamente pendente.

Se ciò potrebbe determinare un attrito con il principio di non colpevolezza di cui all'art. 27, comma 2, Cost., conferma, in ogni caso, la natura ante delictum o praeter delictum di questi strumenti che, essendo incentrati sulla sussistenza o meno della pericolosità sociale in capo al proposto, prescindono dagli esiti della vicenda giudiziaria, traendo dalla stessa, eventualmente, solo gli elementi da cui desumere la sussistenza di un pericolo per la sicurezza pubblica.

A conferma della correttezza di tale impostazione ermeneutica cfr., ex plurimis, in materia di avviso orale disposto ai sensi dell'art. 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia): T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 3 luglio 2020, n. 505, secondo cui, ai fini dell'applicabilità dell'avviso orale del questore, il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto avvisato non richiede la commissione di specifici reati, essendo sufficiente che l'autorità di polizia sospetti semplicemente della presenza di elementi tali da ritenere la configurabilità, nel soggetto destinatario dell'avviso, di una personalità propensa a seguire particolari comportamenti antigiuridici; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 18 giugno 2020, n. 2491, secondo cui, in materia di misure preventive di sicurezza, l'avviso orale disciplinato dall'art. 3, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011 rientra nell'ambito di una valutazione discrezionale di competenza dell'autorità di polizia, sindacabile soltanto sotto il profilo della sussistenza dei presupposti nonché della sufficienza, logicità e congruità della motivazione. In ragione della finalità, latu sensu, “preventiva” cui è ispirata la misura, l'esercizio del potere di cui è titolare l'amministrazione non presuppone che sia accertata la responsabilità penale dell'interessato o comunque l'esistenza di fatti configurabili come reati, potendo basarsi il giudizio di pericolosità su elementi circostanziati anche di valenza indiziaria; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 10 marzo 2020, n. 182, secondo cui il presupposto per l'emanazione dell'avviso orale non è l'esistenza di specifiche prove in ordine alla commissione di reati, bensì la sussistenza di elementi di fatto che, secondo le regole della logica e della ragionevolezza, conducono a riscontrare condizioni di pericolosità sociale.

Si osserva, peraltro, una inusuale attenzione da parte del legislatore, il quale, nell'innovare il contenuto dell'art. 13, comma 1, in commento, specifica, altresì, che il questore assume, per ragioni di sicurezza, il decreto de quo, valutati gli elementi derivanti dai provvedimenti dell'autorità giudiziaria e sulla base degli accertamenti di polizia.

L'importanza di questa precisazione è di estremo rilievo, poiché definisce la sussistenza dell'area investigativa che deve supportare l'assunzione del provvedimento inibitorio, confermando, da un lato, l'autonomia decisionale del questore rispetto al procedimento penale e precisando, altresì, la necessità di una integrazione probatoria rispetto allo stesso, a conferma del diverso oggetto posto alla base delle due procedure che non deve determinare una automatica sovrapposizione delle decisioni adottate.

Si segnala, poi, un ulteriore aspetto, che merita una speciale considerazione.

Nella decretazione di urgenza non è stata prevista alcuna modifica dell'art. 13, comma 3, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017, per cui l'aggravamento della misura attraverso la combinazione delle ulteriori prescrizioni ivi declinate, incidenti sulla libertà personale al punto da necessitare della convalida dell'autorità giudiziaria, continua ad essere consentita solo nei confronti di soggetto già condannato, negli ultimi tre anni, con sentenza definitiva.

Pertanto, l'operato ampliamento dei destinatari è destinato a riguardare solo l'applicazione della misura inibitoria, senza prescrizioni, con un bilanciamento accettabile tra esigenze di prevenzione e tutela dei diritti del prevenuto.

Infine, viene sostituito integralmente l'art. 13, comma 6, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017, ove si prevedeva che la violazione dei provvedimenti questorili, salvo che il fatto costituisse reato, era punita con una sanzione amministrativa pecuniaria emessa dal prefetto determinata dal pagamento di una somma di denaro da euro 10.000 ad euro 40.000.

L'attuale contenuto del comma 6 eleva a sanzione penale la violazione dei divieti e degli eventuali obblighi imposti dall'art. 13, commi 1 e 3, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017, punendoli con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 8.000 a 20.000 euro, uniformando anche in questo senso la disciplina a quanto già previsto nell'ambito delle altre misure di prevenzione personali, prevedendo, però, in tale sede, la configurazione di un delitto con una pena edittale non di lieve entità, a testimonianza della ritenuta pericolosità insita nelle condotte poste in essere dai soggetti passivi e della importanza del raggiungimento dell'effetto di prevenzione anche tramite la previsione di effetti penali così pregiudizievoli, essendo stata evidentemente considerata insufficiente una sanzione amministrativa.

(Segue). Art. 13-bis d.l. n. 14 del 2017

Anche l'art. 13-bis, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017 prevede una misura inibitoria temporanea destinata ad integrare le ipotesi non ricomprese nell'ambito applicativo del divieto di accesso ai locali pubblici e ai pubblici esercizi contemplato nel precedente art. 13.

Fatta salva, infatti, l'operatività della disciplina di cui al menzionato art. 13, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017, il questore può disporre, per ragioni di sicurezza, il divieto di accesso in specifici luoghi ovvero il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi per un periodo che – limitato anche a specifiche fasce orarie – non può avere una durata inferiore a sei mesi né superiore a due anni (art. 13-bis, comma 2, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017).

L'autorità di pubblica sicurezza può, altresì, prescrivere, evidentemente laddove ritenga sussistente un maggior grado di pericolosità, l'obbligo di comparizione personale una o più volte, negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato, prescrizione che è sottoposta alla procedura di convalida da parte del giudice per le indagini preliminari secondo le medesime regole previste per il D.A.SPO. “urbano”, ai sensi dell'art. 6, commi 3 e 4, l. n. 401 del 1989.

La platea dei destinatari, originariamente limitata alle persone condannate con sentenza definitiva o confermata in grado di appello nel corso degli ultimi tre anni per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi ovvero in locali di pubblico trattenimento, per delitti non colposi contro la persona e il patrimonio nonché per i delitti previsti dall'art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, oggi, in ossequio ad una scelta legislativa similare a quella prima esposta con riguardo all'art. 13, appare assai ampliata ed, in alcuni punti, mutata grazie all'integrale sostituzione del comma 1 dell'art. 13-bis.

L'attuale formulazione si rivolge, quindi, quali soggetti passivi, alle persone (maggiorenni o minori degli anni diciotto che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età) denunciate negli ultimi tre anni per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'art. 604-ter c.p. ossia per finalità di discriminazione (art. 13-bis, commi 1 e 3, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017).

Pertanto, si ritiene applicabile la misura di prevenzione in parola anche in presenza di una mera denuncia, intervenuta negli ultimi tre anni, a cui si aggiunge, peraltro, l'ipotesi di soggetto condannato, pur con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati, questa volta senza il richiamo ad un determinato arco temporale, scelta che, invero, determina una evidente distonia rispetto all'impostazione che, da siffatto punto di vista, è stata confermata anche con riguardo all'altro strumento inibitorio, circostanza che non consente di comprendere se essa sia frutto di una ponderata valutazione ovvero solo di una inesatta redazione strutturale del precetto, elemento, invero, da stigmatizzare per le problematiche applicative capace di generare (art. 13-bis, comma 1, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017 art. 13, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017).

Per quel che concerne, poi, le ipotesi di reato, che segnano l'ambito di efficacia soggettivo, si segnala, da un lato, l'inserimento della circostanza aggravante di cui all'art. 604-ter c.p., la quale con il richiamo a condotte di discriminazione evidenzia il rilievo a fatti potenzialmente in grado di mettere, di certo, in pericolo la sicurezza urbana, dall'altra, l'elisione dei delitti di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, riferimento effettivamente ultroneo in quanto già contenuto nell'art. 13, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017.

Si segnala, ancora, in virtù dell'intervento novellistico in commento, una non perfetta coincidenza rispetto ai divieti di cui al citato art. 13 con riguardo all'area spaziale di efficacia.

Il questore, infatti, può disporre, qualora dalla condotta del proposto possa derivare pericolo per la sicurezza, il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati, a cui si aggiunge, altresì, il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze dei pubblici esercizi e dei locali di pubblico trattenimento ai quali è vietato l'accesso (art. 13-bis, comma 1-ter, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017).

L'individuazione dei luoghi effettuata anche con riguardo alle persone con cui si associa il prevenuto, inserita con la decretazione d'urgenza in commento, consente, invero, di ampliare in modo notevole gli ambiti territoriali, individuandoli anche al di fuori da quelli ove sono stati realizzati i fatti di reato richiamati dalla norma, estendendo così l'effetto di prevenzione, ma ponendo, però, in capo all'autorità di pubblica sicurezza la necessità di svolgimento di una attività investigativa assai accurata, a cui deve, poi, corrispondere un adeguato supporto motivazionale.

Al fine di permettere un'ulteriore raggio di operatività all'azione preventiva, il decreto legge in analisi inserisce il comma 1-bis, ove si prevede che il questore possa disporre il divieto di accesso e di stazionamento nelle immediate vicinanze dei pubblici esercizi o dei locali di pubblico trattenimento presenti nel territorio dell'intera provincia nei confronti delle persone che per i reati sopra riportati abbiano subìto l'esecuzione della misura precautelare dell'arresto in flagranza o del fermo convalidata dall'autorità giudiziaria ovvero, per le medesime fattispecie, siano state condannate con sentenza non definitiva.

È chiaro come l'innalzamento di incidenza sulla libertà di circolazione del prevenuto in siffatte ipotesi sia giustificato dalla maggiore pericolosità allo stesso addebitabile, emergente sia dalla esecuzione della misura limitativa della libertà personale, la quale, però, abbia già superato il vaglio da parte del giudice per le indagini preliminari in sede di convalida, ovvero dalla presenza di un accertamento di responsabilità, quantunque non definitivo.

Si segnala l'assenza anche in questa eventualità della delimitazione temporale dei tre anni precedenti presente in altre parti della disciplina, lacuna che genera una evidente disarmonia sistematica e per la quale si richiamano le osservazioni critiche sopra espresse.

È parzialmente modificato, infine, l'art. 13-bis, comma 6, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017, contenente il regime sanzionatorio in caso di inosservanza del precetto de quo.

In primo luogo, superando un'imperfetta formulazione normativa che si riferiva solo alla violazione del divieto, oggi si specifica che, in caso di trasgressione dei divieti e delle prescrizioni, si è puniti con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 8.000 a 20.000 euro (pena edittale, tra l'altro, coincidente con quella prevista nell'art. 13, comma 6, d.l. n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48 del 2017) in luogo della precedente dizione che indicava la reclusione da sei mesi ad un anno e la multa da 5.000 a 20.000 euro.

In conclusione

Il provvedimento novellistico in commento per quel che riguarda il sistema della prevenzione personale conferma, come sopra anticipato, l'importanza alla stesso affidato ai fini della tutela della sicurezza pubblica, anche nella specifica declinazione in tale sede oggetto di interesse, funzionale a garantire una maggiore sicurezza nelle città.

È, in questo senso, significativa l'attenzione rivolta alle misure inibitorie in commento che presentano una struttura agile ed una procedura applicativa abbastanza semplificata, che consente un intervento quasi “immediato” da parte dell'autorità di pubblica sicurezza.

Seppur possa paventarsi un pericolo nell'eccessivo ricorso a siffatti strumenti, i quali proprio nella forte semplificazione celano un chiaro deficit dei diritti del proposto, è doveroso porre in evidenza una maggiore sensibilità normativa, più attenta, come si è cercato di porre in evidenza, a definire la disciplina, elemento che consente, di certo, di circoscrivere il potere discrezionale del questore e a cui si accompagna anche una lettura giurisprudenziale più rigorosa, tutti sintomi della volontà di sfruttare i vantaggi sottesi ad una articolata struttura ante delictum, senza che, però, ciò determini un inaccettabile e pregiudizievole compressione delle garanzie per il destinatario.

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