Non riscossi i crediti vantati nei confronti di enti pubblici: nessuna attenuante per l'omesso versamento dell'IVA

La Redazione
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02 Dicembre 2020

Respinta definitivamente la tesi difensiva, che pure era stata accolta dai Giudici tributari. Legittima la cartella dell'Agenzia delle Entrate nei confronti di una società. Impossibile, secondo i magistrati della Cassazione, “giustificare” l'omesso versamento dell'IVA con una crisi di liquidità connessa alla mancata riscossione dei crediti vantati dalla società nei confronti di diversi enti pubblici.

Respinta definitivamente la tesi difensiva, che pure era stata accolta dai Giudici tributari. Legittima la cartella dell'Agenzia delle Entrate nei confronti di una società. Impossibile, secondo i magistrati della Cassazione, “giustificare” l'omesso versamento dell'IVA con una crisi di liquidità connessa alla mancata riscossione dei crediti vantati dalla società nei confronti di diversi enti pubblici.

Nessuna attenuante nella battaglia col Fisco per la società che non è riuscita a riscuotere i rilevanti crediti vantati nei confronti di diversi enti pubblici (Cassazione, ordinanza n. 27416/20, depositata il 1° dicembre).

All'origine del contenzioso c'è il controllo automatizzato operato dall'Agenzia delle Entrate sulla dichiarazione dei redditi presentata dalla società per l'anno d'imposta 2012.

Passaggio successivo è l'ufficializzazione della cartella di pagamento relativa ad omesso versamento dell'IVA, cartella subito impugnata dalla società, che riesce a respingere le pretese del Fisco grazie alle valutazioni dei Giudici tributari, che riconoscono la causa di forza maggiore nella crisi di liquidità subita dalla società e frutto della «mancata riscossione di rilevanti crediti vantati nei confronti di diversi enti pubblici».

Il pronunciamento dei Giudici tributari regionali viene fortemente contestato dall'Agenzia delle Entrate. Col ricorso in Cassazione la difesa erariale sostiene che in secondo grado sia stato commesso un errore clamoroso, ritenendo che «la crisi di liquidità che aveva impedito alla società contribuente di adempiere l'obbligazione tributaria del versamento dell'IVA fosse incolpevole e tale da integrare la causa di non punibilità della forza maggiore».


Questa obiezione è ritenuta corretta dai Giudici della Suprema Corte, i quali ribadiscono che si deve «negare rilievo, ai fini della configurabilità della suddetta causa di non punibilità, a situazioni di disagio economico, ancorché riconducibile a fattori esterni, perché, essendo un sostituto d'imposta il soggetto obbligato al versamento, lo stesso è tenuto ad accantonare l'IVA riscossa dall'acquirente del bene o servizio per poi riversarla all'erario, non potendo, dunque, venire in rilievo situazioni di difficoltà, seppur non prevedibili».


Inutile, quindi, il richiamo difensivo alla «mancata riscossione di rilevanti crediti vantati dalla società nei confronti di enti pubblici».

Ciò alla luce del principio secondo cui «in materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all'operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall'obbligo dell'interessato di premunirsi contro le conseguenze dell'evento anormale adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l'esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità».


Tirando le somme, quindi, i Giudici della Cassazione chiudono il caso riconoscendo la legittimità della cartella di pagamento emessa dall'Agenzia delle Entrate nei confronti della società.

Fonte: Diritto e Giustizia