Se il figlio sedicenne non desidera frequentare il padre, l'assegno di mantenimento subisce un aumento?

Paola Silvia Colombo
11 Dicembre 2020

Se il figlio minore di anni 16 rifiuta di andare dal genitore non convivente, disponibile agli incontri e all'ospitalità , ciò comporta l'aumento del contributo di mantenimento del figlio da versare al coniuge?

Se il figlio minore di anni 16 rifiuta di andare dal genitore non convivente, disponibile agli incontri e all'ospitalità , ciò comporta l'aumento del contributo di mantenimento del figlio da versare al coniuge?

Occorre premettere innanzitutto che la determinazione delle concrete modalità di esercizio e attuazione del diritto del genitore a mantenere il legame con i figli minori deve avvenire avendo sempre come parametro principale di riferimento l'interesse superiore del minore e deve tener conto anche della volontà del medesimo.

La giurisprudenza, uniformandosi alle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo che prescrivono al Giudice di individuare e di concretizzare il diritto del genitore a mantenere il legame con i figli sempre nell'ottica prevalente di favorire l'interesse superiore del minore, ha stabilito (cfr. Trib. Torino decr. del 4 aprile 2016, Cass. sent. n. 20107/2016) infatti che il mantenimento dei rapporti familiari non deve essere imposto al minore che si oppone di frequentare l'altro genitore, al fine di tutelare l'interesse del primo rispetto ad ogni altro diritto.

Indi per cui se il figlio sedicenne esprime la volontà autentica di non frequentare il padre il Tribunale non può certamente costringerlo dovendo essere comunque riconosciuta e assecondata la sua capacità di autodeterminazione.

Resta comunque inteso che il genitore che convive con il figlio, recalcitrante a frequentare l'altro genitore, dovrà comunque sempre assumere un atteggiamento proattivo e collaborativo aiutandolo con serenità e comprensione a superare eventuali ostacoli e/o incomprensioni che possano averlo indotto a prendere la decisione di voler interrompere il rapporto.

Tutto ciò nell'ottica di garantire al figlio la c.d. bigenitorialità, da intendersi quale presenza costante di entrambi i genitori nella sua vita.

Si dovrà verificare in modo graduale la possibilità di un percorso di riavvicinamento spontaneo e il padre separato dovrà essere pronto a sottoporsi a un sostegno psicologico che lo aiuti a ricostruire il rapporto perso con il figlio.

Venendo agli aspetti economici, non vi è dubbio che l'assenza o riduzione delle frequentazioni paterne (prescindendo dai motivi sottesi) implica inevitabilmente un maggior aggravio delle spese che il genitore collocatario deve sostenere per il mantenimento quotidiano del minore.

Pertanto, tutto ciò incide anche sulla misura dell'assegno versato che potrà essere aumentata tenuto conto che i tempi di permanenza del minore presso ciascun genitore rilevano ai fini della determinazione delle modalità di mantenimento della prole (art. 337-ter c.c.).

Tuttavia, tale circostanza non è di per sé idonea ad incidere direttamente ed immediatamente sulle statuizioni di ordine economico, dovendo il genitore convivente chiedere formalmente al Tribunale la modifica del provvedimento giurisdizionale con i rimedi espressamente previsti dal codice di procedura civile ovvero:

- La modifica ai sensi dell'art. 710 c.p.c. o ai sensi dell'art. 9 l. n. 898/1970 nel caso in cui l'ordine di versamento dell'assegno fosse contenuto in una sentenza di separazione/decreto di omologa o di divorzio

- La modifica ai sensi dell'art. 709, comma 4 c.p.c. nel caso in cui l'obbligo di versamento dell'assegno fosse previsto dai provvedimenti provvisori emessi dal Presidente nell'ambito di un giudizio di separazione o divorzio.

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