Il cappotto (di astrakan) dell'edificio: la non agevole ripartizione delle spese per la posa dei pannelli isolanti e i quorum di deliberazione

Gianluigi Frugoni
21 Dicembre 2020

Le spese erogate per l'installazione del “cappotto termico” sui muri perimetrali dell'edificio non si riconducono alle opere di conservazione, avendo esse altre finalità e natura; invero, l'opera consiste nell'applicazione sui muri perimetrali dell'edificio di pannelli isolanti di vario materiale, coperti da un rasante protettivo con finitura realizzata mediante particolari intonaci; la relativa spesa non mira a conservare l'integrità dei muri, né consta nella loro riparazione per deterioramento, ma mira a migliorarne la funzione di isolamento termico; ne consegue che la spesa fa conseguire ai proprietari un'utilità nel godimento dei muri perimetrali, che non ha alcuna relazione con il valore delle quote millesimali, essendo l'opera destinata a servire i condomini in misura diversa.
Il quadro normativo

La migliore dottrina (Corona), il cui orientamento è condiviso anche dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 20 novembre 1996, n.10214), classifica le spese sulle parti comuni in due macrocategorie, le spese per la conservazione e le spese per l'uso.

La differenza tra le due categorie è netta ed è determinata dalla funzione che esse perseguono.

Le spese di conservazione mirano a preservare l'integrità della cosa comune a mantenerne l'efficienza ed a ripristinarne il valore capitale a seguito dei deterioramenti che si verificano nel tempo.

Le spese per l'uso attengono al godimento della cosa comune, ovvero mirano a far conseguire al singolo proprietario una utilità dalla stessa.

Chiunque può accorgersi della differenza che passa tra la spesa di riparazione della rottura di una condotta idrica (spesa di conservazione) e la spesa relativa al consumo di acqua che ciascun condomino preleva dalla condotta idrica stessa (spesa per l'uso).

La diversa natura delle spese sopraindicate spiega anche il diverso criterio adottato dal Legislatore per ripartirle tra i condomini.

Le spese di conservazione si ripartiscono a norma dell'art. 1123, comma 1, c.c. in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.

Alle spese di conservazione i condomini sono obbligati in virtù della titolarità del diritto di condominio sulle parti comuni che si misura in ragione dei millesimi, trattandosi di obbligazioni definite propter rem in cui vi è una stretta relazione tra l'obbligazione ed il diritto sulla cosa.

Le spese per l'uso si ripartiscono con il medesimo criterio se la parte comune interessata non sia suscettibile di un uso personale, differenziato da parte dei condomini e misurabile dando invece vita ad un'utilità oggettiva la cui misura è appunto indicata presuntivamente dalla legge dalla quota millesimale.

Se, invece, la cosa è suscettibile di un godimento soggettivo e personale da parte dei condomini e questo è misurabile, le relative spese per l'uso si ripartiscono a norma dell'art. 1123, comma 2, c.c., ovvero in proporzione della misura d'uso che ciascuno faccia della cosa (si pensi alle spese dell'acqua e dell'energia elettrica misurabili mediante un contatore)

Il suolo, le fondazioni ed i muri maestri ovvero tutte le parti comuni necessarie all'esistenza dell'edificio ex art. 1117 c.c. - salvi i casi speciali delle scale, dei solai e dei lastrici solari di uso esclusivo ex artt. 1124, 1125 e 1126 c.c., come vedremo in seguito - rendono un'utilità oggettiva e per esse non può esistere un godimento personale soggettivo.

La spesa del cappotto termico quale categoria mista volta, da una parte, al miglioramento nel godimento dei muri perimetrali e, dall'altra, all'incremento del valore capitale della proprietà

Qualcuno ipotizza che le spese per l'installazione del cappotto termico, riguardando i muri perimetrali, si ripartiscano a in base ai millesimi di proprietà a norma dell'art. 1123, comma 1, c.c.

La giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2013, n. 64; conformi Cass. civ., sez. II, 27 novembre 1990, n. 11423; Cass. civ., sez. II, 4 maggio 1999, n. 4403) ritiene che le parti dell'edificio - murie tetti - (art. 1117, n. 1, c.c.) ovvero le opere ed i manufatti - fognature, canali di scarico e simili (art. 1117, n. 3, c.c.) - deputati a preservare l'edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell'art. 1123 c.c., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123, commi 2 e 3, c.c.

Tale orientamento assolutamente condivisibile è relativo, però, come ben specificato dalla Suprema Corte, alle opere di conservazionedei muri comuni.

Le spese erogate per la installazione del “cappotto termico” sui muri perimetrali dell'edificio, di cui appresso si tratta, non si riconducono, invece, alle opere di conservazione, avendo esse altre finalità e natura.

L'opera consiste nell'applicazione sui muri perimetrali dell'edificio di pannelli isolanti di vario materiale, coperti da un rasante protettivo con finitura realizzata mediante particolari intonaci.

È di tutta evidenza che la relativa spesa non mira a conservare l'integrità dei muri, né consta nella loro riparazione per deterioramento ma mira a migliorarne la funzione di isolamento termico.

Conseguentemente la spesa fa conseguire ai proprietari un'utilità nel godimento dei muri perimetrali, utilità che - come vedremo in seguito - non ha alcuna relazione con il valore delle quote millesimali, essendo l'opera destinata a servire i condomini in misura diversa.

D'altra parte, la spesa mira anche a migliorare e ad incrementare il valore capitale dell'unità immobiliare che si giova dell'opera in quanto da quando è obbligatorio il rilascio dell'attestato di prestazione energetica (art. 6 d.lgs. n. 192/2005), la classe energetica dell'edificio è divenuta un elemento costitutivo del valore capitale stesso, tanto che, a decorrere dal 1 gennaio 2012, l'informativa sulla certificazione energetica deve essere riportata in una apposita clausola nei contratti di trasferimento dei beni immobili.

Il cappotto mira a limitare le dispersioni di calore all'esterno e tende alla eliminazione dei “ponti termici”.

Conseguentemente l'opera fa conseguire ai proprietari anche un miglioramento del valore capitale che pur differenziandosi dalla spesa di conservazione è, come questa, direttamente funzionale alla res ed alla sua efficienza.

La spesa va, dunque, ricondotta ad una categoria mista, mirando ad una duplice funzione, di miglioramento della sua utilità, da una parte e, di miglioramento del valore capitale della cosa, dall'altra.

La posa del cappotto termico non è un'innovazione ma una miglioria: conseguenze sul quorum maggioritario deliberativo

Qualcuno riconduce l'installazione del cappotto alla categoria delle innovazioni (Gallucci) previste dall'art. 1120 c.c. ma, a ben vedere, la spesa non ha alcuna delle caratteristiche che consentono di ricondurla ad essa.

Per innovazioni ai sensi dell'art. 1120 c.c. (Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 2012, n. 18052) si intendono le modificazioni materiali che alterino l'entità sostanziale o mutino la destinazione originaria del bene. La nozione rimanda ad un concetto di novità in senso profondo e radicale escludendo che qualsiasi modifica materiale costituisca un'innovazione.

In particolare, non integrano un'ipotesi di “innovazione” le modificazioni della cosa comune dirette a potenziare o a rendere più comodo il godimento del bene già esistente, lasciandone immutata la consistenza e la destinazione.

Non rientrano nella categoria delle innovazioni gli interventi di manutenzione straordinaria, essendo necessari per ripristinare l'efficienza delle cose comuni; ciò anche qualora siano introdotte modifiche migliorative.

Il semplice utilizzo di un materiale diverso o di una diversa tipologia di impianto non è, quindi, di per sé sufficiente a qualificare l'intervento in termini di innovazione.

Rientra, infatti, nei poteri dell'assemblea quello di decidere, in base al principio maggioritario, di apportare modifiche al servizio comune anche avvalendosi dei progressi tecnologici o comunque delle diverse soluzioni tecniche che il mercato offre. si contraddistinguono.

La posa del cappotto termico lascia indubbiamente immutata la struttura del muro perimetrale e la sua destinazione pur apportandovi un miglioramento e dunque diretta a potenziare il godimento di un bene che è già esistente.

Trattasi, pertanto, di una semplice modifica migliorativa che può al più rientrare nella categoria degli atti di gestione straordinaria deliberabili con la maggioranza dell'art. 1136, comma 2, c.c.

Conferma tale interpretazione il recente l'art. 63 del decreto legge «Agosto» (dl 14 agosto 2020 n. 104) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 203/2020 con il quale è stato integrato l'art.119 del decreto Rilancio (dl n.34/2020) in materia di superbonus introducendo il comma 9-bis.

La predetta disposizione prevede che “le deliberazioni dell'assemblea del condominio aventi per oggetto l'approvazione degli interventi di cui al presente articolo (art. 119 del decreto Rilancio) sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio”.

E' assai significativo che la norma definisca “interventi” e non innovazioni quelli previsti dall'art. 119 comma 1 e crediamo che la scelta non sia casuale o frutto di una svista, in quanto, in ordine al cappotto anche il comma 1 così li definisce (interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali che interessano l'involucro dell'edificio).

Chiarito che la posa del cappotto non costituisce innovazione e che è deliberabile dalla assemblea con il quorum appena citato, vi è da aggiungere che simmetricamente non sarà applicabile l'art. 1121 c.c. in tema di innovazioni gravose e voluttuarie poiché la norma richiede che sussista il presupposto di una innovazione.

Discussioni maggiori susciterà il comma 9 bis sui quorum assembleari in ordine al fatto che la disposizione (non si sa se volutamente) ha ad oggetto genericamente gli interventi di cui all'art. 119 senza esclusioni di forza.

Coordinando il comma 9 bis al comma 3 dell'art. 119 che riguarda gli interventi (trainati) di efficienza energetica di cui all'art. 14 del decreto legge 4 giugno 2013 n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013 n. 90, tra i quali spuntano “le finestre comprensive di infissi e le schermature solari, vi è da chiedersi se l'assemblea possa deliberare anche questi ultimi con il quorum ridotto.

La questione, se analizzata alla luce di certi ed inossidabili principi condominialistici, sembrerebbe avere una risposta negativa (finestre ed infissi sono beni di proprietà esclusiva e la loro sostituzione non potrebbe essere deliberata dalla assemblea obbligando anche i dissenzienti), ma la formulazione della norma potrebbe aprire scenari rivoluzionari.

Il legislatore, limitatamente al caso del superbonus (previsto per incentivare gli italiani a ristrutturare gli edifici in modo da rispettare gli standard fissati dalla comunità europea), laddove prevede che le opere di cui al comma 3 concernenti talune parti di proprietà esclusiva, vengano trainate da quelle sulle parti comuni di cui al comma 1, potrebbe aver volutamente creato un sistema per cui anche le prime debbano considerarsi comuni.

Su tali aspetti bisognerà fare ulteriori approfondimenti.

Analisi e individuazione del criterio legale di ripartizione delle spese del cappotto

Come sopra anticipato, l'utilità che il cappotto arreca sotto il profilo energetico non ha alcuna relazione con le quote millesimali, dipendendo la misura del risparmio energetico che l'opera determina a beneficio delle varie unità immobiliari da formule matematiche secondo i calcoli disciplinati dalle norme tecniche Uni.

Tale misura è determinata attraverso l'analisi energetica con la quale si attua il calcolo di riduzione di trasmittanza termica del componente edilizio. Mediante formule tecniche è possibile calcolare la differenza di energia dispersa attraverso l'involucro edilizio e quindi il risparmio di energia termica per il riscaldamento invernale che ciascuna unità immobiliare acquisisce ad opera avvenuta.

Il risparmio di energia termica è il risultato del calcolo della differenza di trasmittanza e di altri elementi di variazione quali il fattore di riduzione dei ponti termici, tenuto conto, però, che altri elementi, a seguito della posa del cappotto, rimangono invece invariati, quali la ventilazione e gli apporti gratuiti.

Il calcolo dell'oggettiva dispersione termica e del fabbisogno energetico per ogni unità immobiliare permette, dunque, di determinare la misura di utilità che a ciascun partecipante reca il cappotto termico.

Incidendo, però, la spesa del cappotto in modo determinante sulla classe energetica dell'edificio, contribuisce anche ad aumentare il valore capitale delle unità immobiliari che vi insistono, pertanto il criterio di ripartizione della spesa deve tenere conto anche di tale fattore, che si misura in base al diritto di appartenenza, ovvero in base alle quote millesimali.

La similitudine con le scale

Le due funzioni suddette dell'opera hanno uguale incidenza nella spesa non potendosi stabilire che l'una abbia prevalenza rispetto all'altra, così come similmente avviene per la spesa afferente le scale ove il criterio di ripartizione adottato dal Legislatore (art. 1124 c.c.) si fonda sulla determinazione di una tabella da calcolarsi per metà in ragione del valore delle unità immobiliari (millesimi) che se ne servono e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano.

Il criterio legale di ripartizione di cui all'art. 1124 c.c. si pone come necessaria deroga all'art. 1123, comma 1, c.c. e la ragione - come acutamente sostenuto (Corona) - si fonda sul fatto che in ragione dell'altezza, tra le scale e le unità immobiliari intercorre una relazione di accessorio a principale ben più consistente rispetto a quella espressa dalla astratta proporzione delle quote millesimali.

La deroga si spiega per altra acuta dottrina (Scarpa) per il fatto che le scale danno maggior utilità ai proprietari dei piani alti, i quali sono indotti a percorrerle per tutta la loro estensione e quindi in misura più ampia dei proprietari dei piani inferiori e quindi in conseguenza di quanto vuole l'art. 1123, comma 2, c.c., essi devono risponderne in ragione dell'altezza.

Secondo tale ultima tesi, il criterio tuttavia si pone anche quale deroga all'art. 1123, comma 2, c.c. in quanto il Legislatore sa bene che il godimento delle scale non è perfettamente misurabile con il criterio dell'altezza e, dunque, è questo il motivo per il quale è apparso irrinunciabile tenere parimenti in considerazione la quota millesimale.

Se si riflette, anche l'utilità oggettiva del cappotto non può essere espressa fedelmente dalla proporzione delle quote millesimali in quanto il suo collegamento con le unità immobiliari si differenzia quantitativamente da essa in ragione dell'obiettiva destinazione di tale parte comune a servirle in misura diversa.

Non potendo l'assemblea determinare discrezionalmente un criterio di ripartizione delle spese di miglioria di un bene ma dovendo attenersi al criterio legale tra quelli espressi dagli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c. che rispecchi in funzione della ratio la relazione proporzionale che intercorra la spesa stessa e le unità immobiliari, la ragione ispiratrice dell'art. 1124 c.c. appare senz'altro il modello giuridico più giusto ed equo al quale riferirsi per ripartire la spesa del cappotto.

Trattandosi di norma speciale e non eccezionale si è detto che l'art. 1124 c.c. può essere utilizzato per operazioni volte all'analogia juris (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2007, n. 432).

L'analogia sta nel fatto che al pari delle scale il cappotto è destinato a servire in misura diversa le unità immobiliari ma, al contempo è anche destinato a migliorare il loro valore capitale.

Similmente al criterio di ripartizione delle spese per le scale, la ripartizione della spesa del cappotto si fonderà su una tabella da calcolarsi, per metà, in ragione del valore delle unità immobiliari (millesimi) che se ne servono e, per l'altra metà, in misura proporzionale alla utilità che essa arreca, misura che per le scale si identifica con l'altezza del piano, mentre, per il cappotto, si identifica con l'indice di risparmio energetico calcolato per ogni singola unità immobiliare, cosi come risultante dalle formule matematiche applicate per l'analisi energetica.

Per le scale, a norma dell'art. 1124, comma 2, c.c., ai fini del concorso nella metà della spesa che è ripartita in ragione del valore, si debbono considerare come piani le cantine, i palchi mortile soffitte o le camere a tetto ed i lastrici solari qualora non siano di proprietà comune.

Il motivo per il quale secondo il Legislatore i proprietari delle cantine, dei palchi morti, ovvero dei locali sopra indicati, contribuiscono solo in ragione del valore millesimali di tali beni e non in ragione dell'altezza del piano, è perché per tali piani viene meno la diversità e maggiore utilità che la spesa invece arreca agli altri piani dell'edificio (Relazione al Re del Ministro Guardasigilli per l'approvazione del libro III della proprietà, titolo XXXI, pag. 187).

Infatti, sarebbe eccessivo che i proprietari delle soffitte, delle camere a tetto e dei palchi morti contribuissero in ragione dell'altezza, perché in questi casi, trattandosi di locali non destinati ad abitazione, il loro oggettivo minor uso fa venir meno la presunzione del logorio in conseguenza dell'uso stesso.

Analogamente, ai fini del concorso nella metà della spesa del cappotto che è ripartita in ragione del valore millesimale, si dovranno considerare i piani e le relative unità immobiliari che non sono serviti dai muri perimetrali (che non concorrono quindi in ragione del risparmio energetico), il cui involucro sia costituito da diverse parti architettoniche, come ad esempio le vetrine, in quanto a tali unità immobiliari il cappotto non reca alcuna utilità sotto il profilo della prestazione energetica.

I giudici di Piazza Cavour (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 1992, n.13655) hanno stabilito che il criterio di ripartizione delle spese di cui all'art. 1123 c.c., con riguardo all'ipotesi di cui al comma 2, può trovare applicazione in concrete circostanze, con riguardo a qualunque parte comune dell'edificio e quindi anche alla facciata, in guisa che i condomini siano obbligati a contribuire alle spese di manutenzione e riparazione, non in base ai valori millesimali, ma in ragione dell'utilità che la cosa comune sia obbiettivamente destinata ad arrecare a ciascuna delle proprietà esclusive, laddove la spesa potrebbe gravare indistintamente su tutti i partecipanti alla comunione secondo il criterio generale di cui all'art. 1104 c.c. solo se la cosa comune in relazione alla sua consistenza ed alla sua funzione fosse destinata a servire ugualmente ed indiscriminatamente i diversi piani o le singole proprietà (nella specie, la Suprema Corte aveva ritenuto correttamente applicato il principio surriportato con riguardo alla ripartizione delle spese di riparazione della pannellatura della facciata di un edificio, sul rilievo che essa assolveva ad una duplice funzione, l'una di protezione verso l'esterno dei balconi di proprietà esclusiva dei singoli condomini e di riparo dagli agenti atmosferici, l'altra di abbellimento della facciata del fabbricato).

In conclusione

Può accadere che l'installazione del capotto si accompagni alla riparazione dell'intonaco e della struttura dei muri perimetrali, se essi sono deteriorati.

In tal caso, la spesa, quanto alla sua ripartizione, non potrà essere trattata allo stesso modo appena esaminato, dovendosi separare e quantificare autonomamente la parte di spesa che afferisce al ripristino e riparazione dei muri (da ripartirsi in relazione all'art. 1123, comma 1, c.c.) e la parte della spesa che concerne la mera installazione del cappotto (da ripartirsi con il criterio misto sopra esposto: tabella da calcolarsi per metà in ragione del valore delle unità immobiliari (millesimi) che se ne servono e per l'altra metà in misura proporzionale al risparmio energetico di ogni singola unità immobiliare risultante dalla diagnosi energetica.

Resta da esaminare come regolarsi con le spese del ponteggio, ovvero di quella struttura temporanea posta a contorno dell'area perimetrale dei muri formata da piani e trabatelli necessaria a permettere alle maestranze di cantiere l'effettuazione delle opere nella verticale dell'edificio.

Tale struttura costituisce un mezzo fornito dall'appaltatore per poter eseguire opere alle parti alte dei muri perimetrali onde permettere ai lavoratori di accedervi.

Essa rientra, quindi, tra i mezzi dell'appaltatore tra cui figurano gli operai che l'impresa impiega per eseguire l'opera, il cui costo non può scindersi dall'opera stessa avendo un'indissolubile relazione con essa.

Conseguentemente il costo del ponteggio e la relativa obbligazione non possono considerarsi disgiunti dal costo dell'opera, cui il mezzo è finalizzato, rientrando nella relativa spesa e, con essa, nel criterio di ripartizione misto oggetto del presente approfondimento.

Riferimenti

Corona, Proprietà e maggioranza nel condominio degli edifici, Torino, 2001,403;

Gallucci, Deliberazioni per la posa di un cappotto termico, in Portale lavori in casa, 25 ottobre 2014;

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017, 944.

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