Il principio di irretroattività in malam partem ancora al vaglio della Consulta
22 Dicembre 2020
Abstract
L'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha avuto inevitabili ricadute anche in materia di amministrazione della giustizia. La gravità della situazione sanitaria ha infatti imposto al legislatore di intervenire in materia, disponendo, per il periodo dal 9 marzo all'11 maggio 2020, il rinvio delle udienze dei procedimenti civili e penali, la sospensione del decorso dei termini per il compimento dei relativi atti e, conseguentemente, del corso della prescrizione (art. 83 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27). L'applicazione retroattiva della disposizione relativa alla prescrizione ha tuttavia fatto sorgere alcuni dubbi di costituzionalità, relativi alla sua compatibilità con l'art. 25, comma 2, Cost. e, in particolare, con la garanzia di irretroattività in malam partem. La questione
Prevedendo la sospensione del corso della prescrizione, il comma 4 dell'art. 83d.l. 17 marzo 2020, n. 18 ha determinato un aumento dei termini necessari all'estinzione dei reati, senza tuttavia introdurre differenziazione alcuna in ordine al momento di commissione degli stessi. Trattandosi di una disposizione che incide sfavorevolmente sul soggetto sottoposto al potere punitivo dello Stato, poiché estende il frangente temporale in cui tale potere è legittimamente esercitabile, la questione si pone nei seguenti termini: può essa applicarsi anche a coloro che abbiano commesso un fatto di reato in un momento antecedente rispetto alla sua entrata in vigore o tale estensione si sostanzierebbe, al contrario, in una lesione del principio di irretroattività? L'ascrivibilità della prescrizione al diritto penale sostanziale – e la conseguente applicazione a tale istituto delle garanzie sottese alla materia penale – risulta oramai pacifica nel nostro ordinamento. Considerato che la prescrizione incide in concreto sulla punibilità del soggetto, le disposizioni normative in materia devono necessariamente rispettare, tra gli altri, anche il principio di irretroattività. Per comprendere la rilevanza di tali affermazioni nel caso di specie, si rende necessaria una breve disamina delle diverse tesi prospettate con riferimento al caso di specie. V'è chi muove dall'assunto che la prescrizione è un istituto di carattere sostanziale per escludere categoricamente la possibilità di applicare retroattivamente le relative disposizioni. Secondo questo orientamento, a godere della copertura costituzionale propria della matière penale sarebbero non solo le norme che stabiliscono un termine di prescrizione per un determinato fatto di reato, ma anche quelle che su tale termine in qualche modo incidono, prevedendo delle cause interruttive e sospensive. Peraltro, neanche nella giurisprudenza costituzionale, che si è a lungo intrattenuta su tale tema, sarebbe rinvenibile una distinzione tra aspetti sostanziali e aspetti processuali della prescrizione; in nessun caso, quindi, le garanzie penalistiche sarebbero suscettibili di disapplicazione. Per contro, taluni ritengono ragionevole la deroga al principio di irretroattività, in quanto giustificata dalla gravità della situazione emergenziale: il legislatore avrebbe effettuato un bilanciamento tra opposti valori, sacrificando temporaneamente il principio di irretroattività in modo proporzionato alle esigenze sanitarie del momento. Tra i sostenitori di tale tesi v'è anche la Corte di cassazione che, nella sent. Cass. pen., Sez. III, n. 21367 del 17 luglio 2020, afferma che la causa di sospensione introdotta dal legislatore è generale, proporzionata e di durata temporanea; pertanto, la deroga al principio di irretroattività sarebbe giustificata dalla preminenza della tutela della salute nel contesto pandemico. La Suprema Corte muove dall'assunto che è necessario bilanciare i diritti fondamentali – nessuno dei quali è assoluto e inderogabile –, allo scopo di conciliare interessi di pari grado, ovvero il diritto alla salute, da un lato, e le garanzie sottese al canone di irretroattività, dall'altro. Nell'effettuare tale opera di bilanciamento, la Corte ritiene che l'intervento normativo, in quanto finalizzato a impedire l'acuirsi delle conseguenze dell'attuale emergenza sanitaria, sarebbe proporzionato e non eccessivo rispetto al suo scopo, poiché la sospensione copre un periodo molto limitato ed è correlata alla durata preventivata dello stato di allarme. Sorgono, così, alcuni interrogativi: il principio di irretroattività in malam partem ha valore relativo ed è, dunque, eccezionalmente derogabile? E una tale conclusione sarebbe in linea con la forza che l'art. 25, comma 2, Cost. ha voluto dare al principio di irretroattività? La logica dell'emergenza e, dunque, il carattere eccezionale e temporaneo della disciplina non può, secondo alcuni autori, giustificare deroghe al principio di irretroattività, che avrebbe carattere tirannico rispetto alle altre situazioni soggettive tutelate dalla Costituzione. Essendo finalizzato a garantire libere scelte d'azione e a evitare arbitri del potere legislativo, una sua compressione non potrebbe essere in alcun modo giustificata nella logica dell'emergenza. Non occorre, peraltro, sottovalutare un'ulteriore considerazione di fatto: lo stallo della macchina giudiziaria avrebbe l'effetto di allontanare l'accertamento del fatto di reato dalla sua commissione e di accentuare il senso dell'oblio che costituisce il fondamento stesso della prescrizione. Orbene, ciò sarebbe vero indipendentemente dal fatto che tale stallo sia imputabile a una carenza organizzativa dello Stato ovvero a una situazione contingente non prevedibile. Merita, infine, di essere presa in considerazione un'ulteriore tesi, secondo la quale l'art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 non ha introdotto un novum nell'ordinamento, limitandosi a riprendere un'ipotesi già prevista nell'art. 159 c.p., che dispone la sospensione della prescrizione come conseguenza della sospensione del processo penale imposta da una previsione di legge. La disposizione normativa introdotta non violerebbe dunque il principio di irretroattività, poiché fondata su una previsione di carattere generale contenuta nel codice penale e, pertanto, anteriore rispetto ai fatti commessi. L'asse della questione si sposterebbe, così, sulla natura fissa o mobile del rinvio contenuto nell'art. 159 c.p. Quanti sostengono che si tratti di un rinvio fisso – ovvero riferito alle leggi che, prima della commissione del fatto di reato, già prevedevano la sospensione del relativo termine prescrizionale – accettano la sussistenza di uno scollamento tra le disposizioni relative alla sospensione del processo penale, che opererebbero direttamente, e quelle riguardanti la sospensione della prescrizione, che non opererebbero per i fatti antecedenti all'entrata in vigore della stessa. Riflessioni ala luce della sentenza Corte Cost. n. 32 del 2020
Il fulcro del dibattito ruota evidentemente attorno al valore che nel nostro ordinamento si intende assegnare al principio di irretroattività. Addivenire a una soluzione non è certo agevole, ma a fornire una chiave di lettura potenzialmente risolutiva è una recente pronuncia della Corte costituzionale in materia, la sentenza n. 32 del 2020, relativa all'applicazione del principio di irretroattività al regime di cui all'art. 4-bis ord. penit. con riferimento ai condannati per i delitti che, al momento della commissione del fatto, non rientravano nel catalogo delle fattispecie c.d. ostative. È agevole intuire le ragioni che inducono a ritenere la pronuncia della Consulta rilevante anche ai fini della risoluzione della questione qui prospettata. La Corte muove, infatti, da una riflessione relativa alle rationes poste alla base del principio di irretroattività nel nostro ordinamento, così compendiabili: in primo luogo, la ragionevole prevedibilità delle conseguenze derivanti dalla trasgressione di un precetto penale – c.d. calcolabilità del rischio penale –, al fine di garantire una piena libertà di azione; inoltre, l'effettiva tutela del diritto di difesa, da intendersi come scelta della strategia difensiva più conveniente; infine, la garanzia contro possibili abusi del potere legislativo e, in definitiva, contro un sconvolgimento dello stato di diritto. Alla luce di tali rationes può ragionevolmente sostenersi che, nel caso di specie, la disposizione normativa introdotta dal legislatore per far fronte all'emergenza epidemiologica da Covid-19 si sostanzi in un vulnus al principio di irretroattività? V'è, anzitutto, da domandarsi se la sospensione della prescrizione abbia concretamente inciso, nel caso di specie, sulla libertà d'azione del soggetto e in che modo la previa conoscenza dell'estensione del termine prescrizionale avrebbe eventualmente influenzato la sua determinazione all'agire criminoso. È l'esistenza stessa nel nostro ordinamento dell'art. 159 c.p. che deve, in questo senso, indurci a riflettere: a fronte di una disposizione di tal guisa, che prevede talune cause sospensive del corso della prescrizione legate a eventi imprevedibili, si constata l'impossibilità di effettuare un calcolo matematicamente esatto del momento in cui il reato che il soggetto si accinge a commettere si prescriverà, trovandosi quest'ultimo in una situazione di fisiologica incalcolabilità. Si profilerebbe così, a livello ordinamentale, un'ipotesi esulante dalle garanzie offerte dal principio di irretroattività, non strettamente ancorata al contingente stato di emergenza. Se, dunque, la ratio del principio di irretroattività è quella di garantire la prevedibilità delle conseguenze delle proprie azioni, non si vede come esso possa essere leso da una sospensione della prescrizione cagionata da eventi assolutamente imprevedibili. Pare, al contrario, maggiormente prevedibile l'ipotesi che lo Stato, in presenza di un evento catastrofico, decida di sospendere tutte le attività processuali e giudiziarie – come peraltro è successo in passato a seguito di calamità naturali che hanno colpito diverse zone del territorio nazionale. Da tali considerazioni può ragionevolmente dedursi che il rinvio di cui all'art. 159, comma 1, c.p. non è fisso, bensì mobile, indi riferito a ipotesi di sospensione del processo disposte ex lege anche successivamente alla commissione dei reati, qualora l'evento determinante la sospensione sia assolutamente imprevedibile. Per quanto attiene, invece, agli abusi che il legislatore potrebbe operare attraverso un'elusione del divieto di retroattività, prevedendo un aggravamento del carico sanzionatorio successivo alla commissione del fatto di reato, preme evidenziare che, in questo caso, la normativa suscettibile di ledere i principi costituzionali – di difesa, di non colpevolezza, di ragionevole durata –, lasciando il soggetto sotto la spada di Damocle del processo per un tempo indeterminato, sarebbe eventualmente quella relativa alla sospensione dell'attività giudiziaria e non alla sospensione della prescrizione, che della prima è una mera conseguenza. Non pare, tuttavia, che vi siano i presupposti per sostenere che il legislatore abbia abusato del proprio potere nella fattispecie qui presa in esame: la sospensione dei processi, e conseguentemente del corso della prescrizione, è stata disposta per un tempo ben definito, connesso al protrarsi della situazione emergenziale, quindi giustificato dalla necessità di bloccare l'attività giudiziaria in ragione della gravità dell'emergenza sanitaria. In conclusione
Sulle problematiche sin qui tratteggiate è stata chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale, davanti alla quale sono state sollevate dai Tribunali di Siena, di Spoleto e di Roma delle questioni di legittimità costituzionale riguardanti la compatibilità con il principio di irretroattività in malam partem delle disposizioni emanate per contrastare l'emergenza sanitaria da Covid-19 in materia di amministrazione della giustizia – e, in particolare, dell'art. 83 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27. Il 18 novembre 2020 la Consulta ha comunicato di aver dichiarato non fondate le questioni sollevate, ritenendo la disciplina censurata non contrastante con l'art. 25, comma 2, Cost., né con i parametri sovranazionali richiamati dall'art. 117, comma 1, Cost. Sebbene le motivazioni della sentenza non siano state ancora depositate, è ragionevole prevedere che la Corte, pur ribadendo la natura sostanziale dell'istituto della prescrizione e l'importanza del principio di irretroattività in malam partem, abbia voluto far leva sulle rationes che ne costituiscono il fondamento ontologico allo scopo di escluderne, nel caso di specie, una concreta violazione. Gamberini A.-Insolera G., Che la pandemia non diventi l'occasione per accelerare le soluzioni sulla prescrizione e sulle sue ragioni costituzionali, in www.sistemapenale.it, 24 maggio 2020 Gatta G.L., Tolleranza tra principi e “principi intolleranti”. L'emergenza sanitaria da Covid-19 non legittima deroghe al principio di irretroattività in malam partem: note critiche a una sentenza della Cassazione sulla sospensione della prescrizione del reato ex art. 83, co. 4, d.l. n. 18/2020, in www.sistemapenale.it, 22 luglio 2020 Madia N., Dubbi di costituzionalità in materia di sospensione della prescrizione prevista dalla legislazione anti Covid-19. Commento – tra luci ed ombre sul modus procedendi – alla sentenza della III sezione penale della Cassazione che ha dichiarato manifestamente infondata la questione, in Giur. Pen. Web, 7-8/2020 Manes V., Diritto dell'emergenza, sospensione della prescrizione e garanzie fondamentali: davvero “bilanciabile” il principio di irretroattività?, in Giurisprudenza Penale Trimestrale, 2/2020, pp. 3 ss. Modugno F.P., Sospensione della prescrizione e Covid-19: spunti per un “commodus discessus” nel rispetto dell'art. 25, co. 2, Cost., in Giur. Pen. Web, 7-8/2020 |