Remotizzazione dei servizi. Riesame cautelare reale e opposizione all'archiviazione: dubbi conformità al sistema processuale (e non solo)
27 Gennaio 2021
Com'è noto, in tempi di emergenza sanitaria, l'opposizione al decreto di archiviazione ex art. 410 c.p.p. rientra (ai sensi del d.l. n. 137 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 2020, attualmente vigente), fra gli atti per i quali è ammessa la presentazione via PEC. Ora, il più recente D.M. del 13 gennaio 2021 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2021, ha stabilito, invece, che a decorrere dal 6 febbraio, data di entrata in vigore delle norme ivi previste, la sua presentazione debba avvenire esclusivamente attraverso il deposito sul portale telematico, secondo le modalità già stabilite dalla DGSIA, analogamente a quanto stabilito per la presentazione da parte dei difensori degli atti ex art. 415-bis c.p.p. Ebbene, se in tal modo il testo ministeriale colma di contenuto l'art. 24 comma 2 del d.l. n. 137/2020 e della legge di conversione, il fatto che, entro una tempistica così celere, mutino le forme di presentazione dell'atto, solleva molte perplessità, non solo per le nuove difficoltà in cui il difensore – già avvezzo alla trasmissione via PEC - incontrerà, quanto, su un versante più generale, per il vulnus che la sopravvenuta normativa – di grado inferiore alla legge - crea sul piano del regime delle fonti del diritto. V'è da chiedersi, infatti, se possa effettivamente derogarsi con decreto del Ministro a quanto stabilito dalla legge. Il dato dell'incoerenza non è, peraltro, isolato. Nella l. n. 176 del 2020, attualmente in vigore, si stabilisce, infatti, la possibilità di procedere via Pec alla presentazione delle richieste di riesame cautelari reali all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all'articolo 309, comma 7, c.p.p. ossia al tribunale della libertà individuato dalla legge per misure cautelari personali, mentre com'è noto, l'organo funzionalmente competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p. è il Tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato. Ebbene, a confermare che quello indicato non costituisce un semplice refuso sovviene il comma 6-sexies della stessa legge nella parte in cui statuisce l'inammissibilità dell'atto qualora venga indirizzato ad un ufficio differente dal tribunale individuato all'art. 309 comma 7 c.p.p. Ciò premesso, è certo che, nel dubbio, il difensore, al fine di non vedersi dichiarare l'inammissibilità del proprio gravame reale, presenterà l'atto anche al diverso ufficio indicato all'art. 324 comma 5 c.p.p. con buona pace per la semplificazione, celerità e salvaguardia della salute degli operatori del mondo giustizia in periodo di pandemia.
|