Il mutamento del rito non può avere come conseguenza la sanatoria delle decadenze già maturate
22 Marzo 2021
Così la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 7696/21, depositata il 18 marzo.
Nel caso in esame la Corte d'appello di Bari aveva dichiarato la prescrizione del diritto ad ottenere l'indennità definitiva di esproprio conseguente a un decreto del 1981 il quale aveva solo stabilito l'indennità provvisoria. Il Giudice del gravame aveva ritenuto tempestiva l'eccezione di prescrizione formulata nella prima difesa successiva al mutamento del rito.
Il soccombente ha proposto ricorso in Cassazione lamentando l'abnormità della decisione in quanto gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme di rito seguito prima del mutamento e, pertanto, le decadenze ivi maturate non possono essere sanate.
Secondo la Cassazione, pur essendo vero che il giudizio era stato introdotto con un rito errato, e bene ha fatto il Giudice a mutarlo, tuttavia al fine di valutare la tempestività dell'eccezione sollevata è necessario fare riferimento al regime del rito prescelto prima del mutamento. D'altronde il l'art. 4, comma 5, del d.lgs. 150/2011 statuisce che «gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento».
Il mutamento del rito non può comportare una sanatoria processuale. Alla luce di tale disposizione la Corte di legittimità ha avuto modo di affermare che il mutamento del rito da ordinario a speciale non comporta una rimessione in termini rispetto alle preclusioni già maturate alla stregua della normativa del rito ordinario. Principio che va esteso, per identità di ratio, al caso del mutamento del rito da ordinario a speciale ai sensi del d.lgs. 150/2011.
*fonte: www.dirittoegiustizia.it |