Procedimento sommario di cognizione

Giusi Ianni
10 Giugno 2016

Il rito sommario di cognizione è stato introdotto nel nostro ordinamento processuale dalla l. 69/2009 che, inserendo all'interno del codice di rito i nuovi artt. 702-bis, 702-ter e 702-quater c.p.c., lo ha configurato come vera e propria alternativa rispetto al processo ordinario, tanto da includerlo tra i modelli generali a cui ricondurre la pluralità dei riti civili.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE 

Il rito sommario di cognizione è stato introdotto nel nostro ordinamento processuale dalla l. 69/2009 che, inserendo all'interno del codice di rito i nuovi artt. 702-bis, 702-ter e 702-quater c.p.c., lo ha configurato come vera e propria alternativa rispetto al processo ordinario, tanto da includerlo tra i modelli generali a cui ricondurre la pluralità dei riti civili, nell'opera di semplificazione culminata nell'emanazione del d.lgs. 150/2011 (appunto, di semplificazione dei riti civili). La prima problematica che si è posta con l'introduzione del rito sommario di cognizione ha riguardato la natura della nuova tipologia procedurale: il nostro ordinamento, infatti, già conosceva riti «sommari», rispetto ai quali, però, la sommarietà era riferita alla cognizione, nel senso che si trattava (e si tratta) di procedimenti caratterizzati da una delibazione non piena delle domande e delle eccezioni delle parti, che vengono valutate all'esito di un'istruttoria parziale e definite con provvedimenti interinali, suscettibili di acquistare efficacia di giudicato solo in caso di mancata «reazione» della parte che ne è destinataria (come nel caso del procedimento per decreto ingiuntivo o della convalida di licenza per finita locazione o sfratto per morosità) o destinati ad essere sostituiti all'esito di un ordinario giudizio di merito che le parti hanno la facoltà o l'obbligo di promuovere (come nel caso dei procedimenti cautelari o possessori). Nel caso, invece, del rito di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c., per come può dirsi ormai pacifico in dottrina e in giurisprudenza, la sommarietà è da riferirsi non al profilo della cognizione, bensì a quello dell'istruzione, nel senso che esso si caratterizza per una cognizione piena delle domande e delle eccezioni delle parti e postula unicamente la possibilità di uno svolgimento in forma semplificata dell'istruttoria, tale da garantire una generale accelerazione dei tempi del giudizio (finalità, questa, che sta alla base della sua stessa introduzione nel nostro ordinamento processuale). Tale conclusione appare rafforzata proprio dall'entrata in vigore del d.lgs. 150/2011 che ha assoggettato obbligatoriamente al rito sommario (senza, cioè, possibilità di conversione del rito da parte del tribunale, a differenza di quanto previsto dall'art. 702-ter c.p.c.) talune procedure (come ad esempio quella destinata alla liquidazione degli onorari degli avvocati per prestazioni in materia civile o le opposizioni ai decreti di pagamento per spese di giustizia), identificate, per come evincibile dalla relazione illustrativa, sulla base del carattere di semplificazione della trattazione o dell'istruzione (e non, quindi, della cognizione): appare, infatti, evidente che ove il rito in oggetto fosse assimilabile alle procedure «sommarie» si avrebbe una macroscopica violazione degli artt. 3 e 24 della Cost., precludendosi alle parti, nei procedimenti di cui agli artt. 14-30 d.lgs. 150/2011 le facoltà proprie della plena cognitio.

È da escludersi, per altro verso, che il rito sommario abbia natura cautelare - malgrado la collocazione sistematica delle nuove norme nella stessa sezione del codice dedicata a questa tipologia di procedimenti - prescindendo del tutto la sua instaurazione da profili di periculum in mora.

Diversi sono stati, negli ultimi anni, i tentativi di rendere il rito sommario di cognizione rito generale per le controversie civili.

Già, infatti, il 10 marzo 2016 la Camera dei Deputati aveva approvato il disegno di legge A.C. 2953-A che delegava il Governo, tra l'altro, ad applicare il rito sommario di cognizione - ridenominato «rito semplificato di cognizione di primo grado» - a tutte le controversie devolute al tribunale monocratico, diverse dalle controversie di lavoro. E' oggi, invece, all'esame del Senato il disegno di legge A.S. 1662 di «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie» che, per come chiarito nella relazione illustrativa, mira «a sostituire l'articolato procedimento ordinario di cognizione con un rito semplificato modellato sull'elastico schema procedimentale del rito sommario oggi previsto dall'art. 702-bis c.p.c.».

Il processo sommario di cognizione scelto dalla parte

Il processo con rito sommario di cognizione può instaurarsi, innanzitutto, su istanza di parte, qualora l'attore scelga tale modulo procedurale per la proposizione della domanda (artt. 702-bis e ss. c.p.c.). Essendo il rito sommario di cognizione giudizio a cognizione piena, con esso possono essere trattate domande di qualsiasi natura (di condanna, di accertamento, costitutive); l'unica limitazione sancita dal legislatore riguarda le cause assoggettate a riserva di collegialità (come individuate dall'art. 50-bis c.p.c.) in quanto ai sensi dell'art. 702–bis c.p.c. la domanda può essere introdotta nelle forme del rito sommario «nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica» e ai sensi dell'art. 702-ter c.p.c. se la domanda non rientra tra quelle in cui il tribunale giudica in composizione monocratica il giudice la dichiara inammissibile con ordinanza non impugnabile, senza che, quindi, siano possibili provvedimenti di mutamento del rito. La stessa sanzione di inammissibilità è prevista dall'art. 702-ter c.p.c. per la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto e soggetta a riserva di collegialità. La disposizione in questione, tuttavia, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che, qualora con la domanda riconvenzionale sia proposta una causa pregiudiziale a quella oggetto del ricorso principale e la stessa rientri tra quelle in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice adito possa disporre il mutamento del rito fissando l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. (Corte cost., 26 novembre 2020, n. 253).

Non è possibile, inoltre, il ricorso al rito sommario di cognizione a scelta di parte per le cause di competenza del giudice di pace o di un altro giudice diverso dal Tribunale, per come ha avuto modo di chiarire la Corte di cassazione (Cass. civ., sez. III, 29 ottobre 2019, n. 27591; Cass. civ., sez. VI, 11 novembre 2011, n. 23691). Più controversa la possibilità di ricorrere al rito sommario per la trattazione di alcune specifiche tipologie di giudizi di competenza del tribunale monocratico, come l'opposizione a decreto ingiuntivo, caratterizzata da istituti peculiari quali quelli di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. (per la concessione della provvisoria esecutività del decreto opposto o la sospensione della provvisoria esecutività già concessa dal giudice del monitorio) o l'impugnazione di delibera assembleare (anche in questo caso caratterizzata dalla possibilità di sospendere la delibera impugnata). Ancora più controversa l'applicabilità del modulo procedurale in esame ai procedimenti assoggettati al rito del lavoro. Da un lato, infatti, si è affermata la tesi positiva, proprio in considerazione della portata generale del rito sommario e della sua applicabilità a tutti i procedimenti di competenza del tribunale monocratico (cfr., nell'ambito della giurisprudenza di merito, Trib. Brescia, sez. lav., 15 ottobre 2014; Trib. Savona, ord. 11 febbraio 2016; Trib. Latina, ord. 3 marzo 2011; Trib. Lamezia Terme, ord. 12 marzo 2010; Trib. Napoli ord. 25 maggio 2010); dall'altro lato, viceversa, si è esclusa tale compatibilità, sia per ragioni di carattere letterale - perché l'art. 702-ter, nella parte in cui impone la conversione del rito sommario in rito ordinario se il giudice ritiene necessaria una istruttoria non sommaria, prevede la fissazione di udienza ex art. 183 c.p.c., estranea al rito del lavoro; sia per ragioni di carattere sistematico, in quanto l'art. 54 l. 69/2009, con cui il governo è stato delegato alla semplificazione dei procedimenti civili di cognizione rientranti nella giurisdizione ordinaria, ha individuato tre modelli processuali a cui ricondurre i vari procedimenti (rito ordinario di cognizione, rito sommario di cognizione, rito del lavoro), per cui rito del lavoro e rito sommario sarebbero indicati come modelli alternativi e non sovrapponibili tra loro; sia per ragioni di stretta opportunità, in quanto il rito lavoro offre già quelle caratteristiche di snellezza e celerità che possono portare a preferire il rito sommario a quello ordinario (cfr. Trib. Bologna, 5 giugno 2017; Trib. Modena, ord. 18 gennaio 2010; App. Lecce, 16 dicembre 2010).

Una volta che l'attore abbia introdotto il processo con rito sommario di cognizione, il giudice deve verificare se, anche all'esito delle difese del convenuto, il processo può essere definito nelle forme del rito sommario. Infatti, ai sensi dell'art. 702-ter c.p.c.: «Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'articolo 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II. Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale richiede un'istruzione non sommaria, il giudice ne dispone la separazione». Occorre, quindi, chiedersi in cosa consiste l'istruttoria non sommaria, che preclude la trattazione del processo nelle forme del rito sommario. Sul punto, all'indomani dell'entrata in vigore della riforma del 2009, sono state avanzate diverse ipotesi e, in particolare, si era paventato che il nuovo rito potesse trovare applicazione in relazione alle sole cause «semplici», in cui, cioè, apparisse manifestamente fondata o manifestamente infondata la domanda, senza, quindi, sostanzialmente necessità di istruzione (sono andati in tale direzione anche taluni protocolli, ad esempio il tribunale di Verona). Successivamente, la giurisprudenza di merito si è assestata nel senso di valutare l'ammissibilità il rito sommario a seconda della complessità dell'istruzione da svolgere, indipendentemente dalla complessità delle questioni giuridiche da trattare: si presteranno, pertanto, a tale modulo procedurale non solo le cause «semplici» prima ricordate, ma anche quelle giuridicamente complesse, caratterizzate, però, da un'istruttoria snella, destinata a concludersi nel giro di una o due udienze (perché ad esempio devono essere sentiti pochi testi su poche circostanze o deve essere espletata unicamente una CTU) o implicanti unicamente la necessità di risolvere questioni di diritto. La snellezza dell'istruttoria deve, inoltre, essere verificata non in astratto (con riferimento ai mezzi di prova indicati dalle parti), bensì in concreto, in relazione alle prove che il giudice ritenga ammissibile e rilevanti e, quindi, effettivamente da assumere; ciò al fine di evitare che il convenuto possa effettuare richieste istruttorie dilatorie, finalizzate unicamente ad ottenere il mutamento del rito.

Sarà, invece, bisognevole di una istruttoria non sommaria la causa che richieda l'audizione di molti testi, su molti capitoli di prova, ovvero indagini peritali particolarmente lunghe e complesse. In questo caso il giudice fisserà udienza ex art. 183 c.p.c. disponendo il mutamento del rito con ordinanza non impugnabile e invitando le parti alla regolarizzazione fiscale degli atti, in particolare per quanto riguarda l'importo del contributo unificato che dovrà essere integrato. In questo caso il processo proseguirà nelle forme ordinarie, per cui le parti potranno chiedere la concessione dei termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., il giudice ammetterà le prove ritenute rilevanti e all'esito dell'istruttoria il giudizio sarà definito con sentenza. Nel giudizio che prosegue con rito ordinario, peraltro, non rilevano le preclusioni maturate nella fase sommaria del procedimento, nulla in tal senso disponendo l'art. 702-bis e l'art. 702-ter c.p.c. (Cass. civ.,sez. III, 6 luglio 2020, n.13879).

Se, invece, il giudice decide di proseguire nelle forme del rito semplificato, l'istruttoria sarà condotta ai sensi del comma 5 dell'art. 702-ter c.p.c. il quale dispone che «alla prima udienza il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto». La formulazione della norma ricalca quella adottata dall'art. 669-sexies c.p.c. per l'istruzione del procedimento cautelare, salvo la sostituzione del termine «indispensabili» con quello «rilevanti» riferito agli atti di istruzione da compiere. Tale differenza non è di poco conto ed è giustificata proprio dalla diversa finalità del procedimento: quello cautelare, finalizzato ad un provvedimento che non ha caratteri di giudicato; quello sommario, finalizzato ad un provvedimento che può assumere i caratteri del giudicato e postula, invece, un accertamento approfondito della fondatezza delle domande e delle eccezioni proposte. Potranno, quindi, essere omesse solo le formalità che non siano necessarie per la piena realizzazione del diritto di difesa. Questo ha portato, ad esempio, i giudici di merito e i primi protocolli a stabilire la necessità della capitolazione delle prove ad opera delle parti e di indicazione specifica del nome dei testi (senza possibilità di portare liberamente, ad esempio, informatori come nei giudizi di natura cautelare), nonché la piena applicabilità delle norme procedurali sull'incapacità a testimoniare e quelle sostanziali sui divieti di prova tramite testimonianza (art. 2721 ss c.c.). Allo stesso modo dovranno essere capitolate le circostanze oggetto di interrogatorio formale e di giuramento della parte e la c.t.u. sarà caratterizzata dalla formulazione dei quesiti nel contraddittorio delle parti. La deformalizazione potrà essere attuata, invece, attuata in relazione a quelle formalità che non siano essenziali al contraddittorio (ad es. non necessarietà di citare a mezzo di ufficiale giudiziario o raccomandata i testi senza incorrere in decadenza; omissione delle forme e dei termini del sub procedimento di cui agli artt. 195 e ss. c.p.c. e possibilità per il CTU di giurare all'atto del deposito della perizia direttamente in udienza, ove i quesiti siano stati formulati, nel contraddittorio delle parti, nell'ordinanza che dispone la consulenza).

In evidenza

Nel procedimento sommario di cognizione l'art. 702-bis, commi 1 e 4, c.p.c., laddove dispone che ricorso e comparsa di risposta contengano, fra l'altro, l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali attore e convenuto intendano avvalersi, come dei documenti offerti in comunicazione, non valgono a segnare alcuna preclusione istruttoria e quindi non comportano, in caso di omissione, alcuna decadenza. La pronuncia dell'ordinanza avente ad oggetto l'eventuale riscontro della non sommarietà dell'istruzione individua la barriera preclusiva che impedisce alle parti la formulazione di nuove richieste istruttorie. (Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 2015 n. 25547). Anche con riferimento alla produzione di documenti, si è di recente chiarito, che non contemplando l'art. 702-bis, commi 1 e 4, c.p.c., alcuna sanzione processuale in relazione alla mancata indicazione dei documenti di cui il ricorrente ed il resistente intendano, rispettivamente, avvalersi, né alla mancata allegazione di detti documenti, al ricorso o alla comparsa di risposta, deve ritenersi ammissibile la produzione documentale successiva al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 702-ter c.p.c. (Cass. civ., sez. VI, 7 gennaio 2021, n. 46).

Il processo sommario di cognizione imposto dal legislatore

Nell'opera di semplificazione dei riti civili culminata nell'entrata in vigore del d.lgs. 150/2011, il legislatore ha assoggettato a rito sommario di cognizione talune procedure che, quindi, potranno essere instaurate e trattate solo con l'indicato modulo procedurale (salve le peculiarità dettate per i singoli procedimenti e i correttivi di cui all'art. 3 del medesimo d.lgs. 150/2011). Sono, in particolare, assoggettate a rito sommario di cognizione: le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato (art. 14); di opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia (art. 15); di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno del territorio nazionale in favore dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione Europea (art. 16); di allontanamento dei cittadini di altri Stati membri dell'Unione Europea o dei loro familiari (art. 17); di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell'Unione Europea (art. 18); di riconoscimento della protezione internazionale (art. 19); di opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché agli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare (art. 20); di opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio (art. 21); di azioni popolari e controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali (art. 22); di azioni in materia di eleggibilità e incompatibilità nelle elezioni per il Parlamento Europeo (art. 23); di impugnazione delle decisioni della Commissione Elettorale Circondariale in tema di elettorato attivo (art. 24); di riparazione a seguito di illecita diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche (art. 25); di impugnazione di provvedimenti disciplinari a carico dei notai (art. 26); di impugnazione delle delibere del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei giornalisti (art. 27); di controversie in materia di discriminazione (art. 28); di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità (art. 29); di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento (art. 30). Alle controversie di cui agli artt. 14-30 d.lgs. 150/2011 non si applicano, per espressa previsione, il secondo e il terzo comma dell'art. 702-ter c.p.c., per cui non vi sarà spazio per il mutamento del rito da parte del giudice, neppure se ritenga che la causa implichi un'istruzione non sommaria. La previsione, peraltro, ha anche suscitato delle critiche da parte dell'ufficio del Massimario, in quanto ai sensi dell'art. 54 della legge delega (l. 69/2009) avrebbero dovuto assoggettarsi a rito sommario le sole cause in cui fossero stati prevalenti «caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa», mentre il legislatore delegato ha finito per assoggettare a modulo semplificato anche cause rispetto alle quali l'attività istruttoria può rivelarsi non semplice, problematica ancor più accentuata dal fatto che per alcune controversie assoggettate a rito sommario è previsto un unico grado di merito (ad esempio, la liquidazione dei diritti e onorari degli avvocati, l'opposizione a decreto di pagamento delle spese di giustizia, l'espulsione dei cittadini di Stati non membri dell'Unione Europea).

Va segnalato, infine, che la riforma sulla responsabilità degli esercenti la professione sanitaria (l. 24/2017) ha previsto la forma del rito sommario di cognizione per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, ove fallisca il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto come condizione di procedibilità dalla medesima legge o non dia esito conciliativo il procedimento intrapreso ai sensi dell'art. 696-bis del c.p.c. dinanzi al giudice competente, sempre a fini di procedibilità. Si è osservato, tuttavia, che richiamando l'art. 8 l. 24/2017 gli artt. 702 bis e seguenti c.p.c., deve intendersi richiamato anche l'art. 702-ter, comma 3, c.p.c. che concede al giudice la facoltà di procedere a mutamento del rito qualora ritenga che la causa richieda un'istruttoria non sommaria.

Il processo sommario di cognizione scelto dal giudice

Anche qualora il processo sia introdotto con rito ordinario e non si verta in una delle materie di cui agli artt. 14-30 d.lgs. 159/2011, il giudice può disporre che il processo si svolga comunque con rito sommario di cognizione. Infatti, il d.l. 12 settembre 2014, n. 134 (convertito con modifiche dalla l. 162/2014), ha introdotto all'interno del codice di procedura civile un nuovo art. 183-bis, ai sensi del quale nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica introdotte a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della l. n. 162/2014, il giudice nell'udienza di trattazione, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, può disporre, previo contraddittorio anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che il processo prosegua a norma dell'art. 702-ter c.p.c, invitando le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza (ovvero in altra udienza, su richiesta di parte) i mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova contraria. In questo caso, quindi, la decisione circa l'opportunità di procedere con il rito sommario di cognizione è rimessa all'insindacabile valutazione del giudice, con l'unico limite rappresentato dalle cause soggette a riserva di collegialità, per cui è inderogabile, per espressa previsione della nuova norma, il rito ordinario. Deve, peraltro, segnalarsi che la legge di stabilità per l'anno 2016 (l. 208/2015) nel modificare la l. 89/2001 (c.d. legge Pinto), ha configurato l'instaurazione del processo con rito sommario e la richiesta del mutamento del rito da ordinario in sommario come rimedio preventivo per fronteggiare l'irragionevole durata del processo, a cui la parte ha l'onere di ricorrere ove intenda poi richiedere il risarcimento del danno da irragionevole durata del processo (cfr. nuovi artt. 1-bis e 1-ter della l. 89/2001).

Riferimenti
  • Buffone, Curtò, Ianni,

    Semplificazione dei riti civili, Milano, 2013, 51 e ss.;
  • Ufficio del Massimario della Suprema Corte di cassazione, Relazione illustrativa sullo schema di decreto legislativo in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione.