Il rapporto di lavoro dei riders tra qualificazione, diritti sindacali ed azionabilità del ricorso ex art. 28 l. n. 300/70

Ilaria Dal Lago
23 Aprile 2021

Anche a voler qualificare i rapporti individuali di lavoro dei riders in termini di collaborazioni organizzate dal committente, il richiamo operato dall'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato...
Massima

Anche a voler qualificare i rapporti individuali di lavoro dei riders in termini di collaborazioni organizzate dal committente, il richiamo operato dall'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato non attribuisce agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali la legittimazione ad attivare il procedimento ex art. 28 l. n. 300/70 in relazione a conflitti che si sviluppano nell'ambito delle collaborazioni eterorganizzate.

V. anche P. Staropoli, I riders sono lavoratori autonomi e il loro CCNL è legittimo: no al ricorso all'art. 28 dello Statuto

Il caso

Con la pronuncia in esame la Sezione Lavoro del Tribunale di Firenze ha rigettato il ricorso ex art. 28 l. n. 300/70 proposto dagli organismi fiorentini di Nidil CGIL, Filt CGIL e Filcams CGIL contro Deliveroo Italy S.r.l., nota impresa nel settore del food delivery.

Il contenzioso instaurato dalle sigle sindacali originava dalla sottoscrizione da parte di Assodelivery, associazione datoriale, e di UGL Rider, organizzazione sindacale, di un C.C.N.L. c.d. pirata e dalla specifica comunicazione aziendale che aveva imposto ai ciclofattorini l'accettazione di tale contrattazione collettiva come condizione per continuare a lavorare.

Le sigle ricorrenti denunciavano la violazione del diritto delle organizzazioni sindacali ad essere consultate ed informate nella gestione di provvedimenti a rilevanza collettiva come quelli assunti da Deliveroo Italy S.r.l.

Tuttavia, ai fini del presente commento, non viene in rilievo il merito della lamentata condotta antisindacale; quest'ultima non è stata indagata dal Giudice fiorentino, che ha accolto una delle eccezioni preliminari svolte dall'azienda. Infatti, ritenuta sussistente la competenza territoriale del Tribunale adito, è stata esclusa la legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali ricorrenti, ritenendosi applicabile il procedimento ex art. 28 l. n. 300/70 esclusivamente ai conflitti insorti nell'ambito dei rapporti di natura subordinata, tali non potendosi qualificare i rapporti dei riders.

La questione

La notizia della pronuncia in questione è stata accompagnata da considerazioni spesso fuorvianti rispetto al reale contenuto della stessa. È stata infatti annunciata come riconoscimento della natura autonoma del rapporto di lavoro individuale dei ciclofattorini, nonché come legittimazione dei contenuti del c.d. C.C.N.L. Rider (siglato il 15 settembre 2020 tra Assodelivery e UGL Rider). Invero, la citata fonte contrattuale e la conseguente condotta antisindacale denunciata non sono state affatto esaminate dal Giudice del Lavoro, che non ha avuto la necessità di addentrarsi nella loro disamina, avendo rigettato il ricorso in punto di carenza di legittimazione attiva a proporlo.

Anche nell'ambito dell'accertamento incidentale in merito alla natura del rapporto di lavoro dei riders, il Giudice fiorentino non ha né considerato né ratificato il contenuto del predetto C.C.N.L., avendo preferito svolgere considerazioni su allegazioni, atti e documenti di causa alla luce delle più recenti elaborazioni giurisprudenziali in materia (cfr. Corte d'Appello di Torino, n. 26/2019). Peraltro, pur nell'implicito convincimento della natura autonoma di tali rapporti (che esclude in radice l'azionabilità dell'art. 28 l. n. 300/70), il Tribunale ha comunque indagato la possibilità di esperire il procedimento per la repressione della condotta antisindacale nella diversa ipotesi qualificatoria di collaborazioni eterorganizzate ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.

Tale ulteriore indagine pare essere esperita dal Giudice fiorentino al fine di garantire maggiore stabilità alla propria pronuncia, laddove – in ragione della natura sommaria del rito – ha ritenuto di non procedere all'assunzione delle prove costituende per l'accertamento incidentale della natura dei rapporti di lavoro. Ancora, l'indagine sull'azionabilità dell'art. 28 S.L. nell'ambito delle collaborazioni organizzate dal committente assume un sapore “cautelativo”, essendo ben noti i contenuti della pronuncia della Cassazione an. 1663/2020 (che, pur lasciando aperte diverse ipotesi qualificatorie in considerazione dei concreti elementi fattuali di volta in volta accertati, ha confermato il dispositivo della Corte d'Appello di Torino, ritenendo applicabile al rapporto di lavoro intercorso tra le parti l'art. 2 d.lgs. n. 81/2015).

In tal senso il decreto del Tribunale di Firenze si inserisce nell'alveo di quelle pronunce che, nella vasta vicenda dei ciclofattorini e delle piattaforme digitali, si possono ormai definire di “seconda generazione”; nel senso che - superata ed appianata in modo più o meno definitivo la questione e l'esigenza qualificatoria – si passa ad indagare l'applicabilità dei singoli istituti ai rapporti di lavoro dei riders.

Questa seconda fase giurisprudenziale, d'altronde, era stata preannunciata da un'ampia dottrina, che all'indomani della citata sentenza di Cassazione evidenziava diverse perplessità sull'applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni eterorganizzate, in particolare se la stessa “possa avvenire integralmente, o debba, in qualche modo, essere filtrata da una preliminare verifica di compatibilità” (Di Paola L., La disciplina del lavoro subordinato applicabile alle collaborazioni ex art. 2, d.lgs. n. 81/2015, comprende anche quella sui licenziamenti? in ilGiuslavorista.it, Giurisprudenza commentata dal 2 marzo 2020).

Si tratta proprio del vaglio che il Giudice fiorentino ha compiuto sul procedimento di cui all'art. 28 l. n. 300/70.

Le soluzioni giuridiche

Come anticipato, il controllo di compatibilità dell'art. 28 S.L. con le collaborazioni ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 è stato risolto in senso negativo dal Giudice del Lavoro di Firenze.

Per comprendere ed eventualmente criticare l'approdo del Tribunale fiorentino su una questione che lo stesso definisce di “assoluta novità…estrema complessità ed opinabilità”, occorre svolgere qualche considerazione preliminare sul procedimento di repressione della condotta antisindacale, a partire dalla sua collocazione nello Statuto dei lavoratori.

Infatti, la relativa disposizione (art. 28) è posta ad apertura del Titolo IV della l. n. 300/70 (Disposizioni varie e generali), dopo i Titoli dedicati alla libertà e dignità del lavoratore, alla libertà sindacale e all'attività sindacale. Una posizione significativa, in quanto la norma è evidentemente posta a garanzia dell'effettività dei diritti sindacali ampiamente intesi e della correttezza sindacale nei luoghi di lavoro. Infatti, i beni protetti dalla norma, in essa direttamente elencati, sono la libertà sindacale, l'attività sindacale ed il diritto di sciopero (l. 20 maggio 1970 n. 300 – Repressione della condotta antisindacale, Codice del lavoro commentato e CCNL in pluris-cedam.utetgiuridica.it).

Con specifico riferimento alla legittimazione attiva, il procedimento di cui all'art. 28 l. n. 300/70 è azionabile dagli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse. Invero, per la completa definizione della legittimazione ad azionare l'art. 28, occorre porre in relazione tale disposizione con quelle immediatamente precedenti che definiscono il contenuto delle libertà e attività sindacali. Se ne ricava che la legittimazione ad esperire lo speciale strumento di cui all'art. 28 S.L. è riservata alle sole organizzazioni sindacali dei lavoratori subordinati. Sul punto la Corte costituzionale ha chiarito che “Altro è la libertà di organizzazione sindacale, che l'art. 39 Cost., riconosce e garantisce a tutti i lavoratori, siano essi subordinati o autonomi, ed altro è il diritto di svolgere attività sindacale all'interno dei luoghi di lavoro, che l'art. 14 dello Statuto dei lavoratori assicura, nei confronti dei datori di lavoro, in necessaria correlazione con l'esistenza di rapporti di lavoro o di impiego subordinato. La disposizione dell'art. 14, come quelle degli artt. 20 e 27…costituiscono una speciale forma di tutela del lavoro subordinato…in funzione del fatto che essi prestano con continuità la loro opera nell'interno di una comunità organizzata di lavoro” (Corte cost. n. 241/1975).

Da allora la giurisprudenza non ha esitato ad escludere l'applicabilità dell'art. 28 ai sindacati dei lavoratori autonomi, nel cui novero vengono tradizionalmente ricondotti anche i lavoratori parasubordinati.

Con particolare riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative, il legislatore le menziona espressamente e le accosta al lavoro subordinato solo nell'ambito di una disposizione squisitamente processuale (art. 409, comma 1, n. 3 c.p.c.): un “mero dato formale accomunante costituito dall'assoggettamento sia delle controversie relative a rapporti di lavoro subordinato, sia di quelle relative a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa alla medesima disciplina di cui all'art. 409 c.p.c.” che, in quanto, come sopra osservato, è di rilievo esclusivamente processuale, non può essere idoneo a costituire di per sé il fondamento di una lettura estensiva dell'art. 28 L. 300/70 (in tal senso, Cass. sez. lav., n. 18975/2015, nella nota vicenda dell'azionabilità dell'art. 28 da parte delle O.O.S.S. dei medici convenzionati con il SSN).

Parimenti, con la pronuncia in esame, il Tribunale di Firenze, sostenendo il carattere autonomo dei rapporti di lavoro dei riders di Deliveroo Italy S.r.l. e comunque riconducendo le collaborazioni organizzate dal committente nell'alveo del lavoro autonomo, ha escluso l'azionabilità dell'art. 28 l. n. 300/70 da parte delle relative organizzazioni sindacali.

Una conclusione che il Giudice fiorentino ritiene obbligata anche alla luce di ulteriori argomentazioni, non solo logico-sistematiche, ma anche e soprattutto di carattere letterale.

Innanzitutto, la non azionabilità dell'art. 28 S.L. nell'ambito delle collaborazioni eterorganizzate si ricaverebbe da una delle deroghe previste dal legislatore al secondo comma dell'art. 2 del d.lgs. n. 81/2015; infatti, la disciplina del rapporto di lavoro subordinato non si applica a quelle “collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardo il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore” (art. 2, comma 2, lett. a, d.lgs. n. 81/2015).

Se il legislatore ha ritenuto che tali collaborazioni, dotate di specifica regolamentazione in punto di trattamento economico e normativo, non necessitino della “copertura” apprestata dal primo comma, vuol dire allora che l'estensione della disciplina del lavoro subordinato quale forma di tutela delle collaborazioni organizzate dal committente non può che concernere la sola disciplina sostanziale della subordinazione, con conseguente impossibilità di estendere norme di tutela squisitamente processuale come quella in esame.

Ancora, il confronto testuale tra primo e secondo comma dell'art. 2 d.lgs. n. 81/2015, con lo specifico riferimento al solo trattamento economico e normativo dei singoli prestatori di lavoro, permetterebbe di escludere l'applicabilità dell'art. 28 st. lav. in quanto norma posta a tutela delle organizzazioni sindacali portatrici di interessi collettivi, anziché dei titolari individuali dei rapporti di collaborazione eterorganizzata.

A chiusura il Tribunale fiorentino pone un ulteriore argomento letterale. Il riferimento è all'art. 47-quinquies del d.lgs. n. 81/2015 (sul richiamo normativo in questione la pronuncia contiene un refuso laddove è riportato il d.lgs. n. 81/08 in luogo del d.lgs. n. 81/2015): anche tale disposizione, introdotta con l. n. 128/2019 e riferita ai lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui attraverso piattaforme anche digitali, parrebbe escludere l'estensione ai rapporti di lavoro autonomo e/o occasionale dei riders dell'art. 28 l. n. 300/70, essendo in essa contenuto il solo richiamo alla disciplina antidiscriminatoria e di tutela della libertà e dignità del lavoratore prevista per i lavoratori subordinati (pertanto, l'estensione parrebbe riguardare soltanto il Titolo I dello Statuto dei lavoratori).

Osservazioni

La pronuncia in esame torna a fare i conti con il difficile superamento della dicotomia tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. Infatti, il Giudice fiorentino avverte come imprescindibile e strumentale l'inquadramento dei rapporti di lavoro sottesi nell'ambito della subordinazione o dell'autonomia, al fine di stabilire la legittimazione ad attivare lo speciale procedimento di repressione della condotta antisindacale in capo alle relative O.O.S.S.. Ciò, soprattutto, sulla scorta di quella casistica giurisprudenziale passata che ha strettamente relegato l'azionabilità dell'art. 28 l. n. 300/70 all'alveo della subordinazione.

Si concretizzano allora i timori di quella dottrina che già qualche anno fa osservava come “…il sistema di diritto sindacale risulta strettamente connesso al lavoro subordinato: tale aspetto potendo limitare considerevolmente le possibilità di tutela di prestatori rigorosamente qualificati come autonomi, nel caso del lavoro con le piattaforme (pur fittizio che ciò ipoteticamente sia)” (si esprime in questi termini Lassandari A., Problemi di rappresentanza e tutela collettiva dei lavoratori che utilizzano le tecnologie digitali, in Quad. RGL, 2017, n. 2, p. 62).

Ed ancora “La dottrina ha riconosciuto che la costruzione di organizzazioni sindacali di riders digitali e il relativo esercizio di diritti sindacali, incluso il conflitto collettivo, sono imprescindibilmente legati alla qualificazione del rapporto, poiché se si tratta di lavoratori subordinati l'applicazione delle norme relative alla libertà e azione sindacale è pacifica, ma se si tratta di lavoratori autonomi o microimprenditori, l'estensione delle medesime norme diventa molto più complessa” (Pacella G., Le piattaforme di food delivery in Italia: un'indagine sulla nascita delle relazioni industriali nel settore, in Labour & Law Issues, vol. 5 n. 2/2019, p. 184).

L'impellenza di ricondurre all'uno o all'altro genus i rapporti di lavoro sottesi si avverte laddove il Tribunale fiorentino, anche dopo averli qualificati espressamente come autonomi, ipotizza la configurabilità di collaborazioni organizzate dal committente, affrettandosi comunque a precisare che “nel prevedere che alle collaborazioni siffatte si applichi soltanto la disciplina del lavoro subordinato ex art. 2094 c.c.” l'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 conferma “come esse, a livello di fattispecie, continuino ad appartenere alla categoria del lavoro autonomo”.

Si tratta, tuttavia, di quella tendenza qualificatoria che mal si attaglia al lavoro su piattaforme digitali e che la stessa Sezione Lavoro di Cassazione ha cercato di scongiurare parlando di “norma di disciplina”, sganciata appunto da qualsivoglia necessità di qualificazione nel senso della subordinazione o dell'autonomia o addirittura di un tertium genus (cfr. punto n. 24 Cass. sez. lav. n. 1663/2020).

Sul punto i giudici di legittimità hanno condotto un'interessante ricognizione della ratio sottesa all'introduzione della norma di disciplina di cui al primo comma dell'art. 2 d.lgs. n. 81/2015: la pericolosa reviviscenza delle vecchie collaborazioni coordinate e continuative, che consegue alla circostanza di fare “salvo quanto disposto dall'articolo 409 del codice di procedura civile” (art. 52, comma 2, d.lgs. 81/2015) unitamente all'abrogazione della normativa del lavoro a progetto, ha indotto il legislatore a valorizzare taluni indici fattuali (personalità, continuità, etero-organizzazione) sufficienti a giustificare l'applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro subordinato.

In altre parole, al di là di ogni qualificazione, vengono individuate a priori e “tipizzate” circostanze in cui potrebbe ricorrere uno squilibrio di poteri e conseguente debolezza del prestatore di lavoro.

Un intento protettivo confermato dalla novella del 2019, che amplia la tipizzazione delle situazioni meritevoli dell'integrale tutela del lavoro subordinato: infatti, la l. n. 128/2019 esplicita la configurabilità delle collaborazioni eterorganizzate anche nelle ipotesi in cui “le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali” (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 così come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a d.l. n. 101/2019, convertito dalla l. n. 128/2019) ed allenta gli indici sintomatici di una collaborazione organizzata dal committente (prevalenza in luogo dell'esclusività della prestazione personale).

Pare allora evidente come sia giunto il tempo di un rovesciamento di prospettiva, partendo dal lavoro che la Costituzione intende tutelare in tutte le sue forme, dotandolo di un correndo di diritti individuali e collettivi, funzionali al conseguimento di un disegno egualitario (si esprime in questi termini Martelloni F., La tutela del lavoro nel prisma dell'art. 35 Cost., in RIDL, fasc. 3/2020, p. 399).

Alla luce di tali considerazioni, si comprende come il Giudice fiorentino abbia compiuto uno sforzo qualificatorio in realtà non richiesto e forse addirittura fuorviante, soprattutto nella parte in cui ha ricondotto le collaborazioni eterorganizzate al genus del lavoro autonomo.

Laddove deponga per la sussistenza di una collaborazione ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015, il Giudice ha già accertato uno squilibrio di poteri e una condizione di debolezza del lavoratore che il legislatore impone di tutelare con la disciplina del lavoro subordinato.

Rispetto all'estensione di tale disciplina, giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità non ha individuato nella legislazione “alcun criterio idoneo a selezionare la disciplina applicabile”, anche se “non possono escludersi situazioni in cui l'applicazione integrale della disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile con le fattispecie da regolare” (punti n. 40 e 41 Cass. sez. lav. n. 1663/2020).

Ebbene, a fronte di collaborazioni eterorganizzate, risulta sterile rimarcare la natura autonoma di tali rapporti, rendendosi al più necessario un vaglio di compatibilità ontologica con le stesse delle singole tutele del lavoro subordinato.

Compatibilità che nel caso di specie, con riferimento allo strumento dell'art. 28 l. n. 300/70, viene esclusa dal Giudice fiorentino sulla base di argomenti prettamente letterali, che dimenticano la finalità protettiva ispiratrice degli interventi legislativi del 2015 e del 2019.

Il primo dato letterale evidenziato dal Tribunale appare piuttosto debole: il legislatore del 1970 indicando come soggetto attivo della condotta sindacale il solo “datore di lavoro” (e non il committente) avrebbe inteso relegare l'azionabilità dell'art. 28 st. lav. al solo lavoro subordinato. Trattasi evidentemente di un dato letterale per forza di cose anacronistico, considerato che difficilmente il legislatore dello Statuto si sarebbe potuto prefigurare una simile evoluzione del mercato e della disciplina del lavoro, sganciata addirittura dalla tradizionale dicotomia lavoro autonomo/subordinato.

Seguendo invece una ricostruzione logico-sistematica si può osservare che lo strumento processuale di cui all'art. 28 è posto a tutela delle libertà e attività sindacali riconosciute nei precedenti Titoli dello Statuto. Come ben illustrato dalla Corte costituzionale, tali diritti e libertà (e conseguentemente il procedimento per repressione di condotta antisindacale) non hanno ragion d'essere nell'ambito del lavoro autonomo, dove non sussiste una condizione di squilibrio e di debolezza tale da ingenerare una simile esigenza protettiva.

Mettendo da parte le qualificazioni (non più funzionali, come si è visto), proprio tale condizione di squilibrio di poteri e di debolezza del prestatore di lavoro sussiste invece nell'ambito delle collaborazioni eterorganizzate, al punto che il legislatore ha avvertito l'esigenza di tipizzarla. Non si rileva allora alcuna incompatibilità ontologica tra le ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 e l'applicazione di tutte le norme contenute nella l. n. 300/70, ivi comprese quelle dedicate ai diritti sindacali.

Ed invero, anche se il Tribunale sembra farne una questione meramente e squisitamente processuale, la pronuncia in esame pare avere implicazioni di maggiore rilevanza in termini di estensione e riconoscimento dei diritti e delle libertà di cui ai Titoli II e III della l. n. 300/70 alle collaborazioni eterorganizzate.

Infatti, l'affermazione per cui le O.O.S.S. ricorrenti non sono legittimate ad azionare lo speciale procedimento di cui all'art. 28 l. n. 300/70 merita una specificazione. Un conto è dire che la legittimazione manca perché alle collaborazioni ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 non si estende lo specifico strumento processuale, altro conto è dire che le organizzazioni sindacali non possono esperire l'art. 28 perché più a monte non si estendono a tali collaborazioni le tutele (sostanziali) di cui ai precedenti Titoli II e III.

Tale specificazione è importante perché solo nel primo caso le organizzazioni sindacali potranno comunque ricorrere agli ordinari strumenti di tutela processuale (ricorso ex art. 414 c.p.c. o ex art. 700 c.p.c. ove ne sussistano gli specifici presupposti).

Sul punto la pronuncia del Giudice del Lavoro di Firenze risulta “vaga”: se da un lato insiste per la riconduzione delle collaborazioni eterorganizzate al lavoro autonomo ed afferma che per “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015 debba intendersi solo quella destinata ai singoli prestatori di lavoro e non anche alle organizzazioni sindacali portatrici, dall'altro, nel momento in cui esclude espressamente “l'estensione ai rapporti di lavoro autonomo e/o occasionale dei riders l'operatività del Titolo IV dello Statuto dei lavoratori”, non fa alcuna menzione dei precedenti Titoli II e III.

Guida all'approfondimento

- Pacella G., Le piattaforme di food delivery in Italia: un'indagine sulla nascita delle relazioni industriali nel settore, in Labour & Law Issues, vol. 5 n. 2/2019, pp. 181-195;

- Di Meo R., I diritti sindacali nell'era del caporalato digitale, in Labour & Law Issues, vol. 5 n. 2/2019, pp. 65-79;

- Lassandari A., Problemi di rappresentanza e tutela collettiva dei lavoratori che utilizzano le tecnologie digitali, in Quad. RGL, 2017, n. 2, pp. 59-70;

- Martelloni F., La tutela del lavoro nel prisma dell'art. 35 Cost., in Rivista Italia di Diritto del Lavoro, fasc. 3/2020, p. 399;

- Di Paola L., La disciplina del lavoro subordinato applicabile alle collaborazioni ex art. 2, d.lgs. n. 81/2015, comprende anche quella sui licenziamenti? in ilGiuslavorista.it, Giurisprudenza commentata dal 02 marzo 2020;

- Legge 20 maggio 1970 n. 300 – Repressione della condotta antisindacale, Codice del lavoro commentato e CCNL in pluris-cedam.utetgiuridica.it;

- Giugni G., Libertà sindacale in Dig. Comm. IX Utet, Torino, 1993, pp. 17-37.

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