Nessuna violazione di legge se il giudice non ha disposto il rinvio dell'udienza richiesta dal difensore via PEC
26 Aprile 2021
Nel processo penale, deve confermarsi l'esclusione della possibilità per le parti private di utilizzare la posta elettronica certificata per comunicazioni, notificazioni ed istanze. Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13789/2021, depositata il 13 aprile.
La Corte d'Appello di Firenze confermava la condanna di prime cure di due imputati per una serie di episodi di truffa. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione deducendo violazione di legge processuale in quanto il difensore aveva inviato istanza di rinvio dell'udienza a mezzo PEC alla Corte d'Appello, richiesta che era stata accettata del sistema e di cui il legale si era accertato telefonicamente che sarebbe stata sottoposta alla Corte. Ciononostante, il processo si era celebrato comunque in assenza dell'imputato e del suo difensore.
La Corte sottolinea che, non essendo nel caso di specie applicabile nemmeno la normativa emergenziale introdotta a seguito della pandemia da COVID-19, deve confermarsi l'esclusione della possibilità per le parti private del processo penale di utilizzare la posta elettronica certificata nelle comunicazioni, notificazioni e istanze. Viene però precisato che l'istanza non è irricevibile, ben potendo essere comunque portata alla conoscenza del giudice come “fatto” potenzialmente idoneo ad integrare cause che impongono il differimento del processo, a prescindere dalla modalità con cui il giudice ne sia venuto a conoscenza. Con specifico riferimento ad una istanza di rinvio per impedimento del difensore trasmessa a mezzo PEC, la stessa Corte ha recentemente spiegato che: «(a) non è prevista una modalità particolare di trasmissione delle istanze di rinvio, sicché può ritenersi operativa la disposizione contenuta dell'art. 121 c.p.p., che prescrive le modalità "tipiche" di trasmissione delle istanze attraverso il deposito in cancelleria; (b) l'impedimento del difensore - ed è questo l'elemento decisivo - può essere rilevato anche d'ufficio, sicché lo stesso può essere tratto da ogni elemento disponibile, comunque lo stesso giunga alla conoscenza del giudice, dunque anche attraverso un atto trasmesso con modalità atipiche, ovvero con la posta elettronica». È stato inoltre precisato che «mentre il deposito in cancelleria, essendo una modalità di comunicazione "tipica", esonera il richiedente dall'onere di verificare che l'istanza giunga effettivamente a conoscenza del giudice, la richiesta inviata tramite posta elettronica non essendo - allo stato - inquadrabile come comunicazione "atipica", non onera il giudice a prenderla in considerazione, se non quando la stessa sia portata a sua effettiva conoscenza» (Cass. Pen. n. 3436/2020). Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Fonte: ilprocessotelematico.it |