Agevolazione “prima casa” e separazione consensuale: il coniuge non affidatario ha diritto di poter accedere nuovamente all'agevolazione
19 Maggio 2021
Massima
Nel caso di separazione consensuale che preveda l'attribuzione in godimento della casa familiare all'altro coniuge, il coniuge proprietario o comproprietario non assegnatario possiede i requisiti per accedere all'agevolazione c.d. prima casa, non essendo proprietario di altra casa di abitazione effettivamente idonea a soddisfare le proprie esigenze abitative. Il caso
Nel 2013, Tizio acquistava un immobile abitativo a Roma usufruendo dell'agevolazione fiscale prevista per l'acquisto della prima casa dopo che l'accordo di separazione consensuale, omologato dal Tribunale di Viterbo, assegnava la casa famigliare di Viterbo all'altro coniuge. Nel 2016, l'Agenzia delle entrate contestava l'utilizzo di tale agevolazione, revocandola e disponendo il pagamento della maggior quota oltre alle sanzioni e agli interessi. L'Agenzia sosteneva infatti che Tizio. non potesse beneficiare nuovamente dell'agevolazione dal momento che ne aveva già usufruito per l'acquisto della casa famigliare di Viterbo, di cui risultava ancora comproprietario per la quota del 50%. Tizio contestava dinnanzi alla Commissione tributaria provinciale (d'ora CTP) l'illegittimità dell'atto impositivo dal momento che in seguito alla separazione consensuale e l'assegnazione della casa all'altro coniuge, non poteva più usufruire dell'immobile di Viterbo trovandosi costretto, dunque a comprarne un altro, sfruttando l'agevolazione fiscale per la prima casa. Il giudice di primo grado tuttavia respingeva il ricorso, ritenendo che l'assegnazione della casa coniugale all'altro coniuge non configurasse un diritto reale, ma piuttosto un diritto personale di godimento. Per questo motivo, dal momento che gli ex coniugi rimanevano entrambi proprietari, Tizio non poteva servirsi nuovamente dell'agevolazione prevista. Investita da Tizio dell'impugnazione la Commissione tributaria regionale del Lazio (d'ora in avanti CRT), richiamando la giurisprudenza di legittimità sul punto, ha accolto l'appello e ha ritenuto che il ricorrente avesse i requisiti per accedere all'agevolazione, non avendo altro immobile idoneo per soddisfare le proprie esigenze abitative. La questione
La decisione in commento affronta la questione se il contribuente, titolare di un immobile acquistato con le c.d. agevolazioni prima casa, poi assegnata all'altro coniuge, possa nuovamente fruire del beneficio per acquistare un immobile atto a soddisfare le proprie esigenze abitative. Le soluzioni giuridiche
Il tema rientra nell'agevolazione fiscale relativa all'acquisto della prima «casa di abitazione» così come previsto dall'art. 1, nota 2-bis della Tariffa parte prima allegata al d.P.R. n. 131/1986, la cui ratio è di favorire l'acquisto di un alloggio per sopperire ai bisogni abitativi. Per l'ottenimento dell'agevolazione, non solo l'acquirente non deve essere titolare dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare, ma nemmeno deve averne già usufruito su tutto il territorio nazionale. Nel caso dell'utilizzo dell'agevolazione da parte del coniuge non assegnatario della casa coniugale, il punto nevralgico della normativa riguarda il requisito della non possidenza di altri immobili ad uso abitativo. Sul tema, infatti, si constano due differenti indirizzi giurisprudenziali. Da una parte, la Cassazione ha fornito un'interpretazione in senso oggettivo ritenendo che il coniuge non assegnatario, rimanendo proprietario dell'immobile, non soddisfi i criteri per l'agevolazione della prima casa dal momento che la separazione ha assegnato solamente un diritto personale di godimento al coniuge assegnatario (Cass. civ. sez. VI, 18 luglio 2016, n.14673). Impostazione quest'ultima seguita recentemente anche dalla giurisprudenza di merito (C.t.r. Lombardia, sez. XXI, 20 dicembre 2020 n. 3212). Dall'altra parte, invece, un differente indirizzo giurisprudenziale ha ritenuto che il coniuge non assegnatario della casa famigliare non potesse usufruire dell'immobile, trovandosi nella situazione di essere titolare di quote di un immobile inidoneo a soddisfare le proprie esigenze abitative, e dunque potesse beneficiare dell'agevolazione (Cass. civ. ord. 22 ottobre 2014, n. 22490). Anche tale interpretazione ha ricevuto una recente applicazione da parte della giurisprudenza di merito (C.t.p. Reggio Emilia, 2 gennaio 2019). Queste ultime pronunce, perciò, si inseriscono in quel più ampio filone giurisprudenziale che ha fornito un'interpretazione estensiva alla normativa riconoscendo l'agevolazione in questione anche a chi, pur possedendo un immobile, non possa in concreto abitarlo, sia per ostacoli materiali che giuridici (Cass. civ sez. trib., 07 agosto 2009, n.18129). È proprio quest'ultimo orientamento alla base del principio di diritto richiamato dal C.t.r. Lazio in sede d'appello. Seppur la fattispecie non è pienamente coincidente, la Corte richiama la recente sentenza della Cassazione, in cui si è statuito che ai fini della fruizione dei benefici per l'acquisto della prima casa la nozione di «casa di abitazione» deve essere intesa nel senso di alloggio concretamente idoneo, sia sotto il profilo materiale che giuridico, a soddisfare le esigenze abitative dell'interessato, dovendosi intendere tale idoneità insussistente nel caso in cui l'immobile sia locato a terzi (Cass. civ. 27 luglio 2018, 19989). Per la C.t.r. si deve condividere la prospettazione secondo cui la separazione consensuale non conferisce un diritto reale ma un diritto personale di godimento sulla casa coniugale al coniuge affidatario. Nel giudizio di primo grado, tale impostazione era stata accolta dal giudice per negare al ricorrente la possibilità di servirsi dell'agevolazione, dal momento che risultava ancora comproprietario con l'ex coniuge dell'abitazione. Diversamente per la C.t.t. da ciò però non si può dedurre che il contribuente sia escluso dall'agevolazione, dal momento che il provvedimento di separazione impedisce al signor A. F. di fruire dell'immobile per le proprie esigenze abitative. Per questi motivi l'appello del contribuente è stato accolto. Osservazioni
Se oramai la giurisprudenza ritiene pacifica la possibilità di ricorrere all'imposta agevolata nel caso in cui in seguito alla separazione personale o al divorzio l'immobile sia ceduto a terzi (Cass.civ. sez. trib., 21 marzo 2019, n. 7966; Cass.civ. sez. trib., 29 marzo 2017, n. 8104) o all'altro coniuge (Cass.civ sez. trib. 16 marzo 2016, n.5156), vi è, come richiamato precedentemente, un contrasto giurisprudenziale sull'ammissibilità a godere di tale agevolazione qualora l'immobile rimanga in comproprietà. Alla luce del caso di specie e della ricostruzione operata, si ritiene che sia da preferirsi l'interpretazione estensiva per tre motivi. Innanzitutto, come sostenuto dalla Corte di Cassazione, questa impostazione, infatti, persegue il fine di favorire i coniugi nel trovare un accordo nel disciplinare i rapporti patrimoniali in occasione della crisi, escludendo che vi possano derivare delle ripercussioni fiscali sfavorevoli (cfr. Cass.civ. sez. trib., 29 marzo 2017, n. 8104). Poi, come riconosciuta dalla stessa Corte costituzionale, si pone anche come un'interpretazione costituzionalmente orientata (Cort. cost. ord. 06 luglio 2011, n. 203). Infine, solo con tale interpretazione, si permette una piena valorizzazione e realizzazione della ratio dell'agevolazione stessa che consiste nel favorire l'acquisto di un immobile per sopperire ai bisogni abitativi dell'acquirente. La sentenza in esame, perciò, rappresenta un ulteriore tassello nel fornire una maggiore tutela al coniuge non assegnatario valorizzando l'impossibilità materiale di usufruire dell'immobile ai fini abitativi a causa dell'accordo di separazione. |