Sulla qualificazione in senso “unitario e globale” delle obbligazioni di controllo che gravano sui sindaci per l'intera durata del loro incarico

01 Giugno 2021

Il testo dell'art. 2402 c.c. risulta univoco nell'indicare che quella spettante ai sindaci è, propriamente, una "retribuzione annuale", secondo quanto è coerente, del resto, con la durata che connota, come scansione dell'attività di impresa, l'"esercizio sociale". Ne segue, allora, che è con questa unità di misura (della singola annualità) che l'inadempimento degli obblighi di controllo deve venire a confrontarsi...
Massima

Il testo dell'art. 2402 c.c. risulta univoco nell'indicare che quella spettante ai sindaci è, propriamente, una "retribuzione annuale", secondo quanto è coerente, del resto, con la durata che connota, come scansione dell'attività di impresa, l'"esercizio sociale". Ne segue, allora, che è con questa unità di misura (della singola annualità) che l'inadempimento degli obblighi di controllo deve venire a confrontarsi in relazione al riconoscimento del diritto al compenso del sindaco. Secondo quanto correttamente ritenuto dall'impugnato decreto del Tribunale di Vicenza, il carattere sinallagmatico delle prestazioni dedotte in contratto si viene pertanto a puntualizzare sull'unità temporale della (medesima) annualità, corrispondente alla durata dell'esercizio sociale.

Il caso

Con ricorso depositato presso la Suprema Corte di Cassazione, il Fallimento di una s.p.a., in persona del curatore pro tempore, impugnava il decreto del Tribunale di Vicenza con il quale erano state parzialmente accolte le opposizioni al decreto del Giudice Delegato di esclusione dall'insinuazione al passivo fallimentare delle domande di ammissione - in via privilegiata - svolte da due sindaci della s.p.a. poi fallita, con riferimento ai corrispettivi maturati per l'attività dai medesimi svolta in favore della s.p.a. nel quadriennio 2014-2017.

Il Giudice Delegato aveva respinto in toto le domande di insinuazione al passivo fallimentare svolte dai sindaci poiché il collegio sindacale sarebbe rimasto inadempiente sino a tutto l'esercizio 2014.

Il Tribunale, accogliendo parzialmente l'opposizione dei sindaci contro l'esclusione integrale dei propri crediti privilegiati, ammetteva i medesimi al passivo fallimentare limitatamente agli esercizi 2015, 2016, 2017 e li escludeva soltanto per il 2014.

La decisione del Tribunale si fondava sulla constatazione per cui l'attività dei sindaci, seppur complessivamente caratterizzata da uno svolgimento continuativo, dovesse essere considerata suddivisa in prestazioni “reciprocamente autonome” in relazione ai diversi esercizi sociali, di talchè, essendosi verificato l'inadempimento dei sindaci con esclusivo riferimento all'anno 2014, i compensi relativi alle successive annualità 2015, 2016, 2017, dovevano essere riconosciuti e ammessi al passivo fallimentare.

Il Fallimento proponeva ricorso per Cassazione contro il provvedimento di parziale accoglimento, nel senso appena precisato, del Tribunale, lamentando che quest'ultimo avesse errato nel considerare l'inadempimento dei sindaci nello svolgimento del proprio incarico suddividendolo in “prestazioni reciprocamente autonome in ragione dei diversi esercizi aziendali” anziché riconoscere la continuità dell'inadempimento, come fattispecie unica e indivisibile, seppur verificatasi nel 2014.

Le questioni

Ebbene, la Corte di Cassazione ritiene che l'adempimento/inadempimento dell'obbligazione di controllo (controllo e vigilanza sull'osservanza, da parte degli amministratori, dei principi di corretta amministrazione, al fine di verificare se, nell'assumere le decisioni che concernono le operazioni gestorie, vengano rispettati i principi della buona amministrazione e di rilevarne eventuali incongruenze, carenze /scorrettezze, allo scopo di individuare e proporre le dovute correzioni agli amministratori), che grava sui sindaci, debba essere considerato separatamente, con riferimento ad ogni singolo esercizio sociale; tale obbligazione fa parte di quelle a carattere continuativo, le quali possono essere in parte adempiute e in parte no: la Suprema Corte, a tal proposito, richiama l'art. 1458 c.c. che, in materia di risoluzione, afferma: “La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”.

La norma de qua prevede, dunque, che, con riferimento alle obbligazioni continuative, si possano alternare/susseguire periodi di adempimento e periodi di inadempimento ma che, per quanto concerne la parte di obbligazione (continuativa) adempiuta, in caso di risoluzione del contratto, non vi possano essere effetti retroattivi in relazione alle prestazioni – e correlate controprestazioni - già eseguite nel periodo dell'adempimento.

Pertanto, per quanto concerne il diritto al compenso dei sindaci, esso costituisce il corrispettivo – nell'alveo del sinallagma contrattuale – dell'adempimento da parte dei sindaci alla propria obbligazione di controllo, che è, sì, continuativa (la natura continuativa dell'obbligazione di vigilanza/controllo dei sindaci è deducibile dall'esistenza di un rapporto contrattuale di durata fra la società e il soggetto incaricato del controllo), ma deve essere valutata in maniera separata, frazionata, con riferimento ad ogni anno dell'esercizio sociale: ne consegue che, nel caso di specie, l'accertamento in capo ai sindaci di una fattispecie di inadempimento limitatamente all'anno 2014, per quanto concerne l'obbligazione di controllo e vigilanza sui medesimi gravante, comporta il venir meno del correlato e corrispettivo diritto al compenso per quello specifico anno nel quale la fattispecie di inadempimento si è verificata ed è stata accertata, per violazione del sinallagma contrattuale, ma non può far venire meno il diritto al compenso anche per gli anni seguenti 2015-2017 poiché, con riferimento a tale diverso periodo temporale, non è stato accertato alcun inadempimento in capo ai sindaci.

La Suprema Corte afferma dunque che l'intrinseca natura continuativa di questo tipo di obbligazione, che caratterizza l'incarico dei sindaci dall'inizio alla fine del loro incarico, non può comportare l'automatico estendersi di una fattispecie di inadempimento a tutto il periodo di durata dell'incarico medesimo, con conseguente perdita del diritto al compenso per l'intero periodo della carica, qualora tale inadempimento, così come verificatosi e accertato in giudizio, sia circoscritto ad un solo anno dell'esercizio sociale.

Al riguardo, la Corte di legittimità afferma altresì che la norma richiamata dal Fallimento per sostenere la propria tesi, ovvero l'art. 2402 c.c.: La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio ha una ratio ben precisa, nelle intenzioni del legislatore, ed è volta a tutelare l'indipendenza e l'imparzialità dei sindaci, evitando che siano possibili modifiche della loro retribuzione durante lo svolgimento dell'incarico, sia in senso migliorativo che peggiorativo, a seconda delle dinamiche societarie. L'indipendenza è, infatti, il requisito essenziale che consente ai sindaci di svolgere la funzione di vigilanza secondo principi di obiettività e di integrità.

Peraltro, evidenzia la Corte, è la norma stessa a specificare che la retribuzione è “annuale”, in senso coerente con la durata stessa dell'esercizio sociale, di talchè le conseguenze dell'accertato inadempimento dei sindaci, e cioè la perdita del diritto - corrispettivo - alla retribuzione, non possono che rimanere circoscritte al periodo temporale nel quale l'inadempimento si è verificato ed è stato accertato.

La Corte di Cassazione respinge quindi il ricorso del curatore fallimentare volto ad escludere il diritto al compenso dei sindaci per tutta la durata del loro incarico e conferma l'impugnato decreto del Tribunale di Vicenza.

Osservazioni

Secondo l'art. 2407 c.c.: “I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico”; i criteri ai quali deve attenersi il sindaco nell'espletamento del proprio incarico sono dunque la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico stesso.

Quanto alla diligenza professionale imposta al sindaco, essa rientra nella diligenza qualificata ex art. 1176, comma2, c.c. e connota una tipica obbligazione di mezzi, non di risultato; inoltre, sui sindaci incombe l'obbligazione di vigilanza/controllo, ex art. 2403 c.c.

Spetta, allora, ai sindaci l'onere di provare di aver posto in essere tutte le attività sufficienti e necessarie a impedire il verificarsi di un danno alla società, provando la mancanza di dolo o colpa grave (elemento soggettivo) nella loro condotta

Ebbene, nel caso di specie, il Fallimento ha fatto ricorso alla Suprema Corte sollevando l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., con specifico riguardo al rapporto contrattuale sussistente tra i sindaci di una società per azioni e la società medesima.

La norma de qua prevede, infatti, che ciascuna delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive possa, in ossequio al principio del sinallagma contrattuale, rifiutare di adempiere la propria prestazione qualora l'altra parte non adempia la propria.

Il curatore fallimentare, partendo dal presupposto che l'obbligazione di vigilanza/controllo che grava sui sindaci è intrinsecamente continuativa e deve essere valutata necessariamente in maniera unitaria (pluriennale) per tutta la durata dell'incarico, sosteneva di non dover corrispondere ai sindaci alcun compenso (corrispettivo) e, quindi, di non dover ammettere al passivo fallimentare i relativi crediti, sulla base dell'accertamento di una fattispecie di inadempimento verificatasi nell'esercizio 2014, inadempimento che avrebbe necessariamente propagato i suoi effetti – continuativi – anche negli esercizi successivi, 2015, 2016, 2017, stante l'indissolubile unitarietà delle obbligazioni del collegio sindacale.

Nella fattispecie, la prestazione di controllo – in relazione alla quale i sindaci avevano vantato il credito per il compenso – era stata svolta nell'arco di più esercizi annuali, dal 2014 al 2017; e l'inadempimento era stato accertato solamente con riguardo all'anno 2014.

La Corte di Cassazione ritiene che, pur trattandosi di un'obbligazione di lunga durata, caratterizzata da un'esecuzione continuativa, che si protrae negli anni (esercizi sociali) per tutta la durata dell'incarico conferito al collegio sindacale, essa debba essere considerata e valutata, quanto a eventuali fattispecie di inadempimento, sulla base dell'autonomia delle prestazioni che, concretamente, connotano l'obbligazione di vigilanza e controllo dei sindaci in relazione ai diversi e separati esercizi aziendali annuali e, di conseguenza, l'eccezione di inadempimento può essere validamente sollevata solo limitatamente all'anno (esercizio sociale) nel quale l'inadempimento si è verificato, ma non può escludere il diritto al compenso anche per gli altri anni (esercizi sociali) durante i quali l'incarico è stato svolto senza inadempimenti.

Conclusioni

A parere di chi scrive, l'ordinanza in commento è senz'altro condivisibile, poiché circoscrive giustamente gli effetti paralizzanti dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. all'anno (esercizio sociale) nel quale la fattispecie di inadempimento, giudizialmente accertata, si è verificata e non li estende anche agli esercizi sociali nei quali, invece, il collegio sindacale si è dimostrato adempiente, in tal modo maturando il diritto al compenso, nel seno dell'obbligazione corrispettiva che connota il rapporto tra la società e i sindaci, sulla base del sinallagma (nesso di reciprocità) contrattuale instauratosi tra le parti con il conferimento dell'incarico di vigilanza.

L'inadempimento all'obbligo di vigilanza che grava in capo ai sindaci si può concretizzare, infatti, secondo due modalità (omissive): (i) mancata rilevazione, per negligenza/imperizia/imprudenza, di illiceità e irregolarità, più o meno gravi, poste in essere dagli amministratori nel loro operato; (ii) ritardo nell'adottare i dovuti provvedimenti (ad esempio: mancata/ritardata convocazione dell'assemblea per l'assunzione dei provvedimenti imposti dagli artt. 2446, 2447 c.c. In questo caso, vi sarà una responsabilità concorrente dei sindaci con gli amministratori per le perdite accumulate dalla società a causa dell'illegittima prosecuzione dell'attività d'impresa)e le dovute correzioni volte a prevenire o limitare le conseguenze pregiudizievoli degli atti gestori illeciti/irregolari degli amministratori, sebbene rilevati dai sindaci.

Una volta, dunque, accertato – ut supra - l'inadempimento dei sindaci, per concludere nel senso di una loro responsabilità colposa/dolosa per il danno economico-patrimoniale subìto dalla società, è necessaria la dimostrazione che tale danno non si sarebbe verificato qualora i sindaci avessero vigilato correttamente sull'operato degli amministratori (nesso causale); sui sindaci, invece, grava l'onere di dimostrare che il fatto dannoso non è loro imputabile, fornendo la prova positiva di aver osservato i doveri che caratterizzano il loro incarico e di aver adempiuto agli obblighi loro imposti dalla legge.

Ebbene, qualora la violazione degli obblighi di vigilanza gravanti in capo ai sindaci sia stata accertata con riferimento ad un solo anno di svolgimento dell'incarico, corrispondente ad un solo esercizio sociale, si ritiene che sia legittimo liberare l'altra parte del contratto (la società) dal correlato obbligo di corrispondere ai sindaci (inadempienti) il compenso, ma limitatamente a quell'anno/esercizio sociale nel corso del quale l'inadempimento si è verificato: con riferimento agli altri anni/esercizi sociali di svolgimento dell'incarico, l'eccezione di inadempimento non potrà essere accolta e, dunque, il compenso sarà dovuto ai sindaci che si siano dimostrino adempienti nel corso degli altri anni/esercizi sociali, a prescindere dalla continuatività dell'obbligazione gravante sul collegio sindacale.

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