La non volontaria causazione del pericolo e la inevitabilità della difesa quali requisiti impliciti della legittima difesa

Angelo Salerno
06 Luglio 2021

Non è invocabile la scriminante della legittima difesa, reale o putativa, da parte di colui che abbia innescato o accettato un duello o una sfida, ovvero abbia attuato una spedizione punitiva nei confronti dei propri avversari, per carenza del requisito della non volontaria determinazione della situazione di pericolo, altrimenti inevitabile...
Massima

Non è invocabile la scriminante della legittima difesa, reale o putativa, da parte di colui che abbia innescato o accettato un duello o una sfida, ovvero abbia attuato una spedizione punitiva nei confronti dei propri avversari, per carenza del requisito della non volontaria determinazione della situazione di pericolo, altrimenti inevitabile.

Il caso

La sentenza in commento ha ad oggetto l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei ricorrenti, indagati per tentato omicidio pluriaggravato e altri delitti; in particolare, i cinque indagati, con l'intento di vendicare un pregresso omicidio e un tentato omicidio, consumatisi la stessa notte, hanno atteso l'arrivo della persona offesa e, nel corso dell'agguato, hanno dapprima infranto il finestrino lato conducente del mezzo su cui quest'ultima viaggiava; quindi hanno esploso quattro colpi di arma da fuoco, ferendo la vittima, mentre quest'ultima si dava alla fuga a bordo della propria autovettura.

L'ordinanza applicativa della misura cautelare predetta è stata confermata in sede di riesame, con conseguente ricorso per Cassazione da parte degli indagati, le cui difese, tra i motivi di impugnazione, hanno lamentato la violazione di legge, in ordine agli artt. 52, 56 e 575 c.p.

In particolare, è stato sostenuto che dagli atti di indagine sarebbe emerso che la persona offesa avrebbe a propria volta esploso almeno un colpo di arma da fuoco contro gli indagati, come dimostrato dal foro rilevato sulla carrozzeria del mezzo. Tale condotta, tenuta dalla vittima, avrebbe, secondo la tesi difensiva, giustificato la reazione “diretta e proporzionata” degli indagati, in favore dei quali si invoca dunque la scriminante della legittima difesa.

La questione

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla possibilità di configurare la scriminante della legittima difesa in favore di chi abbia determinato la situazione di pericolo in cui si iscrive la condotta criminosa.

Alla Corte vengono, in particolare, posti i seguenti quesiti: può il soggetto che determina volontariamente una situazione di pericolo, mediante provocazione o sfida o finanche in occasione di un agguato, come nel caso di specie, invocare in proprio favore la causa di giustificazione della legittima difesa, allorché la persona offesa a propria volta reagisca per difendersi?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, escludendo la possibilità di ravvisare, in favore degli indagati, gli estremi dell'invocata scriminante della legittima difesa.

Nel pronunciarsi sulla questione, i giudici di legittimità hanno proceduto ad un'efficace ricostruzione della struttura della scriminante in esame, contrapponendo l'ingiusta aggressione ingiusta e la reazione legittima; la prima, come precisato in motivazione, “deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge” laddove la reazione può ritenersi legittima solo ove sussistano “la necessità di difendersi, la inevitabilità del pericolo e la proporzione tra difesa e offesa”.

Viene quindi preso in considerazione un ulteriore e altrettanto fondamentale profilo, relativo alla possibilità per il soggetto agente di allontanarsi dall'aggressore senza pregiudizio, evidenziando che la legittima difesa non può essere invocata, tantomeno in forma putativa, allorché il soggetto agente abbia posto in essere la reazione “per risentimento o ritorsione” e non già quindi per lo scopo – quand'anche erroneamente supposto – esclusivo di difendersi.

La valutazione dei predetti requisiti, positivi e negativi, va operata, come confermato dalla Corte di Cassazione, attraverso un giudizio ex ante, che tenga debitamente in considerazione le circostanze del fatto concreto attualizzate al momento della realizzazione della condotta, rispetto alla quale devono essere così verificate la necessità e la proporzione della difesa.

In merito al requisito di necessità, viene quindi precisato che la reazione difensiva deve risultare, all'esito di una valutazione ex ante e in concreto, “l'unica possibile, non sostituibile con altra meno dannosa egualmente idonea alla tutela del diritto”.

Tanto presuppone, nel contempo, l'attualità dell'offesa ingiusta, tale per cui la cessazione dell'aggressione o l'eliminazione del pericolo dipendano “necessariamente dalla reazione difensiva, come atto diretto a rimuovere la causa di imminente pericolo”.

Ebbene, sulla scorta di tali fondamentali premesse, i giudici di legittimità hanno affermato che la situazione di pericolo in cui si iscrive la reazione difensiva, quand'anche necessaria, non deve risultare determinata volontariamente dal soggetto agente che invoca la scriminante.

In siffatte ipotesi, infatti, verrebbe meno il requisito di attualità del pericolo da cui difendersi, così da ritenere che, anche a fronte di un'offesa ingiusta, il soggetto agente non possa beneficiare della causa di giustificazione della legittima difesa, “in quanto tale situazione è stata prevista e liberamente accettata”.

Tali conclusioni consentono di escludere, dunque, l'operatività della scriminante a fronte dei classici esempi di accettazione di un duello o di sfida da parte di chi invochi la legittima difesa ovvero, a fortiori, nelle ipotesi in cui sia stata posta in essere una “spedizione punitiva”, che esclude in radice anche la possibilità di invocare la scriminante in forma putativa.

È infatti incompatibile con la buona fede del soggetto agente la volontà di aggredire che caratterizza la propria condotta originaria da cui sia derivata la situazione di pericolo.

Nel contempo, verrebbe meno la inevitabilità della difesa, insita nell'espresso requisito di necessità, di cui all'art. 52 c.p.

Osservazioni

Tra i profili di rilievo della pronuncia assume particolare importanza la netta affermazione, da parte della Corte di Cassazione, dell'esistenza di un duplice requisito implicito ma necessario perché possa operare la scriminante della legittima difesa, individuato nella inevitabilità del pericolo e nella non volontaria causazione dello stesso.

A differenza infatti del disposto dell'art. 54 c.p. che, nel disciplinare lo stato di necessità, richiede espressamente che il pericolo che ha reso necessaria la condotta penalmente rilevante risulti “non volontariamente causato” dal soggetto agente “né altrimenti evitabile”, l'art. 52 c.p. non fa menzione di tali presupposti.

Come osservato, tuttavia, la Corte di Cassazione riconduce tali requisiti a quello di necessità della difesa, nonché all'attualità dell'offesa da cui è necessario difendersi.

Deve tuttavia rilevarsi che, nell'affrontare la questione, i giudici di legittimità non hanno fatto alcun riferimento all'orientamento tradizionale che, avallato da buona parte della dottrina, sostiene doversi mitigare la soluzione che esclude la possibilità di invocare la legittima difesa da parte di chi abbia determinato il pericolo; secondo tale impostazione, infatti, quand'anche il soggetto agente abbia causato volontariamente la situazione di pericolo, residuerebbe un margine – eccezionale – di operatività della scriminante “quando nel corso della rissa sia stata minacciata una offesa più grave di quella accettata e sino a quel momento prevedibile, purché la reazione sia stata determinata dal solo scopo di difendersi e ricorrano gli altri estremi costitutivi dell'esimente, in particolare la proporzione tra offesa e difesa” (Cass. pen., Sez. I, 15 dicembre 1976, n. 5858).

Ulteriore profilo di rilievo della pronuncia in esame attiene ai limiti di applicazione dell'art. 59, comma 4, c.p., con riferimento alla legittima difesa putativa: viene infatti escluso a priori che la volontaria causazione del pericolo consenta di invocare, anche solo in forma putativa, la scriminante, sul presupposto dell'irrilevanza dell'errore in cui sia incorso il soggetto agente (“non è invocabile la scriminante della legittima difesa, reale o putativa, da parte di colui che abbia innescato o accettato un duello o una sfida, ovvero abbia attuato una spedizione punitiva nei confronti dei propri avversari, mancando, in tal caso, il requisito della convinzione - sia pure erronea - di dover agire per scopo difensivo”).

Qualora infatti questi abbia consapevolmente e intenzionalmente determinato la situazione di pericolo, l'errore circa l'operatività della scriminante non attiene al fatto bensì all'interpretazione della norma penale di cui all'art. 52 c.p., con conseguente limite applicazione dell'art. 5 c.p., che ne esclude la rilevanza. È infatti esclusa in radice la buona fede del soggetto agente e la scusabilità dell'errore in cui sia incorso.

Guida all'approfondimento

BEVERE, La legittima difesa, Giappichelli, 2019;

GROSSO, Difesa legittima e stato di necessità, Giuffré, 1964;

NATALINI, Legittima difesa putativa: i criteri applicabili per accertare la sua configurabilità, in Diritto e Giustizia, Giuffré, 2010;

UBALDI, Aggressioni e ritorsioni: legittima difesa o semplice provocazione?, in Diritto e Giustizia, Giuffré, 2013.

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