Opponibilità ai terzi dei regimi patrimoniali delle famiglie internazionali

13 Settembre 2021

In assenza di uno strumento internazionale convenzionale che agevoli su scala globale la risoluzione dei procedimenti transfrontalieri aventi ad oggetto in particolare le questioni patrimoniali connesse al matrimonio ed all'unione registrata (la Convenzione dell'Aia del 1978 sulla legge applicabile ai soli regimi matrimoniali è stata infatti ratificata da soli tre Stati) il legislatore europeo si è fatto carico della necessità di regolarli in ambito regionale con l'adozione dei Reg. (UE) n.1103 e 1104 del 2016 che forniscono un quadro completo di norme sulla giurisdizione, la legge applicabile, il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia di regimi patrimoniali del matrimonio e di effetti patrimoniali delle unioni registrate. I regolamenti – in vigore unicamente tra gli Stati membri che hanno partecipato alla cooperazione rafforzata e applicabili solo ai procedimenti iniziati, agli atti pubblici redatti o registrati ed alle transazioni giudiziarie approvate a far data dal 29.01.2019 – affrontano, tra l'altro, anche la delicata questione degli effetti del regime patrimoniale sui rapporti giuridici instauratisi tra i coniugi o partner ed i terzi.
Il concetto di regime patrimoniale

Il regolamento definisce il regime patrimoniale tra coniugi come l'insieme delle norme che regolano i rapporti patrimoniali tra loro e rispetto ai terzi in conseguenza del matrimonio o del loro scioglimento (art.3, par.1, lett. a): si tratta di una definizione autonoma che, come chiarito dal Considerando n.18, ricomprende non soltanto le norme alle quali i coniugi non possono derogare ma anche le norme facoltative eventualmente da loro concordate in conformità alla legge applicabile, nonché le eventuali norme dispositive della legge applicabile. Esso comprende dunque non soltanto il regime dei beni specificamente ed esclusivamente contemplato dalla legislazione nazionale per il matrimonio, ma anche tutti i rapporti patrimoniali, tra i coniugi tra loro e rispetto ai terzi, che derivano direttamente dal vincolo coniugale o dallo scioglimento di questo.

Sul punto il legislatore europeo ha mostrato di non discostarsi dalla risalente giurisprudenza della Corte di Giustizia (27.03.1979, Jacques de Cavel contro Louise de Cavel, C-143/78) che aveva ritenuto inseparabili – nell'ambito di una causa di divorzio – le questioni relative allo stato delle persone da quelle conseguenti alla sistemazione dei rapporti giuridici patrimoniali tra le stesse e verso i terzi.

La legge applicabile al regime patrimoniale e le sue modifiche

Come si è sopra anticipato, il regolamento detta norme sulla legge applicabile al regime patrimoniale consentendo alle parti di sceglierla (e successivamente modificarla) tra quelle indicate nell'art.22 – ovvero scegliendo tra la legge dello Stato di residenza abituale di coniugi e nubendi o di uno di essi, al momento dell'accordo, e la legge di uno Stato di cui uno di essi ha la cittadinanza al momento dell'accordo – ma si premura anche di regolare gli effetti verso i terzi di una sua eventuale modifica.

Ed invero, se il par.2 della stessa norma precisa che i cambiamenti della legge applicabile valgono solo per il futuro, salvo che i coniugi non siano d'accordo per farne retroagire gli effetti, il par.3 precisa che in tale ultimo caso “qualunque cambiamento retroattivo della legge applicabile non pregiudica i diritti dei terzi derivanti da tale legge”.

Occorre peraltro chiarire che i regolamenti non concernono il mutamento del regime patrimoniale, ma della legge che a quest'ultimo si applica: d'altra parte il legislatore europeo non aveva competenza per legiferare sul primo aspetto, e non potendo intervenire sul diritto materiale degli Stati membri si è limitato a regolarne gli aspetti di diritto internazionale privato

La mutabilità del regime patrimoniale funge in tal caso da correttivo rispetto alla rigidità dei criteri di collegamento posti dall'art.22, e consente ai coniugi di dargli continuità in situazioni nelle quali ritengano maggiormente vantaggioso che il loro regime patrimoniale sia più efficacemente regolato da una legge diversa da quella alla quale sarebbero assoggettati (come nel caso, ad esempio, di coppia che si è sposata in uno Stato senza concludere una convenzione matrimoniale e si stabilisce poi in altro Stato nel quale la legge applicabile prevede un regime diverso da quello desiderato).

Tuttavia, tale facoltà viene controbilanciata dall'introduzione di un sistema di tutela dei terzi, che in tal modo non rischiano di sopportare gli effetti non voluti di una legge che non conoscevano e che può retroagire al momento dell'accordo stipulato con i coniugi o uno di essi. Si tratta di una previsione che va letta in combinato disposto con quella di cui all'art.28 che attiene propriamente ai limiti di opponibilità ai terzi della legge applicabile al regime patrimoniale.

Si consideri, ad esempio, il caso della vendita di un bene comune effettuata da un coniuge senza il consenso dell'altro coniuge in uno Stato in cui ciò è consentito (in ragione del fatto che quel bene ha un valore modesto con riguardo alla comunione dei beni): l'eventuale modifica della legge applicabile con espressa previsione del suo effetto retroattivo, in favore della legge di uno Stato in cui il consenso del coniuge è sempre necessario, consentirebbe a quest'ultimo di rimettere sempre in discussione la validità della vendita e di conculcare i diritti del terzo incolpevole che aveva fatto affidamento sulla piena legittimazione della propria controparte a concludere l'atto e dunque sulla validità del medesimo.

In tal caso, l'art.22 par.3 consente di cristallizzare il diritto del terzo al momento dell'accordo con il coniuge e lo mette al riparo dagli effetti di una scelta altrui, sulla quale non ha ovviamente alcuna voce in capitolo né possibilità di interferire.

Sembra, tuttavia, che gli effetti salvifici di tale previsione si estendano ai soli diritti attuali del terzo, senza che la portata della norma possa essere estesa fino a ricomprendervi eventuali aspettative, ancorché fondate su una norma di legge (diversamente ragionando, i futuri eredi potrebbero invocare l'inapplicabilità della legge scelta dai coniugi se andasse a detrimento dell'integrità del compendio ereditario che spetterebbe loro una volta chiamati alla successione).

L'opponibilità ai terzi

L'art.27, lett.f, di entrambi i regolamenti specifica che la legge applicabile – tanto perché scelta dalle parti, quanto perché designata dal regolamento – determina, tra l'altro, gli “effetti del regime patrimoniale tra coniugi sui rapporti giuridici tra un coniuge e i terzi”. Se, infatti, è vero che in linea generale il regime patrimoniale riguarda prima di tutto i coniugi, è d'altro canto innegabile che nei rapporti giuridici che instaurano tra questi ultimi ed i terzi si creino diritti ed aspettative meritevoli di tutela.

Si pensi al terzo, residente nello Stato A, che contratta con un coniuge residente nel medesimo Stato, di cui ha anche la nazionalità – e che proprio in ragione di tali circostanze è convinto che il regime patrimoniale della coppia sia regolato dalla legge dello stesso Stato – e che solo successivamente scopre che esso è invece retto da una diversa legge scelta dai coniugi (legge che, evidentemente, per recargli danno deve prevedere una limitazione dei poteri del coniuge contraente o comunque ripercuotersi negativamente sui diritti che al terzo spettano in virtù del rapporto giuridico instaurato con il primo).

Consapevole di tale problematica, il legislatore europeo ha dunque posto il principio generale per cui le relazioni tra i coniugi ed i terzi sono regolate dalla stessa legge applicabile al regime patrimoniale, in modo da salvaguardare la necessaria coerenza tra i due piani relazionali. Al riguardo è lecito chiedersi cosa si intenda per rapporti giuridici: se, in altre parole, anche diritti derivanti da rapporti non contrattuali possano essere condizionati dall'applicazione di una data legge. Dall'esame dell'art.28 – che invece usa termini quale “transazione tra un coniuge e il terzo” o “coniuge contraente” – sembrerebbe piuttosto che l'ambito delle interazioni tra coniugi e terzi a tal fine debba essere limitato a quelle di tipo contrattuale, o perlomeno nella pratica è verosimile che tali siano le occasioni nelle quali la norma verrà più frequentemente in rilievo.

L'art.28 si presenta in definitiva quale lex specialis rispetto all'art.27, definendo il perimetro di applicazione di quest'ultimo attraverso la predisposizione di un sistema di tutela dell'affidamento dei terzi. Ed invero, perché tale sistema si attivi è necessario che la legge applicabile al regime patrimoniale consenta ai coniugi di rimettere in discussione la validità di un atto compiuto, danneggiando il terzo.

Se, infatti, tale legge non consente – ad esempio – che un coniuge possa chiedere l'annullamento di un atto di vendita compiuto dall'altro coniuge senza il suo consenso, evidentemente non si porrà un problema di affidamento tradito del terzo, e l'art.28 non verrà in rilievo. Tale ultima norma trova allora un senso nei soli casi in cui la legge che si applica al regime patrimoniale dei coniugi (sia perché consapevolmente scelta dai medesimi, sia perché individuata ex art.26 del regolamento) consente di rimettere in discussione l'atto di cui trattasi.

Altro rilievo da fare attiene alla diversa regolamentazione, negli Stati membri, delle modalità con cui la scelta del regime patrimoniale – ed i suoi cambiamenti – sono conoscibili dai terzi. Al riguardo la situazione varia considerevolmente, essendovene taluni che hanno istituito registri centralizzati delle convenzioni matrimoniali ed altri dove se ne desume l'esistenza solo previsa consultazione dell'atto di matrimonio (generalmente, peraltro, senza che dallo stesso possa evincersi nello specifico quale sia la regolamentazione del regime scelta dalla coppia e quale la latitudine dei poteri attribuiti al singolo coniuge).

Presunzioni ed onere della prova ai fini della tutela dei terzi

Perché si applichi il sistema di tutela approntato dall'art.28 in favore del terzo, è necessario che tra questi ed il coniuge contraente sia insorta una controversia: termine che non necessariamente implica la radicazione di una causa, ma che deve quantomeno riferirsi ad un contrasto già insorto sulla validità dell'atto compiuto o sugli effetti negativi per il terzo. Deve dunque trattarsi di una disputa attuale, non solo potenziale.

Ciò posto, la norma in esame adotta un approccio di tipo negativo; essa, in altri termini, impedisce l'opponibilità della legge applicabile al regime patrimoniale al terzo, salvo che questi non la conoscesse o fosse tenuto a conoscerla esercitando la dovuta diligenza.

Vi è dunque un rapporto di regola-eccezione tra l'art.27, lett. f), e l'art.28, par.1, arricchito da una regola di chiusura posta nell'art.28, par.3, che indica quale legge si applica laddove i coniugi o partner non possano opporre al terzo quella da loro scelta o individuata dal regolamento.

L'art.28 contiene degli indicatori importanti per capire a quali condizioni è possibile opporre al terzo l'esistenza di una legge applicabile al regime matrimoniale diversa da quella su cui egli aveva eventualmente fatto affidamento. La norma contiene infatti due commi che affrontano aspetti diversi della vicenda.

Il primo comma enuncia il principio per cui la legge applicabile al regime patrimoniale deve essere conosciuta o conoscibile dal terzo: così facendo, rovescia sui coniugi l'onere (non facile da assolvere, in verità) di provare questa condizione soggettiva. L'esatto significato del concetto di conoscenza, peraltro, non è definito dal regolamento né deve essere ricavato dalle legislazioni nazionali – atteso il rischio di interpretazioni difformi che minerebbero la certezza del diritto – per cui occorre pervenire ad una sua ricostruzione autonoma sulla base del dato letterale e del complesso di norme in cui esso è collocato.

Al riguardo, soccorre il riferimento ad altri Regolamenti europei che conoscono lo stesso concetto (ad es. l'art. 69 del Reg. (UE) n.650/2012 sulle successioni e l'art.13 del Reg. (CE) n. 593/2008 sulle obbligazioni contrattuali) e fanno riferimento all'ignoranza incolpevole della norma.

Stesso discorso con riguardo al concetto di ignoranza inescusabile, che discende dal rilievo per cui la legge che regola il regime patrimoniale può essere opposta al terzo che avrebbe potuto conoscerla usando l'ordinaria diligenza. Anche in tal caso occorre privilegiare una interpretazione autonoma, da ricostruirsi sulla base dei dati oggettivi del caso di specie, anche per differenziarla dalle presunzioni di cui ora si dirà (diversamente dovendosi ritenere che la prima si risolva nelle seconde, il che non sarebbe logico).

Il secondo comma pone invece due gruppi di presunzioni al cui ricorrere si considera che il terzo fosse a conoscenza della legge applicabile al regime patrimoniale dei coniugi: le prime tre (par.2, lett. a) i, ii, iii) si ispirano ad un particolare legame tra legge applicabile e terzo, e danno per scontata la conoscenza della legge dello Stato la cui legge è applicabile alla transazione tra il coniuge ed il terzo; o dello Stato in cui il contraente ed il terzo hanno la residenza abituale, o ancora dello Stato in cui sono ubicati i beni immobili nei casi che riguardino questi ultimi.

Le altre tre presunzioni (par.2, lett. b), i, ii, iii) attengono invece all'assolvimento di oneri di pubblicità o registrazione in base alle stesse leggi individuate nella lett. a) sopra citata.

Che rapporto vi è tra questi due gruppi di presunzioni? Dal dato letterale si desume con certezza che non vi è alcuna gerarchia tra di esse, non essendo l'art.28 costruito secondo il modello “a cascata” tipico di alcune norme europee. La disgiuntiva “o” rende tutte le presunzioni applicabili allo stesso modo, e ciò sia tra i gruppi (lett. a) e b) del par.2) sia tra quelle indicate all'interno di ciascun gruppo.

Peraltro, stante l'oggettiva difficoltà per i coniugi di fornire la prova della conoscenza (o conoscibilità) in capo al terzo, è verosimile prevedere che il rapporto tra i primi due paragrafi dell'art.28 si capovolgerà nella sua applicazione pratica, con un più frequente ricorso alle presunzioni in prima battuta e solo alla prova contraria nel caso in cui le stesse non operino.

Per come sono congegnate, peraltro, sembra evidente che le presunzioni di cui trattasi operino iuris et de iure.

Infine, il par.3 della norma viene in rilievo laddove i coniugi non siano riusciti a dare la prova della conoscenza o conoscibilità della legge applicabile in capo al terzo. In tal caso, gli effetti del regime patrimoniale tra coniugi rispetto al terzo sono disciplinati o dalla legge dello Stato la cui legge è applicabile alla transazione tra un coniuge e il terzo (lett. a) o nei casi riguardanti beni immobili (ma anche beni o diritti registrati) dalla legge dello Stato di ubicazione del bene o di registrazione del diritto (lett. b). Sembra qui di poter ritenere che la seconda ipotesi si atteggi a lex specialis rispetto alla prima.

Da ultimo giova osservare che il regime europeo dell'opponibilità ai terzi ricalca in buona sostanza quello di diritto internazionale privato della nostra legge n. 218/1995, il cui art.30 dispone che “il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiamo avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa. Relativamente ai diritti reali su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano”.

La relativa disciplina nelle unioni registrate

Mentre la disciplina sulla legge applicabile agli effetti patrimoniali delle unioni registrate si caratterizza per una maggiore ampiezza rispetto al ventaglio di leggi tra cui i partner possono scegliere (nel corrispondente art. 22 del Reg. (UE) n. 1104/2016 si è infatti ritenuto di aggiungere la legge dello Stato di registrazione dell'unione, per evitare che essi rimanessero senza tutela laddove quella della residenza abituale o della cittadinanza non attribuisse effetti patrimoniali a tale tipo di legame) nulla cambia con riguardo alla posizione dei terzi che con essi contrattano.

Anche in tal caso, infatti, i terzi non sono pregiudicati da eventuali mutamenti retroattivi della legge applicabile voluti dai partner (cfr. art.26, par.3) e non cambia il regime di opponibilità nell'identico art.28.

Da un punto di vista internazionalprivatistico, e con un occhio alle situazioni transfrontaliere che non ricadono nell'ambito di applicazione dei regolamenti in commento, è opportuno rilevare come nel silenzio della legge n.218/1995 – che non contiene una norma ad hoc sui rapporti patrimoniali delle unioni registrate – possa ritenersi applicabile analogicamente l'art.30 sopra citato.

In conclusione

Il problema della conoscibilità del regime patrimoniale delle coppie, siano esse coniugate che unite civilmente, rispetto alla tutela dell'affidamento dei terzi che con le stesse instaurano rapporti giuridici, si pone soprattutto in contesto transfrontaliero.

È qui, infatti, che la diversità tra gli ordinamenti e tra le leggi applicabili può comportare difficoltà supplementari rispetto ad una situazione interamente nazionale, laddove per il terzo è più facile accertarsi dell'esatta estensione delle prerogative contrattuali della controparte.

In assenza di un sistema armonizzato di pubblicità dei regimi patrimoniali e delle convenzioni tra coniugi e partner a livello internazionale, in ambito europeo a tale inconveniente cercano di porre rimedio i regolamenti “gemelli” sui regimi patrimoniali dei matrimoni e sugli effetti patrimoniali delle unioni registrate, i quali si fanno carico della tutela dei terzi dettando un compiuto regime di opponibilità che si sforza di bilanciare al meglio – attraverso un sistema di regole ed eccezioni – le posizioni delle parti in gioco.

Guardando al tema da una prospettiva italiana, non può infine omettersi un rinvio alla disciplina di cui agli artt. 19, 64 e 69 del d.P.R. n. 396/2000 (ordinamento dello stato civile) che consentono la trascrizione di atti di matrimonio (e la successiva annotazione delle convenzioni matrimoniali) tra cittadini stranieri residenti in Italia, al fine di realizzare l'esigenza di pubblicità che costituisce indefettibile presupposto per la loro opponibilità ai terzi.

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