Riforma Cartabia: la delega in tema di notificazioni

Riccardo Nerucci
Alessandro Trinci
21 Settembre 2021

Il 3 agosto 2021 la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge A.C. 2435-A contenente Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e di disposizioni per la celere definizione di procedimenti giudiziaria (c.d. riforma Cartabia), attualmente in discussione al Senato. Il disegno di legge contiene sia disposizioni immediatamente precettive sia deleghe al Governo da esercitarsi entro un anno dall'entrata in vigore della legge di delegazione – quelle contenute nel capo I. Sono soprattutto le seconde che dovrebbero cambiare in modo sostanziale il volto del processo penale.
Il disegno di legge

Il 3 agosto 2021 la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge A.C. 2435-A contenente Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e di disposizioni per la celere definizione di procedimenti giudiziaria (c.d. riforma Cartabia), attualmente in discussione al Senato.

Il disegno di legge, che è frutto di numerose modifiche e integrazioni apportate tramite emendamento all'originario provvedimento presentato dal precedente Ministro della giustizia, contiene sia disposizioni immediatamente precettive – quelle contenute nel capo II – sia deleghe al Governo da esercitarsi entro un anno dall'entrata in vigore della legge di delegazione – quelle contenute nel capo I. Sono soprattutto le seconde che dovrebbero cambiare in modo sostanziale il volto del processo penale. La finalità comune al complesso delle deleghe è quella «di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo penale, nel rispetto delle garanzie difensive» (art. 1, comma 1).

Le direttive in materia di notificazioni

Nucleo fondamentale della riforma è il ricorso agli strumenti informatici e telematici che attuano il c.d. processo penale telematico. Non vi è dubbio, infatti, che tali strumenti consentano di semplificare e velocizzare alcune delle operazioni in cui si articola la giustizia penale, come il deposito, la comunicazione e la notificazione degli atti.

Volgendo lo sguardo alle notificazioni, il Governo, nell'esercizio della delega, dovrà prevedere che, salvo espresse deroghe (sulle quali si tornerà a breve), in ogni stato e grado del procedimento le comunicazioni e le notificazioni siano effettuate con modalità telematiche, assicurando al mittente e al destinatario certezza, anche temporale, dell'avvenuta trasmissione e ricezione, nonché certezza circa l'identità del mittente e del destinatario (art. 5 comma 1 lett. a)).

Il disegno di legge affida ad un regolamento del Ministro della giustizia la definizione delle regole tecniche riguardanti le comunicazioni e le notificazioni assicurando la conformità della disciplina al principio di idoneità del mezzo e a quello della certezza del compimento dell'atto, con la possibilità di adottare con atto dirigenziale ulteriori regole e provvedimenti tecnici (art. 5, comma 1, lett. b)).

Dunque, sembra che il disegno di legge intenda estendere l'operatività delle notificazioni con modalità telematiche anche all'imputato, che, come noto, la legislazione vigente esclude dal novero dei soggetti passivi di tale modulo notificatorio. Ed infatti, come si vedrà meglio oltre, la lettera a) dell'art. 6 stabilisce che sia introdotto un obbligo per l'imputato di comunicare i propri recapiti telematici fin dal primo contatto con l'autorità procedente: tale indicazione pare essere funzionale a permettere la notificazione telematica; inoltre, la medesima lettera prevede che sia introdotta la possibilità per l'imputato di dichiarare domicilio per le notificazioni presso un idoneo recapito telematico (da intendersi, verosimilmente, come posta elettronica certificata).

Come già anticipato, però, l'estensione generalizzata delle notificazioni con modalità telematica è circoscritta dalla stessa legge delega nella parte in cui consente al Ministro della giustizia di individuare uffici giudiziari e tipologie di atti per i quali sia possibile adottare anche modalità non telematiche di comunicazione o notificazione (art. 5, comma 1, lett. d)).

Le notificazioni all'imputato

Restringendo il campo alle notificazioni all'imputato, l'art. 6 del disegno di legge si occupa delle notificazioni all'imputato non detenuto o internato successive alla prima e diverse dalla citazione in giudizio.

Per comprendere il senso della riforma occorre premettere che all'imputato in vinculis l'atto viene consegnato a mani ai sensi dell'art. 156 c.p.p.; mentre, per quanto riguarda la vocatio in iudicium, l'art. , comma 1, lett. b), del disegno di legge – dedicato al processo in assenza dell'imputato, tematica strettamente connessa alla disciplina delle notificazioni – prevede che l'imputato sia tempestivamente citato per il processo a mani proprie o con altre modalità comunque idonee a garantire che lo stesso venga a conoscenza della data e del luogo del processo; a tal fine l'autorità giudiziaria potrà avvalersi della polizia giudiziaria e la lettera a) dell'art. 6, per agevolare le ricerche dell'imputato, obbliga quest'ultimo, fin dal primo contatto con l'autorità procedente, ad indicare anche i recapiti telefonici e telematici di cui abbia la disponibilità (del resto, la giurisprudenza maggioritaria ha da tempo stabilito che le ricerche prodromiche alla dichiarazione di irreperibilità dell'imputato devono essere svolte utilizzando anche il numero di utenza mobile del destinatario della notifica, ove in possesso dell'autorità competente: cfr. ex multis Cass. pen., sez. V, 9 ottobre 2020-9 dicembre 2020, n. 34993, Rv. 279984). Certo, c'è da chiedersi quali dovrebbero essere le conseguenze del rifiuto di indicare i propri recapiti telefonici o dell'indicazione di recapiti inidonei o falsi.

Dunque, fuori dai due casi appena citati (imputato in vinculis e/o citato a giudizio), nei quali si realizza – o si dovrebbe realizzare – una conoscenza effettiva dell'atto, le notificazioni successive alla prima saranno realizzate mediante consegna dell'atto al difensore. In sostanza, l'asse della riforma consiste nell'attribuzione al difensore del ruolo di domiciliatario ex lege del proprio assistito. Per vincere le resistenze di una parte dell'Avvocatura, contraria ad assumere gli oneri di una domiciliazione legale irrifiutabile (come noto, l'attuale art. 157 comma 8-bis c.p.p., che pure prevede la consegna al difensore di fiducia per le notificazioni successive alla prima, consente al legale di liberarsi dello scomodo ruolo di notificatore con una dichiarazione di rifiuto da esprime immediatamente all'autorità procedente), la lettera d) dell'art. 6 prevede che l'omessa o ritardata comunicazione dell'atto all'assistito non costituisca inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale del difensore se l'impedimento al flusso comunicativo sia imputabile al comportamento del cliente, che spesso nella prassi si rende irreperibile anche al proprio legale. Vi è da chiedersi, però, come debba essere provata l'impossibilità incolpevole di consegnare l'atto e quale sia la conseguenza sul piano della regolarità delle notifiche. Va aggiunto che, per favorire la comunicazione fra legale e assistito, la lettera c) dell'art. 6 prevede che nel primo atto notificatogli l'imputato sia espressamente avvisato che le successive notificazioni (diverse da quelle con le quali sarà citato in giudizio) gli saranno effettuate mediante consegna dell'atto al difensore e che egli ha l'onere di indicare al difensore un recapito idoneo, anche telematico e telefonico, ove effettuare le comunicazioni, informandolo di ogni mutamento di tali recapiti.

A garanzia della effettiva conoscenza dell'atto da parte dell'imputato, il Governo dovrà introdurre deroghe – non meglio precisate – alla regola appena citata nei casi in cui l'imputato sia assistito da un difensore d'ufficio e la prima notificazione non sia stata eseguita mediante consegna dell'atto personalmente all'imputato o a persona che con lui conviva anche temporaneamente o al portiere o a chi ne fa le veci (espressioni che si ritiene comprendano la consegna nei luoghi indicati nell'art. 157 c.p.p., ad esclusione della casa comunale, che, come tutte le forme di notifica eseguite mediante deposito in un ufficio pubblico, realizza il massimo sacrificio delle esigenze partecipative per ragioni di speditezza processuale).

Per comprendere il senso di tale deroga, occorre ricordare che la Suprema Corte, nella sua composizione più autorevole, ha escluso che l'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio possa considerarsi presupposto idoneo per dichiarare assente (consapevole) l'imputato, dovendo il giudice verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'imputato, tale da fare ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (cfr. Cass. pen., sez. unite, 28 novembre 2019, n. 23948, Rv. 279420; si veda anche Cass. pen., sez. III, 24 novembre 2020, n. 11813, Rv. 281483). In altri termini, mancando un rapporto fiduciario fra l'imputato e il difensore designato d'ufficio non può presumersi che fra i due vi sia l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale e, quindi, che si siano realizzate le condizioni da cui dedurre l'esistenza di un rapporto di informazione. Dunque, se con la prima notificazione non si è raggiunto lo standard di conoscibilità connesso alla consegna dell'atto nelle mani del destinatario o nei luoghi e alle persone (variamente combinabili fra loro) indicate nell'art. 157 c.p.p., le successive notificazioni non potranno essere eseguite mediante consegna dell'atto al difensore d'ufficio dell'imputato. L'ipotesi sembra confinata ai casi di prima notificazione perfezionatasi ai sensi degli artt. 157, comma 8 o 159 c.p.p., ossia di moduli notificatori conclusivi ed estremi, a cui l'ordinamento è costretto a ricorrere per ragioni di funzionalità del sistema, ma che realizzano il massimo sacrificio della conoscenza effettiva. Stando al tenore letterale della delega, sembra che la consegna dell'atto al difensore d'ufficio sia possibile, invece, quando la prima notificazione è stata eseguita a mani dell'imputato o di persone e in luoghi a lui vicini. In sostanza, la conoscenza effettiva della prima notificazione (che poi tanto effettiva non è quando l'atto viene consegnato ad una persona diversa dal destinatario) consente di superare i dubbi sull'opportunità di attribuire al difensore d'ufficio il ruolo di domiciliatario legale. In effetti, deve considerarsi che se il primo atto ha raggiunto l'imputato, quest'ultimo è stato anche informato che i successivi atti a lui indirizzati saranno consegnati al difensore d'ufficio (di cui è opportuno gli siano anche indicati i recapiti) ed è ragionevole presumere, quindi, che a tale soggetto si rivolgerà in futuro per recuperare tali atti.

Il sistema appare intricato ed è opportuno fare un riepilogo prima di proseguire. Dunque, se si tratta di imputato detenuto o internato o di citazione in giudizio il sistema pretende la conoscenza effettiva tramite la consegna a mani (o, nel caso della citazione, altre modalità idonee non meglio specificate), operata, nel primo caso, dal direttore dell'istituto e, nel secondo caso, dai tradizionali organi notificatori o dalla polizia giudiziaria, che, per rintracciare l'imputato, potrà avvalersi, ove ne abbia la disponibilità, dei recapiti telefonici del destinatario. In caso di imputato non detenuto o internato qualora occorra notificargli un atto diverso dalla citazione in giudizio, occorre distinguere: se si tratta della prima notificazione, la riforma lascia immutato l'attuale sistema notificatorio; se si tratta delle notificazioni successive alla prima, occorre ulteriormente distinguere: se l'imputato è assistito da un difensore di fiducia, l'atto dovrà essere consegnato a quest'ultimo; se invece l'imputato è assistito da un difensore d'ufficio si rende necessaria un'ulteriore distinzione: se la prima notificazione è stata eseguita sulla base della reperibilità personale o locale dell'imputato, ossia nelle forme delineate nei primi sette commi dell'art. 157 c.p.p., l'atto sarà consegnato al difensore; se invece la prima notificazione è stata eseguita mediante un diverso modulo (si pensi, ad esempio, al deposito dell'atto nella casa comunale o alla consegna dell'atto al difensore a seguito di irreperibilità dell'imputato), dovrà essere prevista una deroga che garantisca l'«effettiva conoscenza dell'atto da parte dell'imputato». Come già rilevato, il disegno di legge tace sui contenuti di tale deroga e il vincolo finalistico – garantire la conoscenza effettiva – sembra alludere alla consegna a mani dell'imputato, che tuttavia appare difficile da realizzare non essendo stata possibile con la prima notificazione.

L'operatività del sistema che si è tentato di schematizzare è subordinata alla circostanza che l'imputato non abbia provveduto a indicare un luogo o una persona presso cui ricevere gli atti a lui destinati, perché in caso contrario anche la prima notificazione dovrà eseguirsi al domicilio dichiarato od eletto. Sul punto il disegno di legge introduce la possibilità di dichiarare domicilio ai fini delle notificazioni anche presso un idoneo recapito telematico (art. 6, comma 1, lett. a) e prevede che il Governo debba disciplinare i rapporti tra la notificazione mediante consegna al difensore e gli altri criteri stabiliti dal codice di procedura penale per le notificazioni degli atti all'imputato, in particolare nei casi di dichiarazione o elezione di domicilio, anche telematico, e di imputato detenuto o internato. Al riguardo, riteniamo che la scelta dell'imputato debba prevalere sui luoghi scelti dal legislatore perché la consegna dell'atto al domicilio convenzionale rappresenta la forma di comunicazione che offre al destinatario una possibilità di conoscenza inferiore solamente alla consegna a mani proprie.

Per concludere, deve accennarsi alla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione. Sul punto il disegno di legge, ad imitazione di quanto previsto per il procedimento di sorveglianza, prevede che con l'atto di impugnazione proposto dall'imputato o nel suo interesse debba essere depositata, a pena di inammissibilità, anche una dichiarazione o elezione di domicilio (anche telematico, riteniamo) per la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione.

Prime impressioni

Volendo tirare le somme della portata e del “peso” della riforma in cantiere, non si può sfuggire a un'amara riflessione: se da un lato emerge la consapevolezza dei problemi di fondo del sistema delle notifiche, dall'altra non sembra esserci il coraggio di affrontarli e risolverli alla radice. Si ha la netta impressione, infatti, che il disegno di legge preveda talune interessanti innovazioni e, nel contempo, si affretti egli stesso a ridimensionarle se non a vanificarle. Alcuni esempi chiariranno il nostro punto di vista.

La lettera a) dell'art. 6 prevede che l'imputato non detenuto o internato, sin dal primo contatto con l'autorità procedente, sia tenuto ad indicare i riferimenti telematici e telefonici di cui abbia la disponibilità. Si tratta di disposizione a nostro avviso di grande interesse, in quanto volta sia a facilitare le ricerche dell'imputato, sia a responsabilizzare quest'ultimo obbligandolo a fornire alcuni riferimenti personali idonei a facilitarne il rintraccio; ma si tratta di obbligo che, se non adeguatamente tradotto in norma precettiva, rischia di rimanere lettera morta, dal momento che il disegno di delega non prevede alcuna “reazione” dell'ordinamento in caso di sua violazione e, in particolare, non pone alcuna correlazione fra la norma e il sistema delle notifiche (se non stabilendo che l'imputato abbia la mera facoltàdi eleggere domicilio presso idoneo recapito telematico). Difficile, del resto, immaginare una “sanzione” per la violazione di tale obbligo non essendo coercibile la collaborazione dell'imputato nel meccanismo di notificazione degli atti; a legislazione vigente, tale contegno potrebbe forse essere valutato come sintomatico della volontà di sottrarsi alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo, contegno che consente di procedere in sua assenza ai sensi dell'art. 420-bis, comma 1, c.p.p.; tuttavia, deve osservarsi che il disegno di legge sembra voler limitare la possibilità di procedere in assenza dell'imputato solo ai casi in cui vi è la prova che egli ha avuto conoscenza effettiva della citazione in giudizio, tacendo, invece, sulla possibilità di dichiaralo assente anche quando si è sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.

Ancora, l'art. 7, alla lettera a), si preoccupa condivisibilmente di garantire l'effettiva conoscenza del processo e in particolare prevede che si possa procedere in assenza dell'imputato «solo quando esistono elementi idonei a dare certezza del fatto che egli è a conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza è dovuta a una sua scelta volontaria e consapevole»; e per dare effettività e forza a tale principio (peraltro già sancito dall'art. 420-bis, comma 2, c.p.p.) stabilisce alla successiva lettera b) che la citazione per il processo avvenga a mani proprie o comunque con modalità tali da assicurare all'imputato la conoscenza effettiva sia della data e del luogo del processo sia della possibilità di procedere in sua assenza. Si tratta in questo caso di novità di notevole impatto, oltretutto rafforzata dalla possibilità di avvalersi della Polizia giudiziaria ai fini della notificazione. Non si dimentichi infatti che nell'attuale sistema codicistico la notificazione “personale” dell'atto introduttivo del processo tramite Polizia giudiziaria è prevista solo, per così dire, in seconda battuta e cioè quando la prima notificazione sia fallita o sia stata eseguita in modo tale da non dare conto dell'effettiva conoscenza dell'atto da parte dell'imputato (art. 420-quater comma 1 c.p.p.). Questa anticipazione dell'obbligatorietà della notificazione a mani proprie rappresenta dunque una significativa novità e soprattutto un evidente rafforzamento della tutela dell'imputato e del suo diritto ad una piena e tempestiva conoscenza del processo. Peccato però che il disegno di delega non preveda l'estensione di tale regola alle fasi antecedenti al giudizio e in particolare al momento della prima notificazione del procedimento, per la quale, dunque, dovrebbe continuare a vigere l'art. 157 c.p.p.; e questa norma, come sappiamo, contempla espressamente la possibilità, qualora non riesca la consegna a mani dell'imputato, che la notificazione avvenga con modalità progressivamente sempre meno capaci di garantire l'effettiva, piena e personale conoscenza dell'atto (v. infatti i commi 1, 2 e 8). Per non parlare delle notificazioni a mezzo posta (L. n. 890/1982), che con il sistema della c.d. compiuta giacenza e della “doppia raccomandata” finiscono per ammettere una conoscenza puramente virtuale del procedimento da parte dell'indagato. L'assenza di qualsiasi previsione che deleghi il Governo ad intervenire sulle fasi “a monte” del giudizio autorizza il mantenimento di forme di notificazione potenzialmente lesive del principio di effettiva conoscenza del procedimento; con l'ulteriore conseguenza di mettere a rischio tutti gli atti successivi alla prima notificazione, qualora sia dimostrato, anche in sede esecutiva, che l'imputato non ha appunto avuto effettiva e piena contezza del procedimento. Ecco a nostro avviso dimostrate la mancanza di coraggio e una certa miopia del disegno di legge, che di fatto (ci si passi la metafora) si preoccupa di consolidare i muri dell'edificio ma non anche le fondamenta su cui essi poggiano.

Una certa pavidità nel disegno di legge in esame si coglie anche sotto un altro profilo. Consentire al legislatore delegato di lasciare inalterata la disciplina delle notifiche nella fase anteriore al giudizio significa, palesemente, consentire che queste possano essere anche in futuro eseguite ai sensi dell'art. 159 c.p.p. Ma allora si propone un interrogativo analogo al precedente: se si tratta di norme intrinsecamente inidonee a garantire la conoscenza del procedimento, perché non “bloccarlo” già nella fase delle indagini preliminari anziché attendere che approdi alle soglie del giudizio, pur sapendo che quest'ultimo con ogni probabilità non potrà avere luogo? Ad esempio: in caso di richiesta di archiviazione e proposizione di opposizione da parte della persona offesa, l'avviso dell'udienza camerale prevista dall'art. 410 c.p.p. potrà essere notificato con il c.d. rito degli irreperibili e dunque presso il difensore dell'indagato; una volta effettuate tali notifiche si procederà poi all'udienza, che a sua volta potrà concludersi con l'ordine di formulare l'imputazione; ma se persisterà l'irreperibilità dell'imputato quest'ultimo non potrà essere processato e allora tutto si sarà risolto, fatalmente, in uno spreco di tempo, risorse finanziarie ed energie processuali. Il disegno di legge, appunto, lascia inalterata tale palese irrazionalità del sistema. E dunque anche la previsione dell'emissione di sentenza di non doversi procedere quando manchino le condizioni per procedere in assenza dell'imputato (art. 7 lettera e) finisce per essere l'ennesima innovazione a metà: sulla carta si tratta infatti di un cambiamento di non poco conto rispetto al sistema attuale, che in caso di impossibilità della notificazione prevede la sospensione del processo e non già l'emissione di un provvedimento definitorio (benché, per forza di cose, efficace solo rebus sic stantibus); ma allora (e l'interrogativo si ripete) perché non prevedere l'emissione di analogo provvedimento durante le indagini preliminari, qualora già in quella fase si sia impossibilitati a notificare personalmente all'imputato il primo atto del procedimento?

Concludendo: riteniamo che davanti alla prospettiva di riformare profondamente la disciplina delle notifiche, rendendola più efficiente e nel contempo più rispettosa del diritto di difesa, il disegno di legge abbia preferito imboccare la via del compromesso e del piccolo cabotaggio. Quali saranno le conseguenze di questa scelta (o non-scelta, a seconda dei punti di vista) è forse presto per dirlo; ma a nostro avviso non è azzardato parlare dell'ennesima occasione perduta.

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