Legge di Bilancio 2022: modifica alla disciplina del contributo unificato per l'iscrizione a ruolo processuale

17 Novembre 2021

Modifica alla disciplina del contributo unificato per l'iscrizione a ruolo processuale, prevista dal testo della Legge di bilancio 2022 presentata in parlamento.
Premessa

Il testo della Legge di bilancio 2022, approdata in Parlamento per l'approvazione, interviene nella disciplina generale del contributo unificato attraverso l'art. 192 (rubricato “Disposizioni in materia di contributo unificato”) apportando modifiche ed integrazioni agli artt. 16, 208 e 248 del d.P.R. 115/2002. In particolare, l'art. 16 è integrato con il “nuovo” comma 01 secondo cui “in caso di omesso pagamento del contributo unificato, ovvero nel caso in cui l'importo versato non è corrispondente al valore della causa dichiarato dalla parte ai sensi dell'articolo 15, comma 1, anche quando sono utilizzate modalità di pagamento con sistemi telematici, il personale incaricato non deve procedere all'iscrizione al ruolo" (trattasi di iscrizione a ruolo processuale per la trattazione della causa e non esattoriale per la riscossione del contributo unificato non versato.).

Il primo comma dello stesso articolo 16 nonché il successivo comma 1-bis rimarrebbero inalterati, salvo quanto prescritto dal comma 01 testé citato, continuando a prevedere che “in caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato si applicano le disposizioni di cui alla parte VII, titolo VII del presente testo unico e nell'importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo” e che, “in caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, si applica la sanzione di cui all'articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, esclusa la detrazione ivi prevista”.

Nella relazione illustrativa si legge testualmente che le modifiche al sopracitato art. 16 del d.P.R. 115/2002 “introducono l'obbligo per il personale incaricato di cancelleria di non procedere all'iscrizione a ruolo del procedimento civile nel caso di verifica dell'omesso pagamento del contributo unificato del soggetto obbligato o qualora l'importo del contributo versato non sia corrispondente al valore della causa dichiarato dalla parte. Si introduce, quindi, una disposizione analoga a quella stabilita per il pagamento dei diritti di copia, del diritto di certificato, e delle spese per la notificazione a richiesta d'ufficio nel processo civile, ai sensi dell'articolo 285 del Testo Unico Spese di Giustizia”.

La ratio sottesa viene individuata nel fatto che, attualmente, l'entrata a regime del processo civile telematico ha determinato (con la possibilità dell'iscrizione telematica a ruolo della causa) un progressivo aumento della evasione dal pagamento del C.U., obbligo tributario generalmente assolto mediante apposizione di marca sull'atto di iscrizione a ruolo, annullata dalla cancelleria.

La disposizione - prosegue la relazione - realizza diverse e meritorie finalità: viene evitato un adempimento per la cancelleria e per Equitalia-giustizia connesso alla farraginosa procedura di recupero dell'omesso pagamento del contributo unificato che prevede anche la prenotazione a debito derivante dalla notifica dell'atto attraverso l'Ufficiale giudiziario, si realizza un'immediata riscossione dell'importo del contributo dovuto e si contraggono notevolmente i tempi di svolgimento dei processi”.

La norma, quindi, si legge ancora nella relazione, potrebbe realizzare un flusso di entrate più celere e puntuale nelle casse dell'Erario, nonché l'effetto positivo di incremento della capacità di Equitalia Giustizia S.p.A. per smaltire il cospicuo arretrato accumulato nel "magazzino dei crediti di giustizia nell'intervallo 2015-2020" proprio in ragione delle complesse procedure di recupero dell'omesso pagamento del contributo unificato.

Applicabilità della novella al processo tributario

La novella di cui si discute viene collocata nella parte II (voci di spesa) del titolo I del d.P.R. 115/2002, rubricato “contributo unificato nel processo civile, amministrativo e tributario”, aprendo a ritenere che la modifica possa riguardare anche il processo tributario; tuttavia, nella relazione illustrativa si fa esplicito riferimento all'obbligo per il personale di cancelleria di non procedere all'iscrizione a ruolo, riferito al (solo) procedimento civile. Tale limitazione trova conforto nella disciplina del processo tributario telematico, di cui all'art. 16-bis, d.lgs. 546/1992, che rimanda al D.M. 163/2013 e successivi decreti di attuazione, in cui l'iscrizione a ruolo avviene “in automatico” e attraverso un sistema di upload a cura dell'utente,tramite S.I.Gi.T. (Sistema Informativo della Giustizia Tributaria) e, quindi, senza l'intermediazione della segreteria di sezione della Commissione tributaria; inoltre, l'attuale sistema di pagamento telematico del contributo unificato tributario (C.U.T.) tramite la piattaforma PagoPA può avvenire solo dopo aver iscritto a ruolo la controversia e ricevuta la pec di sistema, in cui viene indicato il numero generale di iscrizione a ruolo del ricorso/appello. Pertanto, la previsione del comma 01 diverrebbe di fatto impraticabile anche a voler ricorrere al rinvio dinamico di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 546/1992, nella parte in cui considera applicabili le norme del codice di procedura civile in funzione integrativa a quelle tributarie “per quanto da esse non disposto e con esse compatibili”.

Separatezza del procedimento giurisdizionale da quello amministrativo

L'applicazione di ogni contributo unificato contribuisce al finanziamento del relativo servizio giustizia, secondo un proprio procedimento amministrativo distinto e distante da quello giurisdizionale di riferimento, volto invece a garantire il prioritario diritto di difesa del cittadino (art. 24 Costituzione ed art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea). Ecco perché gli operatori di settore contestano la novella di cui sopra nella misura in cui metterebbe in discussione tale separatezza.

In tal senso, è notizia di questi giorni che i Consigli dell'Ordine degli Avvocati di Roma, Milano e Napoli hanno diffuso un comunicato congiunto in cui chiedono esplicitamente al governo di ritirare la proposta di approvazione dell'art. 192 citato e ai Parlamentari, in particolare ai Componenti delle Commissioni competenti, di respingere l'attuale formulazione della norma riformatrice dell'art. 16 d.P.R. 115/2002, rilevato che:

  • sin dal 1972 (con il d.P.R. 634/72 confermato dal d.P.R. n. 131/86) il bilanciamento tra l'interesse fiscale alla riscossione dell'imposta e quello all'attuazione della tutela giurisdizionale è stato risolto imponendo l'obbligo del Cancelliere* di inviare gli atti all'Ufficio del Registro;
  • in tal modo è stata riconosciuta la giusta prevalenza della necessità di garantire al cittadino l'accesso alla tutela giurisdizionale, così riaffermandosi un principio basilare dello Stato di Diritto a garanzia del sistema democratico e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge;
  • al contrario, la norma in via di approvazione con il solito sistema dell'inserimento nella Legge di Bilancio - solitamente sottratto al dibattito parlamentare per la costante applicazione del voto di fiducia - produce un risultato che è in controtendenza rispetto all'esigenza del cittadino di fare affidamento sulla Giustizia;
  • è evidente anche la sproporzione del mezzo utilizzato rispetto all'obiettivo perseguito, atteso che è inconcepibile che lo Stato affermi che un processo possa non essere celebrato e un diritto possa non essere riconosciuto a causa del mancato pagamento di poche centinaia di euro;
  • che i sistemi di riscossione coattiva dei crediti dello Stato appaiono efficienti e sicuri e, comunque, possono essere ulteriormente perfezionati e all'occorrenza irrigiditi per ottenere i pagamenti del contributo unificato.

*In evidenza
In effetti, l'art. 10, c.1, lett. c), d.P.R. 131/1986 prevede per i cancellieri e i segretari l'obbligo di richiedere la registrazione all'Agenzia delle Entrate “per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell'esercizio delle loro funzioni”; quindi, ex successivo art. 37, per gli atti “che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere”, non per gli atti che introducono il grado di giudizio, con i quali si chiede l'iscrizione a ruolo del processo, assoggettandoli al contributo unificato di iscrizione a ruolo ex art 9, d.P.R. 115/2002. E poi, l'imposta principale di registro viene liquidata (cioè quantificata) dall'Agenzia delle Entrate ex art. 41 stesso decreto e non dai cancellieri e segretari, che non sono nemmeno obbligati al pagamento dal successivo art. 57 come i notai. Se poi l'atto giudiziario per il quale il cancelliere o segretario ha chiesto la registrazione fosse privo della dichiarazione di valore, sarebbe sempre l'Agenzia delle Entrate a provvedere ex art. 53 del più volte citato decreto. Peraltro, “salvo quanto disposto dai successivi articoli 20 e 21, i giudici… i cancellieri e segretari, nonchè gli arbitri non possono rifiutarsi di ricevere in deposito o accettare la produzione o assumere a base dei loro provvedimenti, allegare o enunciare nei loro atti, i documenti, gli atti e registri non in regola con le disposizioni del presente decreto [d.P.R. 642/1972]. Tuttavia gli atti, i documenti e i registri o la copia degli stessi devono essere inviati… a cura del cancelliere o segretario, per la loro regolarizzazione ai sensi dell'art. 31, al competente ufficio del registro entro trenta giorni dalla data di ricevimento ovvero dalla data del deposito o della pubblicazione del provvedimento giurisdizionale o del lodo”.(art. 19 d.P.R. 642/1972). “Gli atti e i documenti soggetti a bollo, per i quali l'imposta dovuta non sia stata assolta o sia stata assolta in misura insufficiente, debbono essere sempre regolarizzati mediante il pagamento dell'imposta non corrisposta o del supplemento di essa nella misura vigente al momento dell'accertamento della violazione. La regolarizzazione è eseguita esclusivamente dagli Uffici del registro mediante annotazione sull'atto o documento della sanzione amministrativa riscossa. Nell'ipotesi prevista dall'art. 19 la regolarizzazione avviene sull'originale o sulla copia inviata all'ufficio del registro” (art. 31 d.P.R. 642/1972). Tuttavia, “la cambiale, il vaglia cambiario e l'assegno bancario non hanno la qualità di titoli esecutivi se non sono stati regolarmente bollati” … “Il portatore o possessore non può esercitare i diritti cambiari inerenti al titolo se non abbia corrisposto l'imposta di bollo dovuta e pagato le relative sanzioni amministrative. La inefficacia come titolo esecutivo deve essere rilevata e pronunciata dai giudici anche d'ufficio” (art. 20 d.P.R. 642/1972).

Nella stessa direzione va anche il Comunicato Stampa in data 15 novembre 2021 da parte dell'Unione Nazione Camera Avvocati Tributaristi (UNCAT) nella misura in cui rivolge “al governo Draghi la domanda se ritiene sostenibile che in un Paese che ancora riconosce sé stesso come Stato di diritto, si possa abdicare all'azione di tutela dei diritti per l'inefficienza di una procedura amministrativa di recupero delle spese eventualmente evase”.

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