Pensione di reversibilità e decesso del coniuge divorziato dopo la pronuncia non definitiva sullo status

Caterina Costabile
06 Dicembre 2021

Le Sezioni Unite valuteranno la sussistenza del diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità, o ad una sua quota, quando il diritto all'assegno divorzile non venga riconosciuto giudizialmente per la sopravvenuta morte del coniuge obbligato, pur essendo passata in giudicato la statuizione sullo status di divorziato assunta con sentenza non definitiva.
Massima

Occorre inviare gli atti al Primo Presidente perché valuti l'opportunità di rimettere all'esame delle Sezioni Unite la questione afferente alla sussistenza del diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità, o ad una sua quota, quando il diritto all'assegno divorzile non venga riconosciuto giudizialmente (sia nella sua esistenza, sia nel suo ammontare) per la sopravvenuta morte del coniuge obbligato, pur essendo passata in giudicato la statuizione sullo status di divorziato assunta con sentenza non definitiva.

Il caso

La Corte d'appello aveva rigettato l'appello proposto da Sempronio, avverso la sentenza del Tribunale che aveva accertato il diritto di Caia alla corresponsione dell'assegno divorzile con onere a carico del coniuge Tizio, sino al decesso dello stesso, avvenuto nel corso del giudizio.

La Corte territoriale, in ragione della sentenza non definitiva con la quale il Tribunale aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio a causa dell'intervenuto decesso di Tizio in corso di causa, aveva ritenuto ammissibile la domanda proposta da Caia affermando che, mentre non poteva essere chiesto agli eredi del coniuge deceduto un assegno a titolo di mantenimento per il periodo successivo alla sua morte, non configurava una domanda nuova quella diretta ad ottenere la conferma della spettanza dell'assegno divorzile, già chiesta nei confronti del coniuge poi deceduto, fino alla data del decesso.

Sempronio proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello deducendo la violazione o falsa applicazione degli artt. 5, comma 6 e 9-bis l. 898/1970, nonché degli artt. 81,303 e 103 c.p.c., per aver il giudice di primo grado rigettato l'istanza di declaratoria di cessazione della materia del contendere a far data dalla morte del coniuge obbligato, e quindi con riguardo alla inammissibilità delle domande svolte dalla ex coniuge nel procedimento di riassunzione della causa di divorzio sul diritto al mantenimento.

La questione

La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione afferente alla sussistenza del diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità, o ad una sua quota, quando il diritto all'assegno divorzile non venga riconosciuto giudizialmente (sia nella sua esistenza, sia nel suo ammontare) per la sopravvenuta morte del coniuge obbligato, pur essendo passata in giudicato la statuizione sullo status di divorziato assunta con sentenza non definitiva.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 9, comma 2, della l. 898/1970 prevede che in caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge divorziato ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno divorzile, alla pensione di reversibilità, purché il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di divorzio.

Il comma 3 del medesimo art. 9 l. 898/1970 riconosce all'ex coniuge divorziato già titolare dell'assegno di cui all'art. 5 l. 898/1970, il diritto ad usufruire di una quota della pensione di reversibilità anche nel caso in cui il defunto abbia contratto un nuovo matrimonio e il secondo coniuge del defunto sia ancora in vita e abbia i requisiti per la pensione di reversibilità. In tal caso, la ripartizione tra il coniuge e l'ex coniuge superstite divorziato delle aliquote spettanti è stabilita dal Tribunale.

Alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 419/1999, l'attribuzione al coniuge divorziato di una quota della pensione di reversibilità ha una funzione solidaristica, che è la medesima dell'assegno di divorzio, finalizzata alla continuazione del sostegno economico in favore dell'ex coniuge (il quale, avendo diritto a ricevere dal titolare diretto della pensione mezzi necessari per il proprio adeguato sostentamento, vede riconosciuta, la continuità di questo sostegno e la conservazione del diritto alla reversibilità di un trattamento pensionistico genericamente collegato al periodo in cui sussisteva il rapporto coniugale) e del coniuge superstite (come forma di ultrattività della solidarietà coniugale, consentendo la prosecuzione del sostentamento prima assicurato dal reddito del coniuge deceduto).

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità la ripartizione dell'indennità di fine rapporto tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite, che abbiano entrambi i requisiti per la pensione di reversibilità, deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica dell'istituto, quali l'entità dell'assegno riconosciuto al coniuge divorziato, le condizioni economiche di entrambi, e la durata della convivenza prematrimoniale ove il coniuge interessato alleghi, e provi, la stabilità e l'effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio con il "de cuius" (Cass. civ., sez. I, 23 luglio 2021, n. 21247; Cass. civ., sez. lav., 15 ottobre 2020, n. 22399).

Con l'ordinanza in esame la Prima Sezione ha rimesso alle S.U. la questione afferente alla sussistenza del diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità, o ad una sua quota, quando il diritto all'assegno divorzile non venga riconosciuto giudizialmente (sia nella sua esistenza, sia nel suo ammontare), per la sopravvenuta morte del coniuge obbligato, pur essendo passata in giudicato la statuizione sullo status di divorziato assunta con sentenza non definitiva.

Osservazioni

Costituisce principio ormai pacifico in giurisprudenza che la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio prima della pronuncia sullo status comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici connessi (cfr. ex multis Cass. civ., sez. I, 20 novembre 2008, n. 27556).

Tale conclusione si fonda sul pacifico assunto che, a norma dell'art. 149 c.c., il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi. Non vi è pertanto alcun interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio, per l'assorbente ragione che il giudice non potrebbe statuire sulla modifica o la cessazione di un rapporto giuridico – quello matrimoniale – già venuto meno per morte di uno dei coniugi. Sul piano processuale, la declaratoria di cessazione della materia ha l'effetto di travolgere ogni statuizione in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato, e di rendere improseguibile il giudizio anche per le domande di natura economica che siano connesse alla separazione o al divorzio.

Costituisce, invece, oggetto di contrasto nella giurisprudenza di legittimità la questione concernente le sorti del giudizio di separazione o divorzio quando intervenga, nel corso del loro svolgimento, la morte di una parte risultando controverso se tale evento determini la cessazione della materia del contendere, sia con riferimento al rapporto di coniugio, sia a tutti i profili economici connessi e, in presenza del passaggio in giudicato della sentenza non definitiva che ha pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, anche riguardo alla determinazione della quota della pensione di reversibilità in astratto spettante al coniuge divorziato e al coniuge superstite.

Secondo un primo e più risalente orientamento, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza parziale sullo status, il procedimento di divorzio prosegue nonostante il decesso del coniuge, per la definizione delle questioni di rilevanza patrimoniale, permanendo l'interesse dall'altra parte alla pronuncia (cfr. Cass. civ., sez. VI, 24 luglio 2014, n. 16951; Cass. civ., sez. VI, 11 aprile 2013, n. 8874; Cass. civ., sez. I, 3 agosto 2007, n. 17041).

Una diversa e successiva impostazione ritiene, invece, che la morte di una delle parti in qualsiasi fase del procedimento divorzile determina la cessazione della materia del contendere ed il conseguente travolgimento delle domande accessorie ancora sub iudice, a nulla rilevando l'intervenuto passaggio in giudicato della pronuncia non definitiva sullo status divorzile (cfr. Cass. civ., sez. VI, 2 dicembre 2019, n. 31358; Cass. civ., sez. I, 20 febbraio 2018, n. 4092; Cass. civ., sez. VI, 8 novembre 2017, n. 26489; Cass. civ., sez. I, 26 luglio 2013, n. 18130). Ciò con una duplice conseguenza: per un verso deve ritenersi improseguibile, nei confronti degli eredi del coniuge, l'azione intrapresa per il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile; per altro verso, gli eredi non possono subentrare nella posizione processuale del coniuge obbligato al fine di fare accertare l'insussistenza del suo obbligo di contribuire al mantenimento e di ottenere la restituzione delle somme versate sulla base di provvedimenti interinali o non definitivi.

Anche in tempi molto recenti la Corte ha aderito a tale ultimo orientamento precisando che la morte di uno dei coniugi, in pendenza di giudizio di separazione personale, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere e travolge tutte le precedenti pronunce emesse non ancora passate in giudicato, anche con riferimento alle istanze accessorie circa la regolamentazione dei rapporti patrimoniali attinenti alla cessazione della convivenza, mentre restano salve le domande autonome che, proposte nello stesso giudizio, riguardano diritti e rapporti patrimoniali indipendenti dalla modificazione soggettiva dello status, già acquisiti al patrimonio dei coniugi, e nei quali subentrano gli eredi (Cass. civ., sez. VI, 21 gennaio 2021, n. 1079).

Mette conto evidenziare che una partedella recente giurisprudenza di merito (Trib. Parma, sez. I, 21 maggio 2019, n. 767; Trib. Milano, sez. IX, 2 novembre 2018, n. 20658) si è condivisibilmente discostata dal più recente orientamento di legittimità evidenziando, in primo luogo, che non è possibile parificare l'incidenza dell'evento morte nel caso di giudizio di separazione o di divorzio. Invero, ogni statuizione resa in sede separativa, sia essa passata in giudicato o meno, non fa venire meno il matrimonio ma incide unicamente sui diritti ed i doveri gravanti sui coniugi, con la conseguenza che viene meno anche l'interesse del coniuge superstite alle pronunce di contenuto economico, vantando egli ancora diritti ereditari.

Inoltre si è osservato che: 1) l'estensione della cessazione della materia del contendere alle domande di contenuto economico ancora sub iudice non risulta coerente con il dettato dell'art. 149 c.c. atteso che, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza sullo status divorzile, il matrimonio è già cessato e la morte dell'ex coniuge non è più in grado di incidere su di un rapporto matrimoniale in essere: di conseguenza, risulta improprio derivare conseguenze in punto di assegno divorzile (il travolgimento delle domande di contenuto economico ancora pendenti) sulla scorta di un presupposto (lo scioglimento del matrimonio per effetto della morte) che non si è integrato; 2) con la decisione sulla domanda di assegno divorzile, il Tribunale si pronuncia sulla spettanza di tale contributo in un periodo compreso tra il passaggio in giudicato della sentenza di status e la morte del coniuge, accertando così la sussistenza di un diritto (o di un obbligo) maturato nel patrimonio del coniuge superstite prima della morte dell'altro; 3) non può ritenersi sussistente nell'ipotesi in esame la ratio sottesa alla cessazione della materia del contendere non venendo affatto meno l'interesse della parte superstite alla prosecuzione del giudizio, atteso che dall'attribuzione dell'assegno divorzile dipende la possibilità per il coniuge superstite, ormai privato dell'eventuale assegno di mantenimento, di richiedere la pensione di reversibilità a norma dell'art. 9, comma 2, l. 898/1970.

Riferimenti
  • Bonilini, La morte di uno dei coniugi intervenuta durante il procedimento di divorzio, in Fam. Pers. Succ., 2009, 3 ss.;
  • Canestrelli, Appello del coniuge superstite avverso la sentenza di divorzio e legittimazione processuale dei successori, in Dir. famiglia, 2010, pag. 1133 ss.;
  • Costabile, La morte del coniuge dopo il passaggio in giudicato della sentenza parziale sullo status determina la cessazione della materia del contendere?, in IlFamiliarista.it, fasc., 12 aprile 2019;
  • Danovi, Morte della parte prima del giudicato di divorzio: i rimedi per il coniuge superstite, in Famiglia e Diritto, 2017, 3, 259 ss.;
  • Parlanti, Effetti della morte del coniuge in pendenza del giudizio di separazione e divorzio, in IlFamiliarista.it, fasc., 13 aprile 2018.

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