Saldo banca o saldo “rettificato”: così è se vi pare

Fabio Fiorucci
09 Dicembre 2021

Il contributo approfondisce un aspetto di rilevante impatto operativo nelle controversie bancarie: ai fini dell'identificazione delle rimesse solutorie o ripristinatorie e della rideterminazione del corretto saldo dare e avere nei rapporti bancari di c/c, deve aversi a riferimento il “saldo banca”, ossia la contabilità risultante dagli estratti conto predisposti dall'istituto bancario e periodicamente inviati al cliente, oppure il c.d. “saldo rettificato” o “ricalcolato”, che prevede la ricostruzione del dare/avere del conto corrente depurato dagli effetti determinati dalla presenza di eventuali clausole nulle?
Premessa

Il contributo approfondisce un aspetto di rilevante impatto operativo nelle controversie bancarie: ai fini dell'identificazione delle rimesse solutorie o ripristinatorie e della rideterminazione del corretto saldo dare e avere nei rapporti bancari di c/c, deve aversi a riferimento il “saldo banca”, ossia la contabilità risultante dagli estratti conto predisposti dall'istituto bancario e periodicamente inviati al cliente, oppure il c.d. “saldo rettificato” o “ricalcolato”, che prevede la ricostruzione del dare/avere del conto corrente depurato dagli effetti determinati dalla presenza di eventuali clausole nulle?

Di seguito saranno affrontati i diversi orientamenti e, in particolare, le argomentazioni logico-giuridiche che inducono una parte significativa della giurisprudenza di merito a disattendere quanto in argomento stabilito dalla giurisprudenza di legittimità.

La questione

Ai fini dell'identificazione delle rimesse solutorie o ripristinatorie e della rideterminazione del corretto saldo dare e avere nei rapporti bancari di c/c, è dibattuto se debba aversi a riferimento il “saldo banca” (saldo storico di fatto), ossia la contabilità risultante dagli estratti conto predisposti dall'istituto bancario e periodicamente inviati al cliente, oppure il c.d. “saldo rettificato” o “ricalcolato” (saldo di “diritto”), che prevede la ricostruzione del dare/avere del conto corrente depurato dagli effetti determinati dalla presenza di eventuali clausole nulle (le competenze illegittimamente addebitate possono essere costituite, ad es., dagli interessi ultralegali illegittimi, dalle valute fittizie, dalle commissioni sul massimo scoperto trimestrale, dalle spese forfettarie e dalla capitalizzazione composta).

Secondo quest'ultima impostazione (saldo ricalcolato), le rettifiche consentono di evidenziare, accanto all'andamento del conto così come si è evoluto nel corso del tempo, lo svolgimento del rapporto secondo quanto avrebbe dovuto verificarsi in conformità al diritto e, sulla base di tali risultati contabili e di questo nuovo saldo, procedere alla verifica dell'eventuale incidenza delle rimesse registrate in conto.

In sostanza, è discusso se per l'individuazione del saldo debbano essere valorizzati gli estratti conto trasmessi dalla banca, considerando dunque le originarie annotazioni contabili in essere alla data in cui è avvenuta ogni rimessa (saldo banca) piuttosto che il saldo depurato degli importi illegittimi (saldo ricalcolato).

Il dibattito giurisprudenziale

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, il saldo da considerare – per qualificare un versamento solutorio o ripristinatorio – non è quello rinvenibile dagli estratti conto bancari, ma è quello “ricalcolato/rettificato”, ovvero il saldo depurato dalle competenze illegittimamente addebitate dalla banca, giorno per giorno, nel corso del rapporto, al fine di impedire che le poste attive e passive siano falsate da clausole nulle la cui applicazione creerebbe un saldo scoperto solo apparente.

In definitiva, si deve prima accertare quali clausole siano nulle, e quali effetti derivino da tale nullità; successivamente, sulla base di tale accertamento, appurare quali poste abbiano natura solutoria e quali natura ripristinatoria. Il ricalcolo potrebbe, infatti, portare a ritenere ripristinatoria una rimessa che era stata trattata dalla banca come solutoria, nel caso in cui il correntista risultava extra fido solo perché gli erano stati addebitati competenze ed interessi non dovuti (Trib. Benevento 18.11.2012; Trib. Firenze 20.6.2012; Trib. Pescara 24.6.2013; Trib. Foggia 18.4.2013; Trib. Udine 29.10.2013; Trib. Ancona 18.11.2014 e 12.4.2016; Trib. Alessandria 21.2.2015; Trib. Massa 21.12.2017; App. Bari 3.8.2020; Trib. Treviso 4.5.2021).

In sede di riclassificazione del conto corrente, epurato dalle illegittime competenze bancarie, dopo i primi trimestri, i saldi debitori risultanti dagli estratti conto bancari riducono sensibilmente, trimestre dopo trimestre, la debitoria fino a raggiungere talora saldi addirittura creditori.

Le conseguenze operative di tale approccio giurisprudenziale sono presto dette: il conto “scoperto” (cioè il conto passivo extrafido) è quello che supera la soglia dell'affidamento dopo che è stato depurato dalle competenze illegittime derivanti da nullità originarie. Il dies a quo della prescrizione decennale dell'azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. decorre, è argomentato, solo per quella parte della rimessa sul conto corrente che supera il “saldo ricalcolato” (e non il saldo bancario riveniente dagli estratti conto).

L'orientamento della Cassazione

In adesione al predetto indirizzo, la Cassazione ha stabilito che per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell'ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all'esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole (anatocistiche nella fattispecie), previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest'ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento. L'eventuale prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato non influisce sulla individuazione delle rimesse solutorie, ma solo sulla possibilità di ottenere la restituzione di quei pagamenti coperti da prescrizione (Cass. n. 9141/2020; Cass. n. 3858/2021; Cass. n. 17634/2021; conformi App. Milano 30.1.2020; Trib. Milano 15.1.2021).

Nel ribadire il predetto orientamento, la Cassazione ha altresì chiarito che ove venga dedotta la nullità del titolo in base al quale gli interessi sono stati annotati, essendo l'azione di nullità imprescrittibile a norma dell'art. 1422 c.c., l'operazione di rettifica sul conto non può essere sottoposta ad un termine predefinito, essendo legata inscindibilmente all'esito ed agli effetti dell'azione di nullità proposta, con la conseguenza che la rettifica del conto avrà sempre necessariamente luogo, senza limiti di tempo, in caso di accoglimento dell'azione di nullità che abbia dichiarato l'illegittimità del titolo su cui si è fondata l'annotazione sul conto (Cass. n. 3858/2021)

Insomma: i diritti di credito e di debito non devono nascere dalle annotazioni della banca ma dai rapporti giuridici sottostanti; la “realtà giuridica” deve prevalere sulla “realtà storica”: l'unica realtà è quella riconosciuta dalla legge (Trib. Treviso 4.5.2021).

Saldo ‘ricalcolato': criticità

Il saldo rettificato/ricalcolato pone alcuni problemi di coordinamento con l'art. 1422 c.c. («L'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione») ove dovesse sfociare nella “rettifica” di “partite contabili” ormai coperte da prescrizione.

Parte della dottrina e della giurisprudenza valorizza, infatti, la contabilità della banca (estratti conto) nella ricostruzione del corretto dare e avere tra le parti (Trib. Taranto 22.5.2013; App. Torino 26.1.2017; Trib. Napoli Nord 11.1.2017; App. Torino 17.11.2020; Trib. Torino 8.1.2021; Trib. Padova 24.2.2021 n. 318 (inedita); Trib. Reggio Calabria 1.9.2021; Trib. Torino 20.10.2021).

L'imprescrittibilità dell'azione di nullità, è rilevato, che giustifica il rilievo dell'assenza di idonea pattuizione delle condizioni applicate al conto corrente ben oltre il decennio dalla conclusione del relativo contratto, si va ad intersecare con la pacifica prescrittibilità decennale dell'azione di ripetizione, con la conseguenza che è inutile il ricalcolo per importi che non è possibile legittimamente ripetere: diversamente ragionando, si andrebbe a ricostruire l'andamento del conto non quale è stato ma quale avrebbe dovuto essere, limitando l'operatività della prescrizione non a quanto effettivamente pagato in più - cioè a quanto legittimamente e materialmente ripetibile - ma a quanto avrebbe dovuto essere pagato, sulla base di un ricalcolo che eliderebbe in concreto, inammissibilmente, l'operatività della prescrizione già maturata per la differenza tra il versato e l'effettivamente dovuto (App. Torino 17.11.2020; Trib. Padova 24.2.2021; Trib. Siena 28.11.2020; Trib. Reggio Calabria 1.9.2021).

Laddove il conto corrente, è osservato, venisse preventivamente depurato da tutte le poste ritenute indebite e solo dopo venissero verificati i versamenti imputabili a pagamento delle competenze indebite, non esisterebbe più alcuna pretesa illegittima a monte e quindi non opererebbe mai la prescrizione. In altri termini, assumere, quale saldo iniziale un importo già epurato dagli addebiti illegittimi, e relativi al periodo precedente, verrebbe a vanificare l'effetto della prescrizione che comporta l'intangibilità delle somme versate, ancorché illegittimamente, in tale periodo.

Se un diritto è prescritto, è tale indipendentemente dal fatto che fosse fondato o no.

Il fondamento logico-giuridico di questa impostazione poggia sul fermo convincimento giurisprudenziale secondo cui il pagamento - ossia uno «spostamento patrimoniale in favore della banca» che implica la perdita di disponibilità del denaro: cfr. Cass., Sez. Un., n. 24418/2010 - pur avvenuto in virtù di un titolo nullo, non è in grado di posticipare il dies a quo dal momento del pagamento a quello dell'accertamento giudiziale della nullità, poiché la pronuncia ha carattere meramente dichiarativo e non toglie che lo spostamento patrimoniale, dal solvens all'accipiens, abbia avuto luogo con l'esecuzione della prestazione indebita (Cass. n. 7651/2005; Cass. n. 15669/2011).

Una cosa è la nullità degli addebiti, altra è l'effetto prodotto dalle rimesse solutorie in termini di prescrizione del diritto alla ripetizione. Nullità delle clausole e irripetibilità delle rimesse riposano su due piani distinti e così l'imprescrittibilità dell'azione di nullità non può abbracciare anche l'azione di ripetizione dell'indebito che invece soggiace pacificamente al termine prescrizionale ordinario decennale.

Secondo la nota Cass., Sez. Un., n. 24418/2010, hanno natura di “pagamento” – determinando, secondo la regola generale dell'indebito, la decorrenza della prescrizione dalla data in cui sono eseguiti – i versamenti che « abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca ». Nell'ottica delle Sezioni Unite il giudizio sulla qualificazione del versamento deve operarsi secondo la situazione esistente alla data in cui è eseguito e non in funzione di scenari ipotetici.

La possibilità di impugnare la nullità del contratto o di sue singole clausole, più ampiamente l'illegittimità degli addebiti, e di portare alla luce un saldo rettificato a credito o entro i limiti del fido, non restituisce al versamento su conto “scoperto” lo « scopo ed effetto di ripristinare la disponibilità », anziché di ridurre puramente e semplicemente l'esposizione debitoria, poiché la nullità del titolo non toglie che il denaro sia uscito dalla sfera di controllo del cliente. In altri termini, non è possibile rimettere il giudizio sulla qualificazione della rimessa, se pagamento o ripristino di disponibilità, “all'esito della declaratoria di nullità”, poiché “la disponibilità” idonea a impedire lo spostamento patrimoniale consiste nella concreta conservazione del potere di disporre di una somma di denaro e non può che essere verificata sulla base della situazione dichiarata esistente al tempo in cui il versamento è eseguito.

In definitiva, i vari addebiti devono essere valutati ai fini della prescrizione con la stessa imputazione operata dalle parti al momento in cui si sono verificati, quand'anche frutto di un addebito illegittimo, posto che l'azione di ripetizione deve essere rapportata al concreto svolgere del rapporto contrattuale e non a quello rettificato, visto che la prescrizione “copre” anche pagamenti illegittimi o fondati su clausole nulle.

In conclusione

I sostenitori del “saldo banca” rilevano che assumere quale saldo iniziale un importo già depurato dagli addebiti illegittimi, comporta una riscrittura a posteriori dell'andamento del conto corrente attraverso la modifica di un dato fattuale rappresentato dalle annotazioni effettuate dalla banca nel tempo e che avevano generato l'indebito; inoltre, viene ad essere elusa la funzione dell'istituto della prescrizione che dovrebbe portare all'intangibilità delle somme versate, ancorché illegittimamente, in quel determinato periodo da chi era nella convinzione di provvedere ad un pagamento extra fido; infine, l'effetto estintivo della prescrizione finisce per essere vanificato dal venir meno del carattere indebito dei pagamenti sulla base di annotazioni contabili che, al momento dei versamenti, non esistevano.

In sostanza, la natura di una rimessa non può essere valutata ex post ma deve essere valutata ex ante, avendo riguardo al momento temporale in cui è stata effettuata: se in quel momento essa era funzionale a coprire uno scoperto di conto vuol dire che era finalizzata evidentemente ad un pagamento, a nulla rilevando che la stessa fosse frutto di pregressi addebiti illegittimi; altrimenti opinando, l'azione di ripetizione connessa ad un'azione di nullità mutuerebbe sempre da quest'ultima l'imprescrittibilità, così derogando alla regola codicistica che invece prevede un preciso termine prescrizionale (Trib. Reggio 1.9.2021, che richiama App. Venezia n. 1662/2021).

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