Sovraindebitamento: requisito della meritevolezza e sproporzione del debito
13 Dicembre 2021
Alcuni tribunali, pur dopo la riforma della legge n. 3/2012 in punto di meritevolezza del consumatore, continuano ad intendere questo requisito in modo così stringente da impedire di fatto l'accesso alle procedure, collegando la gravità della colpa alla presenza di una sproporzione tra il debito contratto e le risorse necessarie per la sua restituzione. In quali termini esiste un collegamento tra la sproporzione e la meritevolezza?
Il Legislatore della “riforma natalizia” della legge n. 3/2012 (attuata con L. 176/2020) ha modificato il requisito della meritevolezza del consumatore, restringendo l'area di applicazione della norma ai casi in cui il debitore: “limitatamente al piano del consumatore, ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode”. Ha quindi volutamente eliminato i requisiti che avevano indotto incertezze nell'applicazione della legge e, sovente, pronunce di inammissibilità non giustificate. Si tratta dei requisiti della consapevolezza e della sproporzione (cfr. art. 12-bis L. 3/2012), lasciando intatto solo il requisito oggettivo dell'aver determinato (con una condotta causale) la situazione di sovraindebitamento. Si sono tuttavia riscontrate pronunce (citate infra) che hanno di fatto ripristinato i parametri azzerati dal Legislatore, asserendo sostanzialmente che un indebitamento sproporzionato assunto in modo consapevole connota la colpa grave e non consente l'accesso alla procedura del consumatore. In tal modo, però, si continua a fare uso dei parametri che il Legislatore ha voluto eliminare. A ben vedere, l'entità del debito (di cui – come tale - la legge non fa colpa al debitore) e, quindi la sproporzione, non necessariamente coincide con la responsabilità per una condotta causativa di sovraindebitamento. Al debitore non può farsi una colpa per il debito sic et simpliciter, cioè per la sproporzione consapevole, ma può (e deve) imputarsi invece una responsabilità causativa del sovraindebitamento. Il grave rischio interpretativo, insito in questa sovrapposizione tra sproporzione e responsabilità, è quello di arrivare a negare l'accesso alla procedura a chi è sovraindebitato (ex art. 6, comma 2, nuovo testo) per il solo fatto di esserlo (ex art. 7, comma 2, nuovo testo), il che sarebbe ovviamente paradossale e da evitare. Per trovare una soluzione al problema, occorre uscire dalla logica meramente contabile che conduce all'equazione: “sproporzione = colpa grave”, ed interrogarsi sulle cause del sovraindebitamento, posto che esso consiste proprio in un indebitamento non proporzionato. In altre parole, si deve distinguere dalla condotta di sovraindebitamento la mera sproporzione del debito (il sovraindebitamento) e non farne ciò che non è, vale a dire un sintomo della gravità della colpa come tale (limitandosi ad una mera operazione di conteggio numerico: tanto debito, tanto patrimonio, e quindi dentro o fuori secondo un mero calcolo aritmetico), e andare piuttosto a vedere le cause del sovraindebitamento: il debitore ha agito con intenzione di danneggiare i creditori? era in malafede? ha compiuto operazioni di puro rischio? ha nascosto beni? Senz'altro in questi casi, ove si risponda positivamente, si avrà colpa grave, o malafede, o frode. Ma se il debitore instante non ha causato il sovraindebitamento con colpa grave o dolo, ma – ad esempio - ha solo subito un tasso usurario, o ha dovuto far fronte ai crescenti bisogni familiari o a qualche altra necessità della vita, allora non può certo dirsi che sia stato in colpa grave sol per aver contratto un debito sproporzionato o, più precisamente, la contrazione di un debito (assai) sproporzionato può essere solo il sintomo di una condotta prava, non certo la prova esclusiva di essa. Perciò, qualora si ritenga grave in concreto la sproporzione, si dovrà anche indagare sulle ragioni che hanno condotto a quella sproporzione e non certo limitarsi a constatarla numericamente. In definitiva, le cause della condotta di sovraindebitamento, nella volontà del Legislatore della riforma, assumono un peso decisivo e autonomo rispetto al mero dato numerico della sproporzione del debito, che – come tale – è anzi “requisito oggettivo” di accesso alle procedure esdebitative. Detto diversamente e più efficacemente, dove c'è uno stato di necessità non ci può essere la colpa grave, per lo stesso principio ordinamentale ispiratore dell'esimente di cui all'art. 54 c.p., capace di scriminare un reato, e a maggior ragione una situazione di semplice debito. Si ritiene dunque che di tutto questo il giudice che decide dell'ammissibilità di una domanda di accesso alle procedure del consumatore debba farsi carico nella motivazione, sia per una dovuta completezza della decisione, sia per consentire il controllo del percorso argomentativo nei gradi successivi di giudizio. Riferimenti normativi - Art. 7, comma 2, lett. d-ter, L. 3/2012. La giurisprudenza - Trib. Ferrara decr. 7 aprile 2021; Trib. Barcellona Pozzo di Gotto decr. 16 aprile 2021; Trib. Catania decr. 5 marzo 2021 Potrebbe interessarti |