Esecuzione per rilascioFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 605
24 Febbraio 2022
Inquadramento
L'esecuzione per il rilascio dei beni immobili è inerente, ovviamente, alla fine traumatica di un rapporto. Si determina, è banale dirlo, quando il detentore, a qualsiasi titolo, non intenda spontaneamente dar corso alla restituzione dell'abitazione, del negozio, ufficio, capannone ecc. a seguito di un titolo giudiziale che a ciò lo condanni. Nella pratica si tratta di una delle più tipiche azioni esecutive alle quali partecipa, con funzione principale, l'ufficiale giudiziario competente per la zona in cui l'immobile è ubicato. Gli utenti della giustizia, ovviamente, mal sopportano tale procedura non riuscendo a capire, il più delle volte, il motivo di un procedimento lungo, articolato e costoso. Il titolare del diritto alla restituzione, infatti, che frequentemente ha ottenuto il titolo relativo, anche in questo caso dopo un complesso lungo e costoso iter giudiziario, vorrebbe la immediata soddisfazione del proprio diritto. Dall'altra parte, al contrario e frequentemente, si opta per resistere ad oltranza al fine di poter godere il più a lungo possibile della disponibilità del bene. Ciò anche perché, spesso, ciò avviene in situazione di sostanziale gratuità. Si pensi agli sfratti per morosità ove, appunto, il conduttore, come detto, resiste il più a lungo possibile anche perché non ha alternative a fronte, il più delle volte, a situazioni di effettiva propria difficoltà economica. Qui si introduce il delicatissimo tema di evidente carattere sociale relativo al diritto alla casa ed a dignitose condizioni di vita. Per questo motivo, considerando il procedimento di sfratto una procedura comunque dirompente degli equilibri del tipo indicato, il legislatore ha da sempre dettato regole calmieratrici e posto particolare attenzione a tali situazioni. Va tuttavia detto che il procedimento non riguarda solo la traumatica definizione di un rapporto interrotto per risoluzione sia esso per morosità o altra forma di inadempimento. Ma riguarda anche le finite locazioni laddove, in particolari momenti storici e in particolari situazioni territoriali, non è facile per le persone spesso anche adempienti ai loro obblighi, reperire soluzioni abitative alternative. Vi è poi l'ampia casistica collegata alle locazioni ad uso diverso dall'abitativo che riguarda non più il diritto all'abitazione ma il diverso ambito dell'attività produttiva nei vari settori dell'economia. Tanto per dare un'idea del fenomeno si consideri che, nel 2016, sono stati emessi 61.718 (dati Ministero Interno) provvedimenti di sfratto in riduzione del 5,51% rispetto al 2015. Per la esecuzione degli sfratti, sempre nel 2016, il dato è di 35.336, in aumento del 7,99% rispetto al 2015:
Su queste premesse, il presente intervento si occuperà delle modalità di esecuzione del procedimento di rilascio.
Il titolo esecutivo
Sulla base di un principio cardine del processo esecutivo come sancito dall'art. 474 c.p.c.: «L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile». La presenza del titolo e del relativo procedimento è diretta conseguenza del disposto dell'art. 2930 c.c. «Se non è adempiuto l'obbligo di consegnare una cosa determinata mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o rilascio forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura civile». L'elenco dei titoli esecutivi utili alla esecuzione viene dato sempre dal citato art. 474 c.p.c. che per il rilascio di immobili prevede: «… L'esecuzione forzata per consegna o rilascio, non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai nn. 1 e 3 del secondo comma …». Si tratta: «… 1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; …3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge …». Pertanto sono titoli esecutivi: ovviamente le sentenze che contengono l'ordine di rilascio, le convalide di licenza o sfratto per finita locazione, le convalide di sfratto per morosità, il decreto di trasferimento del bene espropriato ex art. 586 c.p.c. Tra tali atti meritano una particolare attenzione: «… gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge …»
I titoli esecutivi a formazione privata
Con la novella introdotta all'art. 2, comma 3, lett. e), del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, è stato modificato l'art. 474 c.p.c. stabilendo l'efficacia di titolo esecutivo per atti « … ricevuti da notaio ..». Quindi, si deve ritenere, nella forma di atto pubblico e non di scrittura privata autenticata. Gli stessi, pertanto, saranno idonei al fine di ottenere la consegna, quando si parla di beni mobili, o il rilascio quando si parla di beni immobili. Sul punto, tuttavia, si sono sollevate alcune perplessità. In particolar modo, rispetto al rapporto fra titolo esecutivo e le disposizioni delle leggi speciali in ordine alla scadenza del contratto, si pensi:
Se si aderisce, pertanto, alla tesi per cui l'atto notarile con le caratteristiche delineate e munito di formula sia titolo esecutivo tout court, allora si lascerà, alla eventuale opposizione alla esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., la tutela delle prerogative previste dalle leggi speciali. Altrimenti si dovrà ritenere la incompatibilità della natura esecutiva dei titoli notarili, evidentemente subordinati al previo rispetto delle disposizioni generali. Nel ricordare, come detto sopra, la distinzione letterale tra consegna, riferita ai soli beni mobili, e a rilascio riferito ai beni immobili, va evidenziato come, attesa la novità, quegli atti, per gli obblighi lì contenuti sono titoli esecutivi per ambedue le ipotesi. Evidente il particolare interesse, per gli utenti, alla soluzione sopra riportata. Avendo, infatti, un atto notarile che contenga la espressa previsione dell'obbligo di rilascio, nelle ipotesi lì considerate (morosità, inadempimento), si potrà dare corso da subito alla esecuzione evitando l'intero passaggio giudiziale. La formula esecutiva
Una volta ottenuto il titolo, nelle diverse forme nel quale lo stesso può realizzarsi, gli atti: «… per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva …», ciò secondo il disposto di cui all'art. 475 c.p.c.. L'apposizione della formula o, come si dice: «La spedizione in forma esecutiva» è «effettuata dal cancelliere o dal notaio o altro pubblico ufficiale … apponendo, appunto, la formula del comandiamo». Pertanto per il titolo a formazione privata qualora si intenda agire per le obbligazioni che dallo stesso risultano, sarà lo stesso notaio rogante a provvedere al relativo adempimento. Anche sul punto qualche perplessità è sorta. Una, in particolare, atteso che la legge notarile attribuisce il potere del rilascio delle copie dell'atto solo al notaio che ha rogato il medesimo. Sorge, quindi, il problema dell'ottenimento delle copie qualora il notaio originario non eserciti più il proprio ministero. A tal proposito vale, probabilmente, riportare l'attenzione che qualche utente pone al problema. Vi è, infatti, prassi – forse non molto diffusa e, probabilmente posta in essere da utenti particolarmente attenti e, forse, anche maliziosi – di farsi rilasciare copia autentica munita di formula da subito e, pertanto, già dal momento della sottoscrizione dell'atto. In tal modo la parte ha in sue mani il titolo che potrà attivare nel caso se ne rendesse la necessità, senza dover nuovamente ricorrere all'ausilio del notaio.
Il precetto
Anche in questo caso siamo di fronte ad una disposizione di carattere assolutamente generale in materia di procedimenti esecutivi. L'atto prodromico all'inizio di ogni esecuzione, infatti, è l'atto di precetto previsto dall'art. 480 c.p.c. Si tratta di una sorta di atto riassuntivo del diritto fatto valere e dell'obbligo che, conseguentemente, deve essere eseguito. Non è atto di procedimento giudiziale e, pertanto ed a parte i tecnicismi del suo contenuto, può essere redatto anche personalmente dalla parte che intende dare corso alla esecuzione. Il precetto, infatti, deve contenere tutte le previsioni di cui all'art. 480:
Con l'art. 13, comma 1, lett. a), del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, è stato inserito l'obbligo di indicare, nel precetto, la possibilità di ricorrere a un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice per porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento. Pare, tuttavia, che tale eventuale mancanza non infici la validità del precetto (Trib. Milano 30 marzo 2015 e Trib. Milano 18 febbraio 2016). Sul punto si consideri, ulteriormente, che quell'avvertimento è riferito a situazioni di obbligazioni pecuniarie che non si conciliano con l'esecuzione per il rilascio. Specificatamente per tale tipo di esecuzione che, pertanto, prevede il rilascio di immobili, è previsto che l'atto di precetto contenga « … la descrizione sommaria dei beni stessi» di quelli, quindi, che devono essere rilasciati. Trattandosi di atto di parte non processuale, come detto, il precetto non necessita dell'intervento del legale e può essere sottoscritto dalla parte personalmente o anche da delegati e va notificato alla parte esecutata e personalmente ai sensi degli artt. 480 e 137 c.p.c. Preavviso di sloggio
Successivamente al precetto e trascorsi, quindi, i termini di 10 giorni intimati per il rilascio e qualora ciò non sia avvenuto, l'ufficiale giudiziario notifica all'intimato altro atto, il così detto preavviso di rilascio di cui all'art. 608 c.p.c. Con tale atto viene comunicato, con un preavviso non inferiore a dieci giorni, il giorno e l'ora in cui si procederà all'accesso in luogo per la materiale esecuzione dello sfratto. Lo scopo di tale ulteriore adempimento altro non è che quello di dare certezza (Cass. civ., sez. VI, 27 ottobre 2011, n. 22441) alle modalità e termini dell'esecuzione. Ciò in quanto quel procedimento è pur sempre considerato come evento di particolare delicatezza. Secondo la citata novella del 2005, si è definitivamente risolto l'aspetto relativo all'inizio della esecuzione per il rilascio. Nel passato sullo specifico punto, si erano ingenerate diverse interpretazioni. Con il citato provvedimento è stato definito, quale momento di inizio della esecuzione, quello della notifica del preavviso. La questione, come detto, definisce l'aspetto relativo alla eventuale opposizione stabilendo, quindi, con quali modalità tra la citazione e il ricorso, nel rispetto dell'art. 615 c.p.c., l'opposizione andrà proposta. Si ricorda, infatti, che l'opposizione medesima andrà introdotta con citazione se formulata prima dell'inizio dell'esecuzione, con ricorso se proposta ad esecuzione iniziata. Inoltre, l'indicato termine, serve anche quale riferimento per la validità del precetto. Quell'atto, infatti, ai sensi dell'articolo 481 c.p.c. perde efficacia se entro 90 giorni dalla notifica non si sia dato corso all'esecuzione. Nel caso di specie, quindi, trattandosi di rilascio di immobile, si dovrà provvedere alla notifica del preavviso di rilascio di cui all'art. 608 c.p.c., quale primo atto dell'esecuzione, entro l'indicato termine di giorni 90 dalla notifica del precetto. Adempiuti i preventivi adempimenti, nel giorno e ora stabiliti come indicati nel preavviso di rilascio, l'ufficiale giudiziario, munito dei titoli, accede in luogo ed immette l'istante nella detenzione del bene diffidando i terzi a rispettare tale posizione. Il tutto secondo la lineare disposizione di cui all'art. 608 c.p.c. In realtà, salvo al momento i locali non siano stati rilasciati, si realizzano frequentemente situazioni di conflittualità e contrasto. Ciò è già anticipato dalla norma medesima la quale, parimenti come per ogni tipo di esecuzione, ribadisce il potere dell'ufficiale giudiziario di ricorrere all'ausilio della forza pubblica ai sensi dell'art. 513 c.p.c. autorizzando lo stesso ad: «… aprire porte … vincere la resistenza opposta dall'esecutato o da terzi …». Inutile ricordare come, nella prassi, la disponibilità della forza pubblica abbia dato origine alle più complesse e mutevoli situazioni per cui si rimanda la valutazione dell'aspetto alle singole situazioni territoriali. Sul punto, tuttavia, la giurisprudenza è piuttosto precisa e, vien da dire, anche severa:
Vale la pena ricordare che, solitamente, di fronte al mancato rilascio dell'immobile da parte dell'intimato, gli accessi dell'ufficiale giudiziario risultano essere, frequentemente, plurimi. Ciò dipende da vari fattori sia conflittuali che obiettivi in relazione alle esigenze del procedimento e sensibili, ovviamente, alla opportunità di non rendere eccessivamente forzoso il procedimento medesimo. Altro aspetto, quest'ultimo, che frequentemente, origina ulteriori motivi di disagio.
Negli anni passati era prassi ricorrere a forme di proroghe degli sfratti sulla base di provvedimenti periodici. Il tutto è stato disciplinato, in forma definitiva, dall'art. 6, n. 4) e 5),della l. n. 431/1998. Si tratta, per i soli procedimenti di rilascio di immobili abitativi a seguito di provvedimenti di finita locazione (contra, nel senso dell'applicabilità anche alle morosità, Trib. Firenze 13 luglio 2001), della possibilità di ottenere la rifissazione del termine. Ai sensi dell'art. 56 della l. n. 392/1978, il giudice, infatti, nell'emettere il provvedimento che dispone il rilascio, fissa la data entro la quale l'intimato dovrà restituire l'immobile. Trattandosi di disposizione regolamentare vale la pena di riportarla per esteso:
Più recentemente ed a seguito delle numerose forti perplessità manifestate in sede di interpretazione costituzionale delle norme che prevedevano la proroga degli sfratti, il legislatore è intervenuto con una disposizione che ha introdotto un concetto veramente innovativo. Con l'art. 6, comma 4 e 5, del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, infatti, si è valorizzata la figura della c.d. «morosità incolpevole»; in pratica si sono previste previdenze economiche a favore di tali tipi di situazione:
A fronte di tali situazioni vengono erogate, come detto, delle contribuzioni:
Gli interventi previsti dalla nuova disposizione si articolano in due diverse modalità. La prima:
La seconda alternativa modalità di intervento:
In pratica, le modalità di cui sopra, mirano ad escludere interventi nell'ambito del procedimento esecutivo trasportando gli stessi:
Le disposizioni hanno a valere, ai sensi dell'art. 5 del d.l. n. 102/2013, per i Comuni ad alta tensione abitativa. Come ben noto a chi pratica la materia, uno dei problemi periodici rispetto alla liberazione dei locali, è rappresentato da quanto, in occasione dell'accesso, si reperisce all'interno dei medesimi. Si tratta, spesso, di effetti personali di ogni genere, arredi, a volte automezzi con o senza documenti e, ancora di più, nel caso di locali destinati ad attività, attrezzature o macchinari. Ovvio che trattandosi di beni di terzi, che non hanno avuto la diligenza dell'asporto, costituiscono un effettivo problema. Ciò sia per la custodia sia per lo smaltimento. Con l'art. 19, comma 1, lett. 1, del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, è stato novellato l'art. 609 c.p.c. dando una disciplina al delicato aspetto. Anche in questo caso, trattandosi di disposizione regolamentare la riportiamo nel testo corrente:
Le spese del procedimento
Alla fine della presente trattazione è d'obbligo considerare anche le spese del procedimento. Nel caso vale il generale principio processuale che viene espressamente richiamato dall'art. 611, comma 2, c.p.c., per cui alla fine del procedimento devono essere liquidate le spese. Sul punto vi è chiaro orientamento giurisprudenziale del seguente tenore: «A seguito della modifica dell'art. 611 c.p.c., operata dall'art. 2, comma 3, lett. e, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella l. 14 maggio 2005, n. 80 (riforma entrata in vigore il 1º marzo 2006), il giudice dell'esecuzione è tenuto a provvedere alla liquidazione delle spese del procedimento a norma degli artt. 91 ss. c.p.c. Pertanto il potere di liquidazione del giudice, in precedenza limitato alle spese vive, deve ritenersi esteso anche agli onorari e ai diritti, ed il relativo decreto, riconducibile all'ambito dell'art. 642 c.p.c., è impugnabile nelle forme dell'opposizione a decreto ingiuntivo» (Cass. civ., sez. III, 12 luglio 2011, n. 15341). Si ricorda che la sola specificazione di tutte le spese anticipate dall'esecutante, sono indicate, a cura dell'ufficiale giudiziario, nel processo verbale di rilascio redatto ai sensi dell'art. 611, comma 1, c.p.c. La proroga degli sfratti a seguito dell'emergenza sanitaria del 2020/2021 e l'intervento della Corte Costituzionale
A seguito dell'emergenza sanitaria per il diffondersi del virus COVID-19, a partire dal 2020 sono intervenuti provvedimenti normativi di proroga nell'esecuzione degli sfratti:
L'indicazione normativa era chiara. Veniva sospesa l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, pertanto, convalide di sfratto e altri provvedimenti giudiziari, dovendosi ritenere esclusi i verbali di conciliazione atteso che gli stessi ineriscono ad accordi di natura negoziale. Ciò a valere, per le locazioni abitative e ad uso diverso, sia per finita locazione che per morosità o inadempimento. L'originaria proroga al 1° settembre 2020 veniva poi differita al 31 dicembre 2020 rispetto alle medesime tipologie locative. Con il d.l. n. 183 del 31 dicembre 2020, la sospensione era prorogata al 30 giugno 2021, ma, esclusivamente per i provvedimenti per mancato pagamento del canone alle scadenze nonché quelli di cui all'art. 586, comma 2, c.p.c. Si trattava dei decreti di trasferimento, a conclusione dei procedimenti di esecuzione immobiliare, di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari. Ne conseguiva che, sulla base della nuova disposizione, si rendevano, da subito, eseguibili i provvedimenti per finita locazione. Con il d.l. n. 41 del 20 marzo 2021, gli stessi abitativi e non - limitatamente a quelli conseguenti al mancato pagamento del canone nonché quelli di cui all'art. 586, comma 2, c.p.c. contenuti nel decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari - venivano prorogati al 30 settembre 2021, per i provvedimenti emessi tra il 28 febbraio 2020 ed il 30 settembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021 per i provvedimenti adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021. Da tale data, pertanto, liberi tutti, con facoltà di riprendere i procedimenti esecutivi di sfratto. Inutile dire che le citate disposizioni normative ebbero a sollevare notevoli contestazioni. Ciò, soprattutto, per il fatto che erano riferiti anche a periodo antecedente all'emergenza sanitaria. Non veniva compreso, quindi, il motivo per il quale tali situazioni dovessero comportare conseguenze, rispetto al problema del rilascio degli immobili. Le contestazioni si risolsero in alcuni provvedimenti giudiziali di remissione, per presunta incostituzionalità, alla Corte Costituzionale. In particolare: - l'ordinanza 13 gennaio 2021 del giudice delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto; - l'ordinanza del 18 gennaio 2021del giudice delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Rovigo; queste prime due, tuttavia, riferite all'art. 54-ter, comma1, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 di proroga delle procedure esecutive immobiliari con riferimento all'abitazione principale del debitore; - l'ordinanza del 24 aprile 2021 del Tribunale di Trieste; - l'ordinanza del 3 giugno 2021 del Tribunale di Savona; - l'ordinanza del 24 giugno 2021 del Tribunale di Piacenza; le prime due in relazione all'art. 103, comma 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 e l'ultima sia per tale disposizione che in relazione alle esecuzioni immobiliari. Sull'argomento, è intervenuta una prima sentenza della Corte Costituzionale la n. 128 del 22 giugno 2021. La stessa, tuttavia, con riferimento, esclusivamente, alle prime due remissioni in tema di esecuzioni immobiliari. Con quella decisione, in sintesi, la Corte valorizzava l'art. 24, comma 1, Cost., in tema di tutela giurisdizionale dei diritti per cui è prevista la possibilità di agire in giudizio per la tutela degli stessi. La fase di esecuzione forzata è, certamente, parte integrante della tutela anche perché diretta a rendere effettiva l'attuazione al provvedimento del giudice. Si tratta di una fase costituzionalmente necessaria per la funzione giurisdizionale ancorchè, il diritto, sia soggetto ad una sorta di discrezionalità lasciata al legislatore. I limiti della stessa sono la irragionevolezza e l'arbitrarietà quali elementi di compressione del diritto di agire. Tuttavia, tale compressione, risulta essere eventualmente ammissibile come evento eccezionale, per particolari esigenze transitorie. Si evidenzia, quindi, un difficile limite discriminante tra le due diverse e contrarie situazioni. La Corte cerca di spiegare ed identificare questo confine stabilendo che, l'elemento non valicabile rispetto alla compressione del diritto, è il ristretto periodo temporale ed il divieto di svuotare il diritto rendendolo sostanzialmente inutile “ … La sospensione delle procedure esecutive deve costituire, pertanto, un evento eccezionale: un intervento legislativo che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora [ …] siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale” (sentenza n. 186/2013). E' ben vero che il legislatore ordinario - in presenza di altri diritti meritevoli di tutela, come quello fondamentale all'abitazione - può procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva. Deve però sussistere un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, da valutarsi considerando la proporzionalità dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalità perseguite (ex plurimis, v. sent. n. 212/2020, n. 71/2015, n. 17/2011, n. 229/2010, n. 50/2010, n. 221/2008 e n. 1130/1988).” Nel caso di specie, quindi, il diritto da comparare è quello dell'abitazione. Diritto sociale non espressamente menzionato nel testo costituzionale in quanto estrapolato dall'ordinamento e da sempre ritenuto incluso nell'elenco dei diritti inviolabili (sent. n. 44/2020 e 106/2018). L'abitazione, quindi, è bene di primaria importanza e rientra tra i requisiti essenziali caratterizzanti la società cui si conforma lo stato democratico voluto dalla Costituzione. Diritto ad agire in giudizio, pertanto, contro il diritto all'abitazione. Nell'esaminare le disposizioni incriminate per sospetta illegittimità, la Corte considera l'evoluzione delle disposizioni medesime da coniugare con i diversi principi lì considerati. Da una parte, infatti, vi è la sospensione delle procedure esecutive immobiliari in quanto il bene pignorato costituisce l'abitazione principale del debitore (d.l. n. 18/2020, art. 54). Dall'altra, la sospensione della esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili ad uso abitativo e non abitativo (d.l. n. 18/2020, art. 106, comma 6). Nella comparazione delle due distinte situazioni, espropriazione immobiliare da una parte e sospensione dei provvedimenti di rilascio dall'altra, la Corte considera che le due tutele si sono articolate in modo diverso: - la normativa di riferimento alla sospensione delle esecuzioni immobiliari è rimasta immutata nei diversi provvedimenti (art. 54-ter, come modificato dall'art. 13, comma 14, del d.l. n. 183/2020). L'iniziale giustificazione, infatti, si è articolata in una protrazione nel tempo in modo immutato, non ha considerato il bilanciamento tra procedimenti in executivis e la tutela dei debitori esecutati, non sono stati analizzati criteri selettivi, la proroga è stata generalizzata, dovevano essere evidenziati presupposti soggettivi ed oggettivi del provvedimento demandando, eventualmente, al vaglio del giudice dell'esecuzione il contemperamento degli interessi tra le parti. Da considerare, inoltre, che l'esecutato trovava ulteriore tutela nella sospensione dei provvedimenti di rilascio ex art. 586 c.p.c., nell'altro provvedimento di sospensione delle procedure esecutive di cui al d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, come prorogato dal d.l. n. 183/2020 (art. 13, comma 14). Rispetto a tali situazioni, pertanto, la Corte concludeva rilevando la irragionevolezza e sproporzione della proroga. Ne veniva quindi dichiarata la illegittimità per violazione dell'art. 3, comma 1 (pari dignità dei cittadini) e art. 24, commi 1 e 2 (tutela giurisdizionale dei diritti) Cost. Per quanto riguardava, al contrario, la sospensione dei provvedimenti di rilascio, con quella decisione, non si esaminavano tali aspetti in quanto la decisione era riferita solo alle prime due ordinanze di rinvio che riguardavano i rilasci nelle esecuzioni immobiliari. Anticipava, tuttavia, la Corte, che la normativa di proroga dei provvedimenti di rilascio, non era rimasta immutata nei diversi provvedimenti succedutisi (art. 103 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, come modificato dall'art. 13, comma 13, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183) lasciando intendere la legittimità di tali ultimi. Ciò proprio a seguito della evoluzione dei medesimi. In effetti, con la successiva decisione Corte cost. n. 213/2021, veniva dichiarata la legittimità del blocco degli sfratti per morosità a seguito dell'emergenza COVID-19 ancorchè stabilire la non tollerabilità degli stessi oltre la data del 31 dicembre 2021. Sul punto la Corte, riprendendo quanto anticipato nella precedente decisione, affermava “… se all'inizio dell'emergenza la sospensione era generalizzata, con le successive proroghe il legislatore ne ha via via ridotto l'ambito di applicazione, operando un progressivo e ragionevole aggiustamento del bilanciamento degli interessi e dei diritti in gioco. La proroga del blocco degli sfratti per morosità - disposta dal legislatore in presenza di una situazione eccezionale come la pandemia da COVID-19 - è una misura dal carattere intrinsecamente temporaneo in quanto è destinata ad esaurirsi entro il 31 dicembre 2021 senza possibilità di ulteriore proroga, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale e i doveri di solidarietà tra consociati … ”. Pertanto, illegittima la proroga dei provvedimenti di rilascio nelle esecuzioni immobiliari e, al contrario, legittime le proroghe dei provvedimenti di rilascio in quanto modificatesi nel tempo e, comunque, entro il limite del 31 dicembre 2021. Conclusioni
In conclusione, volendo brevemente riassumere l'iter procedurale al fine di ottenere il rilascio dell'immobile, possiamo elencare i vari passaggi necessari per ottenere quel risultato, nel seguente modo: ottenimento del titolo giudiziale ed anche a formazione privata, apposizione della formula, notifica del titolo e dell'atto di precetto, del preavviso di rilascio, effettuazione dell'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario, sistemazione per gli eventuali mobili reperiti all'interno dei locali estranei all'esecuzione, immissione dell'istante nella detenzione del bene e liquidazione delle spese del procedimento. Procedimenti tutti che hanno subito i provvedimenti di proroga di cui al precedente paragrafo Riferimenti
Tedoldi, Il procedimento per convalida di sfratto. La procedura esecutiva per il rilascio, a cura di Gurrado, Bologna, 2013, 355; Scripelliti, La morosità incolpevole e gli sfratti infiniti, in Confedilizia, 2015. |