La prima fase del processo di classe: le domande azionabili e il giudizio di ammissibilità

30 Marzo 2022

Il contributo ha ad oggetto la fase introduttiva del nuovo processo di classe; in particolare, dopo aver esaminato la legittimazione attiva e passiva all'azione e il giudice competente per la stessa, particolare attenzione viene dedicata al giudizio di ammissibilità della domanda.
Il carattere generale della nuova azione di classe

Uno dei fattori che hanno determinato il fallimento dell'azione di classe per come disegnata nell'art. 140-bis c. cons. è rappresentato dal fatto che tale istituto riguardava solo la tutela dei consumatori e non aveva invece portata applicativa generale (Afferni, Recenti sviluppi nell'azione di classe, in Contratto e Impresa, 2013, 6, 1275).

Nei nuovi artt. 840-bis e seguenti del codice di rito viene invece eliminato ogni riferimento a consumatori e utenti, per cui l'azione è esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di «diritti individuali omogenei».

Il nuovo art. 840-bis non contiene particolari indicazioni circa la tipologia dei rapporti sostanziali ai quali si riferisce, se non nella parte in cui chiarisce che il giudizio è volto all'accertamento della responsabilità, nonché alla condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni; da ciò è allora possibile inferire che la nuova previsione «copre tutta l'amplissima area della responsabilità civile precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale in tutte le sue più svariate declinazioni e non si rivolge in via esclusiva ai consumatori» (De Santis A.D., I procedimenti collettivi. L'azione di classe e l'azione inibitoria collettiva nel codice di procedura civile, in GPC, 2019, 708).

L'azione di classe è insomma utilizzabile «per fronteggiare tutti i tipi di mass torts, ad esempio permettendo alle persone che, per il fatto di abitare in un'area sottoposta a esalazioni tossiche ovvero a campi magnetici nocivi, abbiano risentito dei relativi pregiudizi (non necessariamente attinenti alla sfera della salute) di ottenere una decisione sulle loro istanze risarcitorie in un unico contesto, senza costringerle ad avanzare ciascuna la propria pretesa in tanti giudizi separati» (Corapi E., Appunti sull'ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo della class action nella legge di riforma, in Capriglione (a cura di), Liber Amicorum Guido Alpa, Padova, 2019, 490-491).

Sennonché, il riferimento al requisito della omogeneità del diritto suscita numerose difficoltà interpretative, a causa della mancanza di indicazioni normative univoche. Per poter meglio individuare i confini sfuggenti di tale nozione pare utile rinviare al dibattito dottrinale e giurisprudenziale formatosi a seguito dell'introduzione dell'art. 140-bis c. cons.

Secondo l'opinione maggioritaria, i diritti da tutelare nelle forme dell'azione di classe si dicono omogenei quando trovano il loro fondamento nella medesima «azione o omissione o condotta abituale di un medesimo convenuto» (Giussani, Il nuovo art. 140-bis c. cons., in Riv. dir. proc., 2010, 604), sussistendo cioè tra tali diritti un collegamento o di tipo causale (identità del titolo) o di carattere improprio (identità di questioni). Insomma, la “classe” da un lato risulta composta da più soggetti che fanno valere diritti individuali, dall'altro diventa identificativa dei soggetti legittimati a coltivare l'azione, perché il vaglio della ammissibilità della domanda è effettuato dal tribunale nella fase preliminare con riguardo non tanto alla sommatoria degli interessi individuali, quanto piuttosto all'interesse della categoria (ALPA, L'art. 140-bis del codice del consumo nella prospettiva del diritto privato. Prime note, in Vigoriti-Conte (a cura di), Futuro Giustizia Azione collettiva Mediazione, Torino, 2010, 3 ss.).

Più precisamente, per la dottrina più avvertita, l'omogeneità deve intendersi come identità di an debeatur, ovvero degli elementi oggettivi dell'azione, mentre può differire la specificazione del quantum dovuto a ogni singolo consumatore (Giussani, Diritti omogenei e omogeneizzati nell'azione di classe, in Riv. dir. proc., 2020, 358). Va però ricordato che la Cassazione, con riferimento all'azione di classe consumeristica, ha di recente affermato che la forma processuale dell'azione di classe è compatibile con la rivendicazione della tutela risarcitoria dei danni non patrimoniali, purché vengano messi rigorosamente in risalto i tratti, in qualche modo, comuni a tutti i membri della classe, cosicché l'originario proponente dovrà domandare il risarcimento di un danno non patrimoniale che non sia individualizzato, ma sia fondato su circostanze comuni a tutti i membri della classe. Dunque, il singolo danneggiato, potrà scegliere liberamente se promuovere un'azione individuale in modo autonomo, per ottenere una liquidazione personalizzata del danno non patrimoniale subito, oppure potrà aderire ad un'azione di classe; in ogni caso sarà necessaria l'indicazione delle situazioni soggettive lese, la relativa tutela a livello costituzionale e la serietà e gravità delle lesioni inferte e dei pregiudizi subiti, non identificabili con meri disagi, fastidi, disappunti, ansie o con ogni altro tipo di generica insoddisfazione (Cass. civ., 31 maggio 2019, n. 14886, in NGCC, 2019, 993 ss.). A ben vedere, con tale decisione la S.C. ha stabilito che la diversificazione del danno non patrimoniale è incompatibile con l'apprezzamento seriale e la gestione processuale congiunta che caratterizzano l'azione di classe.

Le domande azionabili nel processo di classe

Stando al 1° comma dell'art. 840-bis, il ricorrente può agire «per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimentl del danno e alle restituzioni». Dalla formula della norma si desume che va esclusa l'esperibilità di azioni di impugnativa contrattuale, quali l'annullamento, la rescissione o la risoluzione. Del pari, va esclusa l'esperibilità di azioni volte a ottenere la condanna del convenuto a eseguire obblighi di fare, non fare, consegna di beni determinati, ovvero a ottenere un risarcimento in forma specifica che non venga liquidato in una somma di danaro, anche perché l'intero procedimento è chiaramente strutturato per far fronte a pretese pecuniarie del ricorrente e degli aderenti.

La legittimazione attiva e passiva al giudizio

Innovando rispetto alla disciplina di cui all'art. 140-bis c. cons., la nuova normativa prevede la legittimazione ad agire in capo a ciascun componente della classe, nonché alle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro, le quali potranno agire in giudizio, non più quali rappresentanti o quali mandatari nel processo del componente della classe, ma autonomamente.

Dunque, l'azione potrà essere esercitata da chiunque, «cioè, esemplificativamente, da persone fisiche, giuridiche, consumatori, professionisti, investitori, risparmiatori, imprese, enti pubblici e privati e, probabilmente, anche lavoratori» (De Santis A.D., I procedimenti collettivi, cit., 708).

Nella disciplina consumeristica dettata dall'art. 140-bis c. cons. il singolo “componente della classe” poteva farsi rappresentare in giudizio dalle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro; la nuova disciplina, invece, non contempla la possibilità per il singolo componente della classe di agire “mediante associazioni”, ma non sembra preclusa al singolo la possibilità di conferire un mandato con rappresentanza a tali associazioni o organizzazioni (o a terzi soggetti), ai fini dell'instaurazione di un'azione di classe ai sensi della nuova normativa. Si tratterà, tuttavia, di un ordinario rapporto di mandato, con tutte le ordinarie conseguenze sul piano processuale.

Inoltre, sono legittimati attivi le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendono la tutela dei diritti individuali omogenei. Tra questi enti possono essere annoverati i sindacati o ancora le imprese sociali, cioè le organizzazioni private che «esercitano in via stabile e principale un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale».

Non tutti gli enti esponenziali potranno agire in giudizio iure proprio, occorrendo la sussistenza di un ulteriore requisito rappresentato dall'iscrizione dell'ente in un elenco pubblico costituito con decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, previo parere delle competenti commissioni parlamentari (art. 196-ter disp. att. c.p.c., introdotto dalla l. 31/2019). In particolare, il decreto attuativo stabilirà: i requisiti per l'iscrizione nell'elenco, avuto riguardo alle finalità programmatiche dell'ente esponenziale, alla sua «adeguatezza a rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati» e alla sua «stabilità e continuità»; nonché i criteri per la sospensione e la cancellazione dell'ente stesso, sui quali la legge non offre tuttavia alcuna indicazione. Tra i requisiti per l'iscrizione, l'art. 196-ter disp. att. comprende anche la «verifica delle fonti di finanziamento» impiegate dall'ente: tale requisito è funzionale a certificare l'indipendenza finanziaria dell'ente esponenziale da imprese e pubblici gestori; esso deve sussistere al momento dell'iscrizione nell'apposito elenco e deve permanere nel tempo.

Destinatari dell'azione di classe possono essere solo le imprese o i gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità.

Quanto a questi ultimi, deve ritenersi che essi siano non solo i concessionari di tali servizi, ma anche gli enti pubblici incaricati della gestione diretta dei servizi stessi. Secondo la giurisprudenza amministrativa, si è in presenza di servizio pubblico ogniqualvolta ci si trovi di fronte ad un'attività pubblica o privata destinata a soddisfare gli interessi della collettività e ciò a prescindere dalla natura pubblica o privata del soggetto che eroga in concreto il servizio (Cons. St., 23 marzo 2018, n.1867); la nozione di servizio di pubblica utilità è più estesa rispetto a quella di servizio pubblico e ricomprende tutte le attività d'impresa dei servizi gestiti in forma libera nel mercato.

In tanto sarà possibile esperire l'azione se ed in quanto la condotta lesiva da parte dell'impresa o dell'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità dipenda da «atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività».

Il divieto di intervento nel processo di classe

Al pari di quanto già stabilito dall'art. 140-bis c. cons., è escluso nel processo di classe l'intervento dei terzi ai sensi dell'art. 105; ciò allo scopo di permettere la configurazione dell'azione collettiva quale processo di sole due parti: da un lato, la classe — rappresentata dal proponente (ed eventualmente dagli aderenti che abbiano proseguito il giudizio in sua vece) — e dall'altro il convenuto.

Come è noto, l'azione di classe italiana, a differenza di quella statunitense, continua a basarsi sul meccanismo di opt-in, per cui solo chi vi aderisce volontariamente entro un dato termine può far parte della classe. Proprio allo scopo di escludere ingerenze di terzi in un contraddittorio che, a prescindere da qualunque partecipazione al giudizio, produce i propri effetti anche nei confronti degli aderenti, la norma da un lato precisa che è escluso l'intervento dei terzi e dall'altro ribadisce che l'aderente non acquista la qualifica di parte processuale, per cui la sua adesione non può intendersi quale atto di intervento adesivo (così come chiarito anche dall'art. 840-quinquies c.p.c.).

Sono dunque interdetti sia gli interventi volontari che quelli coatti previsti dagli artt. 106 e 107 (Fratini, L'adesione, in Sassani (diretto da), Class action. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, Pisa, 2019, 147); unica eccezione a tale regola è rappresentata dalla possibilità per il convenuto di chiamare in causa un terzo in garanzia allo scopo di alleggerire la propria responsabilità.

Il carattere trifasico del processo di classe

Innovando rispetto al passato, il codice di rito stabilisce che il processo di classe non è più suddiviso in due fasi aventi ad oggetto il giudizio di ammissibilità e il successivo giudizio sul merito, ma si divide in tre fasi, di cui le prime due sono affidate al tribunale delle imprese e hanno per oggetto, rispettivamente, l'ammissibilità dell'azione e la successiva decisione sul merito, mentre l'ultima, di competenza del giudice delegato, è relativa alla verifica delle adesioni e alla liquidazione delle somme agli aderenti alla classe.

Quanto alla prima fase, l'art. 840-ter si limita a prevedere che la domanda si propone con ricorso e che il procedimento, disciplinato dal rito sommario di cognizione (ex artt. 702-bis e ss.), si conclude con sentenza, da emettersi nel termine di trenta giorni dalla discussione orale della causa, senza che sia possibile disporre il mutamento di rito.

Il giudice competente

Giudice competente per l'azione di classe è la sezione specializzata in materia di impresa del luogo ove ha sede la parte resistente. Per la dottrina (Monteleone, Note a prima lettura sulla nuova legge sull'azione di classe (legge 12 aprile 2019, n. 31), in GPC, 2019, 635) si è in presenza di competenza assoluta ed inderogabile per il duplice criterio della materia del territorio ed il suo difetto deve ritenersi rilevabile d'ufficio senza preclusioni di sorta. Coerentemente con tale disposizione, l'art. 6, comma 1, l. 31/2019 ha introdotto, tra le competenze per materia delle sezioni specializzate in materia d'impresa, le «controversie di cui al titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile» (art. 3, comma 1, lett. d-bis d.lgs. 168/2003).

Spettando la competenza territoriale inderogabile (il primo comma dell'art. in commento utilizza l'avverbio esclusivamente) alla «sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente» occorre proporre la domanda al tribunale del capoluogo della regione in cui si trova la sede del resistente.

La dottrina si è interrogata sulla possibilità di applicare il foro delle persone giuridiche di cui all'art. 19; se così fosse il ricorrente potrebbe proporre la domanda anche davanti alla sezione specializzata competente per il luogo in cui la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda. Si osserva tuttavia che questa soluzione consentirebbe al ricorrente un certo margine di forum shopping (Consolo, Artt. 840-bis-840-sexiesdecies. La nuova azione di classe e la nuova inibitoria, Milano, 2019, 14).

L'attribuzione alle sezioni specializzate in materia di impresa sembra induca ad affermare che la giurisdizione spetti in ogni caso al giudice ordinario, anche quando la domanda di classe teoricamente appartenga alla materia di un giudice diverso da quello, in quanto sarebbe la natura collettiva del danno (o, meglio, plurioffensiva dell'illecito) a sottrarre al giudice speciale la giurisdizione in materia e a consentire al titolare affermato del diritto di esercitarlo con le forme dell'azione di classe.

Quanto ai limiti esterni della giurisdizione, ogni qualvolta l'illecito plurioffensivo posto in essere presenti profili di transnazionalità sorge il problema di conciliare i criteri di competenza giurisdizionale previsti dal Regolamento UE 2012/1215 con il criterio di competenza interno dettato dall'art. 840-ter, che, come si è detto, parrebbe avere natura inderogabile. Sul punto, alcuni autori ritengono possibile radicare la competenza italiana anche laddove l'impresa convenuta abbia sede all'estero, sempre che l'illecito plurioffensivo si sia verificato in Italia (De Santis, A.D., I procedimenti collettivi, cit., 712). Quanto all'individuazione del giudice nazionale competente, potrà farsi riferimento alla giurisprudenza di legittimità, la quale ritiene che quando il convenuto sia persona giuridica straniera priva di sede in Italia, il giudice competente per territorio vada individuato ai sensi dell'art. 18.

Forma-contenuto della domanda e costituzione del convenuto

La circostanza che l'art. 840-ter preveda la forma del ricorso per l'atto introduttivo, ma nulla stabilisca in ordine al relativo contenuto ha indotto parte della dottrina (Giuggioli, L'azione di classe: un nuovo procedimento collettivo, Padova, 2019, 63) ad affermare che al ricorso in questione non si applichi l'art. 702-bis c.p.c.

Tale soluzione invero non convince: dal generico rinvio operato dall'art. 840-ter al rito di cui all'art. 702-bis c.p.c. sembra potersi desumere che l'intera fase procedimentale è regolata dalle norme relative al rito sommario di cognizione, con le uniche salvezze previste dalla legge, per cui può senz'altro concludersi che i requisiti di contenuto forma del ricorso possano essere ricavati dalla disciplina contenuta dall'art. 702-bis, comma 1, che a sua volta richiama gli elementi indicati dall'art. 163, comma 3.

Le particolarità del giudizio inducono però ad affermare che le istanze istruttorie e le prove precostituite vanno contenute a pena di decadenza nell'atto introduttivo, non essendo configurabile a favore del ricorrente alcuna ulteriore “occasione” processuale per formulare, in particolare, le proprie istanze istruttorie (Cossignani, L'ammissibilità della domanda nell'azione di classe, in Carratta (a cura di), La class action riformata, in GI, 2019, 2301). Inoltre, sebbene non si tratti di un requisito di validità del ricorso introduttivo, non pare dubbio che l'attore debba dare atto, al suo interno, della sussistenza dei presupposti di ammissibilità dell'azione di classe (Giuggioli, L'azione di classe, cit., 64).

Stando al comma 2 dell'art. 840-ter, una volta depositato nella cancelleria del tribunale competente, il ricorso introduttivo, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, è pubblicato sul Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia, a cura della cancelleria, entro dieci giorni dal deposito del decreto stesso, «in modo da assicurare l'agevole reperibilità delle informazioni in esso contenute».

Pur in mancanza di specifica previsione, sembrerebbe (Consolo, Artt. 840-bis-840-sexiesdecies, cit., 13 e 15) che il ricorso, assieme al decreto di fissazione dell'udienza, vada notificato alla controparte nel termine indicato dal giudice e ciò in virtù del rinvio che la norma opera alle regole del procedimento sommario di cognizione (precisamente all'art. 702-bis, comma 3).

Il resistente ha l'onere di costituirsi con una memoria non oltre dieci giorni prima dell'udienza; ci si chiede se il convenuto, ferma la possibilità di sollevare eccezioni processuali e di merito, possa proporre domanda riconvenzionale. La risposta al riguardo appare negativa, in considerazione del fatto che la delimitazione normativa dell'oggetto dell'azione di classe operata dagli artt. 840-bis e sexies non permette accertamenti diversi da quello relativo alla condotta del convenuto e al diritto risarcitorio/restitutorio del ricorrente, fatta salva la possibilità di agire in via riconvenzionale per far valere l'eventuale diritto al risarcimento del danno per lite temeraria di cui all'art. 96, comma 3.

Del pari deve escludersi in linea generale che il convenuto, nella vigenza del divieto di intervento volontario, possa chiamare in causa terzi, soprattutto quando si consideri che l'oggetto dell'azione di classe è limitato alla trattazione di diritti risarcitori e restitutori, per cui un allargamento soggettivo che comporti la proposizione di domande ulteriori nei confronti dei terzi renderebbe più gravosa la trattazione del processo; ciò con la sola eccezione per la chiamata in giudizio di terzi garanti ovvero di terzi effettivi responsabili, in via alternativa o in via solidale, dell'illecito, come osservato nelle precedenti pagine (v. § 4).

Il sistema di pubblicità del processo di classe

Al fine di permettere la piena operatività del sistema dell'opt-in scelto per l'adesione al giudizio di classe, viene imposta la pubblicazione ex officio non solo del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell'udienza, ma anche: 1) dell'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione entro 10 giorni dalla pronuncia (art. 840-ter, comma 5); 2) del provvedimento che dichiara inammissibile la domanda, di quello che dispone la cancellazione della causa dal ruolo e di qualunque altro provvedimento che definisce il processo senza decidere la causa nel merito (art. 840-quater, comma 2); 3) della sentenza che accoglie o rigetta nel merito la domanda «entro 15 giorni dal deposito» (art. 840-quinquies, ult. comma); 4) degli atti di impugnazione della sentenza e dei provvedimenti che definiscono i giudizi di impugnazione (art. 840-decies); 5) della proposta conciliativa formulata dal giudice ai sensi dell'art. 840-quaterdecies.

Al fine di consentire un'adeguata conoscenza di tali atti e provvedimenti, l'art. 196-bis disp. att. del codice di rito dispone che tutte le comunicazioni previste dalla nuova normativa vadano effettuate dalla cancelleria tramite invio all'indirizzo di posta elettronica certificata (la modalità alternativa a questa, ovvero l'invio al servizio elettronico di recapito certificato qualificato dichiarato dall'aderente, non è ancora operativa). La norma precisa poi che «si applicano le disposizioni in materia di comunicazioni telematiche». Il comma 2 dell'art. 196-bis prevede inoltre che il portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia debba inviare all'indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata (ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato) ad ogni interessato che ne ha fatto richiesta e che si è registrato mediante un'apposita procedura, un avviso contenente le informazioni relative agli atti per i quali le disposizioni del titolo VIII-bis del libro quarto del codice prevedono la pubblicazione. In tal modo, tutti i potenziali interessati (aderenti come resistenti) sono messi in grado di conoscere il corso della procedura e di prendere le decisioni più utili circa la loro specifica posizione.

Il giudizio di ammissibilità della class action

All'ammissibilità della class action è dedicata la prima fase del procedimento.

L'inammissibilità della domanda può essere dichiarata ai sensi dell'art. 840-ter, comma 4, qualora: 1) la suddetta domanda risulti manifestamente infondata; 2) il tribunale riscontri la carenza dell'omogeneità dei diritti di cui all'art. 840-bis; 3) sussista un conflitto di interessi nei confronti del resistente; 4) il ricorrente sia inidoneo a curare adeguatamente i diritti (individuali omogenei) fatti valere in giudizio. Ai sensi del 7° comma del medesimo articolo, l'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione di classe è reclamabile dalle parti davanti alla Corte di appello.

A differenza di quanto accade negli U.S.A., l'azione di classe italiana è tutt'altro che rappresentativa della classe. In Italia i membri agiscono individualmente; del pari, singolarmente scelgono se aderire o meno alla sentenza resa tra il proponente e il convenuto. Per tale motivo, l'art. 840-ter garantisce al Tribunale un certo margine di elasticità in ordine al tempo della decisione stabilendo che la decisione circa l'ammissibilità dell'azione vada assunta entro il termine di «trenta giorni dalla prima udienza»; in tal modo, viene dato al giudice un potere più ampio e flessibile di gestione della fase del filtro. È pertanto possibile che all'esito della prima udienza il giudice conceda un termine alle parti per approfondimenti difensivi in ordine all'ammissibilità dell'azione (così Giuggioli, L'azione di classe, cit., 82).

Come accennato, il giudice pronuncia ordinanza di inammissibilità dell'azione, quando la domanda è manifestamente infondata. Sul punto, si è affermato che siffatto requisito si può ritenere soddisfatto laddove il giudice svolga un positivo accertamento del fumus della pretesa attorea, da compiere sulla base degli atti, «senza che sia necessaria un'attività istruttoria volta a recepire informazioni ed elementi ulteriori rispetto a quelli risultanti dagli atti» (Caruso, La nuova azione di classe: una peinture d'impression, in www.judicium.it, 2020, § 4). Sennonché, pare più plausibile affermare, sulla falsariga di quanto stabilito dalla giurisprudenza con riguardo al filtro in appello di cui all'art. 348-bis, che il giudizio di manifesta infondatezza non si risolve né in una valutazione sommaria assimilabile a quella identificata col fumus boni iuris che è condizione del rilascio dei provvedimenti cautelari (c.d. cognizione superficiale), né in una valutazione a cognizione parziale, come quella che si riscontra nel caso dei procedimenti a contraddittorio eventuale, ma si ravvisa ogniqualvolta la domanda appaia così palesemente infondata da non meritare che siano destinate ad esso energie del servizio giustizia, che non sono illimitate (con riguardo al filtro ex art. 348-bis, v. App. Roma, 23 gennaio 2013).

Più in generale, può affermarsi che l'azione di classe andrà dichiarata inammissibile sia laddove la domanda appaia manifestamente infondata, sia laddove sussistano vizi procedurali che precludono la trattazione nel merito dell'azione. Ove ciò avvenga, stabilisce il comma 6 dell'art. 840-ter che lo stesso attore può riproporre l'azione solo quando si siano verificati mutamenti delle circostanze o siano sopravvenute nuove ragioni di fatto o di diritto.

Quanto al requisito dell'omogeneità del diritto, esso dovrà essere ritenuto sussistente tutte le volte in cui l'attore deduca in giudizio l'esistenza di una condotta illecita dell'impresa astrattamente capace di causare un danno ad una serie indistinta di soggetti secondo lo stesso meccanismo causale (sul punto, v. supra, § 1).

Occorre inoltre che il ricorrente non versi in stato di conflitto di interessi nei confronti del resistente. Sul punto, integra conflitto d'interessi ogni situazione in cui il ricorrente (ad esempio, in forza di rapporti commerciali esistenti con il resistente) abbia un interesse confliggente con quello della classe; ovvero l'ipotesi in cui sia stata intentata un'azione di classe volutamente “debole”, sul piano della prospettazione come su quello istruttorio, al solo fine di impedire l'instaurazione di una nuova e “migliore” azione di classe. Siffatto criterio è stato criticato in dottrina, in quanto esso si presta «per le sue troppo generali caratteristiche a costituire un possibile freno all'operatività della class action» (Ponzanelli, La nuova class action, in DR, 2019, 306 ss., in part. 308). Effettivamente, poiché nella fase preliminare del filtro di ammissibilità non è ancora avvenuta l'adesione da parte dei componenti della classe, le uniche parti del procedimento saranno il ricorrente e il resistente, che, in quanto possibili portatori di interessi coincidenti o in parte sovrapposti, non avranno alcun interesse a fare emergere l'eventuale conflitto di interessi.

Invero, il problema sussiste soprattutto con riferimento ai ricorrenti individuali, i quali, rispetto agli enti esponenziali, sono più facilmente avvicinabili dal resistente in malafede; la circostanza che gli enti collettivi legittimati ad agire siano solo quelli iscritti nell'elenco di cui all'art. 196-ter disp. att., invece, permette un maggior controllo sulla loro posizione e per tale via sulla loro terzietà (sul punto, per ulteriori approfondimenti, si cfr. Giussani, La riforma dell'azione di classe, in RDPr, 2019, 1582).

Un discorso analogo può ripetersi anche con riguardo alla capacità del ricorrente di «curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio». Tale requisito viene più facilmente soddisfatto dagli enti esponenziali che dai ricorrenti individuali, giacché l'iscrizione all'elenco ex art. 196-ter disp. att. cit. si appalesa in grado di offrire una prima garanzia di capacità (quantomeno economico-finanziaria e organizzativa), anche se il tribunale è in ogni caso tenuto ad effettuare una valutazione in concreto con riferimento alla singola azione di classe proposta.

Il tribunale deve allora valutare se la solidità patrimoniale o finanziaria del proponente individuale siano idonee a sostenere i costi dell'azione, nonché siano tali da attribuirgli un ragionevole grado di indipendenza, ponendolo al riparo da eventuali conflitti d'interessi.

Va invece escluso che il giudice possa in questa fase del giudizio dichiarare inammissibile la domanda per carenza degli ordinari presupposti processuali, giacché la decisione sulla sussistenza o meno dei presupposti processuali è una questione che va definita con sentenza impugnabile con i mezzi ordinari e non con ordinanza reclamabile. Pare allora che il tribunale debba prima pronunciarsi sull'ammissibilità, per poi — in fase di merito — decidere immediatamente la causa senza svolgere attività istruttoria (sul punto, più in generale, v. De Santis A.D., Il procedimento, cit., 93 ss.).

La decisione sull'inammissibilità e i relativi rimedi

Dalla circostanza che il vaglio sull'ammissibilità della domanda spetta al tribunale, unitamente alla previsione della reclamabilità del provvedimento innanzi alla Corte di appello (e non al collegio) e al n. 3 dell'art. 50-bis c.p.c., si deduce che la relativa decisione è assunta dal collegio e non dal giudice monocratico, in deroga al regime stabilito dall'art. 702-bis c.p.c.

Come già rilevato, l'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione di classe è reclamabile dalle parti davanti alla corte di appello nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione o dalla sua notificazione, se anteriore. Detto termine, dunque, decorre dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione dell'ordinanza e non dalla pubblicazione della stessa nel portale dei servizi telematici).

Sul reclamo la corte di appello decide, in camera di consiglio, con ordinanza entro trenta giorni dal deposito del ricorso introduttivo del reclamo. Un termine così breve, invero, anche se indice della volontà del legislatore di accelerare la definizione del procedimento, non appare compatibile con il diritto di difesa e il principio del contraddittorio del reclamato: pertanto, detto termine di 30 giorni previsto è evidentemente destinato a non operare, pena la violazione dei principi di difesa e del contraddittorio (Scarselli, La nuova azione di classe di cui alla legge 12 aprile 2019 n. 31, in www.judicium.it, 2019, § 4).

Se la corte di appello accoglie il reclamo e dichiara l'azione ammissibile, rimette le parti davanti al tribunale per la prosecuzione della causa ex art. 840-bis, comma 7.

Se, invece, la Corte di appello respinge il reclamo, si apre la questione della ricorribilità del predetto provvedimento per cassazione. La giurisprudenza formatasi nella vigenza dell'art. 140-bis c. cons. è giunta ad escludere che la decisione emessa in sede di reclamo sia ricorribile per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. per carenza di decisorietà e definitività del provvedimento (Cass. civ., 23 marzo 2018, n. 7244; Cass. civ., sez. un., 1° febbraio 2017, n. 2610; Cass. civ., 14 giugno 2012, n. 9772).

Si è invero osservato che tale orientamento potrebbe mutare nel nuovo contesto normativo in quanto, una volta proposta l'azione di classe la quale sia ritenuta inammissibile ai sensi dell'art. 840-ter, comma 4, lett. a), il ricorrente non può far valere in un successivo processo la medesima azione, a meno che non si siano verificati mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto e di diritto ex art. 840-bis, comma 6; considerato poi che il provvedimento appare decisorio, in quanto esclude — in via definitiva — il diritto all'azione di classe, si potrebbe reputare ricorribile l'ordinanza in questione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. (Scarselli, La nuova azione di classe, cit., § 4).

Riferimenti
  • Carratta (a cura di), La class action riformata, in GI, 2019, 2295 ss.;
  • Consolo, Artt. 840-bis-840-sexiesdecies. La nuova azione di classe e la nuova inibitoria, Milano, 2019;
  • De Santis A.D., I procedimenti collettivi. L'azione di classe e l'azione inibitoria collettiva nel codice di procedura civile, in GPC, 2019, 708 ss.;
  • Giuggioli, L'azione di classe: un nuovo procedimento collettivo, Padova, 2019;
  • Giussani, La riforma dell'azione di classe, in RDPr, 2019, 1582;
  • Giussani, Diritti omogenei e omogeneizzati nell'azione di classe, in Riv. dir. proc., 2020, 358;
  • Sassani (diretto da), Class action. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, Pisa, 2019;
  • Scarselli, La nuova azione di classe di cui alla legge 12 aprile 2019 n. 31, in www.judicium.it, 2019.

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