Danni da cose in custodia ed attraversamento di animali nella corsia autostradale

23 Maggio 2022

Nell'ipotesi di sinistro stradale determinato dall'inattesa ed imprevista presenza di un cane sulla carreggiata di un'autostrada, la società di gestione autostradale, titolare del potere di custodia della cosa, per vincere la presunzione di responsabilità dalla quale è gravata ex art. 2051 c.c., deve dare la prova positiva che la presenza dell'animale è stata determinata da un fatto imprevedibile ed inevitabile...
Massima

Nell'ipotesi di sinistro stradale determinato dall'inattesa ed imprevista presenza di un cane sulla carreggiata di un'autostrada, la società di gestione autostradale, titolare del potere di custodia della cosa, per vincere la presunzione di responsabilità dalla quale è gravata ex art. 2051 c.c., deve dare la prova positiva che la presenza dell'animale è stata determinata da un fatto imprevedibile ed inevitabile, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra l'evento dannoso e la cosa in custodia.

Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che - pur in assenza di una recinzione, in corrispondenza del tratto interessato dall'incidente - aveva riconosciuto l'impossibilità di un controllo continuo della sede stradale da parte dell'ente gestore, non potendosi riconoscere carattere fortuito all'ingresso di animali dal vincolo autostradale, in quanto circostanza non imprevedibile ed inevitabile.

Il caso

Un automobilista citava in giudizio la società di gestione delle autostrade, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro verificatosi, allorché, mentre alla guida di un'autovettura percorreva a velocità regolare l'autostrada, non aveva potuto evitare di collidere con un cane che aveva improvvisamente attraversato la carreggiata sulla quale viaggiava, proprio nel momento del suo passaggio.

Nei primi due gradi di giudizio la domanda attorea è stata rigettata sul rilievo che - pur in assenza di una recinzione, in corrispondenza del tratto interessato dall'incidente – doveva essere riconosciuta l'impossibilità di un controllo continuo della sede stradale da parte dell'ente gestore.

Proposto ricorso in Cassazione, i giudici di legittimità annullano la sentenza di merito sul rilievo l'ingresso di animali dal vincolo autostradale non può assumere i caratteri del fortuito, in quanto circostanza non imprevedibile ed inevitabile.

La questione

La questione in esame è la seguente: quale prova deve essere fornita del caso fortuito da parte del custode, per escludere la responsabilità ex art. 2051 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

La formulazione dell'art. 2051 c.c. ("ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito") evidenzia chiaramente che:

a) la responsabilità ex art. 2051 c.c., postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa (Cass. n. 15761/2016);

b) ad integrare la responsabilità è necessario (e sufficiente) che il danno sia stato "cagionato" dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell'esercizio del suo potere sul bene, giacché il profilo della condotta del custode è - come detto - del tutto estraneo al paradigma della responsabilità delineata dall'art. 2051 c.c. (Cass. n. 4476/2011);

c) ne consegue che il danneggiato ha il solo onere di provare l'esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre al custode spetta di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, nel cui ambito possono essere compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e quello dello stesso danneggiato;

d) si tratta, dunque, di un'ipotesi di responsabilità oggettiva (Cass. n. 12027/2017) con possibilità di prova liberatoria, nel cui ambito il caso fortuito interviene come elemento idoneo ad elidere il nesso causale altrimenti esistente fra la cosa e il danno;

e) non può escludersi, invero, che un'eventuale colpa venga fatta specificamente valere dal danneggiato, ma, trattandosi di azione ex art. 2051 c.c., la deduzione di omissioni o violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode può essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre ai fini dell'allegazione e della prova del rapporto causale tra la prima e il secondo; né è da escludere che, viceversa, sia il custode a dedurre la conformità della cosa agli obblighi di legge o a prescrizioni tecniche o a criteri di comune prudenza al fine di escludere l'attitudine della cosa a produrre il danno: in entrambi i casi - va ribadito - si tratta di deduzioni volte a sostenere oppure a negare la derivazione del danno dalla cosa e non, invece, a riconoscere rilevanza al profilo della condotta del custode - resta dunque fermo che, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l'assenza di colpa del custode rimane del tutto irrilevante ai fini dell'affermazione della sua responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c.

Sicché l'onere di provare l'esistenza del nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo incombe sul danneggiato (Cass. n. 11227/2008). Precisamente, atteso che la responsabilità presunta per danni da cose in custodia è configurabile anche con riferimento ad elementi accessori, pertinenze inerti e qualsivoglia altro fattore che, a prescindere dalla sua intrinseca dannosità o pericolosità, venga a interferire nella fruizione del bene da parte dell'utente, la dimostrazione che il danneggiato è chiamato a fornire concerne il verificarsi dell'evento dannoso e il suo rapporto di causalità con il bene in custodia (Cass. n. 2660/2013).

Spetta invece al custode la prova liberatoria del caso fortuito, ossia dell'esistenza di un fattore estraneo avente impulso causale autonomo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale (Cass. n. 15389/2011).

Osservazioni

La custodia attiene ad un rapporto di fatto con la cosa: la qualità di custode ha natura fattuale e non giuridica, poiché coincide con la possibilità di esercitare sulla cosa fonte di danno un potere di fatto (Cass. n. 18325/2018).

Quanto ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimità (Cass., sez. un., n. 576/2008) secondo cui:

a) ai fini dell'apprezzamento della causalità materiale nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli artt. 40 e 41 c.p., sicché un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non);

b) tuttavia, il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'art. 41 c.p. (in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale), trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente - desumibile dal capoverso della medesima disposizione - in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto;

c) al contempo, neppure è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l'evento secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che - secondo l'id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante (ancorché riscontrata con una prognosi postuma)- integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l'antecedente necessario.

Ne deriva che tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa e elidendone l'efficacia condizionante.

Ovviamente, anche l'imprevedibilità che vale a connotare il fortuito deve essere oggettiva - dal punto di vista probabilistico o della causalità adeguata - senza che possa riconoscersi alcuna rilevanza dell'assenza o meno di colpa del custode.

Deve peraltro considerarsi che l'oggettiva imprevedibilità di un fattore esterno è suscettibile di esaurirsi col tempo: infatti, una modifica improvvisa delle condizioni della cosa (quali la macchia d'olio lasciata sull'asfalto da un veicolo in transito o l'accumulo di materiali sulla carreggiata determinato da perdita di carico o da eventi meteorici intensi) è destinata a perdere, col trascorrere del tempo dal suo accadimento e avuto riguardo alle concrete possibilità di estrinsecazione della signoria di fatto sulla cosa, la sua natura eccezionale, finendo col fare corpo con la cosa stessa, sicchè è a questa, come modificata dall'evento originariamente improvviso, che correttamente va ascritto il fatto dannoso che ne deriva.

Va sottolineato che, quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.

Se è vero, infatti, che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità custodiale si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare, è altrettanto vero che l'imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che comporta la necessità di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile.

Sulla scorta di tale argomentazioni, la pronuncia in commento in modo corretto – sul rilievo della sussistenza di un rapporto di custodia, rilevante ai sensi dell'art. 2051 c.c., tra l'autostrada e la società di gestione ed avendo l'attore debitamente provato l'evento dannoso consistito nella collisione con l'animale selvatico, nonchè il nesso causale tra tale evento e l'autostrada in custodia) – ha cassato la sentenza di merito rilevando che la società di gestione della autostrada avrebbe potuto liberarsi dalla responsabilità soltanto provando che l'ingresso in autostrada dell'animale era stato determinato da un fattore imprevedibile ed inevitabile qualificabile in termini di "caso fortuito", in sostanza deducendo che la presenza del cane sulla carreggiata era stata determinata da un fatto imprevedibile e inevitabile, quale, ad esempio, l'inopinato abbandono dell'animale sulla sede autostradale ad opera di terze persone (per l'ipotesi del danno cagionato dal gatto in autostrada, v. Trib Milano, G.I. dott. D. Spera, sent. n. 413/2020).

In funzione dell'interruzione del nesso causale tra l'evento dannoso e la cosa in custodia, il giudice del merito ha, invece, erroneamente valorizzato la circostanza relativa alla impossibilità di assicurare da parte del custode un controllo continuo, perché tale circostanza, nel caso concreto, non aveva impedito alla cosa di esplicare comunque la propria potenzialità dannosa, oltre alla circostanza che, lungi dal costituire caso fortuito, confermava piuttosto che il danno non era stato determinato da un fattore esterno imprevedibile ed inevitabile idoneo a vincere la presunzione di responsabilità del custode, ma era stato piuttosto la conseguenza dell'inefficace esercizio, da parte sua, dei poteri di sorveglianza della cosa.

Riferimenti
  • Agnino, Danno cagionato da cose in custodia. Principi generali e fattispecie particolari della responsabilità del custode, Milano, 2020;
  • D'Apollo, Danno da insidia stradale — La responsabilità civile del custode e della Pubblica Amministrazione, Torino, 2009.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.