Contestazione di nuovo reato in corso di giudizio: l'imputato può beneficiare della messa alla prova anche per l'imputazione originaria

Serena Gentile
15 Giugno 2022

È illegittimo l'art. 517 c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato, a seguito di nuova contestazione di illeciti connessi ex art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p., di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova anche per l'addebito originario.

La Corte costituzionale si pronuncia in tema di nuove contestazioni dibattimentali e diritti dell'imputato. Più specificamente, la questione sottoposte al Giudice delle Leggi si incentra sulla facoltà dell'imputato di poter chiedere la sospensione del procedimento per la messa alla prova anche con riguardo ai reati oggetto della contestazione originaria.

Il fatto. Il Tribunale di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p., il quale, prevedendo la possibilità di nuove contestazioni in corso di istruzione, implicitamente non consente all'imputato di chiedere l'accesso al procedimento della messa alla prova da richiedere, in limine litis, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento.

La questione è rilevante e fondata. In via preliminare, la Corte costituzionale rileva la rilevanza della questione sottoposta al proprio vaglio e la non manifesta infondatezza. Difatti, il rapporto tra l'istituto delle nuove contestazioni e il diritto dell'imputato di poter accedere a riti alternativi è stato oggetto di plurimi interventi da parte della Consulta.

Si è passati, in tal senso, da un atteggiamento di totale chiusura al riconoscimento del recupero dei riti alternativi nel caso di cd. “contestazioni patologiche”, per giungere all'estensione di tale facoltà anche nel caso delle cd. “contestazioni fisiologiche”. Secondo il rimettente, l'accesso ai riti alternativi rappresenterebbe «una delle modalità più qualificanti dell'esercizio del diritto di difesa». Pertanto, la negazione di tale facoltà dinanzi alla “novazione dell'accusa” sorta in fase dibattimentale sarebbe violativa della parità di trattamento e del diritto di difesa.

La rimessione della questione coglie nel segno. La Corte costituzionale accoglie le argomentazioni esposte dal Tribunale di Palermo, evidenziando che, già in più occasioni, la stessa Corte ha adeguato il principio di fluidità dell'imputazione al diritto di difesa sancito nell'art. 24 Cost.

L'imputato, infatti, deve essere sempre posto nelle condizioni di vagliare le conseguenze derivanti dalla scelta di definizione processuale del procedimento a proprio carico. In applicazione di tali principi oggi a seguito di contestazione di fatto diverso (art. 516 c.p.p.) o di una circostanza aggravante (art. 517) o di un fatto nuovo connesso (art. 517 c.p.p.) può essere richiesto il patteggiamento o il rito abbreviato, prima preclusi dal termine dell'apertura dibattimentale. Ne deriva che siffatto diritto deve essere garantito anche con riguardo al procedimento della messa alla prova. E' pur vero, però, che in tal caso, in ragione della natura processuale e sostanziale dell'istituto che lo distingue dagli altri riti alternativi, non può ammettersi l'accesso al beneficio solo con riguardo alla nuova contestazione. L'imputato, cioè, alla luce dei nuovi fatti-reato contestati, deve essere posto nelle condizioni di decidere se definire tutta la sua posizione processuale per mezzo della messa alla prova con riguardo anche all'imputazione originaria.

All'esito di tale percorso motivazionale, la Corte Costituzionale, con la pronuncia in commento, sancisce l'illegittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato, a seguito di nuova contestazione di illeciti connessi ex art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p., di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova anche per l'addebito originario.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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